Crisi d'ansia

Salve, avevo già scritto in questo sito riguardo alcuni problemi relativi allo studio universitario in generale, saltati fuori dopo un anno di ingegneria (andato male) e la prima sessione a medicina. Alla fine credo che il problema effettivo fosse causato dal tempo necessario per la preparazione degli esami, superati tutti tra la sessione invernale e quella di Pasqua. Appunto, dopo aver superato gli esami, è nato il vero e proprio problema che mi affligge tutt'oggi. Sistematicamente, ogni 2-4 giorni, sono colto da una sorta di attacchi di panico, sto male, non concludo nulla e voglio soltanto piangere. Tutto questo si è ovviamente ripercosso sulla sessione estiva, in cui sono riuscito a dare soltanto un esame (passato con 23). Queste crisi sono sparite quasi del tutto durante le 3 settimane che mi sono preso di vacanza tra fine luglio ed inizio agosto (giusto 3 episodi, molto ma molto leggeri). Poi il tutto è ricominciato quando, sempre ad agosto, ho ripreso a studiare, inizialmente solo la mattina (quindi anche cercando di non forzarmi troppo), poi tutto il giorno una volta rientrato dalle "vacanze", dopo ferragosto. Ora, dato e passato l'esame, pure con un voto molto alto (soprattutto rispetto ai 20-23 degli altri esami) mi sento malissimo. Non riesco a studiare, ho crisi ripetute e sono 2 giorni che ho solo voglia di piangere e scappare da tutto e tutti. Il voto, inoltre, mi è del tutto indifferente, non mi dà soddisfazione come al liceo poteva darmi un 8 o un 9 per cui mi ero impegnato.

Io non so cosa fare. Non credo di avere la forza, la voglia e le capacità necessarie per farcela. E inoltre mi sento bloccato, non so cosa altro potrei fare né, appunto, credo di potercela fare. Mi sembra spesso che sia una cosa che richiede davvero troppo tempo e costanza, e spesso non mi sembra di sacrificare troppe cose (amici, tempo libero) per ottenerne altre di dubbio fine (voti (spesso bassi, tra l'altro)...)
Grazie.
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Dr.ssa Elisabetta Scolamacchia Psicologo, Psicoterapeuta 740 20
Gentile utente,
La sua problematica sembra correlare con la valutazione e il giudizio, insiti nella concezione stessa degli esami. Mi chiedo se non si tratti di ansia da prestazione, se le sue aspettative su di se' e sui risultati siano state, nel passato, molto alte. Ovviamente, rimanere in cima alla "classifica", tanto per dire, richiede un dispendio enorme di energie mentali e fisiche, oltre al sacrificio di altri spazi che pure sono fondamentali per il proprio benessere. Non ha pensato di rivolgersi a uno psicologo di persona?
Cordiali saluti

Dr.ssa Elisabetta Scolamacchia
Psicologa. Psicoterapeuta. Analista Transazionale

[#2]
Utente
Utente
In realtà la valutazione di un esame non mi turba più di tanto, so benissimo che c'è gente che prende e prenderà voti più alti dei miei, così come ci saranno altre persone che ne prenderanno di più bassi. Non mi sono mai classificato tra la gente che dev'essere per forza tra i migliori in assoluto, anzi.per quel che mi riguarda, avere voti alti ma essere indietro con gli esami, ad esempio, non ha assolutamente senso, mentre ha molto più senso essere in regola ma con voti più bassi. Inoltre non credo che un 28 potrebbe provocare indifferenza (oltre agli effetti già citati), se volessi essere uno da "primi posti in classifica".

Sì, nell'ultimo periodo sono seguito da uno psicologo, più o meno da inizio luglio, poiché solo allora ho incominciato a parlarne coi miei. Ad ora, però, ho fatto solo 3 sedute, ma non ho ancora capito dove mi possono portare.
[#3]
Dr.ssa Laura Rinella Psicologo, Psicoterapeuta 6.3k 119
Caro Ragazzo,
che tipo di percorso le ha proposto lo psicologo?
Psicologo o anche psicoterapeuta?
Ne conosce l'approccio teorico/orientamento?
Cosa le ha detto rispetto alle sue problematiche?
Obiettivi da raggiungere?
E' seguito in ambito pubblico o privato?

Anche se tre sedute sono davvero pochissime, dovrebbe almeno sapere che tipo di percorso abbia iniziato, il metodo di lavoro e gli obiettivi, dal mio punto di vista.

Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it

[#4]
Utente
Utente
Grazie per la risposta

Lo psicologo (che è anche psicoterapeuta) finora non ha cominciato un percorso vero e proprio: a causa degli esami e delle vacanze di mezzo non è possibile fare sedute costanti. Dovremmo cominciare la terapia vera e propria da ottobre, finora è stato utilizzato il metodo dell'associazione libera ed una possibile causa di queste crisi, secondo lo psicologo, potrebbe essere il fatto che io, essendo molto timido di mio, tenda a tenermi tutto dentro, per poi "esplodere" nei momenti di crisi.
Sono seguito in ambito privato
L'obiettivo penso che sia riuscire a tirare fuori tutto senza dover esplodere ogni 2-3 giorni.
[#5]
Dr.ssa Elisabetta Scolamacchia Psicologo, Psicoterapeuta 740 20
Cosa intende esattamente con "esplodere"?
[#6]
Dr.ssa Laura Rinella Psicologo, Psicoterapeuta 6.3k 119
Gentile Ragazzo,
sembrerebbe secondo quanto ha riferito anche in precedenza, che lo scacco relativo alla facoltà di ingegneria, l'aver impegnato un anno senza risultati positivi, i doveri che sente verso i suoi genitori, l'urgenza di voler recuperare (e le tappe obbligate) , gli studi certamente impegnativi, concorrano a determinare un certo carico e dunque a sostenere la sua ansia...solo ipotesi anche fallibili da qui che non la conosciamo direttamente.

Per quanto concerne il percorso terapeutico iniziato, gli obiettivi non dovrebbero essere dedotti o immaginati dall'assistito, ma discussi e condivisi tra lui e il terapeuta. Inoltre l'orientamento terapeutico dovrebbe essere esplicitato dal curante.

Resta però il fatto dei pochi incontri, tra l'altro con vacanze di mezzo.
Sarebbe opportuno però, se lei non ha compreso da che parte stiate andando, chiarire con il suo terapeuta.

In linea generale, per i problemi legati all'ansia, se di questo si trattasse secondo valutazione diretta, si rivelerebbero particolarmente indicati approcci terapeutici attivi e focalizzati e non necessariamente lunghi.

Cari saluti







[#7]
Dr.ssa Nicoletta Causi Psicologo, Psicoterapeuta 4
Gentile Utente,

sono d'accordo con i pareri delle mie colleghe:

la comprensione profonda del suo malessere, delle sue molteplici e complesse cause e dei suoi fattori di mantenimento, non può che essere cercata, con fatica, impegno e costanza (soprattutto da parte sua), attraverso un lavoro psicoterapeutico, che abbia obiettivi chiari e condivisi, e la cui durata dipenderà molto sia dall'orientamento terapeutico del suo psicoterapeuta, che dagli obiettivi che vi darete, che da come lavorerete insieme.

Le auguro, quindi, un buon lavoro!


Dr.ssa Nicoletta Causi
Psicologa e Psicoterapeuta
www.psicologacausi.torino.it

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