Emetofobia

Buona sera. Chiedo un parere perché questa fobia mi impedisce di vivere. Soffro di emetofobia da quindici anni, ma solo negli ultimi anni è terribilmente peggiorata. Mangiare è un incubo, uscire di casa anche per paura del freddo e del virus gastrointestinale. Il pensiero sparisce solo se riesco a dormire. E' proprio fobia perché sono estremamente terrorizzata ho crisi d'ansia molto forti), sia che succeda a me sia che succeda a chi ho intorno. Volevo chiedere se la psicoterapia cognitivo-comportamentale era la strada più indicata per tentare di migliorare la situazione..sto effettuando sedute di psicoterapia cognitivo-comportamentale da molti mesi e purtroppo non vedo risultati. Esiste la possibilità di effettuare esposizioni, o comunque di affrontare in modo pratico la fobia? Perché temo che tanti discorsi su cosa l'abbia causata, sull'accettazione della causa eccetera non portino risultati. C'è possibilità di migliorare? Sottolineo che ho anche un disturbo ossessivo-compulsivo legato alla fobia, e che almeno su questo fronte credo vada un po' meglio. Ringrazio anticipatamente per l'attenzione che vorrete porre al mio quesito.
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Dr. Francesco Mori Psicoterapeuta, Psicologo 1.2k 33
Gentile utente,
quello che fa di una buona terapia è la relazione con il terapeuta.
Se lei ha perso la fiducia nella sua capacità di intervento forse dovrebbe discuterne con lui. Certamente è una situazione frustrante e di sofferenza ma temo che on line la situazione sia ancora più difficilmente risolvibile che di persona.

Restiamo in ascolto

Dr. Francesco Mori
Psicologo, Psicodiagnosta, Psicoterapeuta
http://spazioinascolto.altervista.org/

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Utente
Utente
Dr Mori La ringrazio molto per la celere risposta.
Posso chiederLe come si tratta solitamente questo tipo di fobia? Se l'indirizzo cognitivo-comportamentale è il più indicato?
Concordo pienamente sull'importanza di un rapporto di fiducia, e ahimè dopo tanti mesi sta iniziando a venir meno. Perché non ho più voglia di parlare (già sono molto riservata di mio) senza vedere nulla di concreto. E ho una necessità pazzesca di venirne a capo, perché non riesco a vivere in questo modo.
La ringrazio ancora.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Gentile Utente,

il metodo cognitivo-comportamentale è sicuramente indicato, ma mi pare che Lei non stia facendo una cognitivo-comportamentale, almeno da come la descrive: "sto effettuando sedute di psicoterapia cognitivo-comportamentale da molti mesi e purtroppo non vedo risultati. Esiste la possibilità di effettuare esposizioni, o comunque di affrontare in modo pratico la fobia? "

Sono un po' peplessa perchè la cognitivo-comportamentale per i disturbi d'ansia, ossessivi, fobie prescrive determinati compiti che il pz. esegue tra una seduta e l'altra. L'esposizione, così come la desensibilizzazione sistematica ad es. sono tipicamente atti della cognitivo-comportamentale e se tutto ciò non avviene, forse non è proprio cognitivo-comportamentale...

Sono d'accordo con Lei sul fatto che parlare e basta e scavare alla ricerca delle cause non porta a miglioramenti ma, nel caso dei disturbi d'ansia, semmai li amplifica notevolmente.

Legga qui:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/1384-e-davvero-psicoterapia-cognitivo-comportamentale.html

In che modo si svolgono le sedute?
Il contratto terapeutico sottoscritto indica come metodologia e tipo di trattamento la terapia cognitivo comportamnetale?

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#4]
Utente
Utente
Grazie anche a Lei per la risposta.
Si, nelle prime sedute si è parlato di una psicoterapia cognitivo-comportamentale. Ho tenuto un diario con pensieri ed emozioni, ho eseguito compiti al di fuori delle sedute per migliorare il disturbo ossessivo-compulsivo. E' come se sentissi che manca il pezzo fondamentale, ossia la risoluzione della fobia specifica. L'esposizione mi è stato detto che dovrebbe riguardare il contatto diretto con il vomito, però è molto difficile che nella vita di tutti i giorni io mi ritrovi in questa situazione (non mi succede da tantissimi anni, e non mi capita spesso di vedere qualcuno che vomita). E' possibile che questo rappresenti l'unico modo? Per fare la prima esposizione dovrei attendere di vedere qualcuno che vomita? Vorrei impegnarmi al massimo per migliorare, ma non riesco a vedere una via d'uscita. Mi è sorto il dubbio che non ci sia modo di attenuare la fobia, o che questa sia troppo radicata.
Leggo che Lei è una specialista in Psicoterapia Cognitivo-comportamentale...mi scusi per la domanda, non vorrei sembrare inopportuna (mi permetto di chiederglielo perché davvero sto provando a cercare una via d'uscita)..posso chiederLe se Le è mai capitato di avere un/una paziente con la medesima fobia? Se sì, la fobia si è attenuata in qualche modo?
Ringrazio anticipatamente per l'eventuale risposta. Cordiali saluti
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Gentile Utente,

poichè l'emetofobia è un disturbo il cui focus o problema principale è il controllo e spessissimo nella mia esperienza i pz. arrivano mostrando molte resistenze al cambiamento, il primo passo terapeutico consiste nell'apprendere le tecniche per la gestione dell'ansia e del panico e solo successivamente di affrontare le situazioni temute ed evitate.

C'è anche tutta una parte educativa che bisogna spendere con i pz: chi ha questa fobia non vomita perchè ha una tolleranza molto alta alla nausea e si è abituato, come strategia per combattere il problema, a distrarre i propri pensieri.

Chiaramente non si tratta di esporsi al proprio vomito, perchè vomitare è un evento rarissimo. La terapia di questa fobia parte dal riconoscimento del funzionamento della patologia stessa.

Legga qui: https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/700-emetofobia-la-paura-del-vomito.html

Dica serenamente alla terapeuta quali sono le Sue aspettative e che cosa si aspetta dalla terapia: non solo è un Suo diritto, ma Le servirà anche a comprendere meglio e ad avere le idee più chiare.

Cordiali saluti,
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