dubbi sulla terapia

Gentilissimi Medici
Mi chiamo Marco ed ho 46 anni. Nel Maggio 1990 a seguito di alcuni disturbi emotivi quali ansia, panico, fobie, etc mi fu diagnosticata una “nevrosi d’ansia di tipo ossessivo” e da allora ho alternato periodi di malessere con svariati sintomi e periodi di quasi totale assenza degli stessi sintomi. Ciclicamente ho seguito delle terapie farmacologiche a base di ansiolitici e antidepressivi SSRI nonché sedute di psicoterapia. Negli anni a venire, grazie soprattutto all’approccio psicoterapeutico, i sintomi sono andati via via diminuendo rimanendo però una certa fragilità emotiva specialmente in periodi di maggiore stress o cambiamenti. Rimango sempre un originalissimo nevrotico con le mie manie di perfezione, le mie fobie, ossessioni, ipocondria e somatizzazioni a diversi apparati quali digestivo, cardiaco, respiratorio, etc ma il tutto con facile gestione e una buona dose di consapevolezza. Ultimamente, dopo circa tre anni di modesto benessere, è ritornato un po’ di malessere caratterizzato da ossessioni di tipo rimuginativo dubitativo le quali mi generano forte ansia e disagio. Sono ritornato dal mio neurologo il quale, no ha voluto prescrivermi granchè di cura se non una compressa di xanax da 0,25 al mattino ed una il pomeriggio anche perché le ho fatto notare che tale sintomatologia non si manifesta tutti i giorni (2/3 giorni consecutivi ed altrettanti 2/3 giorni di modesto benessere) bensì altalenante mentre rimane una modesta ansia di fondo quasi tutti i giorni. Sono ritornato anche alle mie sedute di psicoterapia non tanto per cercare rassicurazioni sui sintomi bensì per capire cos’abbia scatenato nuovamente il presentarsi dell’ansia. La mia psicoterapeuta ha sempre sostenuto che io abbia un problema di carattere sessuale ovvero, sintetizzando a parole mie, una sessualità non accettata nell’infanzia e che periodicamente si presenta nell’inconscio generando conflitti e quindi ansia. Potrebbe trattarsi di una forma di bisessualità dato che da piccolo amavo indossare intimo femminile durante i momenti di profonda intimità e queste pratiche le ho conservate ancora oggi solo che oggi le vivo in maniera drammatica e conflittuale essendo un uomo adulto, sposato e con due figli. Inutili gli svariati dialoghi interiori per sdrammatizzare una realtà che tra l’altro è abbastanza comune anche se non pubblicamente confessata. La mia psicoterapeuta sostiene che per uscire dal disagio e quindi gestire meglio la mia nevrosi oramai strutturata sarebbe opportuno dare libero sfogo alle mie pulsioni (travestitismo e rapporti bisessuali) con periodicità costante senza esagerare in quanto sia la repressione che l’abuso creano il conflitto interiore e quindi ansia. Sembra facile ma non lo è. Da diverso tempo provo e riprovo ad eseguire i “compiti per casa” con il risultato (a mio parere) di stare peggio anche se lei diversamente sostiene di trovarmi più guarito in quanto i periodi di malessere hanno una durata più breve senza ricorrere alle cure farmacologiche. Non credo di stare veramente bene ed inoltre sento di avere una grande confusione in testa. Volevo togliermi un problema e forse adesso ne ho più di uno addosso??
Grazie anticipatamente e cordiali saluti
[#1]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
>>> La mia psicoterapeuta ha sempre sostenuto che io abbia un problema di carattere sessuale ovvero, sintetizzando a parole mie, una sessualità non accettata nell’infanzia e che periodicamente si presenta nell’inconscio generando conflitti e quindi ansia
>>>

Questo è un parere che può essere ricondotto ad alcuni orientamenti psicoterapeutici specifici, non tutti. Ad esempio, in un ottica breve strategica il "perché" qualcuno si comporta in un certo modo o sente certe cose raramente è rilevante. O meglio, saperlo può essere interessante ma spesso non aiuta a risolvere la difficoltà.

>>> Volevo togliermi un problema e forse adesso ne ho più di uno addosso??
>>>

È una domanda legittima e importante, e la risposta è delicata. In linea di massima se si ha un tratto ossessivo marcato, insistere troppo con le interpretazioni e le "spiegazioni" può dare luogo a più rimuginazioni di quelle che c'erano prima. Ma sarebbe improprio giudicare a distanza l'operato di un collega, si può solo parlare in generale.

