Effetti terapia psicologica nel singolo partner/coppia
Buongiorno, cercherò di non far scadere questa lettera in una semplice richiesta di conforto per problematiche affettive e voglio invece chiedervi questo: coetanei, rapporto "non ufficiale" da circa 4 anni, nonostante difficoltà, il rapporto a mio sindacabile giudizio ha fatto crescere entrambi negli anni.
Ad un certo punto, pochi mesi fa, l'instabilità dell'altra persona, l'insofferenza verso chi la circonda ( amici e partner "ufficiale") sembra raggiungere limiti di dolore sempre più forte al che, essendo cosciente che il mio ruolo e' un altro in seno alla coppia, consiglio al partner di intraprendere un percorso assieme ad uno psicologo, cosa che regolarmente avviene.
A questo punto, dopo qualche mese, invece che migliorare le cose, sembrano peggiorare.
Ora, l'effetto che ha su di me questa vicenda che per ovvi motivi ho dovuto condensare in poche righe, non e' l'argomento in questione, sebbene io sia emotivo e ne stia risentendo e molto.
Quello che vorrei sapere e' se un inizio di terapia, quindi immagino di dolorosa "destrutturazione" possa portare questi effetti di totale isolamento, visto e soprattutto che da quanto ho capito, l'affettivita' e' l'argomento principe delle sedute.
So che l'equazione terapia=fine del rapporto potrebbe sembrare una facile (e comoda) risposta, in virtu anche del fatto che vengo quasi esortato ad attendere, ma non riesco a trovarla una semplice coincidenza...
Ad un certo punto, pochi mesi fa, l'instabilità dell'altra persona, l'insofferenza verso chi la circonda ( amici e partner "ufficiale") sembra raggiungere limiti di dolore sempre più forte al che, essendo cosciente che il mio ruolo e' un altro in seno alla coppia, consiglio al partner di intraprendere un percorso assieme ad uno psicologo, cosa che regolarmente avviene.
A questo punto, dopo qualche mese, invece che migliorare le cose, sembrano peggiorare.
Ora, l'effetto che ha su di me questa vicenda che per ovvi motivi ho dovuto condensare in poche righe, non e' l'argomento in questione, sebbene io sia emotivo e ne stia risentendo e molto.
Quello che vorrei sapere e' se un inizio di terapia, quindi immagino di dolorosa "destrutturazione" possa portare questi effetti di totale isolamento, visto e soprattutto che da quanto ho capito, l'affettivita' e' l'argomento principe delle sedute.
So che l'equazione terapia=fine del rapporto potrebbe sembrare una facile (e comoda) risposta, in virtu anche del fatto che vengo quasi esortato ad attendere, ma non riesco a trovarla una semplice coincidenza...
[#1]
Gentile Utente,
debbo confermarLe che talvolta la psicoterapia, proprio perchè comincia a destrutturare ciò che prima apparentemente funzionava attraverso un equilibrio precario o disfunzionale, può portare, nelle prime fasi, ad un momento in cui tutto ciò che riguarda le relazioni con le persone, anche quelle molto care (genitori, partner) , debba essere rivisto o comunque viene visto sotto una luce particolare.
Mi spiego meglio: se la persona si sta rendendo conto, attraverso una terapia, di aver messo in atto degli schemi relazionali che la mettevano proprio nelle condizioni temute (ad es. di abbandono o di vessazioni), è chiaro che tenderà ad allontanarsi da quello schema, magari provando a mettere in atto la reazione opposta.
Tutto questo però è momentaneo; c'è anche la fase di ristrutturazione.
Chiaramente i cambiamenti, in seguito alla terapia, non riguardano solo il pz, ma hanno una ricaduta sulla coppia e sulle altre relazioni (es distanze). Ad esempio se una persona è ufficialmente diventata "l'infermiere" di chi ad es soffre di attacchi di panico, è chiaro che -cessando il panico- l'infermiere perde il ruolo. E talvolta la perdita del ruolo, e quindi l'utilità, può essere percepito come spiacevole.
