Fine relazione a causa dell'ansia
Gentili dottori, innanzitutto grazie per la disponibilità.
Scrivo perchè ho bisogno di un aiuto per fare chiarezza sulla mia situazione.
Ho quasi 30 anni e apparentemente tutto quello di cui si dovrebbe aver bisogno (lavoro,famiglia,salute,ecc.)
Circa un anno fa ho sofferto molto per la chiusura di una relazione importante e ho impiegato molti mesi, con tanto sacrificio, a ritrovare un minimo della stabilità persa a causa della grande delusione e mi ha lasciato un grande senso di sfiducia generale.
Qualche mese fa ho ri-incontrato per caso un ragazzo (di qualche anno più piccolo di me) che conobbi diversi anni fa; ci colpìmmo già da subito, ma non ci fu mai modo di conoscerci meglio.
Da questo ri-incontro abbiamo avuto la nostra seconda occasione, abbiamo iniziato a frequentarci e in poco tempo è riuscito a rendermi felice e a stupirmi con le sue qualità e a ridarmi quella fiducia nelle relazioni che avevo ormai perso.
Purtroppo nonostante le cose tra noi andassermo molto bene, ha iniziato presto a soffire di attacchi di ansia e panico in modo incontrollato. Mi ha raccontato di averne sempre sofferto in vita sua (ha subito un trauma durante l'infanzia), si è aperto molto con me e credo anche di aver capito veramente quale è il suo problema.
Purtroppo in questi mesi, da quando sono venuti meno gli interessi che lo impegnavano attivamente, la situazione è diventata insostenibile. Gli attacchi di panico sono diventati sempre più frequenti e invalidanti tanto che è persino impossibile fare 4 passi insieme.
Ho provato invano a indicargli la psicoterapia, ma non sono riuscita a convincerlo. La situazione è giorno per giorno peggiorata fino al momento in cui ci siamo resi conto che lui non era in grado al momento di dedicarsi a questo inizio di relazione e di darmi l'affetto e l'amore che vorrebbe e di cui ho bisogno. Lui dice che ha bisogno di trovare sè stesso, di ritrovare la sua essenza, di uscire dalla gabbia in cui ha rinchiuso sè stesso in questi anni. Si rende conto che questa situazione sta iniziando a farmi male, perchè io, nonostante tutto l'amore (anche se è presto parlare di amore) che provo per lui non sono in grado di "accollarmi" la situazione, di aiutarlo a guarire, ma potrei solo essere di intralcio al suo ritrovare sè stesso. Non ho la competenza e non è giusto che sia così.Per questo abbiamo deciso di chiudere la relazione. Ma io non riesco a smettere di pensare a lui e di volerlo con me.
Sento che è sincero con me e che ci tiene veramente e che se non fosse per questo malessere ingestibile, ora saremo felici insieme come all'inizio.
La mia domanda è: cosa devo fare? devo dimenticarlo e convincermi che non c'è speranza per noi?non riesco a "elaborare il lutto" perchè non ho un punto fermo su cui basarmi. Ho deciso che non devo aspettarlo,ma di fatto è come se lo stessi aspettando,sperando ogni giorno che guarisca presto e torni da me. Non riesco più a stare bene a farmene una ragione.Non riesco a non pensare a lui continuamente
Scrivo perchè ho bisogno di un aiuto per fare chiarezza sulla mia situazione.
Ho quasi 30 anni e apparentemente tutto quello di cui si dovrebbe aver bisogno (lavoro,famiglia,salute,ecc.)
Circa un anno fa ho sofferto molto per la chiusura di una relazione importante e ho impiegato molti mesi, con tanto sacrificio, a ritrovare un minimo della stabilità persa a causa della grande delusione e mi ha lasciato un grande senso di sfiducia generale.
Qualche mese fa ho ri-incontrato per caso un ragazzo (di qualche anno più piccolo di me) che conobbi diversi anni fa; ci colpìmmo già da subito, ma non ci fu mai modo di conoscerci meglio.
Da questo ri-incontro abbiamo avuto la nostra seconda occasione, abbiamo iniziato a frequentarci e in poco tempo è riuscito a rendermi felice e a stupirmi con le sue qualità e a ridarmi quella fiducia nelle relazioni che avevo ormai perso.