Ha posto esplicitamente questa domanda alla sua terapeuta?

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

[#2]
Dr. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta 4.6k 51
Gentile Utente,

se il problema si ripresenta significa che non è stato trattato fino in fondo e che probabilmente richiede più tempo.

Come mai ha deciso di rivolgersi ad un neurologo?
Quanto è durato il primo trattamento psicoterapico?
Che tipo di psicoterapia sta facendo?
E' stato seguito da più psicoterapeuti nel corsi degli anni?


Dott. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta
Specialista in Psicoterapia Psicodinamica
www.psicologoaviterbo.it

[#3]
Utente
Utente

Gentile Dr Santonocito

Concordo quanto scrive....se si ha un tratto ossessivo marcato, insistere troppo con le interpretazioni e le "spiegazioni" può dare luogo a più rimuginazioni di quelle che c'erano prima....è quanto succede a me

Trovo più sollievo nel capire come trattare i sintomi che capirne la causa scatenante

Grazie per la sua pronta risposta
[#4]
Utente
Utente

Gentile Dr Del Signore

Rispondo alle sue domande:

- inizialmente nel '90 andai da uno psichiatra...confesso che, nonostante la (credo) pesante e lunga cura, ebbi un veloce e duraturo miglioramento
poi, al ripresentarsi dei sintomi, fui consigliato dal mio medico generico di sottopormi alle cure del mio attuale neurologo, di vecchia concezione e quindi conoscitore anche della psichiatria. Mi ha sempre curato con bassissimi dosaggi anche per via della mia ostinazione agli psicofarmaci

- il primo trattamento psicoterapeutico???....beh, non è mai terminato dal 1995. Diciamo che dopo il primo anno e quindi dopo aver dato la sua "diagnosi", i nostri incontri sono stati dei semplici colloqui al fine tranquillizzarmi durante le recidive

- psicoterapia gestalt analitica

- nessun altro psicoterapeuta

Grazie e cordiali saluti

[#5]
Dr. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta 4.6k 51
Gentile Utente,

>>Diciamo che dopo il primo anno e quindi dopo aver dato la sua "diagnosi", i nostri incontri sono stati dei semplici colloqui al fine tranquillizzarmi durante le recidive<<

la psicoterapia non dura un numero imprecisato di anni (mi sembra di capire 18 nel suo caso?) e soprattutto non si riduce a semplici colloqui per "tranquillizzare".

Il fine della psicoterapia è quello di curare il disturbo per quale è stata fatta la diagnosi.
Sarebbe opportuno che lei rivedesse insieme al terapeuta gli obbiettivi del trattamento.


[#6]
Dr. Armando De Vincentiis Psicologo, Psicoterapeuta 7.2k 220
...Trovo più sollievo nel capire come trattare i sintomi che capirne la causa scatenante...
infatti,
questa lettura la troverà interessante
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/1399-panico-e-ossessioni-quali-terapie.html
[#7]
Utente
Utente

Gentili Medici,

Grazie per le Vs pronte risposte

Ovviamente da buon ansioso sto alimentando i mie dubbi su quanto abbia fatto fino ad adesso (scelta dei medici e terapeuti curanti) ma mi avete confermato ciò che da tempo sostengo e cioè che è inutile scavare sulla mia infanzia, sui traumi, sulle pulsioni represse, etc, etc. La nevrosi oramai si è instaurata e strutturata e quindi sarebbe opportuno adesso lavorare sulla sintomatologia al fine di rendere la mia esistenza più accettabile.

Grazie a tutti e cordiali saluti

[#8]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
Non solo sui sintomi. Questa è un'altra confusione che spesso si fa.

Il lavoro che parte dall'esterno per arrivare all'interno, come si fa nelle terapie come la breve strategica, si occupa di cambiare ciò che è immediatamente possibile cambiare, cioè il comportamento, affinché nuovi comportamenti possano generare nuove percezioni e nuove sensazioni, ossia agire sulla rappresentazione interna del problema e risolverla.

L'idea che cambiare sintomi e comportamenti costituirebbe un lavoro poco profondo o poco duraturo è falsa. Al contrario, se ben fatto, un lavoro terapeutico che passi dalla superficie per arrivare al fondo può essere risolutivo e più breve di altri tipi di terapia. Occorre però il massimo impegno da parte del paziente. Ecco perché queste forme di terapia si chiamano "attive".

Inoltre, almeno in TBS, non si lavora direttamente sui sintomi, ma sulle tentate soluzioni, che sono cosa ancora diversa.

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