Efficacia psicoterapia psicodinamica/Efficacia TCC/Altre
Salve a tutti, mi ritrovo qui a chiedermi e chiedere a voi di fare insieme a me il punto della situazione, se cosi si puo' dire.
Sono un po' confusa: da un lato sto per laurearmi in psicologia e quindi voglio scegliere un percorso di specializzazione nel quale io creda e che mi rappresenti; e dall'altro sono anche io stessa una "paziente" , in quanto non sento ancora di avere risolto il mio disturbo d'ansia nonostante anni di psicoterapia psicodinamica.
Il mio sconforto è duplice: mi piacciono e mi affascinano molto le teorie alla base della psicoterapia psicodinamica, è bello sapere che si può lavorare sul profondo, sulle relazioni, sulle dinamiche disfunzionali, ecc..ecc.. Ma DA PAZIENTE mi chiedo quanto ancora ci vorrà perchè scompaiano i sintomi (nel mio caso, un'ossessione, nei periodi di stress) di ansia? Come mai nonostante io sia consapevole che quell'ossessione devo trattarla da ossessione, a volte non ci riesco? Mi spaventa anche se SO che non devo razionalmente discuterne il contenuto... da un lato so che non è certo il contenuto dell'ossessione il problema, e che è un meccanismo difensivo che mi è utile (...ma quando sto male saperlo non mi aiuta!!!) x spostare l'attenzione da emozioni + dolorose, dall'altro lato però quando ci sono dentro mi spaventa ancora e riesce quasi a sembrare vero.
Poi arriva la seconda paura: come farò ad essere una brava terapeuta se non riesco a risolvere questo problema? Fare la terapeuta è il mio sogno, ho fatto di tutto per ottenerlo, e con buoni risultati scolastici fino ad ora (i miei disturbi non mi hanno mai impedito di concentrarmi o portare a termine i miei obiettivi!! pero'voglio stare BENE).
E ora veniamo alla TCC: la mia università abbraccia prevalentemente questo approccio come orientamento teorico di fondo. Da molti miei compagni (e dai pochi docenti che sposano altri orientamenti) è fortemente criticato, perchè viene ritenuto rigido e impersonale. Io non sono d'accordo, credo che la differenza la faccia l'apertura mentale del terapeuta...e che l'approccio TCC dalla sua abbia degli strumenti pratici per risolvere i disturbi come quelli ossessivi. Sbaglio? Se un paziente ha un'ossessione lo si aiuta a lavorare su strategie concrete per eliminarla, è cosi? O solo x accettarla?
Scusate, lo so che mi sono dilungata, ma volevo esporvi le mie perplessità e chiedervi aiuto perchè:
1) vorrei capire quanto impiega in media una terapia psicodinamica ad aiutare il paziente a risolvere un disturbo d'ansia ossessivo? E' davvero possibile che risolto il problema sottostante si risolvano anche i sintomi ? So che i sintomi d'ansia, secondo il modello dinamico, sono occasioni di crescita, ma io sono stanca di non star bene a periodi... Mi sembra ormai impossibile uscirne totalmente, se non con l'ausilio di un farmaco forse... come puo' un paziente accettare di star male per star bene forse in futuro grazie al lungo percorso intrapreso? Io a volte sento di brancolare nel buio senza avere punti di riferimento. Se mi viene l'ossessione penso: "ok, è solo ansia, ed è sintomo di qualcosa che non va..". MA COSA?? Ormai è quasi angosciante pensare che devo trovare una spiegazione a questo sintomo...xche nella vita succede sempre qualcosa che non va, è normale, e allora tutto è causa dell'ansia? :(
2) Come posso scegliere un orientamento dinamico (Che mi affascina molto, nonostante tutto, perchè immagino sia molto creativo x un terapeuta) per la mia specializzazione se ho questi dubbi (punto 1) sulla sua efficiacia con me come paziente?
Spero mi aiutiate a vederci + chiaro..ogni parere è ben accetto e utile.
Grazie....
Sono un po' confusa: da un lato sto per laurearmi in psicologia e quindi voglio scegliere un percorso di specializzazione nel quale io creda e che mi rappresenti; e dall'altro sono anche io stessa una "paziente" , in quanto non sento ancora di avere risolto il mio disturbo d'ansia nonostante anni di psicoterapia psicodinamica.
Il mio sconforto è duplice: mi piacciono e mi affascinano molto le teorie alla base della psicoterapia psicodinamica, è bello sapere che si può lavorare sul profondo, sulle relazioni, sulle dinamiche disfunzionali, ecc..ecc.. Ma DA PAZIENTE mi chiedo quanto ancora ci vorrà perchè scompaiano i sintomi (nel mio caso, un'ossessione, nei periodi di stress) di ansia? Come mai nonostante io sia consapevole che quell'ossessione devo trattarla da ossessione, a volte non ci riesco? Mi spaventa anche se SO che non devo razionalmente discuterne il contenuto... da un lato so che non è certo il contenuto dell'ossessione il problema, e che è un meccanismo difensivo che mi è utile (...ma quando sto male saperlo non mi aiuta!!!) x spostare l'attenzione da emozioni + dolorose, dall'altro lato però quando ci sono dentro mi spaventa ancora e riesce quasi a sembrare vero.
Poi arriva la seconda paura: come farò ad essere una brava terapeuta se non riesco a risolvere questo problema? Fare la terapeuta è il mio sogno, ho fatto di tutto per ottenerlo, e con buoni risultati scolastici fino ad ora (i miei disturbi non mi hanno mai impedito di concentrarmi o portare a termine i miei obiettivi!! pero'voglio stare BENE).
E ora veniamo alla TCC: la mia università abbraccia prevalentemente questo approccio come orientamento teorico di fondo. Da molti miei compagni (e dai pochi docenti che sposano altri orientamenti) è fortemente criticato, perchè viene ritenuto rigido e impersonale. Io non sono d'accordo, credo che la differenza la faccia l'apertura mentale del terapeuta...e che l'approccio TCC dalla sua abbia degli strumenti pratici per risolvere i disturbi come quelli ossessivi. Sbaglio? Se un paziente ha un'ossessione lo si aiuta a lavorare su strategie concrete per eliminarla, è cosi? O solo x accettarla?
Scusate, lo so che mi sono dilungata, ma volevo esporvi le mie perplessità e chiedervi aiuto perchè:
1) vorrei capire quanto impiega in media una terapia psicodinamica ad aiutare il paziente a risolvere un disturbo d'ansia ossessivo? E' davvero possibile che risolto il problema sottostante si risolvano anche i sintomi ? So che i sintomi d'ansia, secondo il modello dinamico, sono occasioni di crescita, ma io sono stanca di non star bene a periodi... Mi sembra ormai impossibile uscirne totalmente, se non con l'ausilio di un farmaco forse... come puo' un paziente accettare di star male per star bene forse in futuro grazie al lungo percorso intrapreso? Io a volte sento di brancolare nel buio senza avere punti di riferimento. Se mi viene l'ossessione penso: "ok, è solo ansia, ed è sintomo di qualcosa che non va..". MA COSA?? Ormai è quasi angosciante pensare che devo trovare una spiegazione a questo sintomo...xche nella vita succede sempre qualcosa che non va, è normale, e allora tutto è causa dell'ansia? :(
2) Come posso scegliere un orientamento dinamico (Che mi affascina molto, nonostante tutto, perchè immagino sia molto creativo x un terapeuta) per la mia specializzazione se ho questi dubbi (punto 1) sulla sua efficiacia con me come paziente?
Spero mi aiutiate a vederci + chiaro..ogni parere è ben accetto e utile.
Grazie....
[#1]
Psicologo, Psicoterapeuta
Gentile utente (e futura collega),
la scelta di una specializzazione post-lauream in psicoterapia è un momento importante nella formazione di uno psicologo-psicoterapeuta, ma a volte anche abbastanza difficile.
Non esiste infatti un "metodo" per sapere quale scelta abbracciare, se andrà bene, se sarà la scelta "giusta". Sta a noi decidere se l'apparato teorico/tecnico di un determinato orientamento "ci sta addosso" oppure no.
