Rapporto medico-paziente
gent.mi dottori, mi permetto di scrivervi per avere un parere sul rapporto medico psicoterapeuta-paziente, la paziente è la mia compagna di vita.
premetto che in passato ho sofferto di disturbi di ansia, sono stato in cura da un eccellente psicoteraupeta di napoli (non so se posso fare il nome e quindi non lo cito), superando brillantemente il periodo di crisi grazie ai consigli del mio medico ed alla mia mente "strutturata", come lui amava dire.
vengo al dunque: la mia compagna non soffre di depressione, ma di qualcosa che si avvicina al disturbo bipolare. alterna periodi sereni ad altri brevi di apatia, disinteresse, perdita del "senso della vita".
su consiglio di una amica psicoteraupeta di suo cugino ha deciso di sottoporsi a visita presso uno psichiatra-psicoterapeuta da lei consigliato... fin quì tutto bene.
la cosa strana, almeno per me che ho seguito un percorso totalmente diverso, e per cui chiedo consiglio a voi specialisti, è l'approccio teraupetico.
la 1^ visita è durata oltre un'ora; il medico ghli ha detto che si sarebbero dovuti sentire spesso al telefono; che lei avrebbe dovuto chiamarlo sul suo cell privato varie volte; lui stesso l'ha telefonata più di una volta; al termine le ha chiesto di andare un giorno al mare (da sola) e poi l'ha contattata per sapere se era andata.
la 2^ visita è durata oltre un'ora e mezza, scendendo anche nel personale, ovvero chiedendo informazioni su di me; mentre lei si "apriva" lui, esulando dal discorso professionale, le ha detto che mai aveva sentito dirsi da una sua donna, parole come quelle che lei riferiva di me (attenzione, protezione, amore); ha continuato a chiederle di telefonargli; lui stesso la chiama con insistenza tenendola al telefono per un'ora; infine, per la prossima seduta, le ha chiesto di scrivere "un progetto per la sua vita"!.
orbene, io ero abituato a sedute secche, di 45 minuti, ove io parlavo ed alla fine il dottore mi faceva aprire la mente e mi faceva riflettere sulle mie azioni.
è normale, per uno psicologo, un rapporto così stretto, confidenziale, quasi personale, dopo solo due sedute?
vi prego di capire le mie riflessioni... non vorrei che si creasse una sorte di "dipendenza" voluta, quando invece il mio dottore tendeva a rendermi autonomo e mi diceva addirittura "mi chiami lei per un appuntamento quando e se ne sente il bisogno".
ringrazio tutti per l'attenzione e per le risposte che gentilmente vorrete darmi.
antonio.
premetto che in passato ho sofferto di disturbi di ansia, sono stato in cura da un eccellente psicoteraupeta di napoli (non so se posso fare il nome e quindi non lo cito), superando brillantemente il periodo di crisi grazie ai consigli del mio medico ed alla mia mente "strutturata", come lui amava dire.
vengo al dunque: la mia compagna non soffre di depressione, ma di qualcosa che si avvicina al disturbo bipolare. alterna periodi sereni ad altri brevi di apatia, disinteresse, perdita del "senso della vita".
su consiglio di una amica psicoteraupeta di suo cugino ha deciso di sottoporsi a visita presso uno psichiatra-psicoterapeuta da lei consigliato... fin quì tutto bene.
la cosa strana, almeno per me che ho seguito un percorso totalmente diverso, e per cui chiedo consiglio a voi specialisti, è l'approccio teraupetico.
la 1^ visita è durata oltre un'ora; il medico ghli ha detto che si sarebbero dovuti sentire spesso al telefono; che lei avrebbe dovuto chiamarlo sul suo cell privato varie volte; lui stesso l'ha telefonata più di una volta; al termine le ha chiesto di andare un giorno al mare (da sola) e poi l'ha contattata per sapere se era andata.
la 2^ visita è durata oltre un'ora e mezza, scendendo anche nel personale, ovvero chiedendo informazioni su di me; mentre lei si "apriva" lui, esulando dal discorso professionale, le ha detto che mai aveva sentito dirsi da una sua donna, parole come quelle che lei riferiva di me (attenzione, protezione, amore); ha continuato a chiederle di telefonargli; lui stesso la chiama con insistenza tenendola al telefono per un'ora; infine, per la prossima seduta, le ha chiesto di scrivere "un progetto per la sua vita"!.
orbene, io ero abituato a sedute secche, di 45 minuti, ove io parlavo ed alla fine il dottore mi faceva aprire la mente e mi faceva riflettere sulle mie azioni.
