Papà in coma - affrontare la situazione
Buongiorno,
mio padre, che adoro come solo una figlia può amare il suo papà, ma col quale ho sempre avuto un rapporto abbastanza conflittuale (caratteri molto simili e abbastanza "esplosivi", litigavamo moltissimo) è in coma dal 28 luglio, con poche probabilità di risveglio.
La situazione, come potete ben intuire, è difficilissima da affrontare, e sinceramente non sono sicura di farlo nel modo giusto.
Grazie al cielo ho il lavoro che mi distrae, cerco di rendermi utile quanto possibile e di essere di supporto a mia madre (sia offrendole supporto "madre-figlia" sia dandole una mano per l'immensa burocrazia che sta dietro un evento del genere).
Il fatto è che quando non sono in ospedale posso dire di non stare malissimo, nel senso che ho fiducia e speranza nel futuro, so che le probabilità che il mio papà torni con noi siano poche, ma mi impegno per non farmi abbattere e per portargli solo positività.
Quando sono in ospedale, invece, e me lo trovo davanti, crollo completamente, non riesco a smettere di piangere, faccio fatica a stargli vicino, lo accarezzo solo lievemente sul braccio per paura di fargli male (mia mamma invece gli apre gli occhi, gli muove braccia e gambe... io non riesco). Ho quasi paura a stare nella stessa stanza con lui, ho paura che gli succeda qualcosa mentre ci sono io.
Forse mi succede questo perchè ho sempre visto mio padre come una specie di essere invincibile, che ci sarebbe sempre stato per me... la mia mente non riesce quasi ad associare l'idea che ho di mio padre, con quel corpo senz'anima steso nel letto.
Aggiungiamo il fatto che l'ultima volta che ci siamo parlati, 2 giorni prima dell'arresto cardiaco che ha provocato il coma, abbiamo litigato... non ho mai avuto la possibilità di chiedergli scusa per le cattiverie che gli ho detto.
Come si affronta una situazione del genere? Potrebbe essere auspicabile qualche seduta di psicoterapia?
Grazie e cordiali saluti
mio padre, che adoro come solo una figlia può amare il suo papà, ma col quale ho sempre avuto un rapporto abbastanza conflittuale (caratteri molto simili e abbastanza "esplosivi", litigavamo moltissimo) è in coma dal 28 luglio, con poche probabilità di risveglio.
La situazione, come potete ben intuire, è difficilissima da affrontare, e sinceramente non sono sicura di farlo nel modo giusto.
Grazie al cielo ho il lavoro che mi distrae, cerco di rendermi utile quanto possibile e di essere di supporto a mia madre (sia offrendole supporto "madre-figlia" sia dandole una mano per l'immensa burocrazia che sta dietro un evento del genere).
Il fatto è che quando non sono in ospedale posso dire di non stare malissimo, nel senso che ho fiducia e speranza nel futuro, so che le probabilità che il mio papà torni con noi siano poche, ma mi impegno per non farmi abbattere e per portargli solo positività.
Quando sono in ospedale, invece, e me lo trovo davanti, crollo completamente, non riesco a smettere di piangere, faccio fatica a stargli vicino, lo accarezzo solo lievemente sul braccio per paura di fargli male (mia mamma invece gli apre gli occhi, gli muove braccia e gambe... io non riesco). Ho quasi paura a stare nella stessa stanza con lui, ho paura che gli succeda qualcosa mentre ci sono io.
Forse mi succede questo perchè ho sempre visto mio padre come una specie di essere invincibile, che ci sarebbe sempre stato per me... la mia mente non riesce quasi ad associare l'idea che ho di mio padre, con quel corpo senz'anima steso nel letto.
Aggiungiamo il fatto che l'ultima volta che ci siamo parlati, 2 giorni prima dell'arresto cardiaco che ha provocato il coma, abbiamo litigato... non ho mai avuto la possibilità di chiedergli scusa per le cattiverie che gli ho detto.