Purtroppo nonostante le cose tra noi andassermo molto bene, ha iniziato presto a soffire di attacchi di ansia e panico in modo incontrollato. Mi ha raccontato di averne sempre sofferto in vita sua (ha subito un trauma durante l'infanzia), si è aperto molto con me e credo anche di aver capito veramente quale è il suo problema.
Purtroppo in questi mesi, da quando sono venuti meno gli interessi che lo impegnavano attivamente, la situazione è diventata insostenibile. Gli attacchi di panico sono diventati sempre più frequenti e invalidanti tanto che è persino impossibile fare 4 passi insieme.
Ho provato invano a indicargli la psicoterapia, ma non sono riuscita a convincerlo. La situazione è giorno per giorno peggiorata fino al momento in cui ci siamo resi conto che lui non era in grado al momento di dedicarsi a questo inizio di relazione e di darmi l'affetto e l'amore che vorrebbe e di cui ho bisogno. Lui dice che ha bisogno di trovare sè stesso, di ritrovare la sua essenza, di uscire dalla gabbia in cui ha rinchiuso sè stesso in questi anni. Si rende conto che questa situazione sta iniziando a farmi male, perchè io, nonostante tutto l'amore (anche se è presto parlare di amore) che provo per lui non sono in grado di "accollarmi" la situazione, di aiutarlo a guarire, ma potrei solo essere di intralcio al suo ritrovare sè stesso. Non ho la competenza e non è giusto che sia così.Per questo abbiamo deciso di chiudere la relazione. Ma io non riesco a smettere di pensare a lui e di volerlo con me.
Sento che è sincero con me e che ci tiene veramente e che se non fosse per questo malessere ingestibile, ora saremo felici insieme come all'inizio.
La mia domanda è: cosa devo fare? devo dimenticarlo e convincermi che non c'è speranza per noi?non riesco a "elaborare il lutto" perchè non ho un punto fermo su cui basarmi. Ho deciso che non devo aspettarlo,ma di fatto è come se lo stessi aspettando,sperando ogni giorno che guarisca presto e torni da me. Non riesco più a stare bene a farmene una ragione.Non riesco a non pensare a lui continuamente
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Gentile Utente,
se questo ragazzo sta nel modo descritto dovrebbe rivolgersi a uno specialista della salute mentale.
La motivazione alla cura deve però appartenere al diretto interessato, senza questa e la consapevolezza della necessità di un aiuto specialistico è difficile che vengano accettati suggerimenti da terzi. D'altra perte lei ci ha già provato, purtroppo senza risultato come spesso avviene.
Se sente il bisognno di stare da solo, se non sente di potersi dedicare alla relazione, controproducente insistere.
Comprendo il suo sentire per la quanto sia successo e come per lei sia difficile abbandonare le aspettative in merito a questo rapporto. Era tornata a credere nel legame sentimentale dopo la chiusura del precedente rapporto che l'ha gettata nello sconforto.
<Non riesco più a stare bene> Ci può dire di più su come si sente?
se questo ragazzo sta nel modo descritto dovrebbe rivolgersi a uno specialista della salute mentale.
La motivazione alla cura deve però appartenere al diretto interessato, senza questa e la consapevolezza della necessità di un aiuto specialistico è difficile che vengano accettati suggerimenti da terzi. D'altra perte lei ci ha già provato, purtroppo senza risultato come spesso avviene.
Se sente il bisognno di stare da solo, se non sente di potersi dedicare alla relazione, controproducente insistere.
Comprendo il suo sentire per la quanto sia successo e come per lei sia difficile abbandonare le aspettative in merito a questo rapporto. Era tornata a credere nel legame sentimentale dopo la chiusura del precedente rapporto che l'ha gettata nello sconforto.
<Non riesco più a stare bene> Ci può dire di più su come si sente?
Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it
[#2]
G.le utente, da quanto riferisce sembrerebbe che la vostra rottura sia stata causata da un problema del suo ex che, a quanto pare, ha alterato la vostra relazione. Nonostante i suoi tentativi di aiutarlo lui non ha neanche preso in considerazione il suo consiglio di rivolgersi ad uno specialista per risolvere le sue crisi. Ora ciò che mi chiedo è quanto lei sia importante per lui, dal momento che, quando si è innamorati, si cerca di assecondare i desideri del partner, soprattutto se questi collimano con la riconquista di una propria stabilità psicofisica. Quando lei dice: "si è aperto molto con me e credo anche di aver capito veramente quale è il suo problema, precisamente cosa intende? Personalmente, dal comportamento da lei descritto, credo che il suo ex ancora non sia disposto a guarire e che la situazione sia alquanto ambigua. Mi spiego quando lei dice: "se non fosse per questo malessere ingestibile, ora saremo felici insieme come all'inizio", credo che ciò rifletta un voler proiettare il problema all'esterno della coppia. Precisamente, lui è cosi con il suo "male" e scotomizzarlo, cercare di separarlo da lui, implica un suo non riconoscimento, un volerlo diversamente da com'è o non accettarlo. Da quanto lei dice emerge, altresì, il suo impegno per risolvere la situazione ma alla fine avete entrambi optato per una separazione a causa di una variabile che entrambi state percependo come un corpo estraneo a voi, un'interferenza fatale. Inoltre, mi soffermerei anche su questo punto: "Lui dice che ha bisogno di trovare sè stesso, di ritrovare la sua essenza, di uscire dalla gabbia in cui ha rinchiuso sè stesso in questi anni". La frase dovrebbe far riflettere su quanto sia disposto o meno ad investire nelle relazioni per "ritrovare se stesso". Il non volersi affidare all'altro mi sembra essere confermato dal suo non volersi curare. In sostanza, sembra che, nonostante i suoi sforzi, la relazione, sul punto delle crisi d'ansia, sia stata vissuta non da coppia ma, soprattutto da parte del suo ex, in modo autoreferenziale e senza apertura
Dr. Michele Spalletti, psicologo - psicoterapeuta
[#3]
Ex utente
Grazie..
provo a rispondere alle vostre domande:
Nell'infanzia ha subito, a seguito di una tragedia, il lutto del padre e quindi la mancanza per tutta la vita dellla figura paterna, è stato esposto in tutta l'adolescenza e tutt'ora alle crisi depressive della madre, la quale si è rivolta spesso a degli specialisti non sempre ottenendo ottimi risultati.
Tutto questo ha determinato in lui sfiducia e paura nei confronti della psicoterapia.
Nonostate questo, proprio per il bene che prova per me, si è sforzato di iniziare a leggere delle letture che gli ho indicato, di parlare con me, di affontare il problema insieme e avevamo anche progettato di partecipare ad un convegno sull'ansia proprio per fare un primo passo. Era entusiasta di partecipare a questo incontro e tutto era organizzato insieme affinchè potessimo parteciparvi, finchè poco prima di partire, ha avuto un forte attacco di panico, che ci ha impedito di andare al convegno, con mio grande dispiacere e delusione.
Da allora non l'ho più visto.
La sera dopo mi ha scritto una lunga mail, una presa d'atto di coscienza in cui dice di riconoscere il suo male e di non aver la forza di reagire, di rendersi conto che mi sta facendo soffrire e che vorrebbe tutto il bene per noi e darmi il benessere che avevamo inizialmente.
Io mi sono accorta del suo graduale cambiamento, è come se l'ansia lo avesse di volta in volta sempre più "risucchiato", lui è consumato da questo male, tanto da non riuscire nememno a mangiare.
Io non so se lui nel frattempo (dopo quell'episodio che ha segnato la nostra fine) si sia rivolto ad unmedico o no, o se sia ancora in preda alle crisi d'ansia e abbandonato a sè stesso.
Io vorrei tanto fare qualcosa per lui ma mi rendo conto che non sono in grado, non posso e non devo, non devo essere la sua infermiera perchè questo farebbe ammalare il nostro rapporto. Non voglio diventare la donna crocerossina o quella che dice "ti salverò.".
Appena mi sono accorta che questa situazione stava diventando ingestibile gli ho parlato e gli ho detto che lo avrei lasciato, perchè pensavo che sarebbe stato più giusto per entrambi che lui prendesse il suo tempo per guarire e ritrovare sè stesso.
Lui mi ha implorato in lacrime di non lasciarlo e io non ho sono tornata subito sui miei passi, dandoci un'altra possibilità che purtroppo è durata poco.. fino all'evento sopra descritto, che poi ha portato lui ha chiudere definitivamente.
