Temo che lo stress possa far ritornare l'autolesionismo
L'autolesionismo è stato uno dei problemi che mi ha afflitta durante l'adolescenza. Iniziai in seconda superiore per problematiche relative alle relazioni sociali(diffidenza verso gli altri per esperienze negative di amicizia durante le medie, che poi mi ha portato alla solitudine, a non sopportare i compagni di classe), e contrasti familiari. Iniziai a non aver fiducia in me, a sentirmi insicura, ad odiarmi. Prima venne l'autolesionismo, seguito da una sorta di depressione, e in seguito pensieri e tendenze suicide in terza e quarta superiore. Di questo non ho mai detto nulla a nessuno, ed ancora adesso che ne sono uscita nessuno lo sa.
Ho iniziato una nuova vita, finite le superiori. Frequento l'università che mi piace, perciò sono motivata ed ho capito finalmente cosa voglio diventare con questo percorso di studi. Fin da subito ho intrecciato rapporti di amicizia con compagni di corso con cui sto avendo un buon feeling e con altri universitari. Quindi dovrei essere felice. In realtà ancora penso al volermi tagliare. Mi ero promessa di non rifarlo più, e così è stato, l'ultima volta infatti è stata a Maggio. Durante l'estate non ci ho più pensato, ma ora a volte mi sento stressata e vorrei poterlo rifare. Non posso rifarlo, perché mi farebbe sentire in colpa, ma dall'altra parte lo vorrei. Non capisco, finalmente mi sento serena rispetto ad anni passati, però è così difficile...a volte penso al passato e sembra quasi che voglia ritornare a star male, ma è inaccettabile. So che la mia università propone anche un servizio di consultorio gratuito, a volte penso che potrei andarci, ma mi blocco perché penso "Ma in fondo sto bene, non mi sto tagliando, c'è solo il pensiero ma non è poi così grave". Forse sono solo scuse che mi creo per non affrontare il problema, ecco, non riesco ad "estirparlo", e se non lo volessi(ma perché poi?)?
Ho iniziato una nuova vita, finite le superiori. Frequento l'università che mi piace, perciò sono motivata ed ho capito finalmente cosa voglio diventare con questo percorso di studi. Fin da subito ho intrecciato rapporti di amicizia con compagni di corso con cui sto avendo un buon feeling e con altri universitari. Quindi dovrei essere felice. In realtà ancora penso al volermi tagliare. Mi ero promessa di non rifarlo più, e così è stato, l'ultima volta infatti è stata a Maggio. Durante l'estate non ci ho più pensato, ma ora a volte mi sento stressata e vorrei poterlo rifare. Non posso rifarlo, perché mi farebbe sentire in colpa, ma dall'altra parte lo vorrei. Non capisco, finalmente mi sento serena rispetto ad anni passati, però è così difficile...a volte penso al passato e sembra quasi che voglia ritornare a star male, ma è inaccettabile. So che la mia università propone anche un servizio di consultorio gratuito, a volte penso che potrei andarci, ma mi blocco perché penso "Ma in fondo sto bene, non mi sto tagliando, c'è solo il pensiero ma non è poi così grave". Forse sono solo scuse che mi creo per non affrontare il problema, ecco, non riesco ad "estirparlo", e se non lo volessi(ma perché poi?)?
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Cara Utente,
i gesti autolesionistici rappresentano sempre il sintomo di un disagio più profondo, in genere di un disturbo di personalità.
Di conseguenza non è l'apparente maggiore calma che lei ha faticosamente raggiunto con il tempo a metterla al riparo dal rischio di ripeterli: sta infatti verificando di persona che, quando si presenta un fattore di stress anche di minima portata, è molto facile per una persona che in passato si è fatta del male per allentare la tensione ricorrere nuovamente a questo mezzo (o comunque esserne fortemente ed ossessivamente tentata).
Il mio consiglio è quello di chiedere aiuto ad uno psicologo psicoterapeuta o ad un centro di salute mentale: scarterei l'idea di rivolgersi allo sportello gratuito di consulenza per gli studenti perché non è un servizio clinico che si può occupare di casi come il suo, ma sostanzialmente un'opportunità per chi incontra difficoltà di vario genere nello studio e/o nella vita universitaria.
Penso proprio che sia importante che lei riceva una diagnosi e che chiarisca prima di tutto a sé stessa come stanno le cose e se soffre o meno di un disturbo da curare, indipendentemente dal fatto che in questo periodo non si stia più tagliando.
Come mai non ha mai parlato a nessuno di come si sentiva, né di come si sente tuttora?
i gesti autolesionistici rappresentano sempre il sintomo di un disagio più profondo, in genere di un disturbo di personalità.
Di conseguenza non è l'apparente maggiore calma che lei ha faticosamente raggiunto con il tempo a metterla al riparo dal rischio di ripeterli: sta infatti verificando di persona che, quando si presenta un fattore di stress anche di minima portata, è molto facile per una persona che in passato si è fatta del male per allentare la tensione ricorrere nuovamente a questo mezzo (o comunque esserne fortemente ed ossessivamente tentata).
Il mio consiglio è quello di chiedere aiuto ad uno psicologo psicoterapeuta o ad un centro di salute mentale: scarterei l'idea di rivolgersi allo sportello gratuito di consulenza per gli studenti perché non è un servizio clinico che si può occupare di casi come il suo, ma sostanzialmente un'opportunità per chi incontra difficoltà di vario genere nello studio e/o nella vita universitaria.