Come si affronta una situazione del genere? Potrebbe essere auspicabile qualche seduta di psicoterapia?
Grazie e cordiali saluti
[#1]
Psicologo
Gentile Utente,
certamente in casi del genere è difficile essere forti, ma è proprio ciò di cui si ha bisogno.
Più che di psicoterapia parlerei di colloqui di sostegno, che sono un valido supporto in situazioni drammatiche come quella che La coinvolge.
Se si trova all'Ospedale S. Anna, può avvalersi dei validi professionisti psicologi e psicoterapeuti che vi lavorano.
certamente in casi del genere è difficile essere forti, ma è proprio ciò di cui si ha bisogno.
Più che di psicoterapia parlerei di colloqui di sostegno, che sono un valido supporto in situazioni drammatiche come quella che La coinvolge.
Se si trova all'Ospedale S. Anna, può avvalersi dei validi professionisti psicologi e psicoterapeuti che vi lavorano.
[#2]
Gentile Ragazza,
non credo esista un "modo giusto", ma un modo unico, soggettivo, vissuto in funzione del proprio sentire e del proprio vissuto.
Come le ha giustamente suggerito il Collega, più che psicoterapia, sarebbe utile un percorso di sostegno psicologico, durante questa fase
In questi momenti, solitamente il dolore si alterna a sensi di colpa ed al "non detto", a quanto avremmo voluto fare/dire per le persone che amiamo, con la paura di non poterle più raggiungere...
Cerchi, ove possibile, di non essere troppo dura con se stessa.
Coraggio...
non credo esista un "modo giusto", ma un modo unico, soggettivo, vissuto in funzione del proprio sentire e del proprio vissuto.
Come le ha giustamente suggerito il Collega, più che psicoterapia, sarebbe utile un percorso di sostegno psicologico, durante questa fase
In questi momenti, solitamente il dolore si alterna a sensi di colpa ed al "non detto", a quanto avremmo voluto fare/dire per le persone che amiamo, con la paura di non poterle più raggiungere...
Cerchi, ove possibile, di non essere troppo dura con se stessa.
Coraggio...
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
[#3]
Utente
Grazie mille dottori per le vostre risposte.
per il dott. Repici: siamo al COF di Lanzo d'Intelvi per la "riabilitazione", pensa che possano offrire lo stesso servizio di supporto? O è meglio che mi rivolga a un professionista privato?
per la dott. Randone: grazie delle sue parole, ha centrato il punto... c'è tantissimo di "non detto" tra me e mio papà, non potergli mai più dire quanto gli voglio bene sarebbe veramente troppo per me...
per il dott. Repici: siamo al COF di Lanzo d'Intelvi per la "riabilitazione", pensa che possano offrire lo stesso servizio di supporto? O è meglio che mi rivolga a un professionista privato?
per la dott. Randone: grazie delle sue parole, ha centrato il punto... c'è tantissimo di "non detto" tra me e mio papà, non potergli mai più dire quanto gli voglio bene sarebbe veramente troppo per me...
[#5]
Gentile Utente,
se presso il COF il servizio non è disponibile, può comunque fare riferimento ai Consultori Familiari ASL del territorio, ecco il link con i riferimenti, provi ad informarsi direttamente
http://www.asl.como.it/consultori/trovare.asp
Cari auguri
se presso il COF il servizio non è disponibile, può comunque fare riferimento ai Consultori Familiari ASL del territorio, ecco il link con i riferimenti, provi ad informarsi direttamente
http://www.asl.como.it/consultori/trovare.asp
Cari auguri
Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it
[#9]
Ci auguriamo di ricevere buone nuove, ma nel frattempo parli ugualmente a suo padre, gli stia accanto,( compatibilmente con le sue condizioni cliniche e le regole mediche), traduca il " non detto" in parole, vedrà che servirà ad entrambi:
Lui sentirà il suo calore ed amore e lei, si ascolterà e perdonerà.
