Nemica ansia

Ho 60 anni e soffro di ansia generalizzata , continua, con dei picchi in situazioni particolari.Ho fatto anni di psicoterapia ed ho compreso che la mia percezione della realtà è distorta:essa mi appare minacciosa, ogni cosa mi preoccupa, sono afflitta da sensi di colpa e di inadeguatezza.Questo ha origine, oltre che, probabilmente, da una predisposizione genetica, anche da traumi subiti nell'infanzia.Non posso fare a meno di assumere ansiolitici. La domanda che vi pongo è : perchè quando l'ansia si placa con gli psicofarmaci anche la mia autopercezione e la percezione della realtà si modifica? Come è possibile che un ansiolitico possa cambiare il modo in cui valuto le cose le persone e me stessa? Mi viene da pensare che non sia la paura che genera l'ansia, bensì l'ansia che fa venire la paura.Grazie Sara
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Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Gentile signora,
Seguendo un'ipotesi farmacologica gli psicofarmaci modificano la sensibilita' ai neuotrasmettitori.
Questo e' il loro meccanismo di azione.
Ed e' quindi verosimile che la sua percezione della realta' che viene comunque mediata dai neurotrasmettitori, cambi di conseguenza.
La psicoterapia cerca di bypassare tale meccanismo agendo sulle emozioni a monte dell'emissione dei neurotrasmettitori.
Sono modalita' di azione che possono essere utilizzate in modo sinergico in caso di ansia.
I migliori saluti

Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132

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Utente
Utente
La ringrazio e mi trovo d'accordo con lei sulla superiorita' di una psicoterapia che vada alla radice, ma, purtroppo non credo che in casi di ansia cronicizzata e forte come la mia essa possa realmente risolvere....
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Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Gentile Signora,
La psicoterapia e la farmacoterapia per l'ansia hanno un effetto sinergico : insieme ottengono molto di piu' di oguna separatamente.
Se lei diventera' capace di comprendere e fronteggiare attivamente i meccanismi che generano ansia cio' la rendera' meno "bisognosa" di ricorrere passivamente ad un farmaco.
Tenga presente che i meccanismi che generano l'ansia sono inconsci e agiscono indisturbati nella psiche se non vengono scoperti, decodificati e resi coscienti. Una volta scoperti e decodificati possono essere ' piu' agevolmente gestiti i con la coscienza .
Cio' naturalmente non preclude la possibilita' di "aiutarsi" con idonei psicofarmaci.
I migliori auguri, gentile signora
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Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2010 al 2016
Psicologo, Psicoterapeuta
>>Questo ha origine, oltre che, probabilmente, da una predisposizione genetica, anche da traumi subiti nell'infanzia

Gentile signora, ad integrazione del punto di vista espresso dalla dott.ssa Esposito vorrei proporle un'altra ipotesi, ovvero quella cognitivo-comportamentale.

Secondo questa prospettiva, un ruolo molto importante nel nostro disagio lo rivestono non solo delle "cause remote" o "profonde", ma quelli che in letteratura vengono chiamati "fattori di mantenimento".

Si tratta di tutte quelle operazioni, sia comportamentali che di pensiero, che noi mettiamo in atto proprio per "tenere a bada" l'ansia, e che, purtroppo, hanno spesso un prezzo molto elevato, ovvero quello di mantenerci molto vulnerabili alla sofferenza ansiosa, molto attenti a possibili segnali di minaccia e pericolo, poco disposti a rimanere "in ansia" per quel tempo necessario a che decada fisiologicamente.

Su quello che accadde tanti anni fa, secondo questa prospettiva, non abbiamo nessun controllo; su quello che accadrà nel nostro futuro, in realtà, abbiamo un controllo molto limitato, quasi nullo. Ma abbiamo un certo grado di controllo su quello che "facciamo" nel nostro presente, esattamente QUI ed ORA.

Le faccio un esempio: metta il caso che io cominci a rimuginare su quello che mi potrebbe accadere, che so, uscendo di casa. E che cominci a pensare "Mio Dio, e se starò male? E se mi verrà una crisi?". Questi sono pensieri, e spesso si accompagnano ad un certo grado di attivazione ansiosa.

