Cuore matto

Da una settimana ho continui attacchi di panico, che si manifestano con tachicardia quasi continua, palpitazioni, senso di oppressione toracica, gambe molli, tremori....sono finita anche al pronto soccorso, ecg con tachicardia sinusale di tipo ansioso, visita cardiologica ok, esami del sangue perfetti. Da mesi sono preoccupata per la mia salute ( ho un sospetto di spondilite che mi causa forti dolori alla schiena), ogni disturbo però diventa nella mia mente qualcosa di pericolosissimo. Anni fa questi attacchi mi colpivano fuori casa...ora anche a casa...sia che sto da sola, sia che sia con qualcuno..mi sento vittima di queste sensazioni, pur se le conosco da anni. Sto prendendo un ansiolitico, che poco mi fa, e vorrei aspettare a prendere antidepressivi ( non li ho mai presi prima, le varie crisi che ho affrontato negli anni le ho sempre superate con la psicoterapia). Mi spaventano i sintomi fisici dell'ansia, che per quanto io cerchi di smontare razionalmente ( come mi insegnò la psicologa cognitivo comportamentale anni fa) continuano imperterriti ad essere presenti.
Chiedo a voi, in attesa di ricontattare la psicologa che torna domenica dalle vacanze, qualche consiglio per non cedere a questa tempesta di sensazioni che sento, in certi momenti per togliere un pò di peso dal cuore, piango...e le lacrime scorrono....inesorabili..e ho paura che non si fermino più..è come se avessi emozioni bloccate da anni....; questi sintomi vanno accettati,,,rischiando di soccombere..( io correrei al pronto soccorso in continuazione, là come per miracolo tutto sparisce...) ,contrastati ( ma cosi è peggio diventano piu forti..) insomma con questa maledetta ansia...cosa si deve fare? Domanda da mille dollari, vi chiedo solo come posso comportarmi in questi giorni..in attesa di riaffrontare per l'ennesima volta la mia nemica ansia.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233
Gentile Signora,

purtroppo l'ansia si può solo curare e non esistono rimedi d'emergenza da utilizzare per tamponarla, se non farmaci e magari prodotti naturali (nessuno di loro comunque agisce sui fattori psicologici e quindi non si tratta d'altro che di "soluzioni" che alleviano temporaneamente il disagio).

Ci dice di aver effettuato anni fa una Terapia Cognitivo-Comportamentale, ma di stare ugualmente piuttosto male: come mai aveva interrotto il trattamento?
Era stata giudicata guarita o ha deciso lei di terminare la terapia?

Per quanto è stata in cura e da quanto tempo non lo è più?
Ci dice che non vuole assumere antidepressivi perchè la erano stati prescritti e non li ha poi presi?

Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it

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Utente
Utente
Io ho iniziato a soffrire di dap dall'età di 25 anni ( oggi ne ho 46), ho fatto negli anni varie terapie ..l'unica che ho veramente portato a termine è stata la prima dai 25 ai 29 anni ( 4 anni con uno psicologo dinamico-relazionale); poi sono andata avanti con la mia vita tra alti e bassi...ho ricominciato piu volte altre psicoterapie, ma a dir la verità almeno 3 le ho mollate io. L'unica psicologa che mi ha veramente aiutata circa 7 anni fa ( periodo dell'ultima crisi) è stata una psicologa cognitiva comportamentale...sono stata con lei alcuni mesi..l'ho lasciata io quando ha posto degli obiettivi per me troppo alti ( lavoravamo nella ripresa dell'autonomia con la macchina...e mi aveva chiesto di usarla per andare da lei da sola nella seduta successiva...io non ho avuto il coraggio di dirle che non me la sentivo e ne ero spaventata..cosi ho preferito mollarla con un sms al quale la dott non ha mai risposto).Quindi ora vorrei davvero condurre una psicoterapia continuativa, sperando di trovare la terapeuta giusta, sento che dentro di me c'è qualcosa..che non ho mai affrontato...mi sento oppressa...ma non so da cosa...
Gli antidepressivi mi sono stati consigliati da sempre, li ho anche presi per qualche giorno, ma spaventata dagli effetti collaterali li ho anche lasciati perdere...anche se in questi giorni prendo l'ansiolitico sperando che mi possa togliere almeno un pò questo senso di oppressione al petto che non mi fa respirare...
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233
L'ansiolitico è sostanzialmente un palliativo che le può servire per superare i momenti critici, ma deve concordarne l'impiego con il medico per evitare di fare errori e anche di prendere un farmaco che magari non le dà effetti pieni e che potrebbe essere sostituirto da un altro.