Gli racconti di voi, di esperienze vissute, di ricordi e dei suoi stati d' animo..... che magari per pudore o censura, non aveva mai avuto il coraggio di verbalizzare....è già terapia
Lui sentirà il suo calore ed amore e lei, si ascolterà e perdonerà.
Gli racconti di voi, di esperienze vissute, di ricordi e dei suoi stati d' animo..... che magari per pudore o censura, non aveva mai avuto il coraggio di verbalizzare....è già terapia
[#10]
"Aggiungiamo il fatto che l'ultima volta che ci siamo parlati, 2 giorni prima dell'arresto cardiaco che ha provocato il coma, abbiamo litigato... non ho mai avuto la possibilità di chiedergli scusa per le cattiverie che gli ho detto."
Gentile Utente,
in questo delicatissimo momento della Sua vita ritengo abbia bisogno di una rete sociale di persone che riescano a starLe vicino, occupandosi di Lei anche nelle più piccole cose (es aiutarLa a casa, preparare per Lei la cena, insomma far sì che Lei non esaurisca tutte le risorse che, comprensibilmente, sente come notevoli in questo momento, visto che nei momenti stressanti abbiamo tutti quantità maggiori di adrenalina nel sangue...).
Sta infatti sperimentando che la sofferenza dei parenti è talvolta più intensa di chi prende cura, sebbene Suo papà venga accudito dal personale infermieristico ininterrottamente. Quindi ha bisogno, anche se magari adesso non ne è consapevole, di dosare bene le energie.
Da una parte il lavoro l'aiuta a distrarsi, è vero...
Io però vorrei focalizzare la Sua attenzione su un altro dato che è il senso di colpa di cui Lei parla.
Razionalmente Lei sa benissimo che non poteva immaginare ciò che sarebbe accaduto e che i conflitti fanno parte della vita e di qualunque relazione. E sa anche che il papà ha certamente dimenticato quella discussione come fanno tutti i genitori...
Però è importante che Lei lasci andare il senso di colpa, che in casi come il Suo deriva solo dal desiderio della nostra mente di cercare di controllare gli eventi.
Quello che succede, insomma, è cercare di dare un senso a ciò che è accaduto (es "Se non avessi detto o fatto questo, il papà non starebbe male..."). Non è detto, ed è un tentativo di poter controllare anche ciò che non possiamo in realtà controllare (es. non controlliamo se una persona a noi cara si ammala o se muore).
Quindi, ribadisco l'importanza di lasciarsi aiutare e conservare energie e di farsi aiutare da uno psicologo psicoterapeuta, se da sola non riesce, per superare il senso di colpa che prova.
Spero di avere notizie positive da parte Sua in futuro :-)
Gentile Utente,
in questo delicatissimo momento della Sua vita ritengo abbia bisogno di una rete sociale di persone che riescano a starLe vicino, occupandosi di Lei anche nelle più piccole cose (es aiutarLa a casa, preparare per Lei la cena, insomma far sì che Lei non esaurisca tutte le risorse che, comprensibilmente, sente come notevoli in questo momento, visto che nei momenti stressanti abbiamo tutti quantità maggiori di adrenalina nel sangue...).
Sta infatti sperimentando che la sofferenza dei parenti è talvolta più intensa di chi prende cura, sebbene Suo papà venga accudito dal personale infermieristico ininterrottamente. Quindi ha bisogno, anche se magari adesso non ne è consapevole, di dosare bene le energie.
Da una parte il lavoro l'aiuta a distrarsi, è vero...
Io però vorrei focalizzare la Sua attenzione su un altro dato che è il senso di colpa di cui Lei parla.
Razionalmente Lei sa benissimo che non poteva immaginare ciò che sarebbe accaduto e che i conflitti fanno parte della vita e di qualunque relazione. E sa anche che il papà ha certamente dimenticato quella discussione come fanno tutti i genitori...