è normale, per uno psicologo, un rapporto così stretto, confidenziale, quasi personale, dopo solo due sedute?
vi prego di capire le mie riflessioni... non vorrei che si creasse una sorte di "dipendenza" voluta, quando invece il mio dottore tendeva a rendermi autonomo e mi diceva addirittura "mi chiami lei per un appuntamento quando e se ne sente il bisogno".
ringrazio tutti per l'attenzione e per le risposte che gentilmente vorrete darmi.
antonio.
[#1]
La questione va distinta in due: la differenza di setting e approccio al paziente che differenti approcci psicoterapeutici, di fatto, hanno, e codesto psicoterapeuta in particolare.
Le cose che il terapeuta della sua compagna sta facendo sembrerebbero effettivamente tese a creare un legame terapeutico molto forte. Non tutti gli approcci condividono questa strategia, ed è quasi certo che il terapeuta cui si era rivolto lei ne utilizzasse uno diverso.
La durata delle sedute oltre l'ora ci può stare. In TBS, ad esempio, non c'è una durata standard; le sedute possono andare da pochi minuti a più di un'ora.
Sul telefonarsi spesso, invece, avrei più di qualche perplessità, perché potrebbe contribuire a creare una relazione troppo amichevole, troppo carente della necessaria distanza di rispetto che serve alla terapia.
Sa dirci di che approccio è il collega che sta trattando la signora?
Le cose che il terapeuta della sua compagna sta facendo sembrerebbero effettivamente tese a creare un legame terapeutico molto forte. Non tutti gli approcci condividono questa strategia, ed è quasi certo che il terapeuta cui si era rivolto lei ne utilizzasse uno diverso.
La durata delle sedute oltre l'ora ci può stare. In TBS, ad esempio, non c'è una durata standard; le sedute possono andare da pochi minuti a più di un'ora.
Sul telefonarsi spesso, invece, avrei più di qualche perplessità, perché potrebbe contribuire a creare una relazione troppo amichevole, troppo carente della necessaria distanza di rispetto che serve alla terapia.
Sa dirci di che approccio è il collega che sta trattando la signora?
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#2]
Gentile Utente,
che tipo di psicoterapia sta facendo la sua compagna?
Prima dell'inizio di una psicoterapia bisognerebbe sottoscrivere un contratto terapeutico dove viene esplicitato il tipo di trattamento, l'indirizzo teorico, tempi e durata delle sedute ecc.
Talvolta le prime sedute possono anche durare di più (in fase di valutazione iniziale), questo dipende dal Collega. La psicoterapia, le consulenze psicologiche o di supporto hanno un senso proprio se si crea un legame empatico con l'altro dove la relazione ha un ruolo importante. La mia perplessità sta nelle telefonate che implicano una "diffusione" del setting.
Dovrebbe chiedere alla sua compagna che impressione ha avuto incontrando il Collega e dovrebbe inoltre farsi spiegare che funzione hanno queste telefonate all'interno del trattamento.
che tipo di psicoterapia sta facendo la sua compagna?
Prima dell'inizio di una psicoterapia bisognerebbe sottoscrivere un contratto terapeutico dove viene esplicitato il tipo di trattamento, l'indirizzo teorico, tempi e durata delle sedute ecc.
Talvolta le prime sedute possono anche durare di più (in fase di valutazione iniziale), questo dipende dal Collega. La psicoterapia, le consulenze psicologiche o di supporto hanno un senso proprio se si crea un legame empatico con l'altro dove la relazione ha un ruolo importante. La mia perplessità sta nelle telefonate che implicano una "diffusione" del setting.
Dovrebbe chiedere alla sua compagna che impressione ha avuto incontrando il Collega e dovrebbe inoltre farsi spiegare che funzione hanno queste telefonate all'interno del trattamento.
Dott. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta
Specialista in Psicoterapia Psicodinamica
www.psicologoaviterbo.it
[#3]
Utente
gent.mi dr. santonocito e del signore, ringrazio di cuore per le risposte ottenute, ma purtroppo le mie perplessità nascono anche dalle considerazioni da voi effettuate.
