Staccarsi dalla famiglia senza ferire
Buongiorno,
sono una donna di 34 anni, sono sempre stata estremamente sensibile, dipendente dal bisogno di sapermi "utile"per gli altri e cosciente di avere problemi di autostima ed insicurezza che ritengo originati dalla mia famiglia; per quanto non metta in dubbio che mi vogliano bene e facciano tutto per il mio bene, di fatto mi sono sempre sentita una bambola nelle loro mani senza alcuna possibilità di fare autonomamente le proprie scelte subendo quelle peraltro incoerenti dei miei..a tal proposito non escludo una punta di vittimismo. Ho sempre pensato che la famiglia fosse importante e che dovevo aiutare, cosa che ho fatto e che ritengo normale, ma che alla fine non mi ha portato nulla, nemmeno un briciolo di rispetto, e tutto questo viene peggiorato dal confronto con mio fratello che facendo l'esatto opposto fa quello che gli pare a spese dei miei genitori..e mie!.
In tutta la mia vita non c'è stata una sola amicizia per cui non abbia dovuto lottare perchè ogni volta che volevo fare qualcosa che esulava dalla routine nasceva una questione che finiva regolarmente col "tu sei plagiata"; ovviamente non è stato diverso per i ragazzi! la cosa grave è che dopo 34 anni non è cambiato quasi nulla: sto cercando di cambiare per me e per il mio compagno, ma i miei non riescono ad accettarlo e continuano a dire che "sono plagiata".. Da 6 anni ormai sto con un uomo per bene, con cui condivido valori fondamentali, che per me ha sopportato un mare di cose da parte dei miei ma che(apriti cielo)sta in un'altra città: ho lottato come una pazza per non dover rinunciare a lui.. forse per questo alla fine i miei hanno "ceduto" almeno formalmente, "per darmi un contentino" a mio avviso..ma adesso per me è arrivato il momento di fare scelte importanti!
I miei genitori da un lato sognano di vedermi fare un lavoro "da laureata", ma il mio curriculum piange e io sono assolutamente propensa a darmi da fare in qualsiasi modo; invece loro non lo accettano "se vuoi fare la commessa te non devi più mettere piede in casa",ma non sono d'accordo sul "come": mia madre vuole che trovi lavoro in zona, mio padre che cambi regione.. e io voglio andare nella città del mio Lui, che è poi una via di mezzo!
Avevo trovato un lavoro temporaneo con prospettive che comunque mi avrebbe permesso di cercare altro in loco..hanno messo in mezzo Lui e io per non coinvolgerlo ho dovuto rinunciare a firmare il contratto(una vergogna di questi tempi!)! Ho parlato coi miei, ma non serve a nulla: non mi aiutano perchè non è lavoro da laureata, non vogliono che accetti l'aiuto (alloggio del primo mese) dai suoceri, non vogliono che conviva, se le cose dovessero andarmi male quello che ho da parte non mi basta per sopravvivere senza lavoro perchè ho dato i miei soldi a casa e non voglio "farmi campare"..risultato: sto impazzendo!
Sarà una domanda stupida ma c'è una strada che magari ora non riesco a vedere che mi permetta di fare accettare ai miei quello che voglio io senza arrivare a una rottura?
sono una donna di 34 anni, sono sempre stata estremamente sensibile, dipendente dal bisogno di sapermi "utile"per gli altri e cosciente di avere problemi di autostima ed insicurezza che ritengo originati dalla mia famiglia; per quanto non metta in dubbio che mi vogliano bene e facciano tutto per il mio bene, di fatto mi sono sempre sentita una bambola nelle loro mani senza alcuna possibilità di fare autonomamente le proprie scelte subendo quelle peraltro incoerenti dei miei..a tal proposito non escludo una punta di vittimismo. Ho sempre pensato che la famiglia fosse importante e che dovevo aiutare, cosa che ho fatto e che ritengo normale, ma che alla fine non mi ha portato nulla, nemmeno un briciolo di rispetto, e tutto questo viene peggiorato dal confronto con mio fratello che facendo l'esatto opposto fa quello che gli pare a spese dei miei genitori..e mie!.
