Rapporto psicologo paziente
Salve sono in terapia da una psicologa da due mesi dove sto facendo una terapia cognitivo comportamentale! Poiché so che al di fuori dello studio non dovrebbero esserci rapporti tra medico paziente volevo porre un quesito che mi da molti dubbi! Poiché vorrei iscrivermi a psicologia la mia dottoressa si è offerta di aiutarmi e di farmi lavorare un po'' per lei! È sbagliata questa cosa, è sbagliato mangiarci una pizza insieme?
[#1]
Gentile Utente,
non c'è una risposta ben definita a questa domanda e la regola varia molto a seconda dell'orientamento teorico scelto dal terapeuta.
Alcune teorie proibiscono i contatti extra setting (terapia), mentre altre sono ben più flessibili.
Certo dipende dal tipo di lavoro che state facendo e dal tipo di disagio su cui state lavorando durante gli incontri.
Personalmente credo sia un aspetto che vada chiarito e vada discusso, dato che può essere vantaggioso, ma anche problematico.
Personalmente, pur essendo stato formato in ipnosi ericksoniana, laddove il padre fondatore, lo psichiatra Milton Erickson, aveva un setting molto allargato e davvero ampio, in cui la figlia di pochi anni (poi divenuta terapeuta essa stessa) assisteva alle sedute del padre, in cui i memebri della famiglia potevano essi stessi far parte della terapia, o faceva incontrare i pazienti (la raggazza timida che si sposerà con il ragazzo timido, dopo che Erickson li ha fatti incontrare), ho fatto tesoro della regola psicodinamica che vuole che non si debbano mischiare ruoli ed il terapeuta limita (laddove possibile) qualsiasi forma di contaminazione del setting.
Quindi che dirLe? Personalmente se incontro un paziente in strada non saluto per primo. Il paziente sa che se vuole saluta lui, e che l'interazione deve essere minima. Ma questo rientra tra le avvertenze del primo incontro, in cui si enunciano le regole.
Sono scelte personali del terapeuta, sia sulla base di personale formazione che di orientamento teorico.
Comunque ne parli con la terapeuta e manifesti le Sue opinioni in merito.
non c'è una risposta ben definita a questa domanda e la regola varia molto a seconda dell'orientamento teorico scelto dal terapeuta.
Alcune teorie proibiscono i contatti extra setting (terapia), mentre altre sono ben più flessibili.
Certo dipende dal tipo di lavoro che state facendo e dal tipo di disagio su cui state lavorando durante gli incontri.
Personalmente credo sia un aspetto che vada chiarito e vada discusso, dato che può essere vantaggioso, ma anche problematico.
Personalmente, pur essendo stato formato in ipnosi ericksoniana, laddove il padre fondatore, lo psichiatra Milton Erickson, aveva un setting molto allargato e davvero ampio, in cui la figlia di pochi anni (poi divenuta terapeuta essa stessa) assisteva alle sedute del padre, in cui i memebri della famiglia potevano essi stessi far parte della terapia, o faceva incontrare i pazienti (la raggazza timida che si sposerà con il ragazzo timido, dopo che Erickson li ha fatti incontrare), ho fatto tesoro della regola psicodinamica che vuole che non si debbano mischiare ruoli ed il terapeuta limita (laddove possibile) qualsiasi forma di contaminazione del setting.
Quindi che dirLe? Personalmente se incontro un paziente in strada non saluto per primo. Il paziente sa che se vuole saluta lui, e che l'interazione deve essere minima. Ma questo rientra tra le avvertenze del primo incontro, in cui si enunciano le regole.
Sono scelte personali del terapeuta, sia sulla base di personale formazione che di orientamento teorico.
Comunque ne parli con la terapeuta e manifesti le Sue opinioni in merito.
Dr. Fernando Bellizzi
Albo Psicologi Lazio matr. 10492
[#2]
Gentile Utente,
la sua psicoterapeuta dovrebbe a mio avviso interrogarsi sul "perché" le sta proponendo questo aiuto e come ciò potrebbe riverberarsi sulla vostra relazione terapeutica. Si tratta comunque di un qualcosa di diverso dalla psicoterapia e a mio avviso scorretto sotto diversi punti di vista.
