Convincere una persona disturbata a rivolgersi al medico, impresa possibile?

Salve, desidero chiedere a uno specialista in psichiatria qualche consiglio utile per provare ad aiutare una persona affinché si rivolga, per l’appunto, a uno specialista.
La persona in questione è un uomo di mezza età, con cui ho avuto una relazione mai felice, ora interrotta vista l’impossibilità di viverla serenamente. Non racconto tutto, sarebbe troppo lunga la serie di assurdità che gli ho visto fare e dire. Per farla breve, dopo essermi ritrovata con i nervi a pezzi a furia di vivere su un otto volante di emozioni estreme e impulsive (sue), ho preso le distanze e ho iniziato a riflettere. Già durante la relazione più volte lo avevo pregato di andare dal medico per guardare da vicino quello che continuava a succedere: espressioni di amore e devozione esagerate oppure insulti e alle dichiarazioni di sfiducia e disistima più assoluta nei miei confronti; impulsività e incapacità di gestire qualsiasi disagio senza sfociare in parole e gesti impulsivi; vittimismo, vomito nervoso, abitudine di farsi del male alle mani e ai piedi, che spesso si scorticava letteralmente; reazioni da abbandono ogni qualvolta ero via per qualche giorno per impegni familiari oppure anche solo un paio d’ore passate a chiacchierare con un’amica; sensazione continua di essere vittima di batoste da tutti, se si distoglie l’attenzione da lui. Non posso certo fare una diagnosi, ma mi ha parecchio turbata il leggere del disturbo della personalità borderline, perché ne ha parecchie caratteristiche. Nel leggere, da un lato ho provato sollievo perché tutto poteva avere un senso se il problema è quello, dall’altro ne sono molto addolorata perché so che ha bisogno di aiuto ma è completamente solo. Si tratta tra l’altro di una persona estremamente intelligente, e non accetta l’eventualità di poter avere bisogno di aiuto in questo senso, ho anche notato che trasferiva su di me ciò che in realtà era lui a fare. Nella consapevolezza di non poter fare nulla per aiutarlo e visto il rifiuto ad accettare l’esistenza di un problema, ho dovuto allontanarmi. Ma c’è un modo per dargli una mano a capire che è lui che sta male e che senza rendersene conto fa stare male chi gli vuol bene, senza essere brutale e nominare un disturbo?
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233
Gentile Signora,

nel risponderle premetto che questa è la sezione di psicologia e che di conseguenza chi le risponde è uno psicologo e non un medico psichiatra, ma se desiderasse anche un parere psichiatrico potrà sicuramente postare la sua richiesta anche in quella sezione.

Venendo al suo caso: non possiamo sapere come stiano realmente le cose, né di quale eventuale disturbo soffra il suo ex, ma nel caso in cui la sua intuizione fosse corretta e si trattasse di un disturbo di personalità (o di qualcosa di ancor più grave) sarebbe decisamente difficile convincere quest'uomo a chiedere aiuto.
I disturbi di personalità infatti si caratterizzano per essere egosintonici ed alloplastici e creano cioè seri problemi a chi si trova a vivere accanto al potenziale paziente, mentre per lui tutto va bene.
Il non accorgersi che qualcosa non va fa parte del disturbo e chi ne soffre cerca aiuto solo per disturbi secondari alla diagnosi principale, come i disturbi d'ansia o dell'umore.

Si conseguenza lei può solo fargli presente serenamente che pensa che qualcosa non vada e che ci sarà, se lui mai volesse parlarne e desiderasse il suo sostegno nella ricerca di un aiuto.
Ogni genere di aiuto può solo essere offerto e mai imposto, evitando in particolare che le parole utilizzate possano suonare come un insulto, un ordine o un'accusa al loro destinatario.

Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it

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