Però è importante che Lei lasci andare il senso di colpa, che in casi come il Suo deriva solo dal desiderio della nostra mente di cercare di controllare gli eventi.
Quello che succede, insomma, è cercare di dare un senso a ciò che è accaduto (es "Se non avessi detto o fatto questo, il papà non starebbe male..."). Non è detto, ed è un tentativo di poter controllare anche ciò che non possiamo in realtà controllare (es. non controlliamo se una persona a noi cara si ammala o se muore).
Quindi, ribadisco l'importanza di lasciarsi aiutare e conservare energie e di farsi aiutare da uno psicologo psicoterapeuta, se da sola non riesce, per superare il senso di colpa che prova.
Spero di avere notizie positive da parte Sua in futuro :-)
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#11]
Utente
ancora grazie per l'aiuto che mi state dando.
un'altra domanda: sono sempre stata abbastanza golosa ma tutto sommato normopeso (come potete leggere dal mio profilo), da quando mio padre sta male alterno momenti in cui non riesco a mangiare nulla, a momento in cui mi abbuffo letteralmente, quasi come fossi bulimica (ma senza provocare il vomito).
immagino che questa in qualche modo sia una mia reazione alla situazione, giusto? come posso evitare che il cibo diventi ciò che riempie i vuoti?
un'altra domanda: sono sempre stata abbastanza golosa ma tutto sommato normopeso (come potete leggere dal mio profilo), da quando mio padre sta male alterno momenti in cui non riesco a mangiare nulla, a momento in cui mi abbuffo letteralmente, quasi come fossi bulimica (ma senza provocare il vomito).
immagino che questa in qualche modo sia una mia reazione alla situazione, giusto? come posso evitare che il cibo diventi ciò che riempie i vuoti?
[#12]
Gentile Utente,
è proprio per questo che è meglio se qualcuno si occupa di Lei: se una persona salta il pranzo (e a volte capita, anche solo per lavoro o altri impegni improrogabili) è chiaro che arriviamo a sera con molta fame...
Una regola importante è proprio non saltare mai il pasto perchè questo comportamento spalanca la porta alle abbuffate.
Evidentemente Lei fa fatica a regolare qualcosa che è anche influenzato a livello neuroendocrino: è chiaro che l'adrenalina in questo momento Le dà molte energie e si sente davvero "carica" almeno fisicamente, ma faccia attenzione poi alle cadute.
Riesce a dormire un numero di ore sufficiente?
Vive sola?
è proprio per questo che è meglio se qualcuno si occupa di Lei: se una persona salta il pranzo (e a volte capita, anche solo per lavoro o altri impegni improrogabili) è chiaro che arriviamo a sera con molta fame...
Una regola importante è proprio non saltare mai il pasto perchè questo comportamento spalanca la porta alle abbuffate.
Evidentemente Lei fa fatica a regolare qualcosa che è anche influenzato a livello neuroendocrino: è chiaro che l'adrenalina in questo momento Le dà molte energie e si sente davvero "carica" almeno fisicamente, ma faccia attenzione poi alle cadute.
Riesce a dormire un numero di ore sufficiente?
Vive sola?
[#13]
Utente
dormo intorno alle 6-7 ore a notte, come ho sempre fatto.
Vivo con mia madre, ma sto per andare a convivere col mio fidanzato (penso che per fine settembre saremmo nella casa nuova)
mi sono anche offerta di rimandare il trasferimento in modo da non lasciare mia madre sola, ma si è rifiutata, ha perfettamente ragione a dire che mio padre non avrebbe mai voluto che il mondo si fermasse per lui, ma io mi sento quasi in colpa a proseguire con la mia vita, a vedere la mia casa che prende forma, casa che in un certo senso mi ha regalato mio papà e che probabilmente non vedrà mai completa...
per il discorso cibo, mi rendo conto che io non mangio mai per fame, mangio per sensazione di vuoto... non so bene come spiegarlo... non so quanto ha senso dirlo, ma ma mangio per tenere occupata la mente... infatti quando sono a lavoro, o quando sto lavorando alla casa nuova, facile che mi dimentichi proprio di mangiare...
