Apatia e umore basso
Gentili Dottori, scrivo per la seconda volta per un problema generale che inizia a preoccuparmi. da un anno mi sento molto apatica e priva di stimoli. Ho un buon lavoro, inerente alla mia formazione e alle mie aspettative, eppure mi sento come se vivessi la mia giornata con estrema fatica, aspettado che arrivi il venerdi. Sono sempre stata una persona molto allegra, piena di spirito di iniziativa e di interessi, mentre ora non mi riconosco più.
Specifico che circa un anno e mezzo fa ho improvvisamente perso mio padre, a cui ero legatissima, ma non sono sicura che le cose siano collegate, perchè questa situazione si è presentata dopo qualche mese, mentre al momento del lutto posso dire di aver reagito con una grande forza d'animo (avrò pianto una sola volta, pensate che al finerale neanche una lacrima).
Attualmente l'unica cosa che mi fa stare bene - e sentire quella che ero prima-, è il rapporto col mio fidanzato. Per il resto zero. Il lavoro mi stanca, quello che resta della mia famiglia non mi suscita alcuna forma di attaccamento o di appartenenza (per quanto posso cerco di non stare con loro), anzi, è proprio come se non tenessi più a niente e a nessuno, tranne al mio compagno. Questa situazione sta iniziando a pesarmi e non so come uscirne, anche perchè,come dicevo, non so se si tratti solo di un momento di stanchezza e di stress (in realtà quello che evito, più che la mia famiglia in se', più che altro è la miriade di problemi che mi riversano addosso quando mi vedono), o se è un problema legato alla mancata metabolizzazione della perdita. Vi sarei grata se mi aiutaste a fare un po' di chiarezza. Grazie per l'attenzione.
Specifico che circa un anno e mezzo fa ho improvvisamente perso mio padre, a cui ero legatissima, ma non sono sicura che le cose siano collegate, perchè questa situazione si è presentata dopo qualche mese, mentre al momento del lutto posso dire di aver reagito con una grande forza d'animo (avrò pianto una sola volta, pensate che al finerale neanche una lacrima).
Attualmente l'unica cosa che mi fa stare bene - e sentire quella che ero prima-, è il rapporto col mio fidanzato. Per il resto zero. Il lavoro mi stanca, quello che resta della mia famiglia non mi suscita alcuna forma di attaccamento o di appartenenza (per quanto posso cerco di non stare con loro), anzi, è proprio come se non tenessi più a niente e a nessuno, tranne al mio compagno. Questa situazione sta iniziando a pesarmi e non so come uscirne, anche perchè,come dicevo, non so se si tratti solo di un momento di stanchezza e di stress (in realtà quello che evito, più che la mia famiglia in se', più che altro è la miriade di problemi che mi riversano addosso quando mi vedono), o se è un problema legato alla mancata metabolizzazione della perdita. Vi sarei grata se mi aiutaste a fare un po' di chiarezza. Grazie per l'attenzione.
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<Specifico che circa un anno e mezzo fa ho improvvisamente perso mio padre, a cui ero legatissima, ma non sono sicura che le cose siano collegate, perchè questa situazione si è presentata dopo qualche mese, mentre al momento del lutto posso dire di aver reagito con una grande forza d'animo (avrò pianto una sola volta, pensate che al finerale neanche una lacrima).>
E successivamente? Quali sono state le sue reazioni? Su quali risorse ha potuto contare per elaborare la grave perdita? Chi le è stato vicino?
Quali sono state le reazioni dei suoi familiari?
E ora quale miriade di problemi le riversano addosso in famiglia?
Come hanno reagito i suoi familiari al lutto?
E successivamente? Quali sono state le sue reazioni? Su quali risorse ha potuto contare per elaborare la grave perdita? Chi le è stato vicino?
Quali sono state le reazioni dei suoi familiari?
E ora quale miriade di problemi le riversano addosso in famiglia?
Come hanno reagito i suoi familiari al lutto?
Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it
[#2]
Utente
nessuna reazione in particolare, ho razionalizzato la perdita in breve tempo, 'papà non c'è più e non tornerà, non resta che farmene una ragione".
Mi è stato vicino essenzialmente il mio fidanzato, sebbene stessimo insieme da pochissimo. L'unica volta che ho pianto è stato con lui, infatti.
A casa mia le reazioni sono state di disperazione, mia madre in particolare non si è ancora ripresa, e nell'immediatezza del fatto era distrutta, piangeva con chiunque e ovunque, sfogandosi anche con persone non intime e semplici conoscenti.
