Ansia e incapacità di prendere decisioni

Sono un uomo di 31 anni, una decina di anni fa ho sofferto di depressione, il cui momento topico è stato un arco di sei mesi in cui non sono stato in grado di lasciare casa mia, perché anche solo attraversare la strada mi terrorizzava. Con una terapia ho superato la crisi, che gradualmente è scemata, fino a un paio di anni fa, momento in cui ho creduto di essere guarito. Ho imparato a muovermi autonomamente e a superare le mie paure di viaggiare.
Circa un anno fa ho deciso di trasferirmi all'estero, un po' per mettermi alla prova, un po' per lasciare la casa dei miei, che, causa ristrettezze economiche non ho mai lasciato.
Ho messo da parte i soldi necessari e mi sono licenziato (da un lavoro che comunque non mi avrebbe portato a nulla) Così sono partito due settimane fa senza esitazioni. Il mio umore e la mia aspettativa non sono calati per tutto il viaggio, ma quando mi sono trovato da solo nella città straniera è arrivato il panico.
Volevo iscrivermi a un corso di lingua e poi cercare una sistemazione e un lavoro: tutte cose che improvvisamente mi sono apparse come fatiche di Ercole. La prima sera l'ho passata in ostello, cercando di dominare il panico e i pensieri da cui ero assalito. Non ricordavo più quali motivazioni mi avessero spinto fino a quel posto e mi sono sentito come se mi stessi infliggendo una punizione.
Prima di partire mi ero detto: cerca almeno di non tornare il giorno dopo, visto che l'hai già fatto in due occasioni.
La mattina dopo sono andato a correre, nella speranza di trovare motivazioni e di rilassarmi, invece la mia mente era una lastra bianca e temevo un aggravarsi del panico.
Sono tornato a casa la sera, deluso di me stesso.
Al mio ritorno non riuscivo a darmi pace, mi incolpavo di poca determinazione e di codardia: mi dicevo che qui a casa non ho niente, in effetti parlo poco con i miei famigliari, sono un solitario, quindi cosa mi avrebbe impedito di essere un solitario anche là? Così decisi di tornare, e che sarei rimasto anche se il panico mi avesse fatto battere i denti. Così mi misi d'accordo con un amico, in un'altra città, di raggiungerlo – forse un po' di compagnia mi avrebbe giovato.
Il volo era fissato per tre giorni dopo, ma la sera precedente alla partenza fui di nuovo preso dal panico.. Trascorsi tutta la notte insonne, con i bagagli pronti, a chiedermi se dovevo andare o no, ovviamente al mattino non avevo ancora preso una decisione ed ero stravolto. Credevo che avrei avuto bisogno di qualcuno che mi consigliasse. Decisi di non andare.
Mi dissi che viaggiare da solo non faceva per me. Ho guardato alcuni video di Raffaele Morelli, che sembra sostenere che non bisogna pretendere nulla da se stessi, che possiamo anche non migliorarci e che bisogna arrendersi: consolante, e sul momento mi aveva convinto, ma più passa il tempo e più non riesco a farmi una ragione di ciò che mi è successo.
Sono stato codardo o non mi so accettare?
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Dr. Fernando Bellizzi Psicologo, Psicoterapeuta 1.1k 37
Gentile Utente,

ora capisco che lastra bianca sia ancora presente, ma se almeno non ci dice cosa vuole disegnare nella lastra bianca, rischia che altri decidano per Lei.
In tutto questo manca la richiesta esplicita, che per chiarezza farebbe bene ad esplicitare Lei, e non io o qualcun altro.

Ha fatto un'ottimo reso conto, ha ben descritto le sue ansie e le sue paure, ma... non ha deciso dove indirizzare la richiesta di aiuto.

Una lastra bianca è una bella cosa dato che sembra quasi un foglio bianco dove può scrivere e disegnare ciò che vuole... certo, da un punto deve iniziare, in quel grande foglio\lastra bianca! ;)

Quindi, quale è la richiesta esplicita?

