Incapacità a gestire emozioni e pensieri
E' da tempo che vorrei parlare con un esperto del mio problema, prima però vorrei provare a chiedere un consulto in questo forum. Provo a riassumere brevemente il mio problema.
Fin da piccolo sono sempre stato un bambino molto timido, ansioso, introverso e molto cerebrale. Ricordo che già a 5-6 anni passavo anche ore a chiedermi che senso avesse la mia vita. Ora, a 24 anni, dopo un'adolescenza solitaria, al termine dei 5 anni di laurea magistrale (matematica), mi ritrovo, invece che felice per l'ottima riuscita dei miei studi e per aver notevolmente migliorato la mia vita sociale, totalmente in crisi e in preda all'ansia.
Vorrei spiegare come ci sono arrivato. Dal primo anno all'università penso di soffrire di ansia d'esame. Già da cinque anni, in questi momenti di forte ansia che mi tocca vivere anche a più di due settimane da un esame, per cercare di risolvere il problema ho iniziato a pormi con sempre più insistenza domande sul senso della mia vita e sul mio futuro, credendo fosse quella la sorgente dei miei mali, non aver dato alcuna risposta a quelle domande... Poi, con il tempo, non trovando pace nonostante avessi trovato anche delle risposte alle precedenti domande, ho iniziato a scandagliare veramente qualsiasi cosa della mia vita e di me stesso alla ricerca della sorgente delle mie ansie. Purtroppo però, e qui nasce il problema vero e proprio penso, durante queste riflessioni è come se avessi allargato una frattura che fin da piccolo sento dentro di me, una frattura fra quello che potrei chiamare la mia parte razionale e fra le mie emozioni e tutta quella parte dei miei pensieri che vengono invece dal mio intuito. Penso di essere molto intuitivo, è una mia grande forza, l'origine però di queste intuizioni mi è da sempre sconosciuta, come quella delle mie emozioni. Arrivano, le sento, a volte non capisco cosa sono e altre volte invece provo anche tutto l'opposto di ciò che dovrei provare (ad esempio spesso mi viene da ridere quando mi si da la notizia di un lutto o di una grave malattia, ma non lo faccio volontariamente!).
Qui sta il mio problema... l'ansia mi ha portato a guardarmi dentro, il guardarmi dentro però ha portato a galla questo mia grossa incapacità a comprendere la mia interiorità non razionale... e adesso che mi ritrovo in una situazione di leggero stress sono rientrato per l'ennesima volta in una di queste crisi in cui finisco, ora, per mettere in discussione veramente tutto (anche l'amore per la mia ragazza, ad esempio) e da cui però non ricavo altro che nervosismo... e l'ansia rimane.
Ho letto molto di Jung qualche anno fa e nell'indicatore di personalità di Myers-Briggs io risulterei INTP o INFP, ora, prendendo il tutto con le pinze, leggendo alcuni suoi lavori parrebbe normale per il mio tipo psicologico, o comunque per una persona molto razionale come penso di essere, questa difficoltà a comprendere le proprie emozioni, secondo voi lo è? Oppure sarebbe meglio andare da uno psicologo?
Vi ringrazio.
Giovanni
Fin da piccolo sono sempre stato un bambino molto timido, ansioso, introverso e molto cerebrale. Ricordo che già a 5-6 anni passavo anche ore a chiedermi che senso avesse la mia vita. Ora, a 24 anni, dopo un'adolescenza solitaria, al termine dei 5 anni di laurea magistrale (matematica), mi ritrovo, invece che felice per l'ottima riuscita dei miei studi e per aver notevolmente migliorato la mia vita sociale, totalmente in crisi e in preda all'ansia.