In ogni caso gli antidepressivi Ssri sono i farmaci attualmente utilizzati nella cura dell'ansia severa, assieme alla psicoterapia, e visto quanto sta male penso che valga la pena di sopportare qualche effetto collaterale (possibile, ma non scontato) per abbattere il livello di ansia.
Consideri anche che se un certo antidepressivo le provoca effetti indesiderati può essere sostituito con un altro (sempre dal medico, possibilmente psichiatra) perchè non sono farmaci tutti uguali.

Per quanto riguarda le terapie che ha effettuato, era giunta a qualche conclusione sulle cause dell'ansia nel corso di quella a orientamento psicodinamico?
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Utente
Utente
Ho una storia familiare complessa...due genitori morti di cancro..la mamma quando avevo solo 18 anni, il papà piu tardi...ho sviluppato ipocondria da allora...; il lutto per la mamma non l'ho mai elaborato pienamente,,,me ne sono semplicemente dimenticata...a volte mi sembra di non averla nemmeno mai avuta una mamma.Temo molto il giudizio degli altri, cerco sempre di controllarmi, perchè non voglio che gli altri capiscano il mio disagio..ho imparato a fare finta di stare bene...ma ora...non ci riesco più...queste sensazioni sono fortissime...e mi opprimono..dandomi la sensazione di morte imminente.
Il mio psicologo chiamava le mie crisi d'ansia di allora...come espressioni di rabbia inespressa perchè cercavo sempre di modificare il mio carattere per la paura di ferire gli altri...anche se di mio sono molto impulsiva,,,quindi difficilmente incanalabile..in comportamenti assennati...
Ormai ho la nomea di persona ansiosa, e con questa ci combatto anche nei periodi di calma...ogni volta che mi arrabbio, anche in famiglia, mi viene ricordato che io sono quella che ha avuto problemi psicologici.Spesso vengo dominata nei confronti delle mie figlie dalla figura di mio marito, persona pacata, equilibrata, che segue il suo tran tran di vita senza lamentarsi, e che ha accettato suo malgrado di avere una moglie a metà, cioè una donna che ne ha sempre una, che va spesso rassicurata ( anche se le sue rassicurazioni non mi servono a molto...) a volte rimproverata...( e io li mi sento piccola piccola...).I farmaci sicuramente mi potrebbero aiutare nei sintomi, ma...sento che devo lavorare una volta per tutte su di me..rimettermi in discussione, per riuscire finalmente a raggiungere una situazione di benessere duraturo. Il farmaco forse mi toglierebbe il senso di oppressione ma la mia paura è che anestetizzi anche il mio dolore interiore...facendomi sentire bene...ma un bene illusorio..che dipende dal farmaco non dal mio dentro..
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233
Certo, il farmaco è una stampella che va usata soprattutto quando i sintomi sono così severi da rovinare l'esistenza del paziente e non sostituisce la psicoterapia.

Le difficoltà e i lutti che ha dovuto affrontare nella sua vita l'hanno sicuramente segnata e se non li ha elaborati sono attualmente attivi nel generare il disagio che ci riferisce.

Merita una menzione però anche il fatto che il suo essere "malata" è oramai un riferimento e una certezza per la sua famiglia.
Se lei non fosse più la "moglie a metà" che si sta sentendo ora e diventasse una vera compagna alla pari con suo marito, lui lo accetterebbe?
Sarebbe disposto a perdere la posizione dominante che ricopre?