Personalmente, avevo intrapreso gli studi di psicologia attratto proprio dalle teorizzazioni psicodinamiche. Ricordo le lunghe ore trascorse a "decifrare" testi densissimi di grandi Autori che tratteggiavano davanti ai miei occhi un'Avventura che, in poco più di un secolo, aveva spalancato le porte degli abissi fino ad allora insondati della mente umana, e portato a galla il loro (poco pulito) contenuto.
Dopo la laurea, con una tesi incentrata proprio su quelle teorie psicoanalitiche che tanto amavo, pian piano entrai in un periodo di "crisi". L'Università mi aveva presentato un panorama molto parziale degli indirizzi esistenti, sminuendo la portata di alcune scuole e metodologie, e magnificandone altre.
Decisi allora di cominciare a studiare anche "altro": le teorizzazioni sistemico-relazionali e strategiche, gli indirizzi umanistici, le scuole ad indirizzo corporeo e bioenergetiche, la metodologia cognitivo-comportamentale.
Soltanto con la conoscenza diretta sia dei testi, sia di professionisti che applicavano nel loro lavoro queste teorizzazioni così diverse dal mondo che mi era stato presentato in facoltà mi accorsi che il panorama della psicologia e della psicoterapia è molto più vario e vasto di quanto avessi immaginato.
Ed anche che molti dei pregiudizi che le "vecchie generazioni" spacciano per dati di fatto sono leggende infondate, prive di alcun supporto di dati, basate esclusivamente sulla cosiddetta "euristica dell'esperto" (che è la negazione del concetto di Comunità Scientifica!).
In merito alle altre metodologie non esprimo pareri, perchè non sono i "pareri" che possono aiutarla. Mi limito a rilevare che, almeno finora, nessuna delle persone con cui ho lavorato in terapia mi abbia mai fatto anche solo intendere che stavamo facendo un lavoro freddo ed impersonale. Non escludo che terapeuti poco esperti, o che sono già persone fredde e distaccate, possano avere difficoltà ad entrare in rapporto empatico con chi gli sta davanti. Ma questo può essere un problema di QUEL terapeuta, non della metodologia che adotta.
Se vuole sapere come lavora un terapeuta cognitivo-comportamentale si informi: ad esempio, potrebbe chiedere ad una scuola di specializzazione di visionare filmati di terapie videoregistrate, o chiedere a chi abbia un percorso di TCC sulle spalle di parlargliene.
In merito alla problematica che l'ha condotta in terapia, ad esempio, i principali protocolli TCC cercano di aiutare le persone a non dar più peso nè alle ossessioni (resistendo all'impulso di eseguire compulsioni, sia in forma di comportamento che di pensieri scaccia-ansia), nè all'idea che dietro alle ossessioni si nascondano contenuti più "profondi" che vanno esplorati.
Questa idea, secondo una prospettiva cognitivo-comportamentale, conduce a tentativi esasperati di "scavare sempre più a fondo", in un vortice di ossessività che intrappola la persona e la trascina sempre più giù.
Quindi, in sintesi, non si lavora su strategie concrete per "eliminare" le ossessioni, ma per smettere le compulsioni (ed a volte anche continuare a cercare "cosa c'è sotto" può essere un bell'esempio di compulsione "razionalizzante").
Cordialmente
la scelta di una specializzazione post-lauream in psicoterapia è un momento importante nella formazione di uno psicologo-psicoterapeuta, ma a volte anche abbastanza difficile.
Non esiste infatti un "metodo" per sapere quale scelta abbracciare, se andrà bene, se sarà la scelta "giusta". Sta a noi decidere se l'apparato teorico/tecnico di un determinato orientamento "ci sta addosso" oppure no.
Personalmente, avevo intrapreso gli studi di psicologia attratto proprio dalle teorizzazioni psicodinamiche. Ricordo le lunghe ore trascorse a "decifrare" testi densissimi di grandi Autori che tratteggiavano davanti ai miei occhi un'Avventura che, in poco più di un secolo, aveva spalancato le porte degli abissi fino ad allora insondati della mente umana, e portato a galla il loro (poco pulito) contenuto.
Dopo la laurea, con una tesi incentrata proprio su quelle teorie psicoanalitiche che tanto amavo, pian piano entrai in un periodo di "crisi". L'Università mi aveva presentato un panorama molto parziale degli indirizzi esistenti, sminuendo la portata di alcune scuole e metodologie, e magnificandone altre.
Decisi allora di cominciare a studiare anche "altro": le teorizzazioni sistemico-relazionali e strategiche, gli indirizzi umanistici, le scuole ad indirizzo corporeo e bioenergetiche, la metodologia cognitivo-comportamentale.
Soltanto con la conoscenza diretta sia dei testi, sia di professionisti che applicavano nel loro lavoro queste teorizzazioni così diverse dal mondo che mi era stato presentato in facoltà mi accorsi che il panorama della psicologia e della psicoterapia è molto più vario e vasto di quanto avessi immaginato.
Ed anche che molti dei pregiudizi che le "vecchie generazioni" spacciano per dati di fatto sono leggende infondate, prive di alcun supporto di dati, basate esclusivamente sulla cosiddetta "euristica dell'esperto" (che è la negazione del concetto di Comunità Scientifica!).
In merito alle altre metodologie non esprimo pareri, perchè non sono i "pareri" che possono aiutarla. Mi limito a rilevare che, almeno finora, nessuna delle persone con cui ho lavorato in terapia mi abbia mai fatto anche solo intendere che stavamo facendo un lavoro freddo ed impersonale. Non escludo che terapeuti poco esperti, o che sono già persone fredde e distaccate, possano avere difficoltà ad entrare in rapporto empatico con chi gli sta davanti. Ma questo può essere un problema di QUEL terapeuta, non della metodologia che adotta.
Se vuole sapere come lavora un terapeuta cognitivo-comportamentale si informi: ad esempio, potrebbe chiedere ad una scuola di specializzazione di visionare filmati di terapie videoregistrate, o chiedere a chi abbia un percorso di TCC sulle spalle di parlargliene.
In merito alla problematica che l'ha condotta in terapia, ad esempio, i principali protocolli TCC cercano di aiutare le persone a non dar più peso nè alle ossessioni (resistendo all'impulso di eseguire compulsioni, sia in forma di comportamento che di pensieri scaccia-ansia), nè all'idea che dietro alle ossessioni si nascondano contenuti più "profondi" che vanno esplorati.
Questa idea, secondo una prospettiva cognitivo-comportamentale, conduce a tentativi esasperati di "scavare sempre più a fondo", in un vortice di ossessività che intrappola la persona e la trascina sempre più giù.
Quindi, in sintesi, non si lavora su strategie concrete per "eliminare" le ossessioni, ma per smettere le compulsioni (ed a volte anche continuare a cercare "cosa c'è sotto" può essere un bell'esempio di compulsione "razionalizzante").
Cordialmente
[#2]
Ex utente
Caro dott. Calì, la sua risposta è l'esempio del fatto che, al di là dell'orientamento teorico che uno psicologo abbraccia, c'è sempre una persona sotto, con le sue caratteristiche personali e caratteriali. Concordo quando dice che la rigidità non è tanto nel metodo, ma nella persona che lo mette in atto e lo fa proprio, innamorandosene come fosse un dogma.
:)
Detto questo, la ringrazio anche per la spiegazione del meccanismo di funzionamento della TCC per le ossessioni. Riconosco che, nonostante io non presenti compulsioni evidenti e nemmeno mentali "classiche" (tipo contare, pregare ecc..), il fatto di cercare di capire da dove viene il sintomo e di rassicurarmi in merito all'infondatezza dell'ossessione, sicuramente è anche questa una compulsione che alimenta il circolo vizioso. Senza strategie concrete pero' da sola a volte non riesco a disinnescare il meccanismo.
Dal momento che il disturbo non è sempre presente (per alcuni mesi sto bene e poi invece ho settimane o giorni "difficili"), spesso non penso alla questione ela mia vita va avanti senza intoppi. Quando ritornano i sintomi perdo la pazienza e vorrei risolvere tuto e subito, magari provando una psicoterapia cogn-comportamentale, anche se cio' significherebbe mettere in discussione la psicoterapia svolta con la mia terapeuta psicodinamica fino ad ora.
