Caricarsi di responsabilità a 23 anni.

Salve, ho 23 anni. Ho un problema che riguarda il non riuscire a vivere liberamente: quando compio una piccola azione errata mi sento in colpa pesantemente indipendentemente se tale errore danneggia me o gli altri. Non sono un precisino, anzi tutt'altro. Dalla mia famiglia o conoscenti non ricevo mai alcun tipo di pressione sugli obiettivi da raggiungere nello studio, nel lavoro e altro. Anzi; si può dire che vivo in modo piuttosto riservato. Mi auto-carico di responsabilità neanche fossi un padre di famiglia. Spesso mi sento una nullità quando guardo, tramite i media, che alcuni miei coetanei conseguono risultati strabilianti e io sono un povero disgraziato che si danna l'anima per cercare di fare qualcosa di buono e a volte neanche ci riesco. In me stesso è come se ci fossero due personalità (credo) una che spinge a fare sempre di più e l'altra che si sente il carico, enorme in alcuni casi, di raggiungere dei risultati. Non riesco mai a provare una soddisfazione, neanche minuscola, quando faccio qualcosa di buono; perché sento di aver fatto il mio "dovere". Invece, quando non riesco a concretizzare in modo positivo mi sento davvero male. Vedo molti miei amici che sono felici e gioiosi per una miseria ad esempio: aver superato un esame, aver comprato un oggetto desiderato oppure essersi fidanzati. Forse è un'ossessione, ma io non riesco mai a cantare vittoria neanche quando potrei farlo , sto sempre nero arrabbiato perché so che devo fare di più. Non so se questo può essere dettato da una carenza di sentimenti; vivo con i miei genitori, ma alla fine condivido con loro solo la casa; a livello affettivo non condivido quasi niente con loro anche se sono figlio unico. Se c'è da festeggiare un mio compleanno o un lieto evento che mi riguarda sono più felici i miei genitori che me stesso, è incredibile. Spesso penso di agire come una macchina che è priva di sentimenti. Quando compio errori, invece, sento pesantemente il rimorso di aver compiuto tali errori. Come posso risolvere tutto questo?
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Dr.ssa Magda Muscarà Fregonese Psicoterapeuta, Psicologo 3.8k 149
Gentile utente, , come sono i rapporti ora coi suoi genitori, e come sono stati ? che educazione ha avuto, che bambino è stato, timido, felice, socievole, chiuso ? cosa fa ora nella vita ?
E' necessario riflettere su tutto questo, perchè il suo stato d'animo attuale viene da lontano.. Sembra che lei abbia introiettato un Super io esigente, cioè che ci sia dentro di lei una voce del cuore imperiosa , esigente , critica...
" mi autocarico di responsabilità.. non riesco a provare mai una soddisfazione, perchè sento di aver fatto il mio "dovere"..
Si potrebbe ipotizzare un padre, dei genitori molto severi..
Tenga presente anche che a volte i genitori si fanno prendere dal ruolo, per paura di sbagliare, per ansia ecc.
Potrebbe pensare di farsi aiutare, per chiarirsi e risolvere la situazione, vivere così la giovinezza e la vita è uno spreco davvero..
Se crede ci faccia sapere..

MAGDA MUSCARA FREGONESE
Psicologo, Psicoterapeuta psicodinamico per problemi familiari, adolescenza, depressione - magda_fregonese@libero.it

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Dr.ssa Elisabetta Scolamacchia Psicologo, Psicoterapeuta 740 20
Gentile ragazzo,
Come la Collega, penso che vivere così a soli 23 anni e' davvero un peccato! Lei ha aspettative irrealisticamente alte su di se' ed, ovviamente, niente di quello che fa e farà sarà mai abbastanza. Si, il suo Super Io o, per dirla in Analisi Transazionale, il suo Genitore Normativo negativo sta prevaricando persino il suo Adulto, per non parlare del suo Bambino Libero che sembra relegato chissà dove! Da cosa viene tutto ciò? Chi era o è' così esigente, ipercritico, negativista, mai contento, in casa sua? Con quale modello pensa di essersi identificato? E soprattutto, quali sono i vantaggi, pur secondari, di una tale visione della vita? Da cosa si sta difendendo?
Continuare così e' distruttivo per se' è per la sua vita affettiva e relazionale. Coma pensa di prendersi cura di questo aspetto?
Un cordiale saluto
Dott.ssa E.Scolamacchia
Psicologa ad ind. clinico

Dr.ssa Elisabetta Scolamacchia
Psicologa. Psicoterapeuta. Analista Transazionale

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Utente
Utente
Attualmente frequento l'università, ho quasi finito il corso di studi in Economia. Per quanto riguarda i rapporti familiari:

-ho un rapporto pessimo con mio padre, spesso mi scontro con lui perché non condivido la sua "politica/filosofia di vita", praticamente è opposta alla mia. E' stato poco ambizioso e poco vicino alla famiglia a livello affettivo (me e mia madre). Non si fraintenda, non è separato né è stato mai in bilico il rapporto con mia madre. Forse per merito di mia madre che ha sopportato la sua assenza, per molti anni, per motivi di lavoro. Lo reputo un padre mediocre.

- Con mia madre va leggermente meglio anche se spesso mi vede come un animale in gabbia, proprio perché non riesco ad essere un attimo felice, e soffre un po' anche lei per me.

Non ho mai avuto l'amico del cuore, né parenti o altre persone con le quali riuscivo a confidarmi e ad avere fiducia; ho avuto pochissimi rapporti sentimentali con ragazze; sono molto diffidente con le persone in via generale. La mia diffidenza, probabilmente, deriva dall'ambiente che ho frequentato nel corso degli anni della mia prima gioventù e in cui tuttora vivo.

