A 25 anni sento che la mia vita è finita

Gentili Dottori
Sono un ragazzo che a breve compirà 25 anni.
Dopo il diploma mi sono iscritto all'università, poi ho iniziato a svolgere lavori vari tralasciando gli studi. Nel 2012 ho perso il lavoro rimanendo disoccupato, poi per qualche mese ho fatto un lavoro a chiamata che ho perso a luglio 2013.
Adesso mi ritrovo ad essere disoccupato e non aver dato neanche due esami all'università, mentre vedo ragazzi di 22 anni che si stanno per laureare. Mi rendo conto che ho sprecato la mia vita, che senso avrebbe tornare a studiare a 25 anni? Se va bene sarei laureato in economia a 28 anni, troppo vecchio per essere preso in considerazione da qualche azienda. Non reggerei la competizione di 23enni neolaureati.
Mi sento un fallito, non esco più di casa perchè ho paura che la gente mi giudichi e mi consideri un fallito perchè ho sprecato la mia vita non combinando nulla. Ma non dovrei lamentarmene, in fondo direbbero solo la verità.
Adesso sento che la mia vita è finita, non dormo più la notte, lo stress continuo mi ha provocato disturbi al colon e miodesopsie oltre altri problemi alla vista ( le visite mediche non hanno riscontrato anomalie fisiche, quindi molto probabilmente sono disturbi di origine psicosomatica )
Passo le giornate a bere e deprimermi fumando oltre 40 sigarette al giorno. Avevo progetti ambiziosi che ormai sono troppo vecchio per raggiungere, ho dato un grosso dispiacere alla mia famiglia non prendendo quel dannato pezzo di carta, ormai penso che solo il suicidio potrebbe mettere fine a questa agonia. Quello che mi fa più male è che è stata solo e soltanto colpa mia, mi sono condannato da solo all'infelicità a vita, ma ancora di più ad una vita di lavoretti precari e mal pagati, sempre che riesca a trovarne altri.
Sono a tutti gli effetti un fallito, vedo i miei coetanei felicemente laureati e con lavori prestigiosi e ben remunerati.
Esiste qualche modo per riscattarmi a livello sociale? Io per ora vedo solo il suicidio come soluzione.

[#1]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
>>> che senso avrebbe tornare a studiare a 25 anni?
>>>

Io sono tornato all'università a 33 anni. Che senso ha avuto? Il senso che io ho voluto dargli.

Il senso della vita di ciascuno di noi siamo noi stessi che dobbiamo darglielo, non qualcun altro. Non sto dicendo che sia facile, ma che il significato della vita è trovare un modo per dare significato alla vita.

Perciò inizi con il rendersi conto che è lei stesso che sta cedendo alla tentazione della rinuncia, di tirare i remi in barca prima ancora di aver provato davvero a fare ciò che le piace.

Non è un condannato da forze esterne più forti di lei, come sembra già aver capito, ma è lei che sta scegliendo di vivere in questo modo. Potrebbe però avere ancora ampi margini di spazio per cambiare.

Questo ha un senso, per lei?

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

[#2]
Dr.ssa Laura Rinella Psicologo, Psicoterapeuta 6.3k 119
Gentile Utente,
comprendo il suo sentire ma si giudica troppo severamente, purtroppo perdere il lavoro in questo periodo è un evento molto comune.
Tenga presente che il tasso di disoccupazione, in particolare tra i giovani, è altissimo.
A suo tempo ha fatto una scelta, quella di lavorare, rispettabile quanto lo studiare.
Non ci ha detto però i motivi che l'hanno condotta a suo tempo a prendere questa decisione.
I paragoni e i confronti che lei fa con altri giovani, amplificano la sua sofferenza e l'insoddisfazione che sente verso se stesso.
Ma la sua età e davvero ancora molto giovane per poter scegliere e costruire il suo futuro.
Ad esempio ci sono persone che si laureano anche oltre i 40 anni e riescono a ricostruire o a riconvertire la propria professionalità.
Lasci perdere i paragoni e le previsioni catastrofiche sul suo futuro, che è sconosciuto a ciascuno di noi.
Si dia pace e tempo per riflettere, si faccia aiutare da un nostro collega in presenza, per togliersi quelle lenti così scure che le impediscono di vedere che il mondo ha mille colori e sfumature e a ritrovare le sue risorse e la fiducia in sé.