Suo padre che tipo era?
Come si relazionava con lei?
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Utente
Utente
Mio padre era due persone in una: purtroppo beveva, quindi quando era sobrio era un padre dolce, affettuoso, simpatico ma quando beveva si trasformava in un'altra persona...diventava irascibile e violento verbalmente ( non mi ha mai picchiata); per lui avevo amore e odio..; cmq dopo la morte di mia mamma è diventato lui il mio punto di riferimento..anche se mi faceva penare..e quando è morto sono stata malissimo, peggio di quando è morta mia mamma.Cmq il nostro rapporto era spesso di conflitto , mi si diceva sempre che ho un brutto carattere....
Mio marito in effetti...non so come la prenderebbe a vedermi diversa...lui è felice quando sono felice, quando vede che esco da sola è contento, quando lavoro anche...ma forse si è talmente abituato a fare molte cose lui al posto mio, magari..si riposerebbe....un pò...A me dà fastidio nel rapporto con lui..che lui spesso mi giudica ansiosa anche davanti alle figlie, e in tal modo fa diminuire la mia autorità....questa è una cosa che non sopporto...raramente ci siamo trovati d'accordo su regole da dare alle nostre figlie...e spesso davanti a loro lui ha dato contro a me.Penso che , se davvero tornassi a star bene, qualcosa dovrebbe cambiare nelle relazioni familiari...magari ritornerei a dire la mia..senza avere paura di essere bollata come quella...arrabbiata...o ansiosa...
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
"Mi spaventano i sintomi fisici dell'ansia, che per quanto io cerchi di smontare razionalmente ( come mi insegnò la psicologa cognitivo comportamentale anni fa) continuano imperterriti ad essere presenti."

Gentile signora,

dal momento che si è trovata bene con la terapia cognitivo-comportamentale, vorrei chiederLe come mai adesso non mette in pratica ciò che ha imparato a riguardo sulla gestione del sintomo. Infatti saprà bene che il lavoro sui sintomi non è stato mica buttato via, ma probabilmente, scappando di fronte ad un obiettivo per Lei in quel momento troppo alto, il lavoro non è chiaramente finito.

A tal proposito, forse era la relazione terapeutica a non funzionare bene perchè in genere il pz torna alla seduta successiva e comunica al terapeuta di non essere riuscito a fare la prescrizione del dottore o comunque tutte le perplessità.

Tali obiettivi inoltre vengono concordati insieme talvolta, come una scaletta dal più facile al più difficile...
Il problema NON è mai se il pz esegue il compito oppure no, quanto la percezione di avere una certa padronanza o meno sul sintomo o sulla situazione prescritta. Tutto ciò deve essere portato in terapia perchè questo è il punto cruciale del lavoro. Il pz in altre parole deve fare e poi va in seduta e racconta al come è andata. Se Lei non ci è riuscita, va in seduta e spiega cosa è successo e come si è sentita, perchè questo è il materiale su cui lavorare.

Invece è scappata via... ora riprende con la stessa psicoterapeuta?

Poi è chiaro che quando il pz cambia, sta bene e la terapia si conclude, si modificano inevitabilmente anche le dinamiche relazionali.

Però La incoraggio anche a non cercare cause remote dell'ansia, in quanto da un punto di vista della terapia cognitivo-comportamentale potrebbero non essercene. E' molto più probabile che siano le Sue idee irrazionali a determinare l'ansia, tant'è che al PS passa tutto magicamente...

Un cordiale saluto,

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#8]
Utente
Utente
Infatti finchè stavo al pronto soccorso tutto è magicamente sparito...appena sono uscita è tornato.
Ho provato a mettere in pratica quello che mi ha insegnato...anzi sono addirittura andata a rivedere gli appunti di allora...ma ...quando sento quel peso sul petto..sono sempre convinta di avere qualcosa..di nuovo..oggi per es sto pensando alla tiroide...anche se 5 mesi fa era tutto a posto come controlli ( non ho mai avuto disfunzioni).Cioè la mia mente è come se si rifiutasse di accettare come giustificazione l'ansia...e cercasse sempre altro...
La terapeuta dell'altra volta non la cerco più, perchè mi sarei aspettata che mi chiamasse dopo il mio sms, da psicologa penso che aveva capito come mai stavo scappando..almeno me lo poteva chiedere ( tra l'altro mi costava parecchio...75 euro a seduta ...una volta la settimana); la relazione non era ottimale..alla fine mi sentivo giudicata anche da lei, perchè era contrariata ogni qualvolta non riuscivo a concludere un compito. Poi ho provato anche uno psicologo sempre cc, ma alla fine mi diceva solo di fare le cose che non riuscivo a fare,,,scrivendo un diario quotidiano di come mi sentivo man mano...mi faceva fare esercizi di cui non capivo molto il senso..insomma ho mollato pure lui...
La psicologa che ho contattato non fa cognitivo-comportamentale, penso sia più centrata sull'analisi delle emozioni..pensa che non sia quella giusta??
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Gentile Utente,

mi pare che nei trattamenti precedenti non sia mai giunta alla capacità di gestire davvero l'ansia... più che l'analisi delle emozioni (non ho ben chiaro che cosa sia), ritengo sia importante FARE ciò che teme, esattamente come Le avevano già prescritto in passato.