Vorrei spiegare come ci sono arrivato. Dal primo anno all'università penso di soffrire di ansia d'esame. Già da cinque anni, in questi momenti di forte ansia che mi tocca vivere anche a più di due settimane da un esame, per cercare di risolvere il problema ho iniziato a pormi con sempre più insistenza domande sul senso della mia vita e sul mio futuro, credendo fosse quella la sorgente dei miei mali, non aver dato alcuna risposta a quelle domande... Poi, con il tempo, non trovando pace nonostante avessi trovato anche delle risposte alle precedenti domande, ho iniziato a scandagliare veramente qualsiasi cosa della mia vita e di me stesso alla ricerca della sorgente delle mie ansie. Purtroppo però, e qui nasce il problema vero e proprio penso, durante queste riflessioni è come se avessi allargato una frattura che fin da piccolo sento dentro di me, una frattura fra quello che potrei chiamare la mia parte razionale e fra le mie emozioni e tutta quella parte dei miei pensieri che vengono invece dal mio intuito. Penso di essere molto intuitivo, è una mia grande forza, l'origine però di queste intuizioni mi è da sempre sconosciuta, come quella delle mie emozioni. Arrivano, le sento, a volte non capisco cosa sono e altre volte invece provo anche tutto l'opposto di ciò che dovrei provare (ad esempio spesso mi viene da ridere quando mi si da la notizia di un lutto o di una grave malattia, ma non lo faccio volontariamente!).
Qui sta il mio problema... l'ansia mi ha portato a guardarmi dentro, il guardarmi dentro però ha portato a galla questo mia grossa incapacità a comprendere la mia interiorità non razionale... e adesso che mi ritrovo in una situazione di leggero stress sono rientrato per l'ennesima volta in una di queste crisi in cui finisco, ora, per mettere in discussione veramente tutto (anche l'amore per la mia ragazza, ad esempio) e da cui però non ricavo altro che nervosismo... e l'ansia rimane.
Ho letto molto di Jung qualche anno fa e nell'indicatore di personalità di Myers-Briggs io risulterei INTP o INFP, ora, prendendo il tutto con le pinze, leggendo alcuni suoi lavori parrebbe normale per il mio tipo psicologico, o comunque per una persona molto razionale come penso di essere, questa difficoltà a comprendere le proprie emozioni, secondo voi lo è? Oppure sarebbe meglio andare da uno psicologo?
Vi ringrazio.
Giovanni
[#1]
Caro Giovanni,
ciò che descrive potrebbe avere a che fare con il suo stato ansioso; se i pensieri diventano persistenti e non riesce a distogliere la mente da essi, potremmo trovarci di fronte a ciò che comunemente viene definito "pensiero ossessivo".
Ovviamente, da qui, senza conoscerla, non è possibile fornirle una diagnosi precisa.
Potrebbe anche essere che lei abbia solo voglia di "creare un ponte" tra i due emisferi cerebrali, avvertendo poco contatto con il suo lato emotivo.
Personalmente ritengo che una forte componente razionale possa, in effetti, lasciare poco spazio alla parte emotiva; tuttavia, una generalizzazione sarebbe fuorviante poichè ogni persona è un essere a se stante, con la sua peculiare individualità.
Ciò che mi colpisce è che lei metta a confronto due possibilità antitetiche: è normale essere così per il mio tipo psicologico o devo andare da uno psicologo?
La domanda corretta sarebbe: questa condizione mi fa stare bene o è meglio chiedere aiuto ad un professionista? :-)
Se io le dicessi che è normale questa sua difficoltà a comprendere le sue emozioni, si riterrebbe soddisfatto? Starebbe meglio?
Il punto credo sia solo questo; quando la sofferenza psicologica diventa invalidante per la gestione della propria vita quotidiana, direi che la risposta vien da sé. Non crede?
Un caro saluto
ciò che descrive potrebbe avere a che fare con il suo stato ansioso; se i pensieri diventano persistenti e non riesce a distogliere la mente da essi, potremmo trovarci di fronte a ciò che comunemente viene definito "pensiero ossessivo".
Ovviamente, da qui, senza conoscerla, non è possibile fornirle una diagnosi precisa.
Potrebbe anche essere che lei abbia solo voglia di "creare un ponte" tra i due emisferi cerebrali, avvertendo poco contatto con il suo lato emotivo.
Personalmente ritengo che una forte componente razionale possa, in effetti, lasciare poco spazio alla parte emotiva; tuttavia, una generalizzazione sarebbe fuorviante poichè ogni persona è un essere a se stante, con la sua peculiare individualità.