Questa è una cosa per cui l'ho rimproverata più volte, detesto la spettacolarizzazione del dolore, è una cosa che non concepisco, ma questo credo dipenda dal carattere.
I problemi che mi riversano addosso sono essenzialmente di tipo economico.
Mio padre era una persona facoltosa, un alto burocrate che, nonostante l'altissima pensione, continuava a ricoprire incarichi), ma che, non pensando di morire giovane, aveva pensato di investire parecchio. Ci siamo ritrovati con dei debiti che non pensavamo mai avremmo avuto e una diminuzione sensibile delle entrate.
Per quanto mi riguarda io non ne faccio un dramma, penso che a 30 anni passati sono semplicemente scesa sulla terra, dovrò fare delle scelte, lavorare e probabilmente contare sulle mie forze. Loro sembrano molto più scossi di me da questa situazione, e io non lo sopporto, anche perchè per farli stare tranquilli ho anche rinunciato (provvisoriemente, ovvio) ad avere la mia parte di eredità, per fare in modo che riscuotendo tutti gli affitti mia madre e mio fratello siano più sereni. (per intenderci, ho degli immobili ma mi sto accollando un mutuo pur di non sentire melodrammi ).
ma mi rendo conto che questi sono problemi pratici che c'entrano poco con l'oggetto del consulto.
Mi è stato vicino essenzialmente il mio fidanzato, sebbene stessimo insieme da pochissimo. L'unica volta che ho pianto è stato con lui, infatti.
A casa mia le reazioni sono state di disperazione, mia madre in particolare non si è ancora ripresa, e nell'immediatezza del fatto era distrutta, piangeva con chiunque e ovunque, sfogandosi anche con persone non intime e semplici conoscenti.
Questa è una cosa per cui l'ho rimproverata più volte, detesto la spettacolarizzazione del dolore, è una cosa che non concepisco, ma questo credo dipenda dal carattere.
I problemi che mi riversano addosso sono essenzialmente di tipo economico.
Mio padre era una persona facoltosa, un alto burocrate che, nonostante l'altissima pensione, continuava a ricoprire incarichi), ma che, non pensando di morire giovane, aveva pensato di investire parecchio. Ci siamo ritrovati con dei debiti che non pensavamo mai avremmo avuto e una diminuzione sensibile delle entrate.
Per quanto mi riguarda io non ne faccio un dramma, penso che a 30 anni passati sono semplicemente scesa sulla terra, dovrò fare delle scelte, lavorare e probabilmente contare sulle mie forze. Loro sembrano molto più scossi di me da questa situazione, e io non lo sopporto, anche perchè per farli stare tranquilli ho anche rinunciato (provvisoriemente, ovvio) ad avere la mia parte di eredità, per fare in modo che riscuotendo tutti gli affitti mia madre e mio fratello siano più sereni. (per intenderci, ho degli immobili ma mi sto accollando un mutuo pur di non sentire melodrammi ).
ma mi rendo conto che questi sono problemi pratici che c'entrano poco con l'oggetto del consulto.
[#3]
<nessuna reazione in particolare, ho razionalizzato la perdita in breve tempo>
Gentile Utente,
forse "razionalizzando" non si è permessa di ascoltare il suo dolore, di lasciarlo affiorare, di elaborarlo di metabolizzarlo...sembra la disturbi ill dolore, che lo veda come una debolezza,dice che la disturbano le manifestazioni di dolore negli altri...
Forse è cresciuta tenendo a bada le sue emozioni, i suoi sentimenti...non lo posso sapere poiché non la conosco.
Forse ha sempre sentito la necessità di mostrarsi forte...sono solo ipotesi.
Può essere che il suo malessere abbia a che fare con un lutto complicato,malessere forse sostenuto da quanto avviene nella sua famiglia.
In ogni caso le suggerirei di sentire il parere diretto di un nostro collega di persona, solo un consulto diretto può permettere di valutare correttamente la sua condizione e soprattutto di capire in che modo farvi fronte.
Cordiali saluti
Gentile Utente,
forse "razionalizzando" non si è permessa di ascoltare il suo dolore, di lasciarlo affiorare, di elaborarlo di metabolizzarlo...sembra la disturbi ill dolore, che lo veda come una debolezza,dice che la disturbano le manifestazioni di dolore negli altri...
Forse è cresciuta tenendo a bada le sue emozioni, i suoi sentimenti...non lo posso sapere poiché non la conosco.