>>la mia dottoressa si è offerta di aiutarmi e di farmi lavorare un po' per lei!<<
che tipo di lavoro le avrebbe proposto?
la sua psicoterapeuta dovrebbe a mio avviso interrogarsi sul "perché" le sta proponendo questo aiuto e come ciò potrebbe riverberarsi sulla vostra relazione terapeutica. Si tratta comunque di un qualcosa di diverso dalla psicoterapia e a mio avviso scorretto sotto diversi punti di vista.
>>la mia dottoressa si è offerta di aiutarmi e di farmi lavorare un po' per lei!<<
che tipo di lavoro le avrebbe proposto?
Dott. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta
Specialista in Psicoterapia Psicodinamica
www.psicologoaviterbo.it
[#3]
Gentile Utente,
è sicura di aver compreso bene?
Se attualmente Lei NON è neppure una studentessa di Psicologia (ma poco cambierebbe se lo fosse) e quindi NON è laureata e abilitata all'esercizio della professione, che tipo di lavoro potrebbe fare per la Sua dottoressa, al fine di essere aiutata?
E perchè la Sua dottoressa dovrebbe prendersi la briga di aiutarLa, al di là dell'aiuto professionale?
Se si tratta di lavorare nello studio della dottoressa, che tipo di lavoro potrebbe fare? La segretaria?
Oppure Le ha proposto di lavorare per lei fuori dallo studio, e allora non capisco che tipo d'aiuto vorrebbe darLe in qualità di studentessa di Psicologia?
C'è una questione basilare, che la Sua dottoressa non può non considerare, che riguarda la privacy e il segreto professionale, cui Lei non è tenuta, non essendo una Psicologa e quindi dubito possa assistere ai colloqui con pz. Ad ogni modo è molto raro, se non impossibile che in uno studio privato il pz. debba sostenere un colloquio alla presenza anche del tirocinante!
Anche l'idea di mangiare una pizza insieme non mi pare una buona cosa: Le è stato proposto oppure è qualcosa che ha in mente Lei?
Un cordiale saluto,
è sicura di aver compreso bene?
Se attualmente Lei NON è neppure una studentessa di Psicologia (ma poco cambierebbe se lo fosse) e quindi NON è laureata e abilitata all'esercizio della professione, che tipo di lavoro potrebbe fare per la Sua dottoressa, al fine di essere aiutata?
E perchè la Sua dottoressa dovrebbe prendersi la briga di aiutarLa, al di là dell'aiuto professionale?
Se si tratta di lavorare nello studio della dottoressa, che tipo di lavoro potrebbe fare? La segretaria?
Oppure Le ha proposto di lavorare per lei fuori dallo studio, e allora non capisco che tipo d'aiuto vorrebbe darLe in qualità di studentessa di Psicologia?
C'è una questione basilare, che la Sua dottoressa non può non considerare, che riguarda la privacy e il segreto professionale, cui Lei non è tenuta, non essendo una Psicologa e quindi dubito possa assistere ai colloqui con pz. Ad ogni modo è molto raro, se non impossibile che in uno studio privato il pz. debba sostenere un colloquio alla presenza anche del tirocinante!
Anche l'idea di mangiare una pizza insieme non mi pare una buona cosa: Le è stato proposto oppure è qualcosa che ha in mente Lei?
Un cordiale saluto,
[#5]
Gentile Utente,
Le riassumo le regole che *personalmente seguo* e che mi fanno stare a mio agio in quello luogo spaziotemporale mentale definito psicoterapia:
- se il rapporto è psicoterapeutico, o l'attività esterna ha una qualche valenza psicoterapeutica, allora è lecito poichè s'inquadra nell'ambito della psicoterapia. (1. vedi Milton Erickson che coinvolgeva familiari e terzi purchè utili al raggiungimento dell'obiettivo terapeutico; 2. Comunità Terapuetica in cui si vive e si lavora insieme in contesto più ampio)
- se la terapia è conclusa, allora si possono avere rapporti esterni alla psicoterapia, nella consapevolezza che in caso di ulteriore psicoterapia questo non sia possibile. (vedi expazienti che sposano exterapeuti - *ex*)
Però le ripeto, dipende dall'orientamento terapeutico, dalla persoanlità del terapeuta e dalle sue risorse.
