Come continuare la mia terapia
Salve,
mi sono imbattuta nel vostro sito perchè cercavo delle risposte.Sono in terapia da tre anni da uno psicologo e,tutto,è cominciato otto anni fa.Ho avuto un primo attacco di panico: improvviso offuscamento della vista ad un solo occhio,formicolio al braccio corrispondente al sintomo visivo,un aumento dell'ansia che non mi faceva neanche piu' comprendere cosa mi si diceva.Uno stato un po' confusionale per cercare di spiegarmi.Andai al pronto soccorso,mi dissero che poteva essere stress.Ricapito' ancora una volta,tutto allo stesso modo,finchè non mi sono abituata a questa paura cercando di contenerla da sola.I pensieri diventavano sempre piu' dominati da quella paura,che tutto ritornasse e che qualcosa in me non andava.Ho cominciato ad andare da una neurologa che mi dava da fare esami come risonanza magnetica ed elettroencefalogramma abbastanza ciclicamente,poichè dai risultati si evinceva esserci soltanto una lieve anomalia,cosi' la chiamava,che riteneva giusto tenere sotto controllo in quanto anche giovane.Aveva poi intenzione di farmi cominciare una terapia farmacologia con stabilizzanti dell'umore,che non ho accettato di fare per paura e,da qui,ho comciato la terapia dallo psicologo,smettendo successivamente di andare dalla neurologa.Dopo tre anni,e al secondo psicologo,noto di avere comunque un senso di infelicità costante.La mia vita sociale al momento è nulla,non ho amici,neanche piu' i pochi che avevo dopo una delusione amicale che mi ha fatto decidere che era meglio allontanare tutti.A casa non c'è mai stato un gran dialogo,mio padre ha la tendenza ad essere giu' di tono e forse per questo,ma le mie sono solo congetture date dal mio costante e ininterrotto pensare,a cercare " sostegno" nell'alcool.
Al momento sono tre settimane che non gli parlo e lo stesso mia madre e mi sono chiesta quanto questo incida sul mio umore.
Questa rapida rassegna è fatta perchè il mio psicologo ritiene che non avendo piu' armi per aiutarmi,dei farmaci possano aiutarmi.
Oggi per la prima volta ho preso coscienza che potrebbe essere un aiuto a cui dovrei ricorrere.La mia reticenza è data dalla paura che ciò che mi fa pensare l'ansia,venga successivamente ingrandito da un farmaco di cui non so ho realmente bisogno e se invece tutto non derivi dalla mia solitudine e paura nel relazionarmi con gli altri.
Sono molto confusa.Cosa dovrei fare? Consultare uno psichiatra,consigliatomi dal mio medico,e ascoltare cosa mi dice per poi decidere? Vorrei tanto capire se questo passo sia giusto o se posso ancora farcela da sola,con le mie forze.
Mi scuso per l'eventuale poca chiarezza e confusione della mia domanda.
mi sono imbattuta nel vostro sito perchè cercavo delle risposte.Sono in terapia da tre anni da uno psicologo e,tutto,è cominciato otto anni fa.Ho avuto un primo attacco di panico: improvviso offuscamento della vista ad un solo occhio,formicolio al braccio corrispondente al sintomo visivo,un aumento dell'ansia che non mi faceva neanche piu' comprendere cosa mi si diceva.Uno stato un po' confusionale per cercare di spiegarmi.Andai al pronto soccorso,mi dissero che poteva essere stress.Ricapito' ancora una volta,tutto allo stesso modo,finchè non mi sono abituata a questa paura cercando di contenerla da sola.I pensieri diventavano sempre piu' dominati da quella paura,che tutto ritornasse e che qualcosa in me non andava.Ho cominciato ad andare da una neurologa che mi dava da fare esami come risonanza magnetica ed elettroencefalogramma abbastanza ciclicamente,poichè dai risultati si evinceva esserci soltanto una lieve anomalia,cosi' la chiamava,che riteneva giusto tenere sotto controllo in quanto anche giovane.Aveva poi intenzione di farmi cominciare una terapia farmacologia con stabilizzanti dell'umore,che non ho accettato di fare per paura e,da qui,ho comciato la terapia dallo psicologo,smettendo successivamente di andare dalla neurologa.Dopo tre anni,e al secondo psicologo,noto di avere comunque un senso di infelicità costante.La mia vita sociale al momento è nulla,non ho amici,neanche piu' i pochi che avevo dopo una delusione amicale che mi ha fatto decidere che era meglio allontanare tutti.A casa non c'è mai stato un gran dialogo,mio padre ha la tendenza ad essere giu' di tono e forse per questo,ma le mie sono solo congetture date dal mio costante e ininterrotto pensare,a cercare " sostegno" nell'alcool.