Inoltre le coppie non si scelgono mica a caso. Spesso eliminare un sintomo o gli schemi disfunzionali ha conseguenze sull'equilibrio della coppia.
Lei (che scrive) come sta con questa persona?
debbo confermarLe che talvolta la psicoterapia, proprio perchè comincia a destrutturare ciò che prima apparentemente funzionava attraverso un equilibrio precario o disfunzionale, può portare, nelle prime fasi, ad un momento in cui tutto ciò che riguarda le relazioni con le persone, anche quelle molto care (genitori, partner) , debba essere rivisto o comunque viene visto sotto una luce particolare.
Mi spiego meglio: se la persona si sta rendendo conto, attraverso una terapia, di aver messo in atto degli schemi relazionali che la mettevano proprio nelle condizioni temute (ad es. di abbandono o di vessazioni), è chiaro che tenderà ad allontanarsi da quello schema, magari provando a mettere in atto la reazione opposta.
Tutto questo però è momentaneo; c'è anche la fase di ristrutturazione.
Chiaramente i cambiamenti, in seguito alla terapia, non riguardano solo il pz, ma hanno una ricaduta sulla coppia e sulle altre relazioni (es distanze). Ad esempio se una persona è ufficialmente diventata "l'infermiere" di chi ad es soffre di attacchi di panico, è chiaro che -cessando il panico- l'infermiere perde il ruolo. E talvolta la perdita del ruolo, e quindi l'utilità, può essere percepito come spiacevole.
Inoltre le coppie non si scelgono mica a caso. Spesso eliminare un sintomo o gli schemi disfunzionali ha conseguenze sull'equilibrio della coppia.
Lei (che scrive) come sta con questa persona?
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#2]
Utente
Dott.ssa grazie x la veloce risposta.
Se ho capito bene la sua domanda, il mio ruolo e' effettivamente stato spesso con connotazioni di supporto psicologico, x quello che posso fare ovviamente.
La crisi, negli ultimi mesi si e' accentuata talmente da consigliarle appunto di ricorrere allo psic. ed io non ho smesso in tal senso di fornire tale supporto, forse caricandole ulteriormente il lavoro intrapreso.
Uno dei temi ricorrenti e sottintesi tra noi e' sempre stato quello del decidersi a fare "il passo" ( le ricordo che non siamo "ufficiali" ma entrambi sposati con altre persone, il che non diminuisce il valore del trascorso affettivo) : se debbo dire la verita', la situazione e' degenerata dopo che una sera, con tutte le dovute cautele, gentilezza e dolcezza, le avevo suggerito ( mutuando un mio augurio) di non desiderare di passare da sotto un tetto ad un'altro pensando di ritrovarsi cosi' in pace con se stessa, ma avevo auspicato appunto una "ristrutturazione" della sua persona proseguendo il suo lavoro dallo psic., in modo di affrontare la nuova direzione di vita con maggior energia e consapevolezza di se stessa. Apparentemente ( ma non sono sicuro sia attribuibile tutto a questo) questo e' stato fatale, poiché dopo qualche giorno sono stato letteralmente "tagliato fuori", nel giro di poche ore e con poca o nulla possibilità di replica, poiché, dice, ha la testa in totale confusione e vuole mettersi in "pausa".
Ora sono ad un bivio : la richiesta di una pressione minore e' stata palese, cosi' ci ritroviamo a scambiarci sms, chattare o per telefono ogni qualche giorno, invece che ogni giorno come prima del "break". Mi si dice di temere di perdermi, di valutare se "aspettarla", ma nel contempo si premura di dire che potrebbe anche non succedere un suo ritorno e che le mia aspettative le porterebbero piu' pressione, cosi' come la mia sofferenza le causa sofferenza.