La nostra relazione è troppo fresca per poter sopportare una cosa del genere, abbiamo provato insieme, parlando del suo male, affrontando la cosa, ma mi rendo conto che spesso si trova a disagio sopratutto con sè stesso.
Io credo che lui abbia trascorso la sua vita dietro ad un modello di sè che si è costruito per riempire il vuoto causato dalla mancanza del padre, finchè questo personaggio aveva ambiti in cui impegnarsi (studi unversitari, la politica, il volontariato ecc.) lui ha interpretato il ruolo discretamente, ma ora che questi impegni sono venuti a mancare tutti contemporaneamente lui non sa più chi è, e se lui non è in grado di capirsi e conoscersi non penso che riesca a offrirsi ad un'altra persona e impegnarsi in una relazione.
Io provo un grande sentimento per lui, inizialmente quando, in modo razionale, ho deciso di chiudere, pensavo che sarei stata in grado di gestire la situazione. Pensavo che avrei superato la sua mancanza e che sarei andata oltre.
Ora invece non riesco a smettere di pensare a lui, ai suoi occhi e al modo in cui stavamo insieme..Io non voglio un ragazzo qualsiasi, vorrei lui e me ne sto rendendo conto soltanto ora che l'ho perso..
Io lo vorrei così, anche con il suo male...sarei disposta a sopportare il suo male e ad affrontarlo isnieme a lui, anche se provocava dolore anche a me.
Se ho contribuito alla decisione di separarci è soltanto perchè mi rendo conto che la mia presenza può causare solo altro disagio in lui e complicazioni.
Ho rabbia per come sono andate le cose, perchè il sentimento c'è da parte di entrambi, ma questa situazione è troppo per le mie competenze.
Ci siamo allontanati nella speranza, di entrambi, di ritrovarci appena lui starà meglio, per non precluderci la possibilità di conoscerci davvero bene un giorno, nella serenità e nella tranquillità.
Non so se abbiamo fatto bene. La ragione mi ha portato da questa parte ma il cuore continua a pentirsi e a piangere. Non so se devo mettermi in testa che devo dimenticarlo..in realtà sto morendo dalla voglia di abbracciarlo e di dirgli che io ci sono, e che quando guarirà mi troverà sempre qui.
Perchè questo non l'ho potuto fare..Non ci siamo nemmeno guardati negli occhi quando ci siamo lasciati, ma abbiamo usato una lettera..perchè nessuno dei due ha avuto la forza di farlo..
provo a rispondere alle vostre domande:
Nell'infanzia ha subito, a seguito di una tragedia, il lutto del padre e quindi la mancanza per tutta la vita dellla figura paterna, è stato esposto in tutta l'adolescenza e tutt'ora alle crisi depressive della madre, la quale si è rivolta spesso a degli specialisti non sempre ottenendo ottimi risultati.
Tutto questo ha determinato in lui sfiducia e paura nei confronti della psicoterapia.
Nonostate questo, proprio per il bene che prova per me, si è sforzato di iniziare a leggere delle letture che gli ho indicato, di parlare con me, di affontare il problema insieme e avevamo anche progettato di partecipare ad un convegno sull'ansia proprio per fare un primo passo. Era entusiasta di partecipare a questo incontro e tutto era organizzato insieme affinchè potessimo parteciparvi, finchè poco prima di partire, ha avuto un forte attacco di panico, che ci ha impedito di andare al convegno, con mio grande dispiacere e delusione.
Da allora non l'ho più visto.
La sera dopo mi ha scritto una lunga mail, una presa d'atto di coscienza in cui dice di riconoscere il suo male e di non aver la forza di reagire, di rendersi conto che mi sta facendo soffrire e che vorrebbe tutto il bene per noi e darmi il benessere che avevamo inizialmente.
Io mi sono accorta del suo graduale cambiamento, è come se l'ansia lo avesse di volta in volta sempre più "risucchiato", lui è consumato da questo male, tanto da non riuscire nememno a mangiare.
Io non so se lui nel frattempo (dopo quell'episodio che ha segnato la nostra fine) si sia rivolto ad unmedico o no, o se sia ancora in preda alle crisi d'ansia e abbandonato a sè stesso.