- Quando lei dice "non si lavora su strategie concrete per "eliminare" le ossessioni, ma per smettere le compulsioni --> intende dire che stoppare le compulsioni conduce indirettamente ad estinguere le ossessioni?
A proposito di questo, sarei comunque curiosa di conoscere le opinioni dei terapeuti "dinamici" (o di altri approcci) di M.I. per sapere se la risoluzione del disturbo ossessivo con la sola psicoterapia dinamica è frequente e quali sono, piu o meno, le tempistiche.
Un'ultima cosa: è infrequente che una psicologa che ha sofferto di disturbi d'ansia riesca a praticare con successo la sua professione?
Grazie di cuore
:)
Detto questo, la ringrazio anche per la spiegazione del meccanismo di funzionamento della TCC per le ossessioni. Riconosco che, nonostante io non presenti compulsioni evidenti e nemmeno mentali "classiche" (tipo contare, pregare ecc..), il fatto di cercare di capire da dove viene il sintomo e di rassicurarmi in merito all'infondatezza dell'ossessione, sicuramente è anche questa una compulsione che alimenta il circolo vizioso. Senza strategie concrete pero' da sola a volte non riesco a disinnescare il meccanismo.
Dal momento che il disturbo non è sempre presente (per alcuni mesi sto bene e poi invece ho settimane o giorni "difficili"), spesso non penso alla questione ela mia vita va avanti senza intoppi. Quando ritornano i sintomi perdo la pazienza e vorrei risolvere tuto e subito, magari provando una psicoterapia cogn-comportamentale, anche se cio' significherebbe mettere in discussione la psicoterapia svolta con la mia terapeuta psicodinamica fino ad ora.
- Quando lei dice "non si lavora su strategie concrete per "eliminare" le ossessioni, ma per smettere le compulsioni --> intende dire che stoppare le compulsioni conduce indirettamente ad estinguere le ossessioni?
A proposito di questo, sarei comunque curiosa di conoscere le opinioni dei terapeuti "dinamici" (o di altri approcci) di M.I. per sapere se la risoluzione del disturbo ossessivo con la sola psicoterapia dinamica è frequente e quali sono, piu o meno, le tempistiche.
Un'ultima cosa: è infrequente che una psicologa che ha sofferto di disturbi d'ansia riesca a praticare con successo la sua professione?
Grazie di cuore
[#3]
Psicologo, Psicoterapeuta
>>intende dire che stoppare le compulsioni conduce indirettamente ad estinguere le ossessioni?
Nì. Stoppare le compulsioni interrompe il circolo vizioso "ossessione-ansia-compulsione-iniziale decremento dell'ansia, incremento successivo-incremento delle ossessioni".
Quindi, più che estinguere le ossessioni l'effetto è quello di interrompere un "comportamento" compulsivo (dove "comportamento" si intende in modo molto ampio, compreso il rimuginare) che verrebbe altrimenti "rinforzato" dall'abbassamento temporaneo dell'ansia, ma che in realtà rende schiavi del comportamento stesso.
Allo stesso tempo, però, è anche vero che a volte l'interruzione delle compulsioni, dopo un iniziale incremento di frequenza ed intensità delle ossessioni, può accompagnarsi ad una "perdita di forza" delle ossessioni stesse, che si imparano ad osservare e riconoscere come ossessioni, senza lasciarsene travolgere. E' un pò come imparare a convivere con un vicino di casa con la passione per un genere musicale che a noi non piace proprio...
>>è infrequente che una psicologa che ha sofferto di disturbi d'ansia riesca a praticare con successo la sua professione?
A volte chi ha sofferto di un disturbo (E NE E' GUARITO!) può diventare un ottimo terapeuta, specialmente in quello specifico campo, sia perchè lo conosce bene, sia perchè può essere molto motivato, sia perchè riesce ad empatizzare bene con chi ne soffre.
Marsha Linehan, ideatrice di uno dei pochi trattamenti che hanno dato prove di efficacia molto robuste per il Disturbo Borderline di Personalità, ovvero la Terapia Comportamentale Dialettica, ha ammesso pochi anni fa di essere anche lei Borderline, e di aver sofferto molto nella sua vita, fino all'ospedalizzazione in seguito a dei veri e propri episodi psicotici.
E, se ad oggi esiste un trattamento molto rigoroso, ed allo stesso tempo radicalmente umano, per uno dei disturbi più invalidanti e dolorosi che la psicopatologia abbia codificato, lo dobbiamo ANCHE alla sua sofferenza.
Nì. Stoppare le compulsioni interrompe il circolo vizioso "ossessione-ansia-compulsione-iniziale decremento dell'ansia, incremento successivo-incremento delle ossessioni".
Quindi, più che estinguere le ossessioni l'effetto è quello di interrompere un "comportamento" compulsivo (dove "comportamento" si intende in modo molto ampio, compreso il rimuginare) che verrebbe altrimenti "rinforzato" dall'abbassamento temporaneo dell'ansia, ma che in realtà rende schiavi del comportamento stesso.
Allo stesso tempo, però, è anche vero che a volte l'interruzione delle compulsioni, dopo un iniziale incremento di frequenza ed intensità delle ossessioni, può accompagnarsi ad una "perdita di forza" delle ossessioni stesse, che si imparano ad osservare e riconoscere come ossessioni, senza lasciarsene travolgere. E' un pò come imparare a convivere con un vicino di casa con la passione per un genere musicale che a noi non piace proprio...
>>è infrequente che una psicologa che ha sofferto di disturbi d'ansia riesca a praticare con successo la sua professione?
A volte chi ha sofferto di un disturbo (E NE E' GUARITO!) può diventare un ottimo terapeuta, specialmente in quello specifico campo, sia perchè lo conosce bene, sia perchè può essere molto motivato, sia perchè riesce ad empatizzare bene con chi ne soffre.
Marsha Linehan, ideatrice di uno dei pochi trattamenti che hanno dato prove di efficacia molto robuste per il Disturbo Borderline di Personalità, ovvero la Terapia Comportamentale Dialettica, ha ammesso pochi anni fa di essere anche lei Borderline, e di aver sofferto molto nella sua vita, fino all'ospedalizzazione in seguito a dei veri e propri episodi psicotici.
E, se ad oggi esiste un trattamento molto rigoroso, ed allo stesso tempo radicalmente umano, per uno dei disturbi più invalidanti e dolorosi che la psicopatologia abbia codificato, lo dobbiamo ANCHE alla sua sofferenza.
[#4]
Ex utente
"Allo stesso tempo, però, è anche vero che a volte l'interruzione delle compulsioni, dopo un iniziale incremento di frequenza ed intensità delle ossessioni, può accompagnarsi ad una "perdita di forza" delle ossessioni stesse, che si imparano ad osservare e riconoscere come ossessioni, senza lasciarsene travolgere." --> quindi, quando nei siti di trattamento delle ossessioni (es. terapia breve strategica, scuola di Arezzo, solo x fare un esempio) leggo "risoluzione del dist. ossessivo nell'89% dei casi", quella "risouzione" non porta alla scomparsa delle ossessioni? Il paziente -io in questo caso- dovrà conviverci a vita? Come si puo' parlare allora di "guarigione dal disturbo"?
Eppure ci sono dei periodi anche lunghi in cui non ho la minima ossessione...
Ecco, questo mi spaventa un po', xche pensavo che la risoluzione di un disturbo comprendesse anche la significativa riduzione o, meglio ancora, scomparsa della sintomatologia!!!!!
L'esempio della Linehan è molto bello. Ha avuto una grande forza.
Grazie per le sue spiegazioni, la saluto...buon lavoro!!
Eppure ci sono dei periodi anche lunghi in cui non ho la minima ossessione...
Ecco, questo mi spaventa un po', xche pensavo che la risoluzione di un disturbo comprendesse anche la significativa riduzione o, meglio ancora, scomparsa della sintomatologia!!!!!
L'esempio della Linehan è molto bello. Ha avuto una grande forza.
Grazie per le sue spiegazioni, la saluto...buon lavoro!!
[#5]
Gentile Utente,
innanzitutto complimenti per il traguardo raggiunto!