Con una differenza a dir poco "stridente" dalla settimana precedente, evita accuratamente espressioni affettuose, ma non e' fredda; la contatto praticamente sempre io, ma a dire il vero questo avveniva anche prima.
L'altra strada sarebbe quella di non palesarmi piu', attendendo tempi migliori, ma come avrà già capito, il mio stato d'animo non e' il migliore per prenderla in esame...il timore sarebbe quello di essere messo nel dimenticatoio ( e so che e' un rischio realissimo)...ma in questo timore c'e' parte del mio modo di vivere alcuni aspetti affettivi in modo adolescenziale, cosa che peraltro ci accomunava.
Per concludere alcuni altri aspetti in breve : abitiamo a circa 90 Km, contatti telefonici costanti ( 1/2 ore al giorno x 4 anni, cosi' come le faceva piacere), ci si vedeva un paio di volte alla sett, a volte tre. Menage sessuale che stimo soddisfacente per entrambi, sebbene scandito da tempi lunghi ( ogni due settimane circa, vista la distanza e la situazione)
Grazie per l'interessamento, dottoressa Pileci, molto apprezzato.
Se ho capito bene la sua domanda, il mio ruolo e' effettivamente stato spesso con connotazioni di supporto psicologico, x quello che posso fare ovviamente.
La crisi, negli ultimi mesi si e' accentuata talmente da consigliarle appunto di ricorrere allo psic. ed io non ho smesso in tal senso di fornire tale supporto, forse caricandole ulteriormente il lavoro intrapreso.
Uno dei temi ricorrenti e sottintesi tra noi e' sempre stato quello del decidersi a fare "il passo" ( le ricordo che non siamo "ufficiali" ma entrambi sposati con altre persone, il che non diminuisce il valore del trascorso affettivo) : se debbo dire la verita', la situazione e' degenerata dopo che una sera, con tutte le dovute cautele, gentilezza e dolcezza, le avevo suggerito ( mutuando un mio augurio) di non desiderare di passare da sotto un tetto ad un'altro pensando di ritrovarsi cosi' in pace con se stessa, ma avevo auspicato appunto una "ristrutturazione" della sua persona proseguendo il suo lavoro dallo psic., in modo di affrontare la nuova direzione di vita con maggior energia e consapevolezza di se stessa. Apparentemente ( ma non sono sicuro sia attribuibile tutto a questo) questo e' stato fatale, poiché dopo qualche giorno sono stato letteralmente "tagliato fuori", nel giro di poche ore e con poca o nulla possibilità di replica, poiché, dice, ha la testa in totale confusione e vuole mettersi in "pausa".
Ora sono ad un bivio : la richiesta di una pressione minore e' stata palese, cosi' ci ritroviamo a scambiarci sms, chattare o per telefono ogni qualche giorno, invece che ogni giorno come prima del "break". Mi si dice di temere di perdermi, di valutare se "aspettarla", ma nel contempo si premura di dire che potrebbe anche non succedere un suo ritorno e che le mia aspettative le porterebbero piu' pressione, cosi' come la mia sofferenza le causa sofferenza.
Con una differenza a dir poco "stridente" dalla settimana precedente, evita accuratamente espressioni affettuose, ma non e' fredda; la contatto praticamente sempre io, ma a dire il vero questo avveniva anche prima.
L'altra strada sarebbe quella di non palesarmi piu', attendendo tempi migliori, ma come avrà già capito, il mio stato d'animo non e' il migliore per prenderla in esame...il timore sarebbe quello di essere messo nel dimenticatoio ( e so che e' un rischio realissimo)...ma in questo timore c'e' parte del mio modo di vivere alcuni aspetti affettivi in modo adolescenziale, cosa che peraltro ci accomunava.