Io vorrei tanto fare qualcosa per lui ma mi rendo conto che non sono in grado, non posso e non devo, non devo essere la sua infermiera perchè questo farebbe ammalare il nostro rapporto. Non voglio diventare la donna crocerossina o quella che dice "ti salverò.".
Appena mi sono accorta che questa situazione stava diventando ingestibile gli ho parlato e gli ho detto che lo avrei lasciato, perchè pensavo che sarebbe stato più giusto per entrambi che lui prendesse il suo tempo per guarire e ritrovare sè stesso.
Lui mi ha implorato in lacrime di non lasciarlo e io non ho sono tornata subito sui miei passi, dandoci un'altra possibilità che purtroppo è durata poco.. fino all'evento sopra descritto, che poi ha portato lui ha chiudere definitivamente.
La nostra relazione è troppo fresca per poter sopportare una cosa del genere, abbiamo provato insieme, parlando del suo male, affrontando la cosa, ma mi rendo conto che spesso si trova a disagio sopratutto con sè stesso.
Io credo che lui abbia trascorso la sua vita dietro ad un modello di sè che si è costruito per riempire il vuoto causato dalla mancanza del padre, finchè questo personaggio aveva ambiti in cui impegnarsi (studi unversitari, la politica, il volontariato ecc.) lui ha interpretato il ruolo discretamente, ma ora che questi impegni sono venuti a mancare tutti contemporaneamente lui non sa più chi è, e se lui non è in grado di capirsi e conoscersi non penso che riesca a offrirsi ad un'altra persona e impegnarsi in una relazione.
Io provo un grande sentimento per lui, inizialmente quando, in modo razionale, ho deciso di chiudere, pensavo che sarei stata in grado di gestire la situazione. Pensavo che avrei superato la sua mancanza e che sarei andata oltre.
Ora invece non riesco a smettere di pensare a lui, ai suoi occhi e al modo in cui stavamo insieme..Io non voglio un ragazzo qualsiasi, vorrei lui e me ne sto rendendo conto soltanto ora che l'ho perso..
Io lo vorrei così, anche con il suo male...sarei disposta a sopportare il suo male e ad affrontarlo isnieme a lui, anche se provocava dolore anche a me.
Se ho contribuito alla decisione di separarci è soltanto perchè mi rendo conto che la mia presenza può causare solo altro disagio in lui e complicazioni.
Ho rabbia per come sono andate le cose, perchè il sentimento c'è da parte di entrambi, ma questa situazione è troppo per le mie competenze.
Ci siamo allontanati nella speranza, di entrambi, di ritrovarci appena lui starà meglio, per non precluderci la possibilità di conoscerci davvero bene un giorno, nella serenità e nella tranquillità.
Non so se abbiamo fatto bene. La ragione mi ha portato da questa parte ma il cuore continua a pentirsi e a piangere. Non so se devo mettermi in testa che devo dimenticarlo..in realtà sto morendo dalla voglia di abbracciarlo e di dirgli che io ci sono, e che quando guarirà mi troverà sempre qui.
Perchè questo non l'ho potuto fare..Non ci siamo nemmeno guardati negli occhi quando ci siamo lasciati, ma abbiamo usato una lettera..perchè nessuno dei due ha avuto la forza di farlo..
[#4]
G.le utente, è comprensibile lo stato d'animo che la attanaglia in una simile situazione in cui la separazione è stata determinata da un fattore apparentemente irrisolvibile e al di sopra di voi. Da come ha descritto l'evoluzione dei fatto, sembra che la goccia che abbia fatto traboccare il vaso sia stata quando lui, in preda ad una crisi di panico, non è riuscito a venire al convegno sull'ansia. A mio personale giudizio, ho l'impressione che quanto accaduto sia stata per lei una conferma che lui non volesse trovare una soluzione al suo problema, facendola sentire impotente e riportandola ad una situazione insolubile. Le dico questo, col beneficio del dubbio, perchè sembra che tutta questa storia abbia toccato in lei qualcosa di molto delicato rispetto alla possibilità o meno di aiutarlo e di poter continuare la vostra relazione. Ora credo sia importante per entrambi elaborare e superare i prorpi "limiti" che hanno portato alla fine della vostro rapporto per cercare di recuperarlo, altrimenti, gioco forza, che le cose rimarrano così ed ognuno dovrà imbattersi inevitabilmente nel "lutto" per la perdita sentimentale dell'altro
[#5]
Gentile utente, mi associo ai Colleghi nel dirle che , secondo me è lui che deve decidere che sta male al punto di dover farsi aiutare, così spreca la sua vita , e lei non può tormentarsi, aspettare , sognare.. all'infinito..