E se io decidessi, proprio per evitare il pericolo, di non uscire di casa, o assumessi degli ansiolitici "per scongiurare il pericolo" di avere ansia, se controllassi ripetutamente di avere il cellulare a portata di mano etc., che effetti avrei?

Ed attenzione: distingua gli effetti IMMEDIATI da quelli A LUNGO TERMINE!

E se invece decidessi di uscire egualmente, non prendendo alcuna precauzione (se non quelle dettate da un minimo di buon senso, tipo prendere l'ombrello se minaccia di piovere!)? Cosa accadrebbe alle mie preoccupazioni ed alla mia ansia SUL MOMENTO? Ed A LUNGO TERMINE?

Esiste una mole di ricerche ormai molto solida relativa al fatto che i tentativi di evitamento dell'ansia spesso producono l'effetto esattamente opposto, ovvero un incremento ed una cronicizzazione dell'ansia stessa. E che l'esposizione all'ansia sia un metodo terapeutico efficace, a patto che venga eseguito secondo certi principi, come avviene ad esempio in una psicoterapia cognitivo-comportamentale.

A volte, per cambiare il modo di vedere il mondo, può essere utile imparare a comportarsi in modo diverso, ed a vedere in modo diverso SE' STESSI in AZIONE nel mondo...

Cordialmente
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Utente
Utente
Grazie ad entrambi. Certamente la sinergia tra psicoterapia e ansiolitico e', per ora, l'unica strada per me percorribile, anche se mi intriga molto l'idea di farcela senza farmaco...Sono cosciente che conoscere i "perché" antichi ha soltanto un vzlore intellettuale, ma poco sul cambizmento.Trovo interessante (quanto difficile) l'esposizione all'ansia modificando i comportamenti, però se provo a farlo sento che abbandonando il controllo ( devo fare questo, quello e quell'altro, rispondere a , scrivere per ecc.) potrei trovarmi travolta da tutto e mi sento molto in colpa per la mia inefficienza, così stringo i denti e vado avanti, anche se tutto ciò mi distrugge.....
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Utente
Utente
Scusate gli errori di scrittura, ma oggi mi sento davvero ansiosa ed impaziente e quando sto così ho difficoltà a concentrarmi :-(
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Psicologo, Psicoterapeuta attivo dal 2010 al 2016
Psicologo, Psicoterapeuta
>>Trovo interessante (quanto difficile) l'esposizione all'ansia modificando i comportamenti, però se provo a farlo sento che abbandonando il controllo

"Interessante" e "difficile" sono due aggettivi che userei anche io per qualificare le mie esperienze di esposizione. Aggiungerei anche (col senno di poi!) "EFFICACE".

Il problema è che non basta "esporsi all'ansia", o almeno non è così semplice. Esiste una moltitudine di variabili in gioco, dall'identificazione degli stimoli cui esporsi alla scelta di fare esposizioni graduate o massive, in immaginazione e/o in vivo.

Tutti questi parametri vanno selezionati di volta in volta, in funzione di ciò che può davvero aiutare QUELLA PERSONA in QUEL MOMENTO.

Che la conoscenza delle cause possa avere un valore solo intellettuale è una lettura che non sposo appieno: molti approcci psicoterapeutici lavorano molto sulle cause remote, sulle rappresentazioni più o meno inconsce di eventi del passato, sui sedimenti emotivi che lasciano tracce nella nostra storia. Semplicemente, il metodo di lavoro cognitivo-comportamentale non lo considera prioritario.

Le allego un paio di link che possono contenere informazioni per lei utili, se le va li legga e ci faccia sapere che ne pensa:

https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/832-sconfiggere-ansia-e-depressione-non-e-una-questione-di-buona-volonta.html

https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/205-caro-psicologo-mi-sento-ansioso-i-disturbi-d-ansia-e-la-terapia-cognitivo-comportamentale.html

https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html

https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1333-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico-parte-ii.html

Cordialmente
Ansia

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