Ciò che mi colpisce è che lei metta a confronto due possibilità antitetiche: è normale essere così per il mio tipo psicologico o devo andare da uno psicologo?
La domanda corretta sarebbe: questa condizione mi fa stare bene o è meglio chiedere aiuto ad un professionista? :-)
Se io le dicessi che è normale questa sua difficoltà a comprendere le sue emozioni, si riterrebbe soddisfatto? Starebbe meglio?
Il punto credo sia solo questo; quando la sofferenza psicologica diventa invalidante per la gestione della propria vita quotidiana, direi che la risposta vien da sé. Non crede?
Un caro saluto
Dr. Roberto Callina - Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo
Specialista in psicoterapia dinamica - Milano
www.robertocallina.com
[#2]
Gentile ragazzo,
La descrizione dei tipi psicologici di Jung disegna delle coordinate precise per rappresentare il tipo introverso.
Dei tratti che rendono difficile all'introverso comprendere gli aspetti emotivi e che gli conferiscono delle attitudini e delle potenzialitai esistenziali diverse.
Come mai vuole cercare di modificare questi tratti? E' davvero disposto a mettere in gioco deglli aspetti cosi' strutturali della personalita'? E con quale obiettivo?
La descrizione dei tipi psicologici di Jung disegna delle coordinate precise per rappresentare il tipo introverso.
Dei tratti che rendono difficile all'introverso comprendere gli aspetti emotivi e che gli conferiscono delle attitudini e delle potenzialitai esistenziali diverse.
Come mai vuole cercare di modificare questi tratti? E' davvero disposto a mettere in gioco deglli aspetti cosi' strutturali della personalita'? E con quale obiettivo?
Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132
[#3]
<,e adesso che mi ritrovo in una situazione di leggero stress sono rientrato per l'ennesima volta in una di queste crisi in cui finisco, ora, per mettere in discussione veramente tutto (anche l'amore per la mia ragazza, ad esempio) e da cui però non ricavo altro che nervosismo... e l'ansia rimane.>
Gentile Giovanni
sembrerebbe che lei si continui ad avvitare in rimuginazioni di tipo ansioso, dunque se lei continua ad incappare per l'ennesima volta in "una di queste crisi" è opportuno che pensi come poterne uscire.
L'ansia patologica, se di questo si tratta, andrebbe curata.
Si, sarebbe decisamente meglio rivolgersi a uno psicologo/psicoterapeuta se intende affrontare una volta per tutte le sue problematiche, anziché continuare con le rimuginazioni, coi suoi dubbi, col mettere in discussione tutto e non risolvere nulla.
Se le occorrono informazioni restiamo in ascolto.
Gentile Giovanni
sembrerebbe che lei si continui ad avvitare in rimuginazioni di tipo ansioso, dunque se lei continua ad incappare per l'ennesima volta in "una di queste crisi" è opportuno che pensi come poterne uscire.
L'ansia patologica, se di questo si tratta, andrebbe curata.
Si, sarebbe decisamente meglio rivolgersi a uno psicologo/psicoterapeuta se intende affrontare una volta per tutte le sue problematiche, anziché continuare con le rimuginazioni, coi suoi dubbi, col mettere in discussione tutto e non risolvere nulla.
Se le occorrono informazioni restiamo in ascolto.
Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it
[#4]
Ex utente
Grazie mille alle dottoresse e ai dottori per le risposte qui sopra riportate.
Rispondo alle vostre domande subito perchè penso abbiate già centrato il punto.
Per quanto riguarda la totale incomprensione di molte mie emozioni e di molti pensieri totalmente irrazionali che sorgono senza che io ne abbia il controllo potrei tranquillamente accettare questo lato di me. Tra l'altro spesso nel mio campo l'uso di questa mia parte irrazionale a volte si è rivelata davvero molto utile dando luogo a intuizioni davvero preziose.
Per quanto riguarda l'ansia inizialmente non avrei mai pensato di finire per rivolgermi a uno psicologo e avrei tranquillamente accettato questo lato della mia personalità, quindi si, inizialmente mi sarei tranquillizzato anche su questa problematica (e anche in parte adesso) sentendomi dire che tutto questo faceva parte della mia personalità, però al contempo sia qualche anno fa che soprattutto adesso la convivenza con questo lato di me di sicuro non la vedo come semplice.