Ognuno è anche responsabile del proprio destino e proprio perchè il passato è stato duro, difficile, triste, bisogna cercare e volere giorni migliori..
Non si faccia contagiare dalla nevrosi di questo ragazzo, la vita è già abbastanza complicata normalmente..sia buona con sè stessa..
Datevi un tempo.. tipo ....ci rivediamo tra..
Ognuno è anche responsabile del proprio destino e proprio perchè il passato è stato duro, difficile, triste, bisogna cercare e volere giorni migliori..
Non si faccia contagiare dalla nevrosi di questo ragazzo, la vita è già abbastanza complicata normalmente..sia buona con sè stessa..
Datevi un tempo.. tipo ....ci rivediamo tra..
MAGDA MUSCARA FREGONESE
Psicologo, Psicoterapeuta psicodinamico per problemi familiari, adolescenza, depressione - magda_fregonese@libero.it
[#6]
Ex utente
Non ho capito bene l'osservazione del dottor Spalletti quando scrive: "Ora credo sia importante per entrambi elaborare e superare i prorpi "limiti" che hanno portato alla fine della vostro rapporto per cercare di recuperarlo, altrimenti, gioco forza, che le cose rimarrano così ed ognuno dovrà imbattersi inevitabilmente nel "lutto" per la perdita sentimentale dell'altro". Significa che dobbiamo optare per questo distacco forzato, come in realtà stiamo già facendo? perchè continuando a frequentarci rischieremo di rovinare tutto ?
Dott..ssa Fregognese, io vorrei tanto dargli un tempo, in realtà questo era il suo primo suggerimento. Mi chiese di non vederci per un po' e sentirci soltanto qualche volta, ma io inizialmente non sono riuscita a reggere e ho pensato che sarebbe stato meglio un distacco totale. Ora che abbiamo optato per il distacco totale mi rendo conto che sto ancora più male non avendo con lui nessun contatto.
Per dargli un tempo (che potrebbe almeno darmi una sorta di traguardo almeno momentaneamente) dovrei ri-contattarlo, quindi ri-cercarlo e ora che siamo in questa situazione di distacco totale non saprei con quale approccio rivolgermi a lui per non fare "ulteriori danni."
Non riesco più a capire quale possa essere la soluzione meno dolorosa e dannosa per entrambi
Dott..ssa Fregognese, io vorrei tanto dargli un tempo, in realtà questo era il suo primo suggerimento. Mi chiese di non vederci per un po' e sentirci soltanto qualche volta, ma io inizialmente non sono riuscita a reggere e ho pensato che sarebbe stato meglio un distacco totale. Ora che abbiamo optato per il distacco totale mi rendo conto che sto ancora più male non avendo con lui nessun contatto.
Per dargli un tempo (che potrebbe almeno darmi una sorta di traguardo almeno momentaneamente) dovrei ri-contattarlo, quindi ri-cercarlo e ora che siamo in questa situazione di distacco totale non saprei con quale approccio rivolgermi a lui per non fare "ulteriori danni."
Non riesco più a capire quale possa essere la soluzione meno dolorosa e dannosa per entrambi
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Cara ragazza, appunto,
forse darsi un tempo è meglio,può scrivergli un sms dicendo.. hai ragione, diamoci un traguardo , tra..
avere traguardi fa bene secondo me..
con calma , ogni giorno un passo più sereno.. alziamo lo sguardo, intanto..
forse darsi un tempo è meglio,può scrivergli un sms dicendo.. hai ragione, diamoci un traguardo , tra..
avere traguardi fa bene secondo me..
con calma , ogni giorno un passo più sereno.. alziamo lo sguardo, intanto..
[#8]
Ex utente
Dott.ssa ho seguito il suo suggerimento,ma purtroppo non è andata esattamente come speravo.