Penso proprio che sia importante che lei riceva una diagnosi e che chiarisca prima di tutto a sé stessa come stanno le cose e se soffre o meno di un disturbo da curare, indipendentemente dal fatto che in questo periodo non si stia più tagliando.
Come mai non ha mai parlato a nessuno di come si sentiva, né di come si sente tuttora?
Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it
[#2]
Utente
Non ho mai voluto parlarne per non far star male gli altri. So che se ne avessi parlato in famiglia si sarebbero preoccupati molto, probabilmente avrebbero iniziato a chiedersi dove potevano aver sbagliato, e non sarebbe stata una bella cosa. Poi anche per paura di venir giudicata, di venir considerata "pazza", ed anche per vergogna o imbarazzo. Poi di mio non sono solita raccontare i miei problemi agli altri(mentre tutti mi raccontano i loro), è una cosa che non riesco a fare.
[#3]
Gentile utente,
concordo con quanto scrive la mia collega, dr.ssa Massaro.
Ritengo sia necessario rivolgersi ad uno psicologo di persona.
Il timore di essere giudicata dagli altri, di essere considerata "pazza", come dice lei, è forse la chiave che spiega le sue resistenze, non solo a parlarne con qualcuno ma anche ha rivolgersi ad uno specialista.
E' stata molto brava a "resistere", nonostante le piaccia il percorso di studi, l'ingresso all'università è, come dice lei, un evento stressante. Nuove relazioni, nuove richieste, implicano adattamento e l'adattamento stress.
Allo stesso tempo è fondamentale "affrontare" il problema alla radice.
Inizi ad occuparsi di sé e non solo degli altri.
La famiglia non è fatta solo per ricevere buone notizie dai figli ma anche per sostenerli nei momenti difficili.
Restiamo in ascolto
concordo con quanto scrive la mia collega, dr.ssa Massaro.
Ritengo sia necessario rivolgersi ad uno psicologo di persona.
Il timore di essere giudicata dagli altri, di essere considerata "pazza", come dice lei, è forse la chiave che spiega le sue resistenze, non solo a parlarne con qualcuno ma anche ha rivolgersi ad uno specialista.
E' stata molto brava a "resistere", nonostante le piaccia il percorso di studi, l'ingresso all'università è, come dice lei, un evento stressante. Nuove relazioni, nuove richieste, implicano adattamento e l'adattamento stress.
Allo stesso tempo è fondamentale "affrontare" il problema alla radice.
Inizi ad occuparsi di sé e non solo degli altri.
La famiglia non è fatta solo per ricevere buone notizie dai figli ma anche per sostenerli nei momenti difficili.
Restiamo in ascolto
Dr. Francesco Mori
Psicologo, Psicodiagnosta, Psicoterapeuta
http://spazioinascolto.altervista.org/
[#4]
"So che se ne avessi parlato in famiglia si sarebbero preoccupati molto, probabilmente avrebbero iniziato a chiedersi dove potevano aver sbagliato"
Ha quindi preferito soffrire in silenzio piuttosto che rischiare di dar vita ad una sana autocritica da parte dei suoi genitori?
A questo proposito: nessuno si è mai accorto del fatto che lei si taglia e che sta male?
Se è così penso che un po' di autocritica sarebbe doverosa: per quanto non aiuterebbe lei a guarire, perchè per questo serve una psicoterapia, potrebbe almeno permettere ai suoi di rendersi conto dei propri errori e di correggerli standole più vicino.
Uscire dalla finzione non può che fare bene a tutti voi.
Ha quindi preferito soffrire in silenzio piuttosto che rischiare di dar vita ad una sana autocritica da parte dei suoi genitori?
A questo proposito: nessuno si è mai accorto del fatto che lei si taglia e che sta male?
Se è così penso che un po' di autocritica sarebbe doverosa: per quanto non aiuterebbe lei a guarire, perchè per questo serve una psicoterapia, potrebbe almeno permettere ai suoi di rendersi conto dei propri errori e di correggerli standole più vicino.
Uscire dalla finzione non può che fare bene a tutti voi.
[#5]
Cara Ragazza,
mi associo elle indicazioni dei Colleghi nella risposta.
Le condotte autolesionistiche, rappresentano una modalità disfunzionale di spostamento del dolore, da quello psichico insopportabile, a quello fisico sicuramente più gestibile.
Ripristinare quell'antico dialogo psiche/soma è compito dello psicologo, soltanto così potrà dare un nome al suo dolore...
La sua anima grida per essere ascoltata, mediante il corpo sofferente
Le allego una lettura sul senso di colpa, a mio avviso molto esaustiva, potrebbe aiutarla a riflettere
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1833-il-peso-della-colpa-come-il-senso-di-colpa-cambia-percezione-e-azione.html
mi associo elle indicazioni dei Colleghi nella risposta.
Le condotte autolesionistiche, rappresentano una modalità disfunzionale di spostamento del dolore, da quello psichico insopportabile, a quello fisico sicuramente più gestibile.
Ripristinare quell'antico dialogo psiche/soma è compito dello psicologo, soltanto così potrà dare un nome al suo dolore...
La sua anima grida per essere ascoltata, mediante il corpo sofferente
Le allego una lettura sul senso di colpa, a mio avviso molto esaustiva, potrebbe aiutarla a riflettere
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1833-il-peso-della-colpa-come-il-senso-di-colpa-cambia-percezione-e-azione.html
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 1.5k visite dal 14/10/2013.
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