Per quanto riguarda la scuola di specializzazione post lauream in Psicoterapia, io ho scelto, dopo aver partecipato a diversi incontri organizzati dalle scuole stesse, quella che poteva unire il rigore scientifico al mio modo di essere e di sentirmi a mio agio in terapia.
"Da molti miei compagni (e dai pochi docenti che sposano altri orientamenti) è fortemente criticato, perchè viene ritenuto rigido e impersonale."
Dipende dai punti di vista: per alcuni, che non riescono a vedere i vantaggi dell'utilizzo della chaise longue in studio e terapeuta alle spalle del pz. disteso, anche questa è rigidità...
Diciamo che non è semplicissimo scegliere una scuola di psicoterapia: l'università che ho frequentato io proponeva principalmente il modello psicodinamico, che mi ha sempre affascinata e che però, negli anni, comunciava a diventare per me troppo distante e incomprensibile.
Infine ritengo personalmente molto importante ai fini dell'esercizio della psicoterapia da parte dello specialista l'analisi didattica che può essere molto utile per esplorare aspetti di sè e ad esserne maggiormante consapevoli con i propri pz.
Le suggerisco, se vuole, una lettura che riassume tutti i principali modelli psicoterapici, riportando anche sedute di psicoterapia a titolo esemplificativo: Corsini- Wedding "Psicoterapia"
Un cordiale saluto,
innanzitutto complimenti per il traguardo raggiunto!
Per quanto riguarda la scuola di specializzazione post lauream in Psicoterapia, io ho scelto, dopo aver partecipato a diversi incontri organizzati dalle scuole stesse, quella che poteva unire il rigore scientifico al mio modo di essere e di sentirmi a mio agio in terapia.
"Da molti miei compagni (e dai pochi docenti che sposano altri orientamenti) è fortemente criticato, perchè viene ritenuto rigido e impersonale."
Dipende dai punti di vista: per alcuni, che non riescono a vedere i vantaggi dell'utilizzo della chaise longue in studio e terapeuta alle spalle del pz. disteso, anche questa è rigidità...
Diciamo che non è semplicissimo scegliere una scuola di psicoterapia: l'università che ho frequentato io proponeva principalmente il modello psicodinamico, che mi ha sempre affascinata e che però, negli anni, comunciava a diventare per me troppo distante e incomprensibile.
Infine ritengo personalmente molto importante ai fini dell'esercizio della psicoterapia da parte dello specialista l'analisi didattica che può essere molto utile per esplorare aspetti di sè e ad esserne maggiormante consapevoli con i propri pz.
Le suggerisco, se vuole, una lettura che riassume tutti i principali modelli psicoterapici, riportando anche sedute di psicoterapia a titolo esemplificativo: Corsini- Wedding "Psicoterapia"
Un cordiale saluto,
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#6]
Ex utente
Grazie dott.ssa Pileci per avermi portato la sua esperienza come testimonianza.
Nonostante la mia passione e il fascino che esercita il modello psicodinamico, anche per me sta cominciando a risultare difficile da comprendere, non tanto per le sue implicazioni teoriche, ma per le ricadute pratiche SU DI ME come paziente.
Una considerazione generale: è sconsolante che non ci sia accordo tra gli psicoterapeuti sulle modalità di affrontare certi tipi di disturbi. Alcuni dicono che *tutto si basa sulla relazione*.. ma come puo' questo essere vero se un disturbo ossessivo dopo 5 anni di psicoterapia non è ancora stato risolto? (Un esempio a caso ;-) ).. non penso di essere una paziente con poche risorse o scarsa capacità di insight o che fatica ad apprendere o a mettere in atto dei cambiamenti.
La mia terapeuta mi dice che i cambiamenti che sto mettendo in atto sono di per sè lenti, non per colpa mia o per colpa della terapia.. ma come posso io, da futura terapeuta, proporre un percorso ad un paziente con il disturbo X , sapendo che volente o nolente lo farò un po' soffrire xche il cambiamento tarda ad arrivare?
Sono domande legittime o sono io che sono ottusa?
Mi piacerebbe davvero tanto conoscere anche l'opinione dei terapeuti psicodinamici di questo sito e sapere se NEL CONCRETO la sola psicoterapia dinamica ha portato benefici significativi nell'estinzione (o netto miglioramento, comunque) a lungo termine di un disturbo d'ansia come quello ossessivo o l'ipocondria.
Nel mio caso, io ho iniziato la terapia per attacchi di panico e ipocondria e lungo il percorso l'ansia ha cambiato forma e si è "stabilizzata" se cosi si puo' dire, manifestandosi ogni tanto sottoforma di ossessioni che non c'entrano + con i temi ipocondriaci.
Ora vorrei capire: cosa mi aspetta? :) Domanda da un milione di dollari...
Grazie a tutti e scusate lo sfogo
Nonostante la mia passione e il fascino che esercita il modello psicodinamico, anche per me sta cominciando a risultare difficile da comprendere, non tanto per le sue implicazioni teoriche, ma per le ricadute pratiche SU DI ME come paziente.
Una considerazione generale: è sconsolante che non ci sia accordo tra gli psicoterapeuti sulle modalità di affrontare certi tipi di disturbi. Alcuni dicono che *tutto si basa sulla relazione*.. ma come puo' questo essere vero se un disturbo ossessivo dopo 5 anni di psicoterapia non è ancora stato risolto? (Un esempio a caso ;-) ).. non penso di essere una paziente con poche risorse o scarsa capacità di insight o che fatica ad apprendere o a mettere in atto dei cambiamenti.
La mia terapeuta mi dice che i cambiamenti che sto mettendo in atto sono di per sè lenti, non per colpa mia o per colpa della terapia.. ma come posso io, da futura terapeuta, proporre un percorso ad un paziente con il disturbo X , sapendo che volente o nolente lo farò un po' soffrire xche il cambiamento tarda ad arrivare?
Sono domande legittime o sono io che sono ottusa?
Mi piacerebbe davvero tanto conoscere anche l'opinione dei terapeuti psicodinamici di questo sito e sapere se NEL CONCRETO la sola psicoterapia dinamica ha portato benefici significativi nell'estinzione (o netto miglioramento, comunque) a lungo termine di un disturbo d'ansia come quello ossessivo o l'ipocondria.
Nel mio caso, io ho iniziato la terapia per attacchi di panico e ipocondria e lungo il percorso l'ansia ha cambiato forma e si è "stabilizzata" se cosi si puo' dire, manifestandosi ogni tanto sottoforma di ossessioni che non c'entrano + con i temi ipocondriaci.
Ora vorrei capire: cosa mi aspetta? :) Domanda da un milione di dollari...
Grazie a tutti e scusate lo sfogo
[#7]
" Alcuni dicono che *tutto si basa sulla relazione*.. ma come puo' questo essere vero se un disturbo ossessivo dopo 5 anni di psicoterapia non è ancora stato risolto?"
In attesa di sentire anche i pareri dei Colleghi di orientamento psicodinamico, può leggere questa lettura sulla relazione:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/1630-e-la-relazione-che-cura.html
Cordiali saluti e in bocca al lupo per il Suo futuro!
In attesa di sentire anche i pareri dei Colleghi di orientamento psicodinamico, può leggere questa lettura sulla relazione:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/1630-e-la-relazione-che-cura.html
Cordiali saluti e in bocca al lupo per il Suo futuro!
[#9]
(..). da un lato so che non è certo il contenuto dell'ossessione il problema, e che è un meccanismo difensivo che mi è utile (...ma quando sto male saperlo non mi aiuta!!!) (..)
per questo quesito le consiglio questa lettura
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/3715-la-rimuginazione-ossessiva-come-risolverla.html
(...)vorrei capire quanto impiega in media una terapia psicodinamica ad aiutare il paziente a risolvere un disturbo d'ansia ossessivo? E' davvero possibile che risolto il problema sottostante si risolvano anche i sintomi ? So che i sintomi d'ansia, secondo il modello dinamico, sono occasioni di crescita (..)
per questa le consiglio la lettura di questo libro-perizia
https://www.medicitalia.it/news/psicologia/2106-ansia-quale-psicoanalisi-un-libro-per-capire.html
http://www.ibs.it/ebook/de-vincentiis-armando/lontano-dall-ansia-e-dalla/9788896818923.html
per questo quesito le consiglio questa lettura
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/3715-la-rimuginazione-ossessiva-come-risolverla.html
(...)vorrei capire quanto impiega in media una terapia psicodinamica ad aiutare il paziente a risolvere un disturbo d'ansia ossessivo? E' davvero possibile che risolto il problema sottostante si risolvano anche i sintomi ? So che i sintomi d'ansia, secondo il modello dinamico, sono occasioni di crescita (..)
per questa le consiglio la lettura di questo libro-perizia
https://www.medicitalia.it/news/psicologia/2106-ansia-quale-psicoanalisi-un-libro-per-capire.html
http://www.ibs.it/ebook/de-vincentiis-armando/lontano-dall-ansia-e-dalla/9788896818923.html
Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
https://www.facebook.com/groups/316311005059257/?ref=bookmarks
[#10]
Ex utente
Grazie dr. De Vincentiis, ho letto i post del suo blog (che trovo molto interesante!).