Ho avuto un' educazione piuttosto carente, sono cresciuto con molti "ragazzi di strada" che hanno abbandonato gli studi a 13-14 anni per poi intraprendere brutte vie. I miei genitori non hanno studiato.

Dovrei provare a frenare la mia ambizione smisurata in tutto quello che faccio? Ma come?
La cosa che mi inquieta è che sono molto riservato e misurato anche quando faccio cose buone mentre molti altri "amici/conoscenti" vanno in giro a sbandierarle provando al tempo stesso un grande sentimento di felicità.

Nella mia famiglia penso di essere l'unico a pensarla così, anche se spesso non posso esternare queste opinioni perché mi ritroverei ad essere criticato e considerato come un cannibale . La mia ambizione deriva dal rifiuto di non voler essere come i miei genitori o come molte altre persone che conosco.
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Dr.ssa Magda Muscarà Fregonese Psicoterapeuta, Psicologo 3.8k 149
Gentile ragazzo, è bello anche essere ambiziosi.. " AMBIZIONE DELLA QUALITà" si dice in psicologia, e capisco che proprio questo padre grigio, questa mamma , amata , che lei pensa poco felice la sospingano a volere di più, di meglio.
Ma cerchi anche di provare ad essere un pò contento di sè di quello che sta facendo , del riscatto che si comincia a vedere in fondo al tunnel.
Perchè lei è ed è stato diverso dai ragazzi di strada, quelli che si fanno coraggio e le sembrano vincenti e non è detto che lo siano..
Tutta questa rabbia che la spinge può diventare speranza, anche orgoglio , sia invece che triste e chiuso, contento di sè , a piccoli passi se ne sta uscendo.. Anche all'università guardi bene , fra i docenti se c'è un professore col quale ci può essere una certa consonanza, lei ha bisogno di figure carismatiche per guardare "oltre" ed avere progetti.
Le farebbe bene una psicoterapia e forse anche un piccolo aiuto farmacologico per essere meno in ansia, e guardare a tutto quello che ha fatto a come è stato bravo a non mollare..
E' una sfida che vincerà, con lucidità e coraggio..
Auguri, davvero..
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Dr.ssa Laura Rinella Psicologo, Psicoterapeuta 6.3k 119
<Non riesco mai a provare una soddisfazione, neanche minuscola, quando faccio qualcosa di buono; perché sento di aver fatto il mio "dovere... sto sempre nero arrabbiato perché so che devo fare di più.>

Gentile Ragazzo,
questo carico di doveri, di alte aspettative nei riguardi di se stesso, non la aiutano certo a trovare una dimensione diversa, nella quale ci sia spazio anche per altro, come ad esempio un po' più di attenzione a se stesso e ad altri bisogni che lei tralascia ma che sono altrettanto importanti per un buona qualità di vita (amici, divertimenti, rapporti sentimentali).

Sembrerebbe che lei viva sotto pressione e in un continuo stato di tensione, di preoccupazione per raggiungere chissà quali risultati, dei quali però non è mai soddisfatto, infatti non le sembra mai sufficiente quello che fa e inoltre non si perdona il minimo errore.
Tale severità e rigidità nei confronti di se stesso non può che ripercuotersi anche su altri versanti della sua vita, come quello affettivo e relazionale.

Concordo con le Colleghe sul pensare che tutto questo venga da lontano e si possa leggere in qualche modo rispetto a quanto ci dice in particolare sulla sua famiglia e poi sul contesto sociale nel quale è cresciuto.

Sembra evidente che continuare in questo modo non stia giocando a favore del suo benessere e di una vita più piena ed appagante, occorrerebbe affrontare in modo proprio ciò che visi frappone.

A questo proposito credo che un aiuto competente potrebbe esserle utile, ha mai pensato di rivolgersi direttamente a un nostro collega?

Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it

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Utente
Utente
grazie per l'aiuto !
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Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.5k 597
Gentile utente,
quante gabbie la nostra mente, la nostra psiche può costruirsi da sè. Perfino quando non le costruiscono per noi i genitori... Più le gabbie che ci costruiamo sono rigide, più viviamo male, imprigionati dentro sbarre interiori che ci rendono difficile la gioia, il fermarsi per dire a noi stessi "bravo, ce l'hai fatta", il guardarci allo specchio e sorriderci.
L'utilizzo di strategie cognitive potrebbe aiutarla, del tipo obbligarsi a individuare e scrivere ogni giorno almeno tre Suoi successi (grandi o microscopici non ha importanza) sempre diversi. Se anche questo le risultasse troppo gravoso, consideri la possibilità di un aiutino farmacologico per sostenerLa in questa sua ricerca, da abbinare ad alcuni colloqui clinici.
Saluti cari.

Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

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Dr. Gerry Grassi Psicoterapeuta, Psicologo 18
Gentile Utente,

I colleghi hanno già dato ottime indicazioni. Mi soffermo solo sul lanciare un ulteriore spunto di riflessione. Io e un mio collega abbiamo presentato a un convegno mondiale di psicoterapia e ipnosi a San Francisco delle tecniche di psicoterapia. Una delle quali mira a disinnescare proprio il meccanismo paradossale per cui l'evitamento dell'errore intrappola la persona.
Consideri che spesso l'errore stesso può diventare la chiave di volta di alcuni percorsi terapeutici.


Il mio spassionato consiglio resta quello di rivolgersi a qualche collega che possa aiutarla a risolvere.

Dr. Gerry Grassi Psicologo & Psicoterapeuta
Specialista in Psicoterapia Breve Strategica e Ipnosi
www.gerrygrassi.com