In tutta la mia vita non c'è stata una sola amicizia per cui non abbia dovuto lottare perchè ogni volta che volevo fare qualcosa che esulava dalla routine nasceva una questione che finiva regolarmente col "tu sei plagiata"; ovviamente non è stato diverso per i ragazzi! la cosa grave è che dopo 34 anni non è cambiato quasi nulla: sto cercando di cambiare per me e per il mio compagno, ma i miei non riescono ad accettarlo e continuano a dire che "sono plagiata".. Da 6 anni ormai sto con un uomo per bene, con cui condivido valori fondamentali, che per me ha sopportato un mare di cose da parte dei miei ma che(apriti cielo)sta in un'altra città: ho lottato come una pazza per non dover rinunciare a lui.. forse per questo alla fine i miei hanno "ceduto" almeno formalmente, "per darmi un contentino" a mio avviso..ma adesso per me è arrivato il momento di fare scelte importanti!
I miei genitori da un lato sognano di vedermi fare un lavoro "da laureata", ma il mio curriculum piange e io sono assolutamente propensa a darmi da fare in qualsiasi modo; invece loro non lo accettano "se vuoi fare la commessa te non devi più mettere piede in casa",ma non sono d'accordo sul "come": mia madre vuole che trovi lavoro in zona, mio padre che cambi regione.. e io voglio andare nella città del mio Lui, che è poi una via di mezzo!
Avevo trovato un lavoro temporaneo con prospettive che comunque mi avrebbe permesso di cercare altro in loco..hanno messo in mezzo Lui e io per non coinvolgerlo ho dovuto rinunciare a firmare il contratto(una vergogna di questi tempi!)! Ho parlato coi miei, ma non serve a nulla: non mi aiutano perchè non è lavoro da laureata, non vogliono che accetti l'aiuto (alloggio del primo mese) dai suoceri, non vogliono che conviva, se le cose dovessero andarmi male quello che ho da parte non mi basta per sopravvivere senza lavoro perchè ho dato i miei soldi a casa e non voglio "farmi campare"..risultato: sto impazzendo!
Sarà una domanda stupida ma c'è una strada che magari ora non riesco a vedere che mi permetta di fare accettare ai miei quello che voglio io senza arrivare a una rottura?
[#1]
Gentile Utente,
la famiglia è un patrimonio affettivo importantissimo, ma differenziarsi dal nucleo familiare cercando di trovare se stessi diventa indispensabile per la propria sopravvivenza.
Sa da dove nasce la sua scarsa autostima?
Si piace?
Vuole bene?
Ha un amore, un fidanzato?
Cosa le piace fare, che hobby ha?
la famiglia è un patrimonio affettivo importantissimo, ma differenziarsi dal nucleo familiare cercando di trovare se stessi diventa indispensabile per la propria sopravvivenza.
Sa da dove nasce la sua scarsa autostima?
Si piace?
Vuole bene?
Ha un amore, un fidanzato?
Cosa le piace fare, che hobby ha?
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
[#2]
G.le utente, personalmente credo non sia così semplice scardinare a cuor leggero una dinamica familiare così strutturata e restia ai cambiamenti. Mi sembra, infatti, di aver capito che all'interno del suo sistema familiare ci siano delle regole di comunicazione per cui o lei è come vuole l'altro genitoriale oppure viene invalidata nella sua individualità e quindi nella sua libertà di scelta, che a quanto pare collide con quella dell'altro genitoriale. Personalmente, ritengo che sia più praticabile la via per cui lei si possa fare la sua vita in completa indipendenza dai condizionamenti familiari. Non è più una bambina e credo che abbia diritto a trovare e percorrere la sua strada anche se questo potrà comportare un certo senso di colpa nei confronti dei suoi genitori. Da quanto scrive sembra che abbia tutti i connotati contingenti per poterlo fare, tranne una sicurezza interiore che le possa permettere una serena separazione dai suoi.