Dr. Fernando Bellizzi
Albo Psicologi Lazio matr. 10492

[#2]
Utente
Utente
Vorrei sapere se “cavarsela da soli all'estero” è una capacità che una persona sana dovrebbe possedere e che quindi se mi curerò (o mi allenerò) ci sarà un giorno in cui potrò avere successo, o se invece sono solo mancante di coraggio e dovrei accettarmi così come sono. Forse l'ansia mi suggeriva che stavo andando contro la mia natura? Dovrei quindi fare delle rinunce? Per esperienza so che l'ansia ha la tendenza ad "allargarsi" sulle rinunce che le si concedono!
Freud diceva: “L'uomo energico, l'uomo di successo, è colui che riesce, a forza di lavoro, a trasformare in realtà le sue fantasie di desiderio...” - sembra una frase nettamente contrastante con le asserzioni del dottor Morelli (secondo il quale dovrei accettare e arrendermi alle mie debolezze). Secondo Freud dovrei tirar fuori il coraggio e ottenere quello che voglio.
Eppure in questo momento non avrei più nessuna voglia di partire, ma a dirla tutta neanche di ricominciare di qua, perché ho l'impressione di stare rinnegando me stesso.
[#3]
Dr.ssa Laura Rinella Psicologo, Psicoterapeuta 6.3k 119
Gentile Utente,
lei vive ancora in famiglia o sbaglio?
Che rapporto ha con i suoi famigliari? Dice che parla poco con loro, come mai, da quando?
Cosa ne pensano in merito ad un suo eventuale trasferimento?

Che lavoro svolgeva?
Ora ha un progetto, cosa vorrebbe fare?

Com'è la sua vita sociale?
Ha un legame sentimentale, lo ha mai avuto?
Che tipo di terapia ha fatto anni fa?
Quanto è durata di preciso?

Perdoni le molte domande ma sono utili per poter inquadrare meglio la sua situazione e risponderle più compiutamente, pur nei limiti di un consulto on line

Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it

[#4]
Utente
Utente
Certo, grazie della risposta, capisco perfettamente l'utilità delle domande che mi pone.

Tuttora vivo in famiglia, con mia madre e mio fratello, con i quali ho un buon rapporto e parlo poco per via dei nostri interessi e vite divergenti (definirei normale il rapporto che ho con loro), e con mio padre, con il quale non parlo da molti anni, per via di incompatibilità caratteriale (non credo di soffrire di questa situazione, almeno consciamente.)

Mia madre e mio fratello hanno espresso approvazione per la mia idea di trasferirmi e non sono stato ostacolato o scoraggiato in nessun modo.

Svolgevo il lavoro di grafico pubblicitario, per il quale non provo alcuna passione, ma mi trovo semplicemente in condizione di saper fare.

Ho sempre progetti, perchè nel momento in cui me ne scopro privo, mi sento smarrito.
Io amo scrivere, e come i tanti che condividono questa passione spero un giorno di poterne fare un lavoro - sono perfettamente conscio della bassa probabilità di realizzazione. Nel frattempo punto a un progetto più facilmente realizzabile, cioè quello di assicurarmi un futuro con un investimento - per il quale mi servono fondi, che forse un'esperienza all'estero mi avrebbe aiutato ad ottenere con più facilità che restando in Italia (progetto realizzabile anche da qui, suppongo, seppur con tempi più lunghi).

La mia vita sociale è limitata alla mia famiglia e a pochi amici. Non sono mai stato molto socievole; credo di poter quasi essere definito un misantropo. La mia solitudine mi piace, credo di averla cercata.

Attualmente non ho legami sentimentali (ed è così da alcuni anni). Ne ho avuti in passato, anche piuttosto lunghi: forse non ho mai trovato le donne giuste, ma non ho buoni ricordi delle mie relazioni. Mi sono sempre sentito soffocato - e molto più sereno quando riacquistavo la mia libertà.

Sono stato seguito da una psichiatra per circa un anno e mezzo o due anni, periodo durante il quale ho assunto sotto prescrizione antidepressivi (eutimil, se non ricordo male) e all'occorrenza ansiolitici (xanax 0,25)
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Dr.ssa Laura Rinella Psicologo, Psicoterapeuta 6.3k 119
E non ha mai pensato di rivolgersi a un nostro collega direttamente?

Se ha scritto a noi forse sente il bisogno di un aiuto per vivere una vita più piena ed appagante e vincere i suoi timori. E' così?

Per quali motivi secondo lei fatica a ad allontanarsi da casa e comunque dal suo luogo abituale? Che ruolo ha in famiglia?

<La mia solitudine mi piace, credo di averla cercata.> ne è sicuro?
<con mio padre, con il quale non parlo da molti anni, per via di incompatibilità caratteriale> cioè?
Cosa significa cercare un lavoro all'estero? Solo un'opportunità in più? Mettere molti km dalla sua famiglia?
Fuggire da qualcosa che non le piace, cosa oltre al lavoro?
Come mai questo sentirsi soffocare dalle relazioni strette?

Questi ed altri temi possono essere affrontati direttamente con un nostro collega, questa non è la sede più propria per via dei suoi limiti, le domande sono solo pochi spunti per riflettere.

Credo sia opportuno per lei non sottovalutare questa opportunità, proprio per riuscire a perseguire i suoi obiettivi e conquistare una vita in linea con i suoi bisogni al di là delle paure che glielo impediscono.

Molti auguri
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