Si può avvalere anche del servizio pubblico, ad esempio presso il Consultorio Familiare ASL del suo territorio, non occorre prescrizione medica.

Ha scritto qui e ha fatto il primo passo, ora faccia il secondo per ritrovarsi e ritrovare forza, speranza, fiducia in sé e una strada percorribile per la sua vita ancora piena di tantissime possibilità.

Cari saluti e se vuole aggiungere altro, restiamo in ascolto.

Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it

[#3]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Gentile Utente,

secondo me il problema che sta sottoponendo alla nostra attenzione potrebbe avere diverse soluzioni.

Però per prima cosa La invito a mettere da parte il pesante giudizio che sta usando CONTRO se stesso. Il giudizio non è mai utile. Dopo aver detto a se stesso o a qualcun altro "Hai sbagliato" pensa di aver risolto qualche problema?

Invece è il caso di soffermarsi sulle soluzioni al problema. Dato il problema che Lei ha davanti a sè, che cosa è utile fare?

Anche "Passo le giornate a bere e deprimermi fumando oltre 40 sigarette al giorno" non è una buona soluzione, come Lei sa bene e non è neppure una soluzione di gestione efficace perchè rischia di aggiungere un altro problema a quello che già ha.
Quanto al suicidio, forse ci sono soluzioni più drastiche, non crede?

Ad ogni modo l'analisi che Lei fa della situazione potrebbe non essere così strampalata: è chiaro che più si attende per entrare nel mondo del lavoro e più si fa fatica, perchè oggi bisogna essere, oltre che molto competenti, anche molto competitivi.

Mi pare che nella Sua analisi del problema ci siano dei timori: che cosa La intimorisce di più? La difficoltà che potrebbe incontrare o il giudizio (degli altri o il Suo)?

Quali sono i progetti ambiziosi che aveva?

Ha mai pensato di rivolgersi ad un consulente psicologo per inquadrare meglio la situazione e comprendere come orientarsi?

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#4]
Attivo dal 2013 al 2013
Ex utente
Vi ringrazio delle veloci risposte.
La mia paura più grande è che pur riprendendo gli studi e lavorando contemporaneamente, mi ritroverei ad aver fatto enormi sacrifici senza ottenere nulla dato che avrei 28 29 anni al momento della laurea.
I progetti che avevo erano di diventare un libero professionista specializzato in consulenze finanziare o assicurative, oppure un trader o un impiegato di banca.
A mente lucida credo che la prima decisione da prendere sia quella di smettere di bere e di fumare, dato che oltre ai danni gravissimi alla salute apportano un danno anche finanziario e di immagine sociale.
Il dottor Santonocito ha detto una cosa giusta, forse dovrei vedere una eventuale laurea nell'ottica di riqualificazione professionale.
All'origine dei miei problemi c'è sicuramente, o almeno gioca un ruolo di rilievo una tendenza cronica alla procrasticazione per poi trovare giustificazioni per rimanere ulteriormente fermo.
[#5]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
Che alla base dei suoi problemi ci sia la procrastinazione - unita magari a una certa tendenza alla rinuncia, che le permette di deprimersi comodamente invece di darsi da fare - può essere vero, ma saperlo non l'aiuta molto.

La soluzione più breve ai problemi psicologici parte dal *fare* delle cose in modo diverso, non dalla riflessione. La riflessione arriva dopo aver fatto, come feedback e occasione di apprendimento.

La sua paura più grande equivale purtroppo all'alibi di molti ragazzi di oggi: non vogliono mettere in conto la possibilità di fallire. Perciò o parto a colpo sicuro, oppure non parto nemmeno. Se lo scordi. Costruirsi una carriera professionale, oggi più che mai, è un percorso che dura anni o decenni, com'è sempre stato. Le differenze sono che 1) oggi può essere più difficile di un tempo, perché il mondo è diventato più complesso e 2) dai media viene contrabbandata in un certo modo la nozione che la vita debba essere facile, altrimenti non conviene nemmeno partire. Si è un po' perso il significato di parole come sacrificio e responsabilità.

È ovvio che intraprendendo qualunque strada si corre un certo rischio di fallire, di doversi rialzare e ricominciare daccapo. Prima si farà una ragione che le cose stanno così, prima si metterà in moto.

Si rivolga a uno psicologo, se sente di non riuscire a sbloccarsi da solo.
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