Rapporto morboso con la madre

Salve,
vi scrivo perché sono davvero disperata.
Il rapporto con mia madre mi sta logorando, giorno dopo giorno.
Sono una studentessa fuori sede, non vivo quindi a casa con i miei genitori. Nonostante questa condizione di apparente indipendenza, sono letteralmente SCHIAVA (emotivamente e affettivamente) del rapporto con mia madre, il quale mi condiziona in ogni singolo aspetto della mia esistenza.
Ci sentiamo circa una decina di volte al giorno per telefono. Ogni suo malumore mi provoca stati di forte ansia e paura, crisi di pianto e incapacità di compiere qualsiasi gesto della vita quotidiana. Fortunatamente mia madre è emotivamente stabile e tali circostanze non sono abituali.
Non oso fare scelte se non sono certa del suo assenso, la metto al corrente di tutti gli aspetti della mia vita, sono ALTAMENTE condizionabile da ogni suo giudizio. Anche questa volta, fortunatamente, mia madre è una donna intelligente e di ampie vedute che raramente cerca di ostacolarmi. Ma la fortuna di avere un dittatore ragionevole non toglie che si è schiavi di una dittatura.
Il pensiero della sua morte mi assilla, mi terrorizza. Quest'ombra cade spesso su di me facendomi sprofondare in un baratro di terrore. Nonostante questo, a volte, pensandomi orfana di madre, provo un senso di liberazione da questi stati di angoscia, frustrazione e sensi di colpa. Altre volte penso invece che non mi libererò mai.

E ora che ho concepito frasi così aberranti nei confronti di mia madre e del mio rapporto con lei mi sento davvero uno schifo. Ma è la verità, e ho bisogno di trovare il coraggio di ammetterla.

Cosa devo fare? Da dove comincio? Non troverò mai la forza di ''allentare il cordone ombelicale''?
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Dr.ssa Paola Scalco Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 4.3k 102
Gentile Ragazza,
scrive di due situazioni opposte, la dipendenza e la libertà, entrambe le quali hanno risvolti sia positivi sia negativi: se da un lato dipendenza può significare protezione, dall'altro può invece diventare costrizione; così come la libertà è indipendenza, ma può anche voler dire solitudine.
Si tratta di trovare un equilibrio, una giusta distanza tra i due estremi, in modo che il vostro rapporto diventi quello tra due donne adulte, oltre che mamma/figlia.
Mi pare che il suo desiderio di svincolarsi psicologicamente da questo legame rassicurante, ma al contempo opprimente, sia più che legittimo. E penso proprio che stia a Lei muoversi nella direzione corretta perché ciò accada: già il fatto di non vivere più in famiglia può esserle d'aiuto.
Se però sente di non avere la forza necessaria o gli strumenti adeguati per farlo, non esiti a richiedere il supporto di uno psicologo che l'accompagni in tale percorso di crescita.


Saluti.

Dr.ssa Paola Scalco, Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica
ASTI - Cell. 331 5246947
https://whatsapp.com/channel/0029Va982SIIN9ipi00hwO2i

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Dr.ssa Valentina Sciubba Psicoterapeuta, Psicologo 1.7k 38
Gentile ragazza,
non ci parla dell'esistenza di altre figure di riferimento: padre, fratelli, sorelle, amiche..
Andrebbe analizzato il supporto sociale di cui gode per vedere se va potenziato e come.
Come la collega inoltre la invito a cercare un aiuto psicologico per districarsi da quella che dipinge come una dipendenza troppo stretta dalla figura materna, se si accorge di non riuscirvi da sola.

Valentina Sciubba Psicologa
www.valentinasciubba.it Terapia on line
Terapia Breve Strategica e della Gestalt
Disturbi psicologici e mente-corpo

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Dr.ssa Laura Rinella Psicologo, Psicoterapeuta 6.3k 119
Gentile Ragazza,
da un precedente consulto risultava essere seguita da una psicoterapeuta, è terminato il suo percorso o è ancora in atto?

Su cosa avete lavorato?
E' stato affrontato il tema delle relazioni familiari e dello svincolo?