A mio avviso però, per quanto riguarda l'ansia, il problema grosso è che esiste una probabilità molto alta che in questi momenti di ansia (non necessariamente legati con la carriera universitaria) io finisca addirittura per ingannare me stesso creandomi problemi dal nulla. La motivazione penso sia per sfuggire all'ansia o, molto più spesso, per mettermi in testa che il problema stia in una determinata problematica della mia vita e che se solo riuscissi a risolverla l'ansia sparirebbe. Il tutto involontariamente! E questo, vista la mia difficoltà a capire le mie emozioni, mi preoccupa... perchè effettivamente potrei mentire a me stesso.
Faccio alcuni esempi. I primi anni di università in questi momenti d'ansia avevo dubbi clamorosi sulla scelta della facoltà da me intrapresa. La scelta inizialmente fu molto difficile -visto che come al solito sono molto indeciso nel prendere decisioni importanti e avevo diverse facoltà che mi interessavano allo stesso modo- quindi arrivai al primo anno senza la certezza che quella fosse la facoltà giusta, come penso molti altri miei coetanei. Prima di un esame, arrivava l'ansia, cercavo di capire come mai ci fosse, cercavo di tranquillizzarmi da me o parlandone con amici e genitori, ma niente... questa rimaneva, anche se razionalmente avevo trovato tutti i motivi del mondo per essere tranquillo!
Allora, pensando che ci fosse qualche problema che non comprendevo, iniziai a chiedermi cosa non andasse nella mia vita. I miei pensieri andarono subito all'indecisione sulla facoltà presa, perchè poteva solo essere quello il problema, ma alla fine, dopo anche alcune notti insonni a pensarci su, arrivai alla conclusione che la scelta fosse quella giusta. Bene, risposta al problema data... ma l'ansia rimaneva!
Davo l'esame, tornavo veramente tranquillissimo e all'esame successivo si ripresentava il problema. All'inizio di nuovo per la scelta della facoltà, poi sulla scelta dell'argomento della tesi triennale, poi sulla scelta della specializzazione. Risolti questi, nuovo esame o nuova situazione di stress e via di nuovo con dubbi... questa volta i soliti dubbi che mi accompagnano da sempre sulle "domande di senso". Cercavo di darmi delle risposte, me le davo, ma l'ansia rimaneva. La goccia che ha fatto traboccare il vaso però è stato l'ultimo episodio... Pienamente soddisfatto della mia carriera universitaria e del resto della mia vita (famiglia ottima, ottimo rapporto con fidanzata e amici, buone condizioni economiche, università riuscita alla grande, non potrei veramente chiedermi di meglio...), con l'ultimo esame ovviamente è tornata l'ansia e involontariamente (perchè parte del problema sta anche qui, questi pensieri che mi vengono io non li controllo, sorgono da soli e in questi momenti d'ansia sono capaci di destabilizzarmi molto) la mia testa continuava a generare in qualsiasi momento, completamente a random, dubbi sulla mia relazione con la mia ragazza. Visto che nel problema sta entrando anche la mia ragazza a cui voglio un mondo di bene, potete capire bene la mia volontà di risolverlo.
Ora, io molto umilmente vorrei cercare di capire questo: ho sbagliato tutto fin dall'inizio a cercare di razionalizzare i motivi per cui nasceva quest'ansia e di conseguenza non ho fatto altro che amplificarla, creare problemi a me stesso e allargare ancora di più la mia frattura fra la parte razionale e quella irrazionale? Oppure l'ansia non è nient'altro che una valvola che una volta aperta fa sorgere dentro di me tutti i conflitti su cui ho sorvolato nel tempo? Conflitti che però una volta risolti non fanno minimamente passare l'ansia... Oppure entrambi i motivi? Io davvero non lo so...