1. ho chiesto il cognome del professionista (solo per una mia ricerca personale sul web), ma lei non lo ricorda in quanto sin dal primo momento lui ha chiesto che lo si chiamasse solo per nome;
2. non sono a conoscenza del tipo di terapia effettuata in quanto, per mia scelta, gli ho detto che non volevo sapere nulla dei loro dialoghi, per non condizionarla e perchè non posso escludere (in coscienza) che il suo "problema" sia proprio io;
3. in ogni caso, anche se non avessi impostato così il rapporto con la mia compagna, lo psicoteraupeta gli aveva detto di non parlare con altri dei loro dialoghi, perchè avrebbero potuto inficiare il trattamento.
in sintesi, so poco e niente sia del professionista che della terapia, se non quando si sentono telefonicamente o lei va da lui.
grazie ancora dell'attenzione. antonio.
1. ho chiesto il cognome del professionista (solo per una mia ricerca personale sul web), ma lei non lo ricorda in quanto sin dal primo momento lui ha chiesto che lo si chiamasse solo per nome;
2. non sono a conoscenza del tipo di terapia effettuata in quanto, per mia scelta, gli ho detto che non volevo sapere nulla dei loro dialoghi, per non condizionarla e perchè non posso escludere (in coscienza) che il suo "problema" sia proprio io;
3. in ogni caso, anche se non avessi impostato così il rapporto con la mia compagna, lo psicoteraupeta gli aveva detto di non parlare con altri dei loro dialoghi, perchè avrebbero potuto inficiare il trattamento.
in sintesi, so poco e niente sia del professionista che della terapia, se non quando si sentono telefonicamente o lei va da lui.
grazie ancora dell'attenzione. antonio.
[#4]
>>> sin dal primo momento lui ha chiesto che lo si chiamasse solo per nome
>>>
Ecco, questo invece mi pare un chiaro segno di qualcosa che non va. Ogni psicologo ha l'obbligo di essere chiaramente identificabile e di dare la possibilità ai propri pazienti di poterne verificare titoli, abilitazioni e generalità.
La sua compagna deve ottenere nome e cognome del professionista e inserirlo qui:
https://areariservata.psy.it/cgi-bin/areariservata/albo_nazionale.cgi
per verificarne l'iscrizione all'Albo degli Psicologi Psicoterapeuti. Se la ricerca dovesse dare esito negativo e se la persona in questione non fosse neanche un medico, e se si fosse presentato come "psicoterapeuta", si tratterebbe di abuso della professione, che andrebbe segnalato all'Ordine Psicologi della vostra regione.
>>>
Ecco, questo invece mi pare un chiaro segno di qualcosa che non va. Ogni psicologo ha l'obbligo di essere chiaramente identificabile e di dare la possibilità ai propri pazienti di poterne verificare titoli, abilitazioni e generalità.
La sua compagna deve ottenere nome e cognome del professionista e inserirlo qui:
https://areariservata.psy.it/cgi-bin/areariservata/albo_nazionale.cgi
per verificarne l'iscrizione all'Albo degli Psicologi Psicoterapeuti. Se la ricerca dovesse dare esito negativo e se la persona in questione non fosse neanche un medico, e se si fosse presentato come "psicoterapeuta", si tratterebbe di abuso della professione, che andrebbe segnalato all'Ordine Psicologi della vostra regione.
[#5]
Gentile Utente,
per quanto riguarda il punto 1, sarebbe il caso che la sua compagna si facesse dire anche il cognome, per correttezza professionale e nel rispetto del codice deontologico.
>>in ogni caso, anche se non avessi impostato così il rapporto con la mia compagna, lo psicoterapeuta gli aveva detto di non parlare con altri dei loro dialoghi, perché avrebbero potuto inficiare il trattamento.<<
La scelta di parlare o meno di ciò che succede all'interno delle sedute di psicoterapia dipende dal paziente e non può essere a mio avviso vincolata dal professionista. Personalmente non mi risulta che ciò possa "inficiare" il trattamento stesso.
In sintesi, bisognerebbe fare un po' di chiarezza.
per quanto riguarda il punto 1, sarebbe il caso che la sua compagna si facesse dire anche il cognome, per correttezza professionale e nel rispetto del codice deontologico.
>>in ogni caso, anche se non avessi impostato così il rapporto con la mia compagna, lo psicoterapeuta gli aveva detto di non parlare con altri dei loro dialoghi, perché avrebbero potuto inficiare il trattamento.<<
La scelta di parlare o meno di ciò che succede all'interno delle sedute di psicoterapia dipende dal paziente e non può essere a mio avviso vincolata dal professionista. Personalmente non mi risulta che ciò possa "inficiare" il trattamento stesso.
In sintesi, bisognerebbe fare un po' di chiarezza.
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 3.7k visite dal 16/07/2013.
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