Fondamentalmente, i dubbi che ho relativamente all'efficacia della sola relazione terapeutica trovano riscontro nei suoi scritti.
Ho letto anche la risposta del dottor Callina che, gentilmente, ha risposto alla mia replica (#64) in questa discussione https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/1630-e-la-relazione-che-cura.html .. --> Scrivendo: "E per rispondere alle sue altre domande, la terapia psicodinamica, e mi riferisco a quella adleriana cui faccio riferimento (ma il discorso potrebbe essere esteso a tutte le terapie contemporanee di stampo psicodinamico) non utilizza propriamente delle tecniche, bensì un metodo che mira alla cura del sintomo acuto nel minor tempo possibile, eventualmente proponendo anche un supporto farmacologico per lenire, come lei dice, la sofferenza del paziente nelle fasi iniziali del trattamento." --> si evince che il supporto farmacologico è utilizzato "al posto" delle strategie e manovre terapeutiche proprie, invece, del modello utilizzato dalla TBS o da quello della TCC. Con la differenza - correggetemi se sbaglio- che in TBS o TCC apprendo un metodo che col tempo faccio mio per imparare a non dare peso ai pensieri ossessivi, per depotenziarli e -spero- estinguerli col tempo; altrimenti, nei periodi di crisi, dovro' sempre ricorrere ad uno SSRI... e non è proprio la stessa cosa.
A questo punto mi viene da dire che forse io non sono in grado di risolvere del tutto il mio problema con una terapia psicodinamica... Una volta ho letto in un testo di TBS che "se chiudo 99 porte e ne lascio aperta una, il sintomo potrebbe tornare", forse questo è quello che la TBS o la TCC potrebbero offrirmi, aiutare a chiudere quella porta!
"Non posso certo dire se sarà meglio, quando sarà diverso, ma posso dire è necessario che cambi, se deve migliorare" :)
Fondamentalmente, i dubbi che ho relativamente all'efficacia della sola relazione terapeutica trovano riscontro nei suoi scritti.
Ho letto anche la risposta del dottor Callina che, gentilmente, ha risposto alla mia replica (#64) in questa discussione https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/1630-e-la-relazione-che-cura.html .. --> Scrivendo: "E per rispondere alle sue altre domande, la terapia psicodinamica, e mi riferisco a quella adleriana cui faccio riferimento (ma il discorso potrebbe essere esteso a tutte le terapie contemporanee di stampo psicodinamico) non utilizza propriamente delle tecniche, bensì un metodo che mira alla cura del sintomo acuto nel minor tempo possibile, eventualmente proponendo anche un supporto farmacologico per lenire, come lei dice, la sofferenza del paziente nelle fasi iniziali del trattamento." --> si evince che il supporto farmacologico è utilizzato "al posto" delle strategie e manovre terapeutiche proprie, invece, del modello utilizzato dalla TBS o da quello della TCC. Con la differenza - correggetemi se sbaglio- che in TBS o TCC apprendo un metodo che col tempo faccio mio per imparare a non dare peso ai pensieri ossessivi, per depotenziarli e -spero- estinguerli col tempo; altrimenti, nei periodi di crisi, dovro' sempre ricorrere ad uno SSRI... e non è proprio la stessa cosa.
A questo punto mi viene da dire che forse io non sono in grado di risolvere del tutto il mio problema con una terapia psicodinamica... Una volta ho letto in un testo di TBS che "se chiudo 99 porte e ne lascio aperta una, il sintomo potrebbe tornare", forse questo è quello che la TBS o la TCC potrebbero offrirmi, aiutare a chiudere quella porta!
"Non posso certo dire se sarà meglio, quando sarà diverso, ma posso dire è necessario che cambi, se deve migliorare" :)
[#12]
Cara Utente,
<<si evince che il supporto farmacologico è utilizzato "al posto" delle strategie e manovre terapeutiche proprie, invece, del modello utilizzato dalla TBS o da quello della TCC.>>
in realtà dalla mia replica non si evince esattamente quanto lei sottolinea.
Il supporto farmacologico, quando ritenuto opportuno, viene consigliato da terapetui di tutti gli orientamenti. Ci sono colleghi più propensi a consigliare un consulto con uno psichiatra, ce ne sono altri meno propensi; ci sono pazienti più favorevoli e altri meno, ci sono situazioni che più si prestano e altre meno...
Alcune situazioni, anche in TCC o in TBS (mi correggano i colleghi di tali orientamenti se sbaglio), non sono affrontabili se non si stabilizza il sintomo in una fase iniziale con un supporto farmacologico; questo perché il paziente potrebbe non avere alcuna risorsa per poter lavorare in modo produttivo in terapia.
Questo non è, ovviamente, valido per tutti i pazienti.
Da ciò si evince che ogni caso viene trattato come caso a sé; l'individuo è unico e irripetibile e va trattato in base alla sua peculiare individualità.
Ciò che forse le è sfuggito dalla mia replica, è uno stereotipo che, nelle contemporanee terapie dinamiche, è stato abbandonato.
Come le ha replicato il collega Bellizzi è la relazione che cura, laddove il terapeuta è in grado di entrare in contatto con la persona, e non con la patologia.
Cinque anni di terapia per smantellare un disturbo ansioso sono tanti; questo non significa che le terapie psicodinamiche (e il plurale è voluto) abbiano tali standard temporali di cura.
Personalmente, se dopo un periodo ragionevole di tempo non vedo cambiamenti significativi nel paziente, sono il primo a consigliare al paziente un orientamento differente; non tutti i pazienti vanno bene per tutti gli orientamenti e viceversa, così come non tutte le persone vanno bene per un determinato terapeuta e viceversa.
Questo rientra nel concetto di individualità cui mi riferisco.
Nella mia replica le scrivevo anche: "non utilizza propriamente delle tecniche, bensì un medodo che mira alla cura del sintomo acuto nel minor tempo possibile".
Con questo intendo inaccettabile un trattamento di così lunga durata per la sola estinzione di un sintomo, senza considerare altre, eventuali, complicazioni che vanno valutate caso per caso.
Parlo al plurale della terapia psicodininamica perché ci sono, al suo interno, varie correnti di pensiero che si rifanno a principi, a volte, anche piuttosto distanti tra loro. Per quanto attiene la terapia adleriana, cui faccio riferimento per esperienza personale, l’obiettivo è quello di smantellare le finzioni del paziente; finzioni che hanno una dimensione emotiva, cognitiva e comportamentale e che sono dinamicamente orientate verso uno scopo, per lo più, inconsapevole.
Come vede parlo di componenti emotive, cognitive e comportamentali e non solo di processi inconsci; questo dovrebbe farle intuire che, seppur non ci siano tecniche rigidamente codificate come nella TCC o nella TBS, esistono comunque metodi che consentono un intervento sulle tre dimensioni che le ho indicato.
L'analisi personale (sia essa freudiana, adleriana, junghiana, lacaniana...) è una scelta individuale che l'individuo dovrebbe fare consapevolemente con obiettivi che prescindono dalla patologia esistente. E' un percorso di crescita individuale che non viene utilizzato "tout court" con tutti i pazienti.
La psicoterapia, invece, si pone obiettivi più concreti e meno "ambiziosi".
Le dico questo solo per una corretta informazione agli utenti che, magari, non hanno le conoscenze teoriche che può avere lei.