Ne ho parlato sia con un amico, sia con entrambi i genitori che con la mia ragazza ma non sono riuscito a darmi delle risposte a queste domande. Risposta comune di tutti è che io propendo a razionalizzare troppo tutto, a cercare continuamente certezze che non esistono e a essere troppo duro con me stesso. Questi difetti con il mio problema mi rendono davvero una bomba ad orologeria... Tutti mi hanno consigliato di lasciar scorrere quest'ansia, concentrarmi sull'esame o sul particolare problema che devo affrontare e che è una cosa normale essere ansiosi. Di conseguenza tutti sono stati per un si alla prima domanda piuttosto che per la seconda e pure io leggermente sarei d'accordo, ma non ne sono per niente sicuro...
Anche perchè ultimamente sento che il problema potrebbe anche essersi evoluto, nel senso che ad esempio negli ultimi esami... l'ansia non c'era, o c'era in minima parte, ma le solite domande e dubbi, oltre anche a una cerca dose di pensieri negativi quelli c'erano eccome, ma l'ansia di per se no... Quella scoppiava solo a poche ore dall'esame, come se avesse imparato a nascondersi nel tempo... e ovviamente una volta fatto l'esame dubbi e sbalzi di umore passavano e tutto tornava normale. Però so benissimo che per tutto il tempo prima dell'esame l'ansia c'è sempre stata, ma solo è come se avesse imparato a nascondersi... e temo che l'abbia fatto perchè una parte di me ha capito che la sola ansia non basta a distogliermi dalla più probabile sorgente d'ansia che è ad esempio l'esame, di conseguenza queste domande che nascono da una parte ignota di me sono invece molto efficaci nel distorgliermi dal problema, molto più della sensazione di ansia stessa... e di fatti così è perchè a volte mi hanno portato addirittura a non fare un esame oppure a scappare da qualche impegno importante... Forse la chiave del problema sta qui, è una continua involontaria ricerca di una fuga dal problema...
Da qui la mia domanda del topic: dovrei parlarne con uno psicologo, oppure dovrei solo provare a non razionalizzare questi momenti di ansia come mi consigliano di fare tutti? Uno psicologo mi potrebbe aiutare in un qualche modo per un problema del genere o non è il suo campo? Se non riescono a farlo nemmeno le persone che mi vogliono più bene al mondo potrebbe farlo lui? Non per sfiducia nei suoi confronti, assolutamente... ma forse potrebbe essere un lato di me con cui dovrei imparare a convivere, cosa che però non sono mai riuscito a fare... Inoltre di spiegazioni razionali nel tempo ne ho trovate moltissime, ma il problema è sempre rimasto e non ne è mai stato minimamente scalfito... è qualcosa di totalmente incontrollabile, non razionalizzabile e temo anche non risolvibile... Da qui le mie perplessità sul fatto che un esperto mi possa essere d'aiuto.
Vi ringrazio per la cortese attenzione e la pazienza, grazie mille in anticipo anche per le risposte.
Giovanni
Rispondo alle vostre domande subito perchè penso abbiate già centrato il punto.
Per quanto riguarda la totale incomprensione di molte mie emozioni e di molti pensieri totalmente irrazionali che sorgono senza che io ne abbia il controllo potrei tranquillamente accettare questo lato di me. Tra l'altro spesso nel mio campo l'uso di questa mia parte irrazionale a volte si è rivelata davvero molto utile dando luogo a intuizioni davvero preziose.
Per quanto riguarda l'ansia inizialmente non avrei mai pensato di finire per rivolgermi a uno psicologo e avrei tranquillamente accettato questo lato della mia personalità, quindi si, inizialmente mi sarei tranquillizzato anche su questa problematica (e anche in parte adesso) sentendomi dire che tutto questo faceva parte della mia personalità, però al contempo sia qualche anno fa che soprattutto adesso la convivenza con questo lato di me di sicuro non la vedo come semplice.
A mio avviso però, per quanto riguarda l'ansia, il problema grosso è che esiste una probabilità molto alta che in questi momenti di ansia (non necessariamente legati con la carriera universitaria) io finisca addirittura per ingannare me stesso creandomi problemi dal nulla. La motivazione penso sia per sfuggire all'ansia o, molto più spesso, per mettermi in testa che il problema stia in una determinata problematica della mia vita e che se solo riuscissi a risolverla l'ansia sparirebbe. Il tutto involontariamente! E questo, vista la mia difficoltà a capire le mie emozioni, mi preoccupa... perchè effettivamente potrei mentire a me stesso.