Vivo con mia madre, ma sto per andare a convivere col mio fidanzato (penso che per fine settembre saremmo nella casa nuova)
mi sono anche offerta di rimandare il trasferimento in modo da non lasciare mia madre sola, ma si è rifiutata, ha perfettamente ragione a dire che mio padre non avrebbe mai voluto che il mondo si fermasse per lui, ma io mi sento quasi in colpa a proseguire con la mia vita, a vedere la mia casa che prende forma, casa che in un certo senso mi ha regalato mio papà e che probabilmente non vedrà mai completa...
per il discorso cibo, mi rendo conto che io non mangio mai per fame, mangio per sensazione di vuoto... non so bene come spiegarlo... non so quanto ha senso dirlo, ma ma mangio per tenere occupata la mente... infatti quando sono a lavoro, o quando sto lavorando alla casa nuova, facile che mi dimentichi proprio di mangiare...
[#14]
Si è spiegata molto bene.
Evidentemente usa il cibo come "regolatore esterno delle emozioni" che sta provando adesso: talvolta può capitare di mettere in atto strategie disfunzionali nei momenti di stress. Per regolare un comportamento del genere, da un punto di vista psicoterapico ad es. si tengono dei diari alimentari, indicando non solo cosa si mangia, ma anche le emozioni e le circostanze che hanno a che vedere con quei comportamenti.
Se diventasse un problema e decidesse di rivolgersi ad uno psicologo psicoterapeuta, certamente potrebbe aiutarLa su questi aspetti.
Per quanto riguarda invece: "io mi sento quasi in colpa a proseguire con la mia vita, a vedere la mia casa che prende forma, casa che in un certo senso mi ha regalato mio papà e che probabilmente non vedrà mai completa..."
Lei sa che ha ragione la mamma;-)
Capisco perfettamente quello che dice ed è molto tenero da parte Sua: una cosa che impressiona molto chi, come Lei, vive questi attimi di attesa interminabile, è vedere che il resto del mondo paradossalmente continua ad andare avanti.
Cordiali saluti,
Evidentemente usa il cibo come "regolatore esterno delle emozioni" che sta provando adesso: talvolta può capitare di mettere in atto strategie disfunzionali nei momenti di stress. Per regolare un comportamento del genere, da un punto di vista psicoterapico ad es. si tengono dei diari alimentari, indicando non solo cosa si mangia, ma anche le emozioni e le circostanze che hanno a che vedere con quei comportamenti.
Se diventasse un problema e decidesse di rivolgersi ad uno psicologo psicoterapeuta, certamente potrebbe aiutarLa su questi aspetti.
Per quanto riguarda invece: "io mi sento quasi in colpa a proseguire con la mia vita, a vedere la mia casa che prende forma, casa che in un certo senso mi ha regalato mio papà e che probabilmente non vedrà mai completa..."
Lei sa che ha ragione la mamma;-)
Capisco perfettamente quello che dice ed è molto tenero da parte Sua: una cosa che impressiona molto chi, come Lei, vive questi attimi di attesa interminabile, è vedere che il resto del mondo paradossalmente continua ad andare avanti.
Cordiali saluti,
[#15]
Utente
grazie a tutti i dottori per le risposte...
non mi sono fatta sentire qualche giorno perchè è arrivata l'ennesima cattiva notizia, cioè che mio padre ha anche la cirrosi epatica, dovuta probabilmente a una sua positività all'epatite c che tra l'altro abbiamo scoperto solo dopo l'arresto cardiaco (anche perchè non ha mai accusato nessun sintomo che potesse ricondurre a patologie epatiche).