Al momento sono tre settimane che non gli parlo e lo stesso mia madre e mi sono chiesta quanto questo incida sul mio umore.
Questa rapida rassegna è fatta perchè il mio psicologo ritiene che non avendo piu' armi per aiutarmi,dei farmaci possano aiutarmi.
Oggi per la prima volta ho preso coscienza che potrebbe essere un aiuto a cui dovrei ricorrere.La mia reticenza è data dalla paura che ciò che mi fa pensare l'ansia,venga successivamente ingrandito da un farmaco di cui non so ho realmente bisogno e se invece tutto non derivi dalla mia solitudine e paura nel relazionarmi con gli altri.
Sono molto confusa.Cosa dovrei fare? Consultare uno psichiatra,consigliatomi dal mio medico,e ascoltare cosa mi dice per poi decidere? Vorrei tanto capire se questo passo sia giusto o se posso ancora farcela da sola,con le mie forze.
Mi scuso per l'eventuale poca chiarezza e confusione della mia domanda.
[#1]
< Consultare uno psichiatra,consigliatomi dal mio medico,e ascoltare cosa mi dice per poi decidere?>
Gentile Utente,
si, sarebbe utile riferirsi allo specialista psichiatra per valutare una eventuale terapia farmacologica da abbinare alla psicoterapia e anche rispondere alle sue domande sui farmaci e i loro effetti, differentemente dallo psicologo che non è medico.
Le vorrei chiedere che tipo di percorso sta facendo con il suo curante attuale, da quanto tempo, se è anche psicoterapeuta, se ne conosce l'approccio.
Riguardo al percorso triennale di che tipo di psicoterapia si trattava? Ha interrotto lei o lo specialista il trattamento?
Gentile Utente,
si, sarebbe utile riferirsi allo specialista psichiatra per valutare una eventuale terapia farmacologica da abbinare alla psicoterapia e anche rispondere alle sue domande sui farmaci e i loro effetti, differentemente dallo psicologo che non è medico.
Le vorrei chiedere che tipo di percorso sta facendo con il suo curante attuale, da quanto tempo, se è anche psicoterapeuta, se ne conosce l'approccio.
Riguardo al percorso triennale di che tipo di psicoterapia si trattava? Ha interrotto lei o lo specialista il trattamento?
Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it
[#2]
Utente
La ringrazio dapprima per la Sua risposta.
Forse mi sono espressa male e le rispondo,è il mio percorso attuale che dura da tre anni e so che l'approccio del mio psicologo è di tipo cognitivo-comportamentale.
Il trattamento precedente era durato sette mesi ed è stato quello specialista ad interromperlo.Non ero sempre daccordo con quel che mi diceva e le sue parole furono " Vuoi dimostrare di saperne piu' di me e non sei qui per risolvere i tuoi problemi " a grandi linee,per questo ho sempre ritenuto che fosse stato un bene interrompere.
Allora penserò concretamente di fare questa visita dallo psichiatra anche per togliermi qualche dubbio sulla mia situazione,accettando il suo consiglio.
Forse mi sono espressa male e le rispondo,è il mio percorso attuale che dura da tre anni e so che l'approccio del mio psicologo è di tipo cognitivo-comportamentale.
Il trattamento precedente era durato sette mesi ed è stato quello specialista ad interromperlo.Non ero sempre daccordo con quel che mi diceva e le sue parole furono " Vuoi dimostrare di saperne piu' di me e non sei qui per risolvere i tuoi problemi " a grandi linee,per questo ho sempre ritenuto che fosse stato un bene interrompere.