Faccio alcuni esempi. I primi anni di università in questi momenti d'ansia avevo dubbi clamorosi sulla scelta della facoltà da me intrapresa. La scelta inizialmente fu molto difficile -visto che come al solito sono molto indeciso nel prendere decisioni importanti e avevo diverse facoltà che mi interessavano allo stesso modo- quindi arrivai al primo anno senza la certezza che quella fosse la facoltà giusta, come penso molti altri miei coetanei. Prima di un esame, arrivava l'ansia, cercavo di capire come mai ci fosse, cercavo di tranquillizzarmi da me o parlandone con amici e genitori, ma niente... questa rimaneva, anche se razionalmente avevo trovato tutti i motivi del mondo per essere tranquillo!
Allora, pensando che ci fosse qualche problema che non comprendevo, iniziai a chiedermi cosa non andasse nella mia vita. I miei pensieri andarono subito all'indecisione sulla facoltà presa, perchè poteva solo essere quello il problema, ma alla fine, dopo anche alcune notti insonni a pensarci su, arrivai alla conclusione che la scelta fosse quella giusta. Bene, risposta al problema data... ma l'ansia rimaneva!
Davo l'esame, tornavo veramente tranquillissimo e all'esame successivo si ripresentava il problema. All'inizio di nuovo per la scelta della facoltà, poi sulla scelta dell'argomento della tesi triennale, poi sulla scelta della specializzazione. Risolti questi, nuovo esame o nuova situazione di stress e via di nuovo con dubbi... questa volta i soliti dubbi che mi accompagnano da sempre sulle "domande di senso". Cercavo di darmi delle risposte, me le davo, ma l'ansia rimaneva. La goccia che ha fatto traboccare il vaso però è stato l'ultimo episodio... Pienamente soddisfatto della mia carriera universitaria e del resto della mia vita (famiglia ottima, ottimo rapporto con fidanzata e amici, buone condizioni economiche, università riuscita alla grande, non potrei veramente chiedermi di meglio...), con l'ultimo esame ovviamente è tornata l'ansia e involontariamente (perchè parte del problema sta anche qui, questi pensieri che mi vengono io non li controllo, sorgono da soli e in questi momenti d'ansia sono capaci di destabilizzarmi molto) la mia testa continuava a generare in qualsiasi momento, completamente a random, dubbi sulla mia relazione con la mia ragazza. Visto che nel problema sta entrando anche la mia ragazza a cui voglio un mondo di bene, potete capire bene la mia volontà di risolverlo.
Ora, io molto umilmente vorrei cercare di capire questo: ho sbagliato tutto fin dall'inizio a cercare di razionalizzare i motivi per cui nasceva quest'ansia e di conseguenza non ho fatto altro che amplificarla, creare problemi a me stesso e allargare ancora di più la mia frattura fra la parte razionale e quella irrazionale? Oppure l'ansia non è nient'altro che una valvola che una volta aperta fa sorgere dentro di me tutti i conflitti su cui ho sorvolato nel tempo? Conflitti che però una volta risolti non fanno minimamente passare l'ansia... Oppure entrambi i motivi? Io davvero non lo so...
Ne ho parlato sia con un amico, sia con entrambi i genitori che con la mia ragazza ma non sono riuscito a darmi delle risposte a queste domande. Risposta comune di tutti è che io propendo a razionalizzare troppo tutto, a cercare continuamente certezze che non esistono e a essere troppo duro con me stesso. Questi difetti con il mio problema mi rendono davvero una bomba ad orologeria... Tutti mi hanno consigliato di lasciar scorrere quest'ansia, concentrarmi sull'esame o sul particolare problema che devo affrontare e che è una cosa normale essere ansiosi. Di conseguenza tutti sono stati per un si alla prima domanda piuttosto che per la seconda e pure io leggermente sarei d'accordo, ma non ne sono per niente sicuro...