E' una cattiva notizia dietro l'altra... e io mi sento sempre più schiacciata... da una parte le persone mi dicono di non perdere le speranze, ma ha senso sperare in qualcosa che probabilmente non avverrà mai? per poi magari vedere tutto crollare in un solo secondo senza riuscire a reagire? o è meglio che mi preparo al peggio? non so in quale dei due modi posso essere maggiormente d'aiuto al mio papà... non riesco a pensare...
addirittura io che sono praticamente astemia (una birra piccola al sabato sera o poco più) sto iniziando a bere un bicchiere di birra tutte le sere! magari è poco ma per me è tantissimo, visto che non sono abituata!
ho la sensazione che inizino anche degli attacchi d'ansia, ma sinceramente non avendoli mai avuti non so neanche come possano manifestarsi...
chiedo scusa se questo intervento è parecchio confusionario, so che un consulto online non può sostituire una terapia psicologica adeguata, forse avevo solo bisogno di mettere su carta (tastiera) ciò che mi passa per la testa, senza filtri...
mi sto anche informando per supporto familiare erogato dai consultori ma hanno orari di ricevimento completamente incompatibili col mio lavoro, e il privato ha delle tariffe veramente troppo alte per me... lo psicologo della clinica dove è ricoverato mio padre addirittura c'è solo il giovedì mezza giornata! c'è qualche soluzione? qualcuno che mi possa ascoltare?
non mi sono fatta sentire qualche giorno perchè è arrivata l'ennesima cattiva notizia, cioè che mio padre ha anche la cirrosi epatica, dovuta probabilmente a una sua positività all'epatite c che tra l'altro abbiamo scoperto solo dopo l'arresto cardiaco (anche perchè non ha mai accusato nessun sintomo che potesse ricondurre a patologie epatiche).
E' una cattiva notizia dietro l'altra... e io mi sento sempre più schiacciata... da una parte le persone mi dicono di non perdere le speranze, ma ha senso sperare in qualcosa che probabilmente non avverrà mai? per poi magari vedere tutto crollare in un solo secondo senza riuscire a reagire? o è meglio che mi preparo al peggio? non so in quale dei due modi posso essere maggiormente d'aiuto al mio papà... non riesco a pensare...
addirittura io che sono praticamente astemia (una birra piccola al sabato sera o poco più) sto iniziando a bere un bicchiere di birra tutte le sere! magari è poco ma per me è tantissimo, visto che non sono abituata!
ho la sensazione che inizino anche degli attacchi d'ansia, ma sinceramente non avendoli mai avuti non so neanche come possano manifestarsi...
chiedo scusa se questo intervento è parecchio confusionario, so che un consulto online non può sostituire una terapia psicologica adeguata, forse avevo solo bisogno di mettere su carta (tastiera) ciò che mi passa per la testa, senza filtri...
mi sto anche informando per supporto familiare erogato dai consultori ma hanno orari di ricevimento completamente incompatibili col mio lavoro, e il privato ha delle tariffe veramente troppo alte per me... lo psicologo della clinica dove è ricoverato mio padre addirittura c'è solo il giovedì mezza giornata! c'è qualche soluzione? qualcuno che mi possa ascoltare?
[#16]
Gentile Utente,
sono dispiaciuta per le condizioni di Suo papà, ma per il momento speriamo ;-)
Non voglio certamente illuderLa, ma non stia a pensare a cosa fare se...
Pensi piuttosto a cosa fare nelle condizioni in cui si trova e visto che fa fatica a pensare, si faccia aiutare.
In terapia diciamo che talvolta il terapeuta "presta la propria mente al pz", se il pz. sta male. Ora, se Lei si lasciasse aiutare da qualcuno, magari ha bisogno di un abbraccio, di una parola di conforto, di qualcuno che -in silenzio- stia accanto a Lei ad ascoltarLa o solo a tenerLe la mano.