Però rifletta su una situazione: chi le ha detto che come Essa-terapeuta è altrettanto uguale come Essa-capoufficio?
E se Lei ha problemi con il capoufficio dove va a sfogarsi? Da un altro terapeuta? E se la Sua terapeuta\capoufficio viene a sapere che va da un altro terapeuta come influisce questa informazione sul suo rapporto con Essa-CapoUfficio?
E magari scopre che EssaPsicoterapeuta pretende pagamenti puntuali, ma EssaCapoUfficio paga a 90/120 giorni... magari le dice "scusa cara ti pago tra un mese oggi non ho soldi" e magari si è dimenticata che Lei come segretaria ha passato incassi della giornata per tre volte quel che deve avere Lei...
Insomma, questo è il quadro peggiore che posso immaginare. Ma ripeto è la mia fantasia e magari sono io che non sono in grado di gestire la cosa.
Ne deve parlare con la terapeuta e farsi chiarire qualsiasi punto da Lei. e poi valutare se e come gestire la cosa.
Le riassumo le regole che *personalmente seguo* e che mi fanno stare a mio agio in quello luogo spaziotemporale mentale definito psicoterapia:
- se il rapporto è psicoterapeutico, o l'attività esterna ha una qualche valenza psicoterapeutica, allora è lecito poichè s'inquadra nell'ambito della psicoterapia. (1. vedi Milton Erickson che coinvolgeva familiari e terzi purchè utili al raggiungimento dell'obiettivo terapeutico; 2. Comunità Terapuetica in cui si vive e si lavora insieme in contesto più ampio)
- se la terapia è conclusa, allora si possono avere rapporti esterni alla psicoterapia, nella consapevolezza che in caso di ulteriore psicoterapia questo non sia possibile. (vedi expazienti che sposano exterapeuti - *ex*)
Però le ripeto, dipende dall'orientamento terapeutico, dalla persoanlità del terapeuta e dalle sue risorse.
Però rifletta su una situazione: chi le ha detto che come Essa-terapeuta è altrettanto uguale come Essa-capoufficio?
E se Lei ha problemi con il capoufficio dove va a sfogarsi? Da un altro terapeuta? E se la Sua terapeuta\capoufficio viene a sapere che va da un altro terapeuta come influisce questa informazione sul suo rapporto con Essa-CapoUfficio?
E magari scopre che EssaPsicoterapeuta pretende pagamenti puntuali, ma EssaCapoUfficio paga a 90/120 giorni... magari le dice "scusa cara ti pago tra un mese oggi non ho soldi" e magari si è dimenticata che Lei come segretaria ha passato incassi della giornata per tre volte quel che deve avere Lei...
Insomma, questo è il quadro peggiore che posso immaginare. Ma ripeto è la mia fantasia e magari sono io che non sono in grado di gestire la cosa.
Ne deve parlare con la terapeuta e farsi chiarire qualsiasi punto da Lei. e poi valutare se e come gestire la cosa.
[#6]
Gentile Utente,
>>È un lavoro di segreteria! Quindi fax fotocopie etc... Quello che comunque volevo sapere è se è sbagliato avere rapporti al di fuori della psicoterapia?<<
le è stato risposto sopra nella replica 2#, è scorretto da un punto di vista deontologico sia avere rapporti al di fuori della psicoterapia sia lavorare alle dipendenze del proprio psicoterapeuta.
Dovrebbe chiedere alla sua psicoterapeuta che senso ha tutto questo e come pensa di gestire una "doppia" relazione.
In particolare potrebbe essere utile leggere l'articolo 28 del codice deontologico degli psicologi italiani.
>>È un lavoro di segreteria! Quindi fax fotocopie etc... Quello che comunque volevo sapere è se è sbagliato avere rapporti al di fuori della psicoterapia?<<
le è stato risposto sopra nella replica 2#, è scorretto da un punto di vista deontologico sia avere rapporti al di fuori della psicoterapia sia lavorare alle dipendenze del proprio psicoterapeuta.