Anche perchè ultimamente sento che il problema potrebbe anche essersi evoluto, nel senso che ad esempio negli ultimi esami... l'ansia non c'era, o c'era in minima parte, ma le solite domande e dubbi, oltre anche a una cerca dose di pensieri negativi quelli c'erano eccome, ma l'ansia di per se no... Quella scoppiava solo a poche ore dall'esame, come se avesse imparato a nascondersi nel tempo... e ovviamente una volta fatto l'esame dubbi e sbalzi di umore passavano e tutto tornava normale. Però so benissimo che per tutto il tempo prima dell'esame l'ansia c'è sempre stata, ma solo è come se avesse imparato a nascondersi... e temo che l'abbia fatto perchè una parte di me ha capito che la sola ansia non basta a distogliermi dalla più probabile sorgente d'ansia che è ad esempio l'esame, di conseguenza queste domande che nascono da una parte ignota di me sono invece molto efficaci nel distorgliermi dal problema, molto più della sensazione di ansia stessa... e di fatti così è perchè a volte mi hanno portato addirittura a non fare un esame oppure a scappare da qualche impegno importante... Forse la chiave del problema sta qui, è una continua involontaria ricerca di una fuga dal problema...
Da qui la mia domanda del topic: dovrei parlarne con uno psicologo, oppure dovrei solo provare a non razionalizzare questi momenti di ansia come mi consigliano di fare tutti? Uno psicologo mi potrebbe aiutare in un qualche modo per un problema del genere o non è il suo campo? Se non riescono a farlo nemmeno le persone che mi vogliono più bene al mondo potrebbe farlo lui? Non per sfiducia nei suoi confronti, assolutamente... ma forse potrebbe essere un lato di me con cui dovrei imparare a convivere, cosa che però non sono mai riuscito a fare... Inoltre di spiegazioni razionali nel tempo ne ho trovate moltissime, ma il problema è sempre rimasto e non ne è mai stato minimamente scalfito... è qualcosa di totalmente incontrollabile, non razionalizzabile e temo anche non risolvibile... Da qui le mie perplessità sul fatto che un esperto mi possa essere d'aiuto.
Vi ringrazio per la cortese attenzione e la pazienza, grazie mille in anticipo anche per le risposte.
Giovanni
[#5]
Caro Giovanni,
lei è un fiume in piena e descrive in modo molto razionale tutto il suo vissuto dalla notte dei tempi ad oggi.
Mi passi la battuta, ma è solo per cercare di alleggerire un po' i toni.
In fondo, credo sia proprio di questo che lei abbia bisogno, di imparare a alleggerire i toni.
<<ho sbagliato tutto fin dall'inizio a cercare di razionalizzare i motivi per cui nasceva quest'ansia e di conseguenza non ho fatto altro che amplificarla, creare problemi a me stesso e allargare ancora di più la mia frattura fra la parte razionale e quella irrazionale? >>
Questa è un'intuizione che non sottovaluterei. L'ansia, in fondo, ha una sua utilità, se canalizzata in una forma evoluta e funzionale ma resta qualcosa che abbartiene al dominio delle emozioni e non della ragione. Cercando risposte razionali a sensazioni che razionali non sono, si rischia di rimanere invischiati in un circolo vizioso che non ha via d'uscita.
Provi a leggere questo:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/3715-la-rimuginazione-ossessiva-come-risolverla.html
Lei si chiede, quindi, come potrebbe uno psicologo aiutarla laddove amici, parenti e familiari hanno fallito.
La risposta è abbastanza semplice: uno psicologo psicoterapeuta è formato per la cura dei disturbi d'ansia, ammesso che di questo si tratti.
Qualora, invece, lo specialista riscontrasse un quadro differente, sarà sua cura fornirle un punto di vista clinico più obiettivo di quanto non si possa fare noi, da qui, senza conoscerla personalmente.
Restiamo in ascolto
Un caro saluto
lei è un fiume in piena e descrive in modo molto razionale tutto il suo vissuto dalla notte dei tempi ad oggi.
Mi passi la battuta, ma è solo per cercare di alleggerire un po' i toni.
In fondo, credo sia proprio di questo che lei abbia bisogno, di imparare a alleggerire i toni.