Dr. Michele Spalletti, psicologo - psicoterapeuta
[#3]
Ex utente
Gentile D.r Spalletti
intanto grazie per aver preso in esame il mio caso;
le cose stanno proprio come dice lei, credo: quello che mi manca è il coraggio di gestire i sensi di colpa futuri, anche se su due piedi l'avrei fatto, avrei voluto mettere i miei sul fatto compiuto perché credo ormai sia l'unica strada; se sono tornata indietro è stato anche per il mio compagno che mi ha consigliato di affrontare la questione coi miei prima di intraprendere il nuovo viaggio proprio per poterlo fare serenamente ma non è servito a nulla e adesso anche lui ne è tremendamente frustrato se non pentito.
La cosa assurda è che io in effetti quando non ho i miei intorno so essere entusiasta, so di valere, so di essere in grado di badare a me stessa e di affrontare tante cose, l'ho fatto in passato e anche i miei e l'hanno detto (1 volta sola) per giustificare le loro richieste di aiuto e consigli nonché il diverso trattamento riservato a mio fratello "tu sai essere autonoma, badare a te stessa e darci una mano, lui da solo finirebbe sotto un ponte"..ma quando si tratta di far qualcosa per me faccio sempre la scelta sbagliata, me ne frego della famiglia che m'ha cresciuta e c'è sempre qualcuno che mi plagia!
La mia famiglia mi destabilizza da morire, mi rende insicura semplicemente non mostrando approvazione, si figuri quando mi danno contro!
Ho passato la vita a sentire gli amici dire "io al posto tuo me ne sarei andato da un pezzo"..ma io non voglio abbandonarli, vorrei continuare ad essere d'aiuto se posso, ma non a discapito della vita mia e del mio compagno!
Sono stanca di cercare di spiegare a qualcuno che fa il sordo e non sente ragioni, senza contare il fatto che mio fratello non perde occasione per istigare i miei genitori contro di me facendo sorgere in loro pensieri e paure prima inesistenti...
In questi giorni sto pensando se cercare nuovamente di firmare quel contratto perchè potrei avere uno spiraglio, ma prima voglio essere convinta di come gestire la cosa...
Li metto sul fatto compiuto facendo come da progetto iniziale? cerco una via di mezzo affittando inizialmente una stanza in casa con estranei (cosa che mi metterebbe a disagio) per risolvere almeno temporaneamente la questione della convivenza? o magari racconto ai miei la seconda cosa e faccio la prima?
So che non può risolvere i problemi per me e forse non potrà aiutarmi, ma in questo momento mi basterebbe un suggerimento su come indirizzare i miei ragionamenti ...
grazie!
intanto grazie per aver preso in esame il mio caso;
le cose stanno proprio come dice lei, credo: quello che mi manca è il coraggio di gestire i sensi di colpa futuri, anche se su due piedi l'avrei fatto, avrei voluto mettere i miei sul fatto compiuto perché credo ormai sia l'unica strada; se sono tornata indietro è stato anche per il mio compagno che mi ha consigliato di affrontare la questione coi miei prima di intraprendere il nuovo viaggio proprio per poterlo fare serenamente ma non è servito a nulla e adesso anche lui ne è tremendamente frustrato se non pentito.
La cosa assurda è che io in effetti quando non ho i miei intorno so essere entusiasta, so di valere, so di essere in grado di badare a me stessa e di affrontare tante cose, l'ho fatto in passato e anche i miei e l'hanno detto (1 volta sola) per giustificare le loro richieste di aiuto e consigli nonché il diverso trattamento riservato a mio fratello "tu sai essere autonoma, badare a te stessa e darci una mano, lui da solo finirebbe sotto un ponte"..ma quando si tratta di far qualcosa per me faccio sempre la scelta sbagliata, me ne frego della famiglia che m'ha cresciuta e c'è sempre qualcuno che mi plagia!
La mia famiglia mi destabilizza da morire, mi rende insicura semplicemente non mostrando approvazione, si figuri quando mi danno contro!