Per concludere alcuni altri aspetti in breve : abitiamo a circa 90 Km, contatti telefonici costanti ( 1/2 ore al giorno x 4 anni, cosi' come le faceva piacere), ci si vedeva un paio di volte alla sett, a volte tre. Menage sessuale che stimo soddisfacente per entrambi, sebbene scandito da tempi lunghi ( ogni due settimane circa, vista la distanza e la situazione)
Grazie per l'interessamento, dottoressa Pileci, molto apprezzato.
[#4]
Utente
Gentile Dott.ssa, come ben intuisce, ognuna delle sue importanti domande, richiederebbe ben piu' spazio di quello qui a disposizione ma cercherò di essere piu' essenziale possibile.
1) Se mi permette la piccola "deviazione", si e' partiti prima dai "sogni", quelli che si fanno assieme fantasticando, e per un po' di tempo si e' rimasti in quell'ambito, studiandoci attentamente l'uno con l'altra ( siamo caratteri forti entrambi); va da se che progetti "solidi", del tipo "entro 2 o 3 anni facciamo il salto di vita", direi di no, anche perché nel frattempo c'erano state alcune scaramucce che avevano spaventato entrambi e che quindi richiamavano all'attendere un consolidamento del rapporto.
Se si ricorda, ho sempre supportato psicologicamente qs donna, che comunque aveva tentato di separarsi una volta ma che aveva dovuto rientrare perche' il peso della scelta era più grande di lei, dimostrandomi leale e corretto al limite dl controproducente, ma mai trattandola come la sua famiglia e i cosiddetti amici che la consideravano, un soggetto "difficile", se mi passa l'eufemismo.
C'e' sempre stato un aurea di reticenza su progetti veri, da entrambi, pur constatando la gioia dello stare assieme quando era possibile.
Mi rendo conto che probabilmente questo "ritardo" di prospettiva possa aver influito globalmente sul suo umore e stato, ma se devo dirla tutta, da quando e' cominciata la sua crisi ( dalla quale lei continua a ripetere non sa se uscirà, nonostante il counseling psicologico), tutta la negatività che aveva mostrato era stata rivolta vero l'attuale marito, dal quale ha tentato in maniera quasi ostinata, di ottenere rispetto e un dialogo, che comunque tra noi invece abbondava.
Tornando alla sua domanda, scusandomi per la deriva, progetti assieme non ne abbiamo fatti, ma ho sempre ritenuto che lei fosse consapevole di avere necessita' di "consolidarsi", prima di uscire di casa, che fosse per abitare da sola, o con me. Che sia diritto di chiunque ( figuriamoci della persona amata) decidere di passare da un tetto ad un'altro per non restare "scoperti", non ho dubbi, mi chiedo solo se non sia controproducente dal punto di vista della propria autostima.
E io ? Con una donna come lei, potrei scegliere di intraprendere un cammino diverso nella mia vita, ma desidererei che fosse meno fragile...ed e' per questo che ho speso energie immani, in questa direzione, per una "destrutturazione" iniziale, da dilettante o psicologo da due soldi se vuole, ma che si potrebbe tradurre in innamorato che non bada alle proprie energie, non importa quante, per sostenere la amata. Il resto sulle mie scelte, alla terza risposta
2) La donna e' particolare : sa essere di una allegria e spirito anche superiori al mio ( e dicono tutti io sia una persona molto simpatica), cosa che, sara' un cliche', ma raramente ho trovato nelle donne nel mio passato. Sa essere profonda, introspettiva in una maniera che muove delle corde che conosco bene, portando argomenti che sono da sempre i miei preferiti nel dialogo. La donna ( peraltro sempre meno nell'ultimo anno) ha sempre mostrato interesse per quello che faccio o dico ( attività, hobby, credo politico e/o religioso), o quantomeno non ha ostracizzato la parte di me che inevitabilmente, non essendo simbiotici, non la vedeva d'accordo.
E' bellissima. Slanciata ed elegante, non passa mai inosservata e non ha mai dato peso al fatto che come uomo non mi ritengo particolarmente attraente ( faccio oltretutto presente, a scanso di equivoci, che ho un normale stipendio da impiegato ).