Dovrebbe chiedere alla sua psicoterapeuta che senso ha tutto questo e come pensa di gestire una "doppia" relazione.
In particolare potrebbe essere utile leggere l'articolo 28 del codice deontologico degli psicologi italiani.
[#9]
Sono ancora più perplessa se una paziente (perchè in questo momento Lei è una paziente) mette mano nelle cartelle cliniche e nell'agenda del curante, nonchè negli appunti della psicologa relativi alla propria terapia...
"Comunque si è offerta di aiutarmi nel senso che ha detto che poiché a casa nn riesco a studiare posso andare sul suo studio a studiare!"
Sarebbe interessante capire quale sarebbe la logica che spinge a fare tale proposta.
Perchè a casa non riesce a studiare?
"Comunque si è offerta di aiutarmi nel senso che ha detto che poiché a casa nn riesco a studiare posso andare sul suo studio a studiare!"
Sarebbe interessante capire quale sarebbe la logica che spinge a fare tale proposta.
Perchè a casa non riesce a studiare?
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Utente
Allora spiego bene la mia situazione poiché io ho sviluppato la paura di uscire e in casa non riesco a studiare credo si sia offerta in questo senso di darmi una mano poiché dovrei affrontare un test d'ingresso per entrare alla facoltà di psicologia! È non devo mettere le mani nella sua agenda o nel suo pc! Ma il lavoro consisterebbe nell andare li è svolgere compiti quali fotocopie fax e cose del genere non di certo avere a che fare con i suoi pazienti!
[#11]
Gentile Utente,
è vero che la terapia di tipo cognitivo-comportamentale è un tipo di terapia piuttosto attiva e prescrittiva e che, se il pz. segnala un problema ad uscire da casa ad es., è verosimile pensare di prescrivere dei compiti da effettuare fuori dalla seduta (o talvolta anche col terapeuta stesso, dipende dalla situazione) in maniera da affrontare operativamente il problema.
Mi pare azzardato e fuori da ogni logica terapeutica prescrivere al pz. ciò che Lei ci sta riferendo qui.
Poi Le chiedevo anche sopra se per caso non ci fosse stato un fraintendimento o se ha capito male, ma quando Lei scrive: "È non devo mettere le mani nella sua agenda o nel suo pc! Ma il lavoro consisterebbe nell andare li è svolgere compiti quali fotocopie fax e cose del genere non di certo avere a che fare con i suoi pazienti!"
cosa pensa che ci sia, in uno studio di psicoterapia, da fotocopiare?
E da inviare via fax? A chi?
Crede che il terapeuta debba comunicare via fax con qualcuno come farebbe ad es un avvocato?
E' certa di aver compreso bene?
è vero che la terapia di tipo cognitivo-comportamentale è un tipo di terapia piuttosto attiva e prescrittiva e che, se il pz. segnala un problema ad uscire da casa ad es., è verosimile pensare di prescrivere dei compiti da effettuare fuori dalla seduta (o talvolta anche col terapeuta stesso, dipende dalla situazione) in maniera da affrontare operativamente il problema.
Mi pare azzardato e fuori da ogni logica terapeutica prescrivere al pz. ciò che Lei ci sta riferendo qui.
Poi Le chiedevo anche sopra se per caso non ci fosse stato un fraintendimento o se ha capito male, ma quando Lei scrive: "È non devo mettere le mani nella sua agenda o nel suo pc! Ma il lavoro consisterebbe nell andare li è svolgere compiti quali fotocopie fax e cose del genere non di certo avere a che fare con i suoi pazienti!"
cosa pensa che ci sia, in uno studio di psicoterapia, da fotocopiare?
E da inviare via fax? A chi?
Crede che il terapeuta debba comunicare via fax con qualcuno come farebbe ad es un avvocato?
E' certa di aver compreso bene?
Questo consulto ha ricevuto 12 risposte e 3.8k visite dal 30/07/2013.
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