<<ho sbagliato tutto fin dall'inizio a cercare di razionalizzare i motivi per cui nasceva quest'ansia e di conseguenza non ho fatto altro che amplificarla, creare problemi a me stesso e allargare ancora di più la mia frattura fra la parte razionale e quella irrazionale? >>
Questa è un'intuizione che non sottovaluterei. L'ansia, in fondo, ha una sua utilità, se canalizzata in una forma evoluta e funzionale ma resta qualcosa che abbartiene al dominio delle emozioni e non della ragione. Cercando risposte razionali a sensazioni che razionali non sono, si rischia di rimanere invischiati in un circolo vizioso che non ha via d'uscita.
Provi a leggere questo:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/3715-la-rimuginazione-ossessiva-come-risolverla.html
Lei si chiede, quindi, come potrebbe uno psicologo aiutarla laddove amici, parenti e familiari hanno fallito.
La risposta è abbastanza semplice: uno psicologo psicoterapeuta è formato per la cura dei disturbi d'ansia, ammesso che di questo si tratti.
Qualora, invece, lo specialista riscontrasse un quadro differente, sarà sua cura fornirle un punto di vista clinico più obiettivo di quanto non si possa fare noi, da qui, senza conoscerla personalmente.
Restiamo in ascolto
Un caro saluto
[#6]
Gentile ragazzo,
La razionalizzazione e' un meccanismo di difesa inconscio potentissimo.
Che in quanto tale si erge per difendere l'Io del soggetto che in qulche modo si percepisce minacciato. L'ansia e' la conseguenza della lotta che avviene nel suo inconscio.
Esiste qualche contenuto psichico angoscioso conflittuale che lei difende continuamente e strenuamente tramite le razionalizzazioni.
I suoi amici le consigliano di "non razionaloizzare tanto" perche' si rendono conto che il meccanismo non le giova ma non si rendono conto che si tratta di una strategia che lei pota' dismettere solo quando non le sara' piu' necessaria.
Penso anche io che dei colloqui psicologici potrebbero esserle d'aiuto per mettere a fuoco meglio i meccanismi che utilizza.
Cordiali saluti
La razionalizzazione e' un meccanismo di difesa inconscio potentissimo.
Che in quanto tale si erge per difendere l'Io del soggetto che in qulche modo si percepisce minacciato. L'ansia e' la conseguenza della lotta che avviene nel suo inconscio.
Esiste qualche contenuto psichico angoscioso conflittuale che lei difende continuamente e strenuamente tramite le razionalizzazioni.
I suoi amici le consigliano di "non razionaloizzare tanto" perche' si rendono conto che il meccanismo non le giova ma non si rendono conto che si tratta di una strategia che lei pota' dismettere solo quando non le sara' piu' necessaria.
Penso anche io che dei colloqui psicologici potrebbero esserle d'aiuto per mettere a fuoco meglio i meccanismi che utilizza.
Cordiali saluti
[#7]
Ex utente
Vi ringrazio per le risposte, l'articolo linkato sopra sulla "rimurginazione ossessiva" e quello contenuto al suo interno sulla "trappola delle ossessioni" penso descrivano al 100% il mio caso.
In questi mesi, visto che inevitabilmente sarò costretto a dover gestire alcune situazioni stressanti non di poco conto, proverò a far tesoro dei consigli sopra riportati. Nel caso la situazione non migliorasse o comunque incontrassi difficoltà nel gestirla indubbiamente seguirò il vostro consiglio ed entro la fine dell'anno consulterò uno psicologo.
Vi ringrazio ancora per la cortese attenzione.
Cordiali saluti,
Giovanni
In questi mesi, visto che inevitabilmente sarò costretto a dover gestire alcune situazioni stressanti non di poco conto, proverò a far tesoro dei consigli sopra riportati. Nel caso la situazione non migliorasse o comunque incontrassi difficoltà nel gestirla indubbiamente seguirò il vostro consiglio ed entro la fine dell'anno consulterò uno psicologo.
Vi ringrazio ancora per la cortese attenzione.
Cordiali saluti,
Giovanni
Questo consulto ha ricevuto 8 risposte e 7k visite dal 17/09/2013.
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Approfondimento su Ansia
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