Se vuole può trarre spunti e leggere il parere di altri colleghi anche nella seguente discussione:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/3715-la-rimuginazione-ossessiva-come-risolverla.html
In ultima analisi, per quanto attiene il suo percorso personale, non posso che concordare con i colleghi che le suggeriscono un approfondimento teorico extra-universitario per farsi un'idea propria delle numerose correnti teoriche che popolano il panorama della psicologia e psicoterapia.
Gli studi universitari possono essere fuorvianti in tal senso e, spesso, sono permeati, senza una vera apertura, ai principi cui si rifanno i docenti di riferimento.
In bocca al lupo per i suoi studi e per il suo percorso di crescita.
Un caro saluto
<<si evince che il supporto farmacologico è utilizzato "al posto" delle strategie e manovre terapeutiche proprie, invece, del modello utilizzato dalla TBS o da quello della TCC.>>
in realtà dalla mia replica non si evince esattamente quanto lei sottolinea.
Il supporto farmacologico, quando ritenuto opportuno, viene consigliato da terapetui di tutti gli orientamenti. Ci sono colleghi più propensi a consigliare un consulto con uno psichiatra, ce ne sono altri meno propensi; ci sono pazienti più favorevoli e altri meno, ci sono situazioni che più si prestano e altre meno...
Alcune situazioni, anche in TCC o in TBS (mi correggano i colleghi di tali orientamenti se sbaglio), non sono affrontabili se non si stabilizza il sintomo in una fase iniziale con un supporto farmacologico; questo perché il paziente potrebbe non avere alcuna risorsa per poter lavorare in modo produttivo in terapia.
Questo non è, ovviamente, valido per tutti i pazienti.
Da ciò si evince che ogni caso viene trattato come caso a sé; l'individuo è unico e irripetibile e va trattato in base alla sua peculiare individualità.
Ciò che forse le è sfuggito dalla mia replica, è uno stereotipo che, nelle contemporanee terapie dinamiche, è stato abbandonato.
Come le ha replicato il collega Bellizzi è la relazione che cura, laddove il terapeuta è in grado di entrare in contatto con la persona, e non con la patologia.
Cinque anni di terapia per smantellare un disturbo ansioso sono tanti; questo non significa che le terapie psicodinamiche (e il plurale è voluto) abbiano tali standard temporali di cura.
Personalmente, se dopo un periodo ragionevole di tempo non vedo cambiamenti significativi nel paziente, sono il primo a consigliare al paziente un orientamento differente; non tutti i pazienti vanno bene per tutti gli orientamenti e viceversa, così come non tutte le persone vanno bene per un determinato terapeuta e viceversa.
Questo rientra nel concetto di individualità cui mi riferisco.
Nella mia replica le scrivevo anche: "non utilizza propriamente delle tecniche, bensì un medodo che mira alla cura del sintomo acuto nel minor tempo possibile".
Con questo intendo inaccettabile un trattamento di così lunga durata per la sola estinzione di un sintomo, senza considerare altre, eventuali, complicazioni che vanno valutate caso per caso.
Parlo al plurale della terapia psicodininamica perché ci sono, al suo interno, varie correnti di pensiero che si rifanno a principi, a volte, anche piuttosto distanti tra loro. Per quanto attiene la terapia adleriana, cui faccio riferimento per esperienza personale, l’obiettivo è quello di smantellare le finzioni del paziente; finzioni che hanno una dimensione emotiva, cognitiva e comportamentale e che sono dinamicamente orientate verso uno scopo, per lo più, inconsapevole.
Come vede parlo di componenti emotive, cognitive e comportamentali e non solo di processi inconsci; questo dovrebbe farle intuire che, seppur non ci siano tecniche rigidamente codificate come nella TCC o nella TBS, esistono comunque metodi che consentono un intervento sulle tre dimensioni che le ho indicato.
L'analisi personale (sia essa freudiana, adleriana, junghiana, lacaniana...) è una scelta individuale che l'individuo dovrebbe fare consapevolemente con obiettivi che prescindono dalla patologia esistente. E' un percorso di crescita individuale che non viene utilizzato "tout court" con tutti i pazienti.
La psicoterapia, invece, si pone obiettivi più concreti e meno "ambiziosi".
Le dico questo solo per una corretta informazione agli utenti che, magari, non hanno le conoscenze teoriche che può avere lei.
Se vuole può trarre spunti e leggere il parere di altri colleghi anche nella seguente discussione:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/3715-la-rimuginazione-ossessiva-come-risolverla.html
In ultima analisi, per quanto attiene il suo percorso personale, non posso che concordare con i colleghi che le suggeriscono un approfondimento teorico extra-universitario per farsi un'idea propria delle numerose correnti teoriche che popolano il panorama della psicologia e psicoterapia.
Gli studi universitari possono essere fuorvianti in tal senso e, spesso, sono permeati, senza una vera apertura, ai principi cui si rifanno i docenti di riferimento.
In bocca al lupo per i suoi studi e per il suo percorso di crescita.
Un caro saluto
Dr. Roberto Callina - Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo
Specialista in psicoterapia dinamica - Milano
www.robertocallina.com
[#13]
Ex utente
Dott. Callina, quando lei dice "Cinque anni di terapia per smantellare un disturbo ansioso sono tanti; questo non significa che le terapie psicodinamiche (e il plurale è voluto) abbiano tali standard temporali di cura" --> lo capisco, ogni cura si adatta alla problematica del paziente.
Sicuramente il mio disturbo d'ansia di partenza non era un disturbo a sè stante. C'era un lutto irrisolto (suicidio) sottostante e altri traumi relativi alla prima età adulta.
Sono consapevole del fatto che il lavoro che sto svolgendo in terapia psicodinamica è una "ristrutturazione" e non una semplice cura di un disturbo, forse anche per il lavoro che la mia terapeuta sa che vorro' svolgere in futuro.
Ogni volta che le parlo dei miei dubbi lei mi fa vedere i lati positivi e gli enormi cambiamenti che ho fatto negli anni, dicendomi che ho tutti gli strumenti per star bene e che manca, pero', ancora qualcosina. Quel "qualcosina" che manca, pero', sembra che io non riesca a trovarlo, a capirlo, a decodificarlo. Ma per la mia natura "ossessiva", quel cercare, comprendere e decifrare sono diventati essi stessi motivi di ansia.
Certamente accanto al mio disturbo c'è anche la mia struttura di personalità che va -credo- ad influire sul decorso del disturbo stesso, alla manifestazione sintomatologica, ecc... Quindi apprezzo che la mia psicoterapeuta mi stia aiutando a "rivoluzionare" quegli elementi di me che erano disfunzionali alla mia crescita.
Una volta la mia terapeuta mi ha detto che i miei sintomi sono alla base del mio conflitto di dipendenza/indipendenza dalle mie figure di attaccamento: sono adulta ma una parte di me vorrebbe essere accudita come quando ero bambina; sogno ancora di avere la mia famiglia come quella di un tempo. Purtroppo, questo non è + possibile (leggere traumi della prima età adulta ;) ).
Forse non l'ho ancora accettato del tutto...di crescere...chissà.
Fatto sta che sono stanca, e se le mie resistenze non mi permettono un cambiamento decisivo, nonostante la mia razionalità lo implori, io non so + cosa fare!
Grazie dell'ascolto, a tutti voi. Il servizio che offrite è bellissimo.
Sicuramente il mio disturbo d'ansia di partenza non era un disturbo a sè stante. C'era un lutto irrisolto (suicidio) sottostante e altri traumi relativi alla prima età adulta.
Sono consapevole del fatto che il lavoro che sto svolgendo in terapia psicodinamica è una "ristrutturazione" e non una semplice cura di un disturbo, forse anche per il lavoro che la mia terapeuta sa che vorro' svolgere in futuro.
Ogni volta che le parlo dei miei dubbi lei mi fa vedere i lati positivi e gli enormi cambiamenti che ho fatto negli anni, dicendomi che ho tutti gli strumenti per star bene e che manca, pero', ancora qualcosina. Quel "qualcosina" che manca, pero', sembra che io non riesca a trovarlo, a capirlo, a decodificarlo. Ma per la mia natura "ossessiva", quel cercare, comprendere e decifrare sono diventati essi stessi motivi di ansia.