Ho passato la vita a sentire gli amici dire "io al posto tuo me ne sarei andato da un pezzo"..ma io non voglio abbandonarli, vorrei continuare ad essere d'aiuto se posso, ma non a discapito della vita mia e del mio compagno!
Sono stanca di cercare di spiegare a qualcuno che fa il sordo e non sente ragioni, senza contare il fatto che mio fratello non perde occasione per istigare i miei genitori contro di me facendo sorgere in loro pensieri e paure prima inesistenti...
In questi giorni sto pensando se cercare nuovamente di firmare quel contratto perchè potrei avere uno spiraglio, ma prima voglio essere convinta di come gestire la cosa...
Li metto sul fatto compiuto facendo come da progetto iniziale? cerco una via di mezzo affittando inizialmente una stanza in casa con estranei (cosa che mi metterebbe a disagio) per risolvere almeno temporaneamente la questione della convivenza? o magari racconto ai miei la seconda cosa e faccio la prima?
So che non può risolvere i problemi per me e forse non potrà aiutarmi, ma in questo momento mi basterebbe un suggerimento su come indirizzare i miei ragionamenti ...
grazie!
[#4]
Ex utente
Gentile D.r Randone,
ringrazio anche lei per l'attenzione;
in merito alle sue domande, rispondo
credo che la mia carenza d'autostima, come il bisogno di sentirmi utile e il bisogno di approvazione da parte degli altri, nascano dal rapporto con la mia famiglia; le dinamiche tra me e loro sono sempre rimaste uguali fondamentalmente: quando serve a loro sono in gamba, quando serve a me sono incapace. Non solo non sono mai stata spronata ad uscire e confrontarmi col mondo, ma al contrariosono sempre stata ostacolata in questo perchè fuori è pieno di gente che mi plagia e si approfitta di me..Se non altro tutto questo mi potrà tornare utile se e quando avrò mai la fortuna d'avere un figlio...
Ho fatto tante rinunce per questo, più per fare contenti i miei che per reale paura,, ma pur non arrendendomi totalmente alla loro visione del mondo qualche influenza ce l'hanno: credo sia per questo che non avrei mai il coraggio di vivere sola in una città che non conosco e senza un appoggio e trovo da pazzi l'idea di propormi qualcosa del genere oggi da parte di mio padre!
Sinceramente il problema è che tendo a giustificare i miei perchè al di là dei litigi credo che più che altro siano loro ad aver paura della vita e ad aver bisogno di me e per questo mi sento in colpa: avrei dovuto abituarli prima invece di fare la brava figlia che aiuta e va incontro alle esigenze della famiglia? è questo che devo fare adesso? e come, così di colpo? d'altra parte mica posso aspettare millenni: c'hanno messo 6 anni per chiamare per nome il mio compagno invece di dire "quello lì", quanto passerà perchè accettino che io vada a vivere nella sua città?
Piacere a me stessa...con alti e bassi, credo di si: penso di essere una bella persona dentro e fuori, so che ho fatto determinate scelte nella mia vita perchè in quel momento erano le migliori anche se oggi forse non le rifarei, so di poter e saper fare tante cose .. per tutto questo ci sono giorni in cui penso che saprei conquistare il mondo... poi però prevale lo sconforto perchè alla fine qualunque cosa faccia non servirà a nulla, non potrò fare quel che voglio e non so concretamente nemmeno perchè, è come se fossi in gabbia...e non mi piaccio più.
Ho un compagno da 6 anni: so che non è il massimo per l'autostima ma credo sia il vero motivo per cui non sono più disposta a rinunciare a me stessa.