L'ho contattato via sms, c'è stato uno scambio di messaggi che è durato alcuni giorni. Mi ha manifestato l'affetto che prova per me e il forte legame che ci unisce e il desiderio di costruire qualcosa di solido con me, in futuro. Purtroppo il malessere che prova è talmente grande da non consentirgli di vivere ora l'inizio di questa storia con me, per questo ha (abbiamo) confermato la decisione di interrompere ogni contatto. Non ci siamo dati un tempo. Quindi non c'è nessun traguardo da porsi. Tuttavia ha fissato l'appuntamento da uno specialista e spero che possa guarire al più presto.
Io sto provando un dispiacere immenso, ci tenevo tanto a questa storia che è finita cosi.. e mi mancano tante cose di lui. Non poter più stare con lui mi crea una grande sofferenza e ogni giorno non c'è un momento in cui non penso a lui.
Mi rendo conto che ora non c'è nessun elemento che possa giustificare una speranza da parte mia, ma nello stesso tempo non riesco a dimenticarlo. Mi trovo punto e a capo, come nel primo post, a non sapere da che parte cominciare per "elaborare il tutto".
Non so cosa dirmi. Non riesco ad avere una visione oggettiva della cosa e ho paura di idealizzarlo, non essendoci nulla che mi porti "a detestarlo". A volte cerco di convincermi che lui non sia mai esistito, altre volte che sia partito all'estero per sempre, altre volte cerco di trovare più difetti possibili per non amarlo, ma poi mi vengono in mente solo i pregi..
E' un circolo vizioso da cui non riesco ad uscire..
L'ho contattato via sms, c'è stato uno scambio di messaggi che è durato alcuni giorni. Mi ha manifestato l'affetto che prova per me e il forte legame che ci unisce e il desiderio di costruire qualcosa di solido con me, in futuro. Purtroppo il malessere che prova è talmente grande da non consentirgli di vivere ora l'inizio di questa storia con me, per questo ha (abbiamo) confermato la decisione di interrompere ogni contatto. Non ci siamo dati un tempo. Quindi non c'è nessun traguardo da porsi. Tuttavia ha fissato l'appuntamento da uno specialista e spero che possa guarire al più presto.
Io sto provando un dispiacere immenso, ci tenevo tanto a questa storia che è finita cosi.. e mi mancano tante cose di lui. Non poter più stare con lui mi crea una grande sofferenza e ogni giorno non c'è un momento in cui non penso a lui.
Mi rendo conto che ora non c'è nessun elemento che possa giustificare una speranza da parte mia, ma nello stesso tempo non riesco a dimenticarlo. Mi trovo punto e a capo, come nel primo post, a non sapere da che parte cominciare per "elaborare il tutto".
Non so cosa dirmi. Non riesco ad avere una visione oggettiva della cosa e ho paura di idealizzarlo, non essendoci nulla che mi porti "a detestarlo". A volte cerco di convincermi che lui non sia mai esistito, altre volte che sia partito all'estero per sempre, altre volte cerco di trovare più difetti possibili per non amarlo, ma poi mi vengono in mente solo i pregi..
E' un circolo vizioso da cui non riesco ad uscire..
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<E' un circolo vizioso da cui non riesco ad uscire..>
Gentile Ragazza,
comprendo il suo sentire, la rottura di un rapporto sentimentale sul quale tanto si è investito in termini affettivi, getta nello sconforto e nella sofferenza, il dolore per la perdita necessita di essere elaborato, occorre tempo.
Se si trova però in difficoltà e non riesce ad uscire dal circolo vizioso dei suoi pensieri, parlarne direttamente con un nostro collega, la potrebbe aiutare.
Un caro saluto
Gentile Ragazza,
comprendo il suo sentire, la rottura di un rapporto sentimentale sul quale tanto si è investito in termini affettivi, getta nello sconforto e nella sofferenza, il dolore per la perdita necessita di essere elaborato, occorre tempo.
Se si trova però in difficoltà e non riesce ad uscire dal circolo vizioso dei suoi pensieri, parlarne direttamente con un nostro collega, la potrebbe aiutare.
Un caro saluto
Questo consulto ha ricevuto 9 risposte e 7k visite dal 17/10/2013.
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Approfondimento su Ansia
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