Forse ha sempre sentito la necessità di mostrarsi forte...sono solo ipotesi.
Può essere che il suo malessere abbia a che fare con un lutto complicato,malessere forse sostenuto da quanto avviene nella sua famiglia.
In ogni caso le suggerirei di sentire il parere diretto di un nostro collega di persona, solo un consulto diretto può permettere di valutare correttamente la sua condizione e soprattutto di capire in che modo farvi fronte.
Cordiali saluti
[#4]
Utente
gentile Dr.ssa,
sono stata tanti anni in cura da uno psicologo, per problemi di ansia legati sostanzialmente a una figura genitoriale (mio padre) iperprotettiva e ad una figura materna ipercritica e piuttosto assente. Sono cresciuta in pratica nell'ovatta, al punto che ad un certo mi spaventava anche percorrere da sola una strada sconosciuta con l'auto. I problemi sono in gran parte risolti, tanto che la terapia è stata diradata e poi successivamente interrotta.
Ho lasciato passare qualche giorno dalla mio richiesta perchè volevo riflettere sulla situazione.
In realtà il punto fondamentale del mio malessere è che, ora che non c'è più mio padre, in casa mia mi sento un'estranea. Con mia madre non ho mai avuto un rapporto "vero", lei è sempre stata molto distante da me e presa dal lavoro e dalla sua dimensione di coppia. Mio padre è sempre stato per me una mamma e un padre, anche il rapporto che avevo con mia madre passava attraverso di lui, che cercava di coinvolgere entrambe nelle cose, nelle gite, nelle cene fuori, nei viaggi.
Ora che non c'è più lui mi sembrano ipocrite e richieste di "presenza fisica" di mia madre, le telefonate, le smancerie. Se stiamo insieme non so mai cosa dirle, mi urta come imposta i discorsi, il modo di esprimersi, i suoi luoghi comuni, e nello stesso tempo provo un grande senso di sbandamento nel capire di non potere fare affidamento su di lei nelle cose pratiche, perchè è una donna estremamente egoista e viziata.(per intenderci, lei per mio fratello "c'è", per me no, mai).
Quello che vorrei ora è crearmi una famiglia mia al più presto, ma quello che detesto è approcciarmi a questa nuova fase della vita in uno stato "di bisogno". Detesto fare come tante persone che si sposano per scappare da una situazione familiare deprimente, ma forse è proprio quello che sto per fare. Non mi piace la persona che sono diventata.
sono stata tanti anni in cura da uno psicologo, per problemi di ansia legati sostanzialmente a una figura genitoriale (mio padre) iperprotettiva e ad una figura materna ipercritica e piuttosto assente. Sono cresciuta in pratica nell'ovatta, al punto che ad un certo mi spaventava anche percorrere da sola una strada sconosciuta con l'auto. I problemi sono in gran parte risolti, tanto che la terapia è stata diradata e poi successivamente interrotta.
Ho lasciato passare qualche giorno dalla mio richiesta perchè volevo riflettere sulla situazione.
In realtà il punto fondamentale del mio malessere è che, ora che non c'è più mio padre, in casa mia mi sento un'estranea. Con mia madre non ho mai avuto un rapporto "vero", lei è sempre stata molto distante da me e presa dal lavoro e dalla sua dimensione di coppia. Mio padre è sempre stato per me una mamma e un padre, anche il rapporto che avevo con mia madre passava attraverso di lui, che cercava di coinvolgere entrambe nelle cose, nelle gite, nelle cene fuori, nei viaggi.
Ora che non c'è più lui mi sembrano ipocrite e richieste di "presenza fisica" di mia madre, le telefonate, le smancerie. Se stiamo insieme non so mai cosa dirle, mi urta come imposta i discorsi, il modo di esprimersi, i suoi luoghi comuni, e nello stesso tempo provo un grande senso di sbandamento nel capire di non potere fare affidamento su di lei nelle cose pratiche, perchè è una donna estremamente egoista e viziata.(per intenderci, lei per mio fratello "c'è", per me no, mai).
Quello che vorrei ora è crearmi una famiglia mia al più presto, ma quello che detesto è approcciarmi a questa nuova fase della vita in uno stato "di bisogno". Detesto fare come tante persone che si sposano per scappare da una situazione familiare deprimente, ma forse è proprio quello che sto per fare. Non mi piace la persona che sono diventata.
Questo consulto ha ricevuto 4 risposte e 1.9k visite dal 17/05/2013.
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