Hobby? eh..bella domanda...di fatto aiuto mia madre nei suoi.
ringrazio anche lei per l'attenzione;
in merito alle sue domande, rispondo
credo che la mia carenza d'autostima, come il bisogno di sentirmi utile e il bisogno di approvazione da parte degli altri, nascano dal rapporto con la mia famiglia; le dinamiche tra me e loro sono sempre rimaste uguali fondamentalmente: quando serve a loro sono in gamba, quando serve a me sono incapace. Non solo non sono mai stata spronata ad uscire e confrontarmi col mondo, ma al contrariosono sempre stata ostacolata in questo perchè fuori è pieno di gente che mi plagia e si approfitta di me..Se non altro tutto questo mi potrà tornare utile se e quando avrò mai la fortuna d'avere un figlio...
Ho fatto tante rinunce per questo, più per fare contenti i miei che per reale paura,, ma pur non arrendendomi totalmente alla loro visione del mondo qualche influenza ce l'hanno: credo sia per questo che non avrei mai il coraggio di vivere sola in una città che non conosco e senza un appoggio e trovo da pazzi l'idea di propormi qualcosa del genere oggi da parte di mio padre!
Sinceramente il problema è che tendo a giustificare i miei perchè al di là dei litigi credo che più che altro siano loro ad aver paura della vita e ad aver bisogno di me e per questo mi sento in colpa: avrei dovuto abituarli prima invece di fare la brava figlia che aiuta e va incontro alle esigenze della famiglia? è questo che devo fare adesso? e come, così di colpo? d'altra parte mica posso aspettare millenni: c'hanno messo 6 anni per chiamare per nome il mio compagno invece di dire "quello lì", quanto passerà perchè accettino che io vada a vivere nella sua città?
Piacere a me stessa...con alti e bassi, credo di si: penso di essere una bella persona dentro e fuori, so che ho fatto determinate scelte nella mia vita perchè in quel momento erano le migliori anche se oggi forse non le rifarei, so di poter e saper fare tante cose .. per tutto questo ci sono giorni in cui penso che saprei conquistare il mondo... poi però prevale lo sconforto perchè alla fine qualunque cosa faccia non servirà a nulla, non potrò fare quel che voglio e non so concretamente nemmeno perchè, è come se fossi in gabbia...e non mi piaccio più.
Ho un compagno da 6 anni: so che non è il massimo per l'autostima ma credo sia il vero motivo per cui non sono più disposta a rinunciare a me stessa.
Hobby? eh..bella domanda...di fatto aiuto mia madre nei suoi.
[#5]
G.le utente, da quanto racconta sembra emergere un'affiliazione del suo desiderio di riconoscimento a quello del suo altro genitoriale.
In particolare la domanda assillante e diminutiva dei suoi genitori la schiaccia in un universo fatto di poche soddisfazioni reali e di tanti doveri oblativi, per sentirsi accolta, o almeno non rifiutata, dai suoi.
Mi dispiace dirglielo ma esperienza ci insegna che è molto difficile, senza una guida esterna o una spinta al cambiamento reale, che certe dinamiche familiari e la sua omeostasi (fatta di corsi e ricorsi, di definizioni date a lei "la plagiata" e a suo fratello che da solo "finirebbe sotto un ponte") possano essere modificate.
In via puramente teorica, tali meccanismi sono talmente radicati nel "mito" e nella pragmatica (intenzione sottesa alla comunicazione e finalizzata a decidere ruoli e posizioni nella relazione) familiare che risulta veramente difficile smuoverli, anche parlandone a casa.
Alcune cose, certo si possono far capire ma capire non significa necessariamente cambiare ed il rischio è che lei rimanga sempre "la plagiata" che deve aiutare il sistema appannaggio del fratello "scapestrato" ed offrirsi all'altro materno: "Hobby? eh..bella domanda...di fatto aiuto mia madre nei suoi".
Il dilemma credo sia tutto qui: continuare a rinunciare a se stessa, alienandosi nell'altro genitoriale mantenendo lo status quo familiare, o decidere di separarsi, seppur nell'illusione di deludere i suoi e di poter fare l'esperienza della colpa, nel venir meno alle aspettative dei suoi genitori, relativamente a ciò che è giusto o sbagliato per lei.