E visto che fa fatica a pensare, lo faccia fare a qualcun altro di Sua fiducia per Lei. Si prenda cura di se stessa, ecco come può assistere Suo papà, che ha bisogno di Lei in questo momento.
Sua mamma come sta?
sono dispiaciuta per le condizioni di Suo papà, ma per il momento speriamo ;-)
Non voglio certamente illuderLa, ma non stia a pensare a cosa fare se...
Pensi piuttosto a cosa fare nelle condizioni in cui si trova e visto che fa fatica a pensare, si faccia aiutare.
In terapia diciamo che talvolta il terapeuta "presta la propria mente al pz", se il pz. sta male. Ora, se Lei si lasciasse aiutare da qualcuno, magari ha bisogno di un abbraccio, di una parola di conforto, di qualcuno che -in silenzio- stia accanto a Lei ad ascoltarLa o solo a tenerLe la mano.
E visto che fa fatica a pensare, lo faccia fare a qualcun altro di Sua fiducia per Lei. Si prenda cura di se stessa, ecco come può assistere Suo papà, che ha bisogno di Lei in questo momento.
Sua mamma come sta?
[#17]
Utente
posso dirmi fortunata di avere una rete di amici e parenti che ci stanno aiutando tantissimo in questo periodo... mia mamma sta male, ma è decisamente più forte di me, ha ovviamente dei momenti di sconforto ma sta stringendo i denti... una cosa che mi viene naturalissima è starle vicino quanto più posso, anche solo un abbraccio in più, un sms durante la giornata mentre siamo a lavoro, un favore che non si aspetta (cavolate, tipo farle trovare la casa pulita, cosine del genere)... non sono mai stata un tipo particolarmente affettuoso, magari sentirmi più vicina e presente la aiuta... uno dei primi giorni dopo l'arresto di mio papà mi ha detto una frase bellissima, mi ha detto "almeno ho una figlia... si ho proprio una figlia" e mi ha abbracciata stretta. io che conosco lei, e soprattutto che conosco me, so quali sono le implicazioni di questa frase.. cioè che sa che in questa cosa ci siamo dentro assieme e che la affronteremo assieme, perchè siamo una famiglia.
[#22]
Utente
buongiorno a tutti,
scrivo qui di nuovo in quanto le mie difficoltà ad affrontare la situazione mi pare stiano peggiorando.
Non riesco ad affrontare quello che sta succedendo: mi rendo conto di essere in piena fase "negazione", in qualche modo non sto riuscendo ad elaborare la cosa... quindi ogni volta che vedo mio papà dal vivo, e capisco che quello che sta succedendo è tutto vero, è sempre una grandissima botta sui denti.
Quando invece non sono in ospedale (casa, ufficio, con gli amici...) sembra quasi che io stia bene, a parte il fatto che mi capita di avere degli scatti di rabbia abbastanza incontrollati.
Il mio fidanzato non mi sembra capire, stiamo discutendo moltissimo perchè tutte le volte che mi arrabbio per qualcosa (esempio ieri sera che mi si è rotto il cellulare), lui pensa che me la stia prendendo con lui... il fatto è che io sono arrabbiata col mondo, non con lui, e non so come farglielo capire...
Non so neanche perchè sto scrivendo qui, non ho esattamente una domanda da fare, forse avevo solo bisogno di parlarne con qualcuno che non mi conosce e che può essere magari più obiettivo.
saluti e grazie ancora per il supporto che date, a me e agli altri utenti del forum.
scrivo qui di nuovo in quanto le mie difficoltà ad affrontare la situazione mi pare stiano peggiorando.
Non riesco ad affrontare quello che sta succedendo: mi rendo conto di essere in piena fase "negazione", in qualche modo non sto riuscendo ad elaborare la cosa... quindi ogni volta che vedo mio papà dal vivo, e capisco che quello che sta succedendo è tutto vero, è sempre una grandissima botta sui denti.