Se debbo evidenziare delle parti negative, anche se non richieste dalla domanda, a parte la già citata fragilità, ho individuato una facile irascibilità, che pero' credo reazione ad una ingiustizia che sente di subire dalla vita fin da piccola e un eccessivo peso forse, alla tranquillità economica, intesa nei suoi risparmi che le sembrano dare sicurezza.
Queste sono le cose che mi hanno fatto innamorare e sostanzialmente quelle che attualmente mi sostengono, nonostante la situazione attuale che, le confido per la prima volta qui, mi sta annientando.
Sul perché lei mi abbia accettato, ipotizzo, suffragato dalle volte che ci siamo parlati, di essere una persona veramente affettuosa, di essere ben in sintonia sessualmente con lei e di essere stato uno che l'abbia trattata da pari anche in momenti di evidente debacle e "ghettizzazione" da parte di famigliari e amici...e quando dico "da pari", significa che ho cercato sempre di dimostrarle che probabilmente gran parte della crisi di relazione con le persone che la circondavano ( marito inadeguato a lei, genitori assenti da piccola, amici superficiali) era dovuta più al fatto che qs persone non erano al suo livello emotivo e sensibile piu' che ad una sua mancanza.
Insomma posso aver fatto anche delle sciocchezze perché non faccio il suo lavoro Dott.ssa, ma ho cercato di lavorare sulla sua autostima, e questo per un po' almeno credo abbia avuto buoni effetti sul nostro rapporto, anche se spesso, le sue paure e rabbia rimanevano.
3) Anche qui cercherò di essere breve, ma non sara' facile. Sposati da 12 anni, riassumendo in pochi concetti posso dire che attualmente voglio bene a mia moglie e tra noi c'e grande stima, ma non posso dire di amarla o di esserne innamorato. Ha un totale disinteresse per quello che faccio ( Lavoro, arte, attività sportive inconsuete ma affascinanti), anzi, spesso alcune mie passioni vengono osteggiate, invece che incoraggiate come io faccio costantemente con lei. Non che da questo mi senta sminuito in quello che faccio, ma mi e' troppo evidente lo sbilancio, che trovo irrispettoso. Spesso ha cercato di sopperire alle sue mancanze di affetto, concentrandosi sulla casa e sul cibo, essendo ottima cuoca, ma la sostituzione, benchè a volte comoda per me, era evidente e stridente.
Non abbiamo rapporti sessuali da 5-6 anni ma anche quando li avevamo, la sua era una sessualità da 15enne, non abbiamo figli ( non posso averne) e so, perché me l'ha confidato che non le piaccio più fisicamente . Ho provato davvero molto, a cambiare le cose, cercando il dialogo e trovando solo un muro di pianto ( e le assicuro che sono davvero una persona comprensiva), stremato dopo decine di tentativi ho ceduto e me la sono "messa via", e piu' o meno un paio di anni dopo, mentre mi interrogavo sul da farsi, e' comparsa la donna di cui abbiamo parlato prima.
Le confido dottoressa, che a suo tempo ho provato anche a proporre a mia moglie il classico "momento di riflessione/pausa l'uno dall'altro", generando in lei disperazione e pianti a dirotto che mi hanno letteralmente congelato e inebetito.
Non escludo comunque che la mia inerzia nel definire il ns. rapporto, sia stata alimentata anche da una paura della solitudine, che pero' posso solo teorizzare, visto che non vivo da solo da almeno 16 anni ( conviv + matrim).
Finisco questa lunga lettera, sapendo di essere ben conscio del significato di queste due donne nella mia vita negli ultimi anni : la prima una "mamma", la seconda il lato sexy e imprevedibile di una donna ( a dire il vero per quest'ultima e' riduttivo, perché invece ha saputo a suo tempo dimostrare di sapermi capire e amare, anche in momenti difficilissimi per me). Sono sicuro che parte della mia inerzia nel prendere una certa strada, può essere stata influenzata da questo "equilibrio".