<sono letteralmente SCHIAVA (emotivamente e affettivamente) del rapporto con mia madre, il quale mi condiziona in ogni singolo aspetto della mia esistenza.>

Sembrerebbe evidente che questo tipo di rapporto la trattenga nel malessere. Sarebbe opportuno raggiungere quella "giusta distanza" emotiva da sua madre e modalità più mature di relazione come si converrebbe a una giovane adulta come lei.

Per "allentare il cordone ombelicale" o meglio reciderlo - che non significa tagliare i ponti ma appunto sviluppare un rapporto più maturo con sua madre - le può essere utile l'aiuto diretto di un nostro collega.

Un caro saluto

Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it

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Utente
Utente
Vi ringrazio della pronta risposta.
Non ho citato altre figure di riferimento perché nella mia vita non ce ne sono.
Sono figlia unica e mio padre, pur vivendo insieme a mia madre, è una figura totalmente assente. E' assente emotivamente, non rappresenta alcuna autorità, non si prende alcuna responsabilità nei confronti della famiglia e della vita in genere. E' assente sia psicologicamente che economicamente. Vive come in un albergo nella casa di mia madre (e non dico che sia casa di mia madre perché sia di sua proprietà legale, ma morale) e nella nostra vita. Un tempo lo odiavo fino a provarne ribrezzo: ho passato un'estate infernale, la prima dopo essere trasferita per l'università, nella casa dove vivono i miei genitori. Mi faceva schifo ogni cosa lì dentro, perché sapevo averla toccata mio padre. Mi disinfettavo continuamente e avevo addosso un senso di sporco da cui non riuscivo a liberarmi. Parallelamente a questa situazione rapporti deleteri con numerosi uomini, nei confronti dei quali mi presentavo e prestavo come oggetto di davvero poco conto. Ora tutto questo è finito, il sentimento di ribrezzo è passato, sostituito prima dalla pena e poi da un barlume di affetto verso quell'uomo che vedo come un malato, affetto da qualcosa di incurabile che non gli permette di vivere come si deve. Di pari passo sto costruendo una relazione con un ragazzo che sembra avere basi molto solide, vivendo con lui un rapporto praticamente simbiotico da circa dieci mesi. Lui è il mio unico contatto sociale ma non mi sento ancora di definirlo un punto di riferimento, anche se mi è di grande sostegno in ogni momento. Non vorrei dare un'idea fuorviante, la mancanza di rapporti sociali non dipende dalla relazione con lui ma è una situazione preesistente, dipendente da una mia incapacità di mantenere certi rapporti.
Forse questa mia solitudine ha reso così morboso il rapporto con mia madre, forse no. Sta di fatto che la mia visione di lei è di una donna perfetta, una donna davvero fuori dal comune. Lei incarna tutti i miei bisogni: la dolcezza, l'autorità, il sostentamento, l'amore e la comprensione. E il suo essere straordinaria non è solo una mia visione distorta, chiunque l'abbia conosciuta riconosce in lei una donna fuori dal comune. E questo non mi aiuta di certo a ridimensionarla a figura umana, mancante, debole.

Scusi, è questo che intendeva con ''supporto sociale''?
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Utente
Utente
Alla dottoressa Rinella:

Il mio percorso (davvero breve) con la psicoterapeuta è terminato causa mia presunzione: non la ritenevo più capace di me di indagare certe problematiche che mi riguardavano. Comunque i nostri colloqui di allora sono stati incentrati su altri argomenti, si veda il rapporto con gli uomini e mio padre. E non mi sono stati di alcun aiuto, probabilmente perché mi sono tirata indietro prima che potessi trarne beneficio.
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Dr.ssa Valentina Sciubba Psicoterapeuta, Psicologo 1.7k 38
Sì, per supporto sociale si intende l'insieme dei rapporti con individui, ma anche con organizzazioni ecc.che sostengono e alimentano i bisogni di socialità e di aiuto dell'individuo. In primis la famiglia ma poi gli amici, la scuola, l'assistenza sociosanitaria ecc..
Nel suo caso intendevo soprattutto relazioni con figure significative, che lei dice sono carenti. Penso perciò che dovrebbe esaminare con lo psicologo questa criticità che si è evidenziata, al fine di superarla.
cordiali saluti