Quando invece non sono in ospedale (casa, ufficio, con gli amici...) sembra quasi che io stia bene, a parte il fatto che mi capita di avere degli scatti di rabbia abbastanza incontrollati.
Il mio fidanzato non mi sembra capire, stiamo discutendo moltissimo perchè tutte le volte che mi arrabbio per qualcosa (esempio ieri sera che mi si è rotto il cellulare), lui pensa che me la stia prendendo con lui... il fatto è che io sono arrabbiata col mondo, non con lui, e non so come farglielo capire...
Non so neanche perchè sto scrivendo qui, non ho esattamente una domanda da fare, forse avevo solo bisogno di parlarne con qualcuno che non mi conosce e che può essere magari più obiettivo.
saluti e grazie ancora per il supporto che date, a me e agli altri utenti del forum.
[#23]
Gentile Utente,
come sta Suo papà?
Sia gentile con se stessa: la fase di negazione è del tutto fisiologica, perchè fino all'ultimo ci spera, ed è giusto così.
Chiaramente fuori dall'ospedale la Sua mente ha modo di vedere e pensare ad altro e quindi si distrae.
Anche la Sua rabbia verso il mondo ci sta: come potrebbe non essere arrabbiata e non ribellarsi a ciò che sta accadendo? Al di là del riscontro medico, per una figlia è sempre un'ingiustizia, oltre che uno strazio, vedere il proprio papà che sta male...
Non è poi riuscita a prenotare il colloquio psicologico? come mai?
come sta Suo papà?
Sia gentile con se stessa: la fase di negazione è del tutto fisiologica, perchè fino all'ultimo ci spera, ed è giusto così.
Chiaramente fuori dall'ospedale la Sua mente ha modo di vedere e pensare ad altro e quindi si distrae.
Anche la Sua rabbia verso il mondo ci sta: come potrebbe non essere arrabbiata e non ribellarsi a ciò che sta accadendo? Al di là del riscontro medico, per una figlia è sempre un'ingiustizia, oltre che uno strazio, vedere il proprio papà che sta male...
Non è poi riuscita a prenotare il colloquio psicologico? come mai?
[#24]
Utente
mio papà purtroppo è stazionario, i medici ci hanno detto che la situazione è grave e non c'è molto da sperare...
la cosa straziante è che a volte sembra che ci guardi, che ci fissi come per comunicare, per chiedere aiuto... ma ovviamente non sappiamo se sia vero, o se sia solo suggestione dovuta alla speranza...
La mia paura è che il non affrontare la situazione mi porti, prima o poi, a un "risveglio" brusco, il momento in cui la mia mente realizzerà cosa è successo... ce la farò a reggere il colpo, visto che finora vivo grazie al fatto che non affronto il problema?
Comunque mi sto organizzando per il colloquio psicologico, privatamente non posso andare per un semplice problema di costi, andrò con l'ssn ma avendo appena cambiato lavoro (e lavorando a 1 ora e mezza da casa) non posso prendere troppi permessi, anche se oggettivamente so di averne un gran bisogno.
la cosa straziante è che a volte sembra che ci guardi, che ci fissi come per comunicare, per chiedere aiuto... ma ovviamente non sappiamo se sia vero, o se sia solo suggestione dovuta alla speranza...
La mia paura è che il non affrontare la situazione mi porti, prima o poi, a un "risveglio" brusco, il momento in cui la mia mente realizzerà cosa è successo... ce la farò a reggere il colpo, visto che finora vivo grazie al fatto che non affronto il problema?
Comunque mi sto organizzando per il colloquio psicologico, privatamente non posso andare per un semplice problema di costi, andrò con l'ssn ma avendo appena cambiato lavoro (e lavorando a 1 ora e mezza da casa) non posso prendere troppi permessi, anche se oggettivamente so di averne un gran bisogno.
Questo consulto ha ricevuto 26 risposte e 4.8k visite dal 19/08/2013.
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