Grazie per l'attenzione...
1) Se mi permette la piccola "deviazione", si e' partiti prima dai "sogni", quelli che si fanno assieme fantasticando, e per un po' di tempo si e' rimasti in quell'ambito, studiandoci attentamente l'uno con l'altra ( siamo caratteri forti entrambi); va da se che progetti "solidi", del tipo "entro 2 o 3 anni facciamo il salto di vita", direi di no, anche perché nel frattempo c'erano state alcune scaramucce che avevano spaventato entrambi e che quindi richiamavano all'attendere un consolidamento del rapporto.
Se si ricorda, ho sempre supportato psicologicamente qs donna, che comunque aveva tentato di separarsi una volta ma che aveva dovuto rientrare perche' il peso della scelta era più grande di lei, dimostrandomi leale e corretto al limite dl controproducente, ma mai trattandola come la sua famiglia e i cosiddetti amici che la consideravano, un soggetto "difficile", se mi passa l'eufemismo.
C'e' sempre stato un aurea di reticenza su progetti veri, da entrambi, pur constatando la gioia dello stare assieme quando era possibile.
Mi rendo conto che probabilmente questo "ritardo" di prospettiva possa aver influito globalmente sul suo umore e stato, ma se devo dirla tutta, da quando e' cominciata la sua crisi ( dalla quale lei continua a ripetere non sa se uscirà, nonostante il counseling psicologico), tutta la negatività che aveva mostrato era stata rivolta vero l'attuale marito, dal quale ha tentato in maniera quasi ostinata, di ottenere rispetto e un dialogo, che comunque tra noi invece abbondava.
Tornando alla sua domanda, scusandomi per la deriva, progetti assieme non ne abbiamo fatti, ma ho sempre ritenuto che lei fosse consapevole di avere necessita' di "consolidarsi", prima di uscire di casa, che fosse per abitare da sola, o con me. Che sia diritto di chiunque ( figuriamoci della persona amata) decidere di passare da un tetto ad un'altro per non restare "scoperti", non ho dubbi, mi chiedo solo se non sia controproducente dal punto di vista della propria autostima.
E io ? Con una donna come lei, potrei scegliere di intraprendere un cammino diverso nella mia vita, ma desidererei che fosse meno fragile...ed e' per questo che ho speso energie immani, in questa direzione, per una "destrutturazione" iniziale, da dilettante o psicologo da due soldi se vuole, ma che si potrebbe tradurre in innamorato che non bada alle proprie energie, non importa quante, per sostenere la amata. Il resto sulle mie scelte, alla terza risposta
2) La donna e' particolare : sa essere di una allegria e spirito anche superiori al mio ( e dicono tutti io sia una persona molto simpatica), cosa che, sara' un cliche', ma raramente ho trovato nelle donne nel mio passato. Sa essere profonda, introspettiva in una maniera che muove delle corde che conosco bene, portando argomenti che sono da sempre i miei preferiti nel dialogo. La donna ( peraltro sempre meno nell'ultimo anno) ha sempre mostrato interesse per quello che faccio o dico ( attività, hobby, credo politico e/o religioso), o quantomeno non ha ostracizzato la parte di me che inevitabilmente, non essendo simbiotici, non la vedeva d'accordo.
E' bellissima. Slanciata ed elegante, non passa mai inosservata e non ha mai dato peso al fatto che come uomo non mi ritengo particolarmente attraente ( faccio oltretutto presente, a scanso di equivoci, che ho un normale stipendio da impiegato ).
Se debbo evidenziare delle parti negative, anche se non richieste dalla domanda, a parte la già citata fragilità, ho individuato una facile irascibilità, che pero' credo reazione ad una ingiustizia che sente di subire dalla vita fin da piccola e un eccessivo peso forse, alla tranquillità economica, intesa nei suoi risparmi che le sembrano dare sicurezza.