Chiaramente noi terapeuti non chiediamo al pz di fare compiti assolutamente fuori dalla loro portata e troppo difficili, ma -come Le ho detto- li riordiniamo insieme dal più facile (o da quello verso cui il pz è più motivato) a quello più difficile.

Il filo rosso che sembra unire tutte queste terapie e fallimenti di esse è la difficoltà da parte Sua di affrontare davvero ciò che teme: ogni volta che il terapeuta prescrive un compito troppo difficile per Lei, ecco che Lei fugge. Qui sbaglia, perchè mette in atto la stessa strategia disfunzionale che ha sempre usato, ovvero l'evitamente di situazioni temute.

Più evita e più la paura aumenta, anche se sul momento Le pare il contrario!
Forse i colleghi che L'hanno vista in terapia Le hanno fatto notare questo e Lei si è invece sentita giudicata: non è un guidizio, ma un dovere di un terapeuta!

Solo un terapeuta "molle" o seduttivo (gravissimo errore del terapeuta nella relazione) e che non fa i Suoi interessi non arriverà a problematizzare con Lei tutto ciò. Non va bene se Lei usa così la terapia, perchè potrebbe cominciarne anche mille e poi scappare sempre, continuando a stare male.
Ma qui invece mi pare di capire che i colleghi hanno agito bene.
Prima o poi, se Lei vuole, troverà un terapeuta che non Le farà questioni e che non Le darà prescrizioni per Lei difficili... ebbene, non è quello il terapeuta per Lei, perchè non fa il Suo bene.
Il terapeuta deve certamente essere comprensivo, ma anche fermo e deciso con i propri pazienti, altrimenti non li aiuta.
L'ansia non si può curare con discorsi interminabili, ma con l'esposizione a ciò che fa venire l'ansia in maniera tale da imparare a gestirla. Non sorprende neppure che Lei sia scappata di fronte ad un lavoro sull'autonomia/libertà, tema decisamente critico per l'ansioso...

Non sto dicendo che il terapeuta deve essere contro di Lei, ma -proprio perchè non lo è e sta lottando al Suo fianco contro la sofferenza patologica- ha il preciso dovere, esattamente come farebbe il medico e qualunque professionista che lavora bene, di mostrarLe come fare. In fondo è vero che il terapeuta, nella relazione terapeutica, ha più potere del pz, ma ha solo più potere sulla sofferenza e ritengo sarebbe spiazzante per un pz. vedere il proprio terapeuta che non usa autorevolezza. Quindi non è certo una questione di giudicare il pz, che peraltro a noi terapeuti non interessa fare e sappiamo bene NON serve al pz.

Sul non fare alcuni compiti, se non ne capisce il senso, lo chieda.
Se non riesce, chiaramente deve portare in seduta le Sue difficoltà.
Non c'è nulla di male in tutto ciò.

Forse il giudizio è più un problema che appartiene a Lei...

Ad ogni modo, è vero che il tempo non aiuta a curare l'ansia perchè la situazione si cronicizza, ma La invito ugualmente a cercare aiuto e, se vuole, mi aggiorni qui.

Un cordiale saluto,
[#10]
Utente
Utente
Grazie mille dottoressa, quello che ha detto è vero, ha ragione lei...io fuggo quando mi si mettono davanti cose che ho il terrore di affrontare..ma forse quello è l'unico modo per uscirne...affrontare...a costo di stare male ; infatti noto che ogni volta che l'ansia ritorna, anche dopo anni... è sempre piu forte...prima in casa non veniva ora si...

faccio tesoro delle sue indicazioni, e le faccio sapere.
Grazie davvero
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Il punto è che se anche Lei comprendesse perfettamente le cause del malessere (a patto che ci siano), come potrebbe davvero cambiare e stare meglio, se non allenandosi a gestire -meglio se con l'aiuto del terapeuta- le crisi d'ansia e quindi affrontare paure, timori e ansie concretamente?

Poichè, come ha detto Lei stessa, la terapia costa (non solo in termini economici ma soprattutto emotivi), sfrutti bene la terapia e ne approfitti per fare tutte le domande e le obiezioni che ritiene.

Un cordiale saluto,
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