Uno psicoanalista francese, J. Lacan, a tal proposito diceva, al contrario di quanto potrebbe pensare, che "la colpa è cedere al proprio desiderio", ovvero, tradirlo, non poterlo realizzare a favore di ciò che non si desidera veramente.
In particolare la domanda assillante e diminutiva dei suoi genitori la schiaccia in un universo fatto di poche soddisfazioni reali e di tanti doveri oblativi, per sentirsi accolta, o almeno non rifiutata, dai suoi.
Mi dispiace dirglielo ma esperienza ci insegna che è molto difficile, senza una guida esterna o una spinta al cambiamento reale, che certe dinamiche familiari e la sua omeostasi (fatta di corsi e ricorsi, di definizioni date a lei "la plagiata" e a suo fratello che da solo "finirebbe sotto un ponte") possano essere modificate.
In via puramente teorica, tali meccanismi sono talmente radicati nel "mito" e nella pragmatica (intenzione sottesa alla comunicazione e finalizzata a decidere ruoli e posizioni nella relazione) familiare che risulta veramente difficile smuoverli, anche parlandone a casa.
Alcune cose, certo si possono far capire ma capire non significa necessariamente cambiare ed il rischio è che lei rimanga sempre "la plagiata" che deve aiutare il sistema appannaggio del fratello "scapestrato" ed offrirsi all'altro materno: "Hobby? eh..bella domanda...di fatto aiuto mia madre nei suoi".
Il dilemma credo sia tutto qui: continuare a rinunciare a se stessa, alienandosi nell'altro genitoriale mantenendo lo status quo familiare, o decidere di separarsi, seppur nell'illusione di deludere i suoi e di poter fare l'esperienza della colpa, nel venir meno alle aspettative dei suoi genitori, relativamente a ciò che è giusto o sbagliato per lei.
Uno psicoanalista francese, J. Lacan, a tal proposito diceva, al contrario di quanto potrebbe pensare, che "la colpa è cedere al proprio desiderio", ovvero, tradirlo, non poterlo realizzare a favore di ciò che non si desidera veramente.
[#6]
Ex utente
La ringrazio nuovamente per la risposta, che ho letto attentamente..
nelle sue parole ho trovato la conferma al fatto che ho inteso correttamente tante cose della mia situazione e i miei ragionamenti e le mie motivazioni non sono assurdi, paranoici o dettati da egoismo e menefreghismo e questo mi è di grande aiuto.
Soprattutto mi ha fatto piacere intendere tra le righe la corretta visione del mio punto di vista sul ruolo del mio compagno, visto dai miei come "l'orco cattivo che mi plagia per portarmi via da loro" mentre da me come la "spinta al cambiamento reale" che finora ho evitato e temuto.
Non ho studiato psicanalisi e confesso di non conoscere il Dr. Lacan, ma ho comunque fatto tante volte lo stesso pensiero da lei citato, esattamente tante volte quante quelle in cui mi sono ribellata ai miei! Evidentemente lo scordo troppo spesso: grazie mille per avermelo ricordato, rileggerò spesso questa conversazione!
nelle sue parole ho trovato la conferma al fatto che ho inteso correttamente tante cose della mia situazione e i miei ragionamenti e le mie motivazioni non sono assurdi, paranoici o dettati da egoismo e menefreghismo e questo mi è di grande aiuto.
Soprattutto mi ha fatto piacere intendere tra le righe la corretta visione del mio punto di vista sul ruolo del mio compagno, visto dai miei come "l'orco cattivo che mi plagia per portarmi via da loro" mentre da me come la "spinta al cambiamento reale" che finora ho evitato e temuto.
Non ho studiato psicanalisi e confesso di non conoscere il Dr. Lacan, ma ho comunque fatto tante volte lo stesso pensiero da lei citato, esattamente tante volte quante quelle in cui mi sono ribellata ai miei! Evidentemente lo scordo troppo spesso: grazie mille per avermelo ricordato, rileggerò spesso questa conversazione!
Questo consulto ha ricevuto 6 risposte e 8.9k visite dal 11/11/2013.
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