Certamente accanto al mio disturbo c'è anche la mia struttura di personalità che va -credo- ad influire sul decorso del disturbo stesso, alla manifestazione sintomatologica, ecc... Quindi apprezzo che la mia psicoterapeuta mi stia aiutando a "rivoluzionare" quegli elementi di me che erano disfunzionali alla mia crescita.
Una volta la mia terapeuta mi ha detto che i miei sintomi sono alla base del mio conflitto di dipendenza/indipendenza dalle mie figure di attaccamento: sono adulta ma una parte di me vorrebbe essere accudita come quando ero bambina; sogno ancora di avere la mia famiglia come quella di un tempo. Purtroppo, questo non è + possibile (leggere traumi della prima età adulta ;) ).
Forse non l'ho ancora accettato del tutto...di crescere...chissà.
Fatto sta che sono stanca, e se le mie resistenze non mi permettono un cambiamento decisivo, nonostante la mia razionalità lo implori, io non so + cosa fare!
Grazie dell'ascolto, a tutti voi. Il servizio che offrite è bellissimo.
[#14]
Cara Utente,
<<Sicuramente il mio disturbo d'ansia di partenza non era un disturbo a sè stante. C'era un lutto irrisolto (suicidio) sottostante e altri traumi relativi alla prima età adulta.
Sono consapevole del fatto che il lavoro che sto svolgendo in terapia psicodinamica è una "ristrutturazione" e non una semplice cura di un disturbo, forse anche per il lavoro che la mia terapeuta sa che vorro' svolgere in futuro.>>
e qui torniamo al punto di partenza! :-)
Parliamo di obiettivi. Se lei fosse una mia paziente (non posso parlare a nome della sua psicoterapeuta perchè non la conosco e perchè non è *me*), avrei accolto la sua richiesta, più o meno esplicita, e avrei concordato con lei degli obiettivi.
Se lei è consapevole del fatto che il lavoro che sta svolgendo non è finalizzato alla soluzione del sintomo ansioso, credo che la discussione che abbiamo intavolato non abbia molta ragione di esistere.
Se il suo obiettivo è quello di eliminare un disturbo ansioso senza un percorso di crescita personale di altro tipo, la psicoterapia, di qualsiasi orientamento sia, *deve* porsi quell'obiettivo, pur seguendo strade che sono differenti a seconda dell'approccio utilizzato.
Nel suo caso, mi sembra di poter dire che gli obiettivi concordati siano differenti.
Lei si è rivolta ad una terapeuta psicodinamica e ha accettato *consapevolmente* un percorso di un certo tipo perché, evidentemente, cercava "altro" rispetto alla sola soluzione del sintomo.
Personalmente, credo sia fondamentale un'analisi personale se si decide di fare questo mestiere, indipendentemente dal tipo di orientamento che deciderà di abbracciare.
Una buona analisi personale consente di riconoscere, nel rapporto con il paziente, quanto di ciò che sentiamo in termini emotivo-relazionali appartiene al paziente e quanto, invece, appartiene a noi.
D'altro canto, non conosco il tipo di approccio che utilizza la sua analista, la sua esperienza, la sua formazione... e quindi mi risulta difficile dare un giudizio sul tipo di percorso che state facendo.
Quello che posso dirle è che, se fosse stata una mia paziente, avrei proposto un obiettivo intermedio in grado di depotenziare -se non estinguere- il sintomo invalidante, per poi proseguire in un percorso di crescita personale con obiettivi differenti, se vogliamo, più "ambiziosi".
Questo è quello che io conosco delle attuali terapie psicodinamiche... ma forse per far comprendere questo concetto al "grande pubblico" sarebbe necessario demolire il mito della psicoanalisi classica così come era stata concepita fino alla metà del secolo scorso, con strascichi applicativi, per ovvie ragioni, anche se sempre meno evidenti, che arrivano fino all'inizio di questo secolo.
Le rinnovo l'augurio di poter presto esaudire i suoi desideri.
Un caro saluto
<<Sicuramente il mio disturbo d'ansia di partenza non era un disturbo a sè stante. C'era un lutto irrisolto (suicidio) sottostante e altri traumi relativi alla prima età adulta.
Sono consapevole del fatto che il lavoro che sto svolgendo in terapia psicodinamica è una "ristrutturazione" e non una semplice cura di un disturbo, forse anche per il lavoro che la mia terapeuta sa che vorro' svolgere in futuro.>>
e qui torniamo al punto di partenza! :-)
Parliamo di obiettivi. Se lei fosse una mia paziente (non posso parlare a nome della sua psicoterapeuta perchè non la conosco e perchè non è *me*), avrei accolto la sua richiesta, più o meno esplicita, e avrei concordato con lei degli obiettivi.
Se lei è consapevole del fatto che il lavoro che sta svolgendo non è finalizzato alla soluzione del sintomo ansioso, credo che la discussione che abbiamo intavolato non abbia molta ragione di esistere.
Se il suo obiettivo è quello di eliminare un disturbo ansioso senza un percorso di crescita personale di altro tipo, la psicoterapia, di qualsiasi orientamento sia, *deve* porsi quell'obiettivo, pur seguendo strade che sono differenti a seconda dell'approccio utilizzato.
Nel suo caso, mi sembra di poter dire che gli obiettivi concordati siano differenti.
Lei si è rivolta ad una terapeuta psicodinamica e ha accettato *consapevolmente* un percorso di un certo tipo perché, evidentemente, cercava "altro" rispetto alla sola soluzione del sintomo.
Personalmente, credo sia fondamentale un'analisi personale se si decide di fare questo mestiere, indipendentemente dal tipo di orientamento che deciderà di abbracciare.
Una buona analisi personale consente di riconoscere, nel rapporto con il paziente, quanto di ciò che sentiamo in termini emotivo-relazionali appartiene al paziente e quanto, invece, appartiene a noi.
D'altro canto, non conosco il tipo di approccio che utilizza la sua analista, la sua esperienza, la sua formazione... e quindi mi risulta difficile dare un giudizio sul tipo di percorso che state facendo.
Quello che posso dirle è che, se fosse stata una mia paziente, avrei proposto un obiettivo intermedio in grado di depotenziare -se non estinguere- il sintomo invalidante, per poi proseguire in un percorso di crescita personale con obiettivi differenti, se vogliamo, più "ambiziosi".
Questo è quello che io conosco delle attuali terapie psicodinamiche... ma forse per far comprendere questo concetto al "grande pubblico" sarebbe necessario demolire il mito della psicoanalisi classica così come era stata concepita fino alla metà del secolo scorso, con strascichi applicativi, per ovvie ragioni, anche se sempre meno evidenti, che arrivano fino all'inizio di questo secolo.
Le rinnovo l'augurio di poter presto esaudire i suoi desideri.
Un caro saluto
[#15]
Ex utente
Caro dott. Callina, ha ragione quando dice che "torniamo al punto di partenza". Non volevo intavolare una discussione fine a se stessa, nè esprimermi in modo confuso, come, forse, invece ho fatto.
Il fatto è che quando ho iniziato la psicoterapia io ero totalmente "anestetizzata" dal trauma di quel lutto, avevo perso le mie motivazioni e i miei interessi e non sapevo più bene cosa volevo dalla vita. In questo senso abbiamo lavorato, tanto, e credo proprio che la psicoterapia mi abbia fatto scoprire la vera me: determinata, piena di obiettivi, di sogni e di speranze :) Ho imparato a sentire e ad accettare le emozioni negative come la rabbia e la tristezza, cosa che prima mi era difficile, e a capire che fragilità non è sinonimo di debolezza. Tutte conquiste che devo ad anni di terapia.
I sintomi d'ansia sono cominciati MENTRE ero in terapia, non prima.. dopo circa un anno.
Sono d'accordo sul fatto che chiunque voglia intraprendere una professione di tipo psicologico-psicoterapeutico non possa prescindere da un'analisi personale, per conoscere se stesso e imparare anche a mettere un confine tra cio' che si è e cio' che è altro da noi.