Allora penserò concretamente di fare questa visita dallo psichiatra anche per togliermi qualche dubbio sulla mia situazione,accettando il suo consiglio.
[#3]
Gentile Utente,
qual è la diagnosi posta?
Come mai il neurologo avrebbe voluto prescrivere gli stabilizzatori dell'umore?
qual è la diagnosi posta?
Come mai il neurologo avrebbe voluto prescrivere gli stabilizzatori dell'umore?
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#4]
Gentile utente,
concordo con quello che scrive la mia collega, dr.ssa Rinella.
Può essere utile rivolgersi ad uno psichiatra da affiancare ad una psicoterapia, in alcune situazioni e per alcuni periodi può essere utile. Inoltre questa sembra essere la proposta anche del suo terapeuta.
Mi viene comunque da pensare che nonostante i farmaci possano avere alcuni effetti collaterali e contribuire a far sentire sé stessi "malati" sono certamente meglio dell'alcool come terapia per stare meglio.
Restiamo in ascolto
concordo con quello che scrive la mia collega, dr.ssa Rinella.
Può essere utile rivolgersi ad uno psichiatra da affiancare ad una psicoterapia, in alcune situazioni e per alcuni periodi può essere utile. Inoltre questa sembra essere la proposta anche del suo terapeuta.
Mi viene comunque da pensare che nonostante i farmaci possano avere alcuni effetti collaterali e contribuire a far sentire sé stessi "malati" sono certamente meglio dell'alcool come terapia per stare meglio.
Restiamo in ascolto
Dr. Francesco Mori
Psicologo, Psicodiagnosta, Psicoterapeuta
http://spazioinascolto.altervista.org/
[#5]
Utente
Gentile Dr. Pileci,
la diagnosi di Attacchi di panico mi fu data proprio dalla neurologa e la sua intenzione di prescrivermi degli stabilizzanti dell'umore credo fosse dovuta al tenere sotto controllo i sintomi anche quando non si manifestavano in un attacco completo,ma solo a seguito di una paura dell'evento originario.
Fatto sta che non avendo seguito questa strada,scegliendo di cominciare una terapia,non ho piu' avuto quegli attacchi.Ciò che persiste sono una serie di paure e di difficoltà emerse con il tempo.Come se,per tentare di spiegarLe,uno stato di tristezza e insoddisfazione generale avesse preso il posto degli attacchi di panico.
Sicuramente sarà merito della terapia,quel che cerco di capire è come sentirmi pienamente bene.Credo che anche l'idea di cominciare degli esercizi durante la terapia possa servirmi,anche se inizialmente avevo abbandonato precocemente gli esercizi di rilassamento sentendo piu' l'esigenza di utilizzare quello spazio come ascolto.
Continuerò a pensare a tutte queste alternative fino alla mia prossima seduta.
Grazie anche al Dr.Mori per il suo intervento,sono daccordo con Lei.
la diagnosi di Attacchi di panico mi fu data proprio dalla neurologa e la sua intenzione di prescrivermi degli stabilizzanti dell'umore credo fosse dovuta al tenere sotto controllo i sintomi anche quando non si manifestavano in un attacco completo,ma solo a seguito di una paura dell'evento originario.
Fatto sta che non avendo seguito questa strada,scegliendo di cominciare una terapia,non ho piu' avuto quegli attacchi.Ciò che persiste sono una serie di paure e di difficoltà emerse con il tempo.Come se,per tentare di spiegarLe,uno stato di tristezza e insoddisfazione generale avesse preso il posto degli attacchi di panico.
Sicuramente sarà merito della terapia,quel che cerco di capire è come sentirmi pienamente bene.Credo che anche l'idea di cominciare degli esercizi durante la terapia possa servirmi,anche se inizialmente avevo abbandonato precocemente gli esercizi di rilassamento sentendo piu' l'esigenza di utilizzare quello spazio come ascolto.
Continuerò a pensare a tutte queste alternative fino alla mia prossima seduta.
Grazie anche al Dr.Mori per il suo intervento,sono daccordo con Lei.
Questo consulto ha ricevuto 6 risposte e 1.6k visite dal 22/10/2013.
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