Queste sono le cose che mi hanno fatto innamorare e sostanzialmente quelle che attualmente mi sostengono, nonostante la situazione attuale che, le confido per la prima volta qui, mi sta annientando.
Sul perché lei mi abbia accettato, ipotizzo, suffragato dalle volte che ci siamo parlati, di essere una persona veramente affettuosa, di essere ben in sintonia sessualmente con lei e di essere stato uno che l'abbia trattata da pari anche in momenti di evidente debacle e "ghettizzazione" da parte di famigliari e amici...e quando dico "da pari", significa che ho cercato sempre di dimostrarle che probabilmente gran parte della crisi di relazione con le persone che la circondavano ( marito inadeguato a lei, genitori assenti da piccola, amici superficiali) era dovuta più al fatto che qs persone non erano al suo livello emotivo e sensibile piu' che ad una sua mancanza.
Insomma posso aver fatto anche delle sciocchezze perché non faccio il suo lavoro Dott.ssa, ma ho cercato di lavorare sulla sua autostima, e questo per un po' almeno credo abbia avuto buoni effetti sul nostro rapporto, anche se spesso, le sue paure e rabbia rimanevano.
3) Anche qui cercherò di essere breve, ma non sara' facile. Sposati da 12 anni, riassumendo in pochi concetti posso dire che attualmente voglio bene a mia moglie e tra noi c'e grande stima, ma non posso dire di amarla o di esserne innamorato. Ha un totale disinteresse per quello che faccio ( Lavoro, arte, attività sportive inconsuete ma affascinanti), anzi, spesso alcune mie passioni vengono osteggiate, invece che incoraggiate come io faccio costantemente con lei. Non che da questo mi senta sminuito in quello che faccio, ma mi e' troppo evidente lo sbilancio, che trovo irrispettoso. Spesso ha cercato di sopperire alle sue mancanze di affetto, concentrandosi sulla casa e sul cibo, essendo ottima cuoca, ma la sostituzione, benchè a volte comoda per me, era evidente e stridente.
Non abbiamo rapporti sessuali da 5-6 anni ma anche quando li avevamo, la sua era una sessualità da 15enne, non abbiamo figli ( non posso averne) e so, perché me l'ha confidato che non le piaccio più fisicamente . Ho provato davvero molto, a cambiare le cose, cercando il dialogo e trovando solo un muro di pianto ( e le assicuro che sono davvero una persona comprensiva), stremato dopo decine di tentativi ho ceduto e me la sono "messa via", e piu' o meno un paio di anni dopo, mentre mi interrogavo sul da farsi, e' comparsa la donna di cui abbiamo parlato prima.
Le confido dottoressa, che a suo tempo ho provato anche a proporre a mia moglie il classico "momento di riflessione/pausa l'uno dall'altro", generando in lei disperazione e pianti a dirotto che mi hanno letteralmente congelato e inebetito.
Non escludo comunque che la mia inerzia nel definire il ns. rapporto, sia stata alimentata anche da una paura della solitudine, che pero' posso solo teorizzare, visto che non vivo da solo da almeno 16 anni ( conviv + matrim).
Finisco questa lunga lettera, sapendo di essere ben conscio del significato di queste due donne nella mia vita negli ultimi anni : la prima una "mamma", la seconda il lato sexy e imprevedibile di una donna ( a dire il vero per quest'ultima e' riduttivo, perché invece ha saputo a suo tempo dimostrare di sapermi capire e amare, anche in momenti difficilissimi per me). Sono sicuro che parte della mia inerzia nel prendere una certa strada, può essere stata influenzata da questo "equilibrio".
Grazie per l'attenzione...
Questo consulto ha ricevuto 4 risposte e 2k visite dal 19/05/2013.
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