Il senso di questo mio primo messaggio era dettato dalla frustrazione dovuta ad un ritorno dei sintomi che non credevo sarebbe avvenuto. Stavo stabilmente bene da un po' ormai, ed ero davvero felice. Credevo che queste cose fossero solo un ricordo, per me..sentivo di stare realizzando tanto, sia in terapia che nella mia vita. Forse è stato un facile sfogo per delegare la responsabilità alla terapia, xche in fondo è+ facile che assumersela.
Concordo quando dice "Quello che posso dirle è che, se fosse stata una mia paziente, avrei proposto un obiettivo intermedio in grado di depotenziare -se non estinguere- il sintomo invalidante, per poi proseguire in un percorso di crescita personale con obiettivi differenti, se vogliamo, più "ambiziosi"." --> ecco, questo io e la mia terapeuta non lo abbiamo mai concordato..magari era un accordo implicito, non so. La remissione sintomatologica l'ho avuta assumendo Cipralex per un anno e mezzo e il beneficio è durato ben oltre la sospensione. Solo ora torna il sintomo, a volte.
La mia terapeuta dice che con me possiamo andare "in fondo", possiamo "esplorare" per crescere, cosa che non puo' fare con tutti i pazienti, perchè non lo tollererebbero.
Probabilmente devo solo accettare la condizion attuale e lavorare per andare oltre.
Mi scuso se ho banalizzato, pur non volendo, la psicoterapia psicodinamica e fatto di tutta l'erba un fascio.
Vi ringrazio per i vostri interventi e vi saluto.
Il fatto è che quando ho iniziato la psicoterapia io ero totalmente "anestetizzata" dal trauma di quel lutto, avevo perso le mie motivazioni e i miei interessi e non sapevo più bene cosa volevo dalla vita. In questo senso abbiamo lavorato, tanto, e credo proprio che la psicoterapia mi abbia fatto scoprire la vera me: determinata, piena di obiettivi, di sogni e di speranze :) Ho imparato a sentire e ad accettare le emozioni negative come la rabbia e la tristezza, cosa che prima mi era difficile, e a capire che fragilità non è sinonimo di debolezza. Tutte conquiste che devo ad anni di terapia.
I sintomi d'ansia sono cominciati MENTRE ero in terapia, non prima.. dopo circa un anno.
Sono d'accordo sul fatto che chiunque voglia intraprendere una professione di tipo psicologico-psicoterapeutico non possa prescindere da un'analisi personale, per conoscere se stesso e imparare anche a mettere un confine tra cio' che si è e cio' che è altro da noi.
Il senso di questo mio primo messaggio era dettato dalla frustrazione dovuta ad un ritorno dei sintomi che non credevo sarebbe avvenuto. Stavo stabilmente bene da un po' ormai, ed ero davvero felice. Credevo che queste cose fossero solo un ricordo, per me..sentivo di stare realizzando tanto, sia in terapia che nella mia vita. Forse è stato un facile sfogo per delegare la responsabilità alla terapia, xche in fondo è+ facile che assumersela.
Concordo quando dice "Quello che posso dirle è che, se fosse stata una mia paziente, avrei proposto un obiettivo intermedio in grado di depotenziare -se non estinguere- il sintomo invalidante, per poi proseguire in un percorso di crescita personale con obiettivi differenti, se vogliamo, più "ambiziosi"." --> ecco, questo io e la mia terapeuta non lo abbiamo mai concordato..magari era un accordo implicito, non so. La remissione sintomatologica l'ho avuta assumendo Cipralex per un anno e mezzo e il beneficio è durato ben oltre la sospensione. Solo ora torna il sintomo, a volte.
La mia terapeuta dice che con me possiamo andare "in fondo", possiamo "esplorare" per crescere, cosa che non puo' fare con tutti i pazienti, perchè non lo tollererebbero.
Probabilmente devo solo accettare la condizion attuale e lavorare per andare oltre.
Mi scuso se ho banalizzato, pur non volendo, la psicoterapia psicodinamica e fatto di tutta l'erba un fascio.
Vi ringrazio per i vostri interventi e vi saluto.
[#16]
Cara Utente,
non si deve scusare; è stata una discussione interessante e costruttiva.
Credo che dovrebbe parlarne con la sua terapeuta (anche del fatto che gradirebbe un obiettivo intermedio); in fondo anche tutto questo materiale può essere utile per la sua analisi. Non crede? :-)
In bocca al lupo per tutto.
Un caro saluto
non si deve scusare; è stata una discussione interessante e costruttiva.
Credo che dovrebbe parlarne con la sua terapeuta (anche del fatto che gradirebbe un obiettivo intermedio); in fondo anche tutto questo materiale può essere utile per la sua analisi. Non crede? :-)
In bocca al lupo per tutto.
Un caro saluto
[#18]
Aggiungo il mio contributo al consulto, dato che è stata menzionata la TBS.
Come suggerimento pratico per la scelta di una scuola di specializzazione, le raccomando di partecipare agli open day gratuiti che tutte le scuole organizzano un paio di volte l'anno.
C'è però un piccolo problema: essendo lei ossessiva, rischia lo stesso di avere difficoltà a prendere una decisione...
>>> quando nei siti di trattamento delle ossessioni (es. terapia breve strategica, scuola di Arezzo, solo x fare un esempio) leggo "risoluzione del dist. ossessivo nell'89% dei casi", quella "risouzione" non porta alla scomparsa delle ossessioni? Il paziente -io in questo caso- dovrà conviverci a vita? Come si puo' parlare allora di "guarigione dal disturbo"?
>>>
Forse, rileggendosi, si sarà già resa conto che questi dubbi sono anch'essi stimolati da un atteggiamento ossessivo. Voglio la sicurezza prima ancora di scegliere, perché fare la scelta sbagliata mi riuscirebbe intollerabile.
Ossessività significa perfezionismo in tutte le sue forme, ma un perfezionismo che non è ricerca della perfezione, è ricerca di una SENSAZIONE di perfezione che però non potrà mai arrivare in modo del tutto soddisfacente, perché è una ricerca basata su premesse erronee.
In un'ottica strategica è vero quel che ha letto, cioè che se lascia anche solo la centesima porta aperta, l'ossessione può rientrare da lì. Quindi vanno chiuse tutte per bene. Il riuscire a farlo è conseguenza di uno spostamento di prospettiva, che va dalla ricerca disperata e non realistica di perfezione (e di controllo) a una più tollerante e flessibile. Perché ossessività è soprattutto sinonimo di rigidità.
Come suggerimento pratico per la scelta di una scuola di specializzazione, le raccomando di partecipare agli open day gratuiti che tutte le scuole organizzano un paio di volte l'anno.
C'è però un piccolo problema: essendo lei ossessiva, rischia lo stesso di avere difficoltà a prendere una decisione...
>>> quando nei siti di trattamento delle ossessioni (es. terapia breve strategica, scuola di Arezzo, solo x fare un esempio) leggo "risoluzione del dist. ossessivo nell'89% dei casi", quella "risouzione" non porta alla scomparsa delle ossessioni? Il paziente -io in questo caso- dovrà conviverci a vita? Come si puo' parlare allora di "guarigione dal disturbo"?
>>>
Forse, rileggendosi, si sarà già resa conto che questi dubbi sono anch'essi stimolati da un atteggiamento ossessivo. Voglio la sicurezza prima ancora di scegliere, perché fare la scelta sbagliata mi riuscirebbe intollerabile.
Ossessività significa perfezionismo in tutte le sue forme, ma un perfezionismo che non è ricerca della perfezione, è ricerca di una SENSAZIONE di perfezione che però non potrà mai arrivare in modo del tutto soddisfacente, perché è una ricerca basata su premesse erronee.
In un'ottica strategica è vero quel che ha letto, cioè che se lascia anche solo la centesima porta aperta, l'ossessione può rientrare da lì. Quindi vanno chiuse tutte per bene. Il riuscire a farlo è conseguenza di uno spostamento di prospettiva, che va dalla ricerca disperata e non realistica di perfezione (e di controllo) a una più tollerante e flessibile. Perché ossessività è soprattutto sinonimo di rigidità.
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
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www.giuseppesantonocito.com
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Approfondimento su Ansia
Cos'è l'ansia? Tipologie dei disturbi d'ansia, sintomi fisici, cognitivi e comportamentali, prevenzione, diagnosi e cure possibili con psicoterapia o farmaci.