Disturbi alimentari e genitori
Buona sera,
Vi scrivo per chiedere un parere circa una situazione vissuta un paio di giorni fa.
Un po' di tempo fa avevo scritto per sapere se era il caso rivolgermi a qualcuno dato il rapporto che ho con il cibo. Mi si era presentata l'occasione di rivolgermi ad una nutrizionista e, spinta da mia madre (la quale l'ha buttata sul chiedere un piano alimentare da seguire andando in palestra), ho deciso di andarci. All'incontro con la nutrizionista il problema delle abbuffate e del vomito è emerso da solo quasi subito, così mi ha preparato un piano alimentare che ho mai seguito.
Poi è seguito un periodo (circa un mese e mezzo) in cui non si sono verificate abbuffate (e quindi niente vomito) ma nel frattempo ho continuato ad incontrare la nutrizionista. Ogni volta sempre la stessa storia: dopo qualche domanda scoppiavo a piangere quando dovevo parlare più dettagliatamente della mia alimentazione o delle abbuffate, così mi ha suggerito di parlare anche con uno psicologo. Ho rifiutato più volte, ma quando le abbuffate sono ricominciate (sono arrivata anche ad uscire a fare la spesa apposta e abbuffarmi con altre persone in casa mentre fino ad allora capitava sempre mentre ero sola) ho incontrato lo psicologo.... Ma anche qui tutto quello che ho fatto è stato piangere e chiudermi in me stessa. Così ho rinunciato allo psicologo e ora non incontro più nemmeno la nutrizionista.
In quest'ultima settimana le abbuffate sono state quotidiane (purtroppo non tutti i tentativi di vomito sono andati a buon fine), in due occasioni mi è capitato di abbuffarmi e vomitare due o tre volte nella stesa giornata. Finchè mia madre un giorno, andando in cucina, si arrabbia e si sfoga con me, facendomi notare che si accorge di tutto il cibo che faccio sparire ogni volta e quanto sia rivoltante il solo pensare alla quantità di cibo sparito, e che trova tutto ciò stupido e senza senso specie considerando il fatto che seguo un regime alimentare normalmente ristretto.
Non so quanto lei creda al fatto che non vomito, non so da quanto effettivamente si sia accorta di tutto ma mi ha espressamente detto che sarebbe il caso di parlarne con qualcuno. Ma quello che non capisco e che non mi spiego è la sua reazione. Si è palesemente resa conto di qualcosa che non va, ma allora perchè reagire arrabbiandosi e umiliandoti più di quanto non possa già umiliarmi la situazione in se? E' giustificabile la sua reazione? Aiutatemi a capire.
Vi scrivo per chiedere un parere circa una situazione vissuta un paio di giorni fa.
Un po' di tempo fa avevo scritto per sapere se era il caso rivolgermi a qualcuno dato il rapporto che ho con il cibo. Mi si era presentata l'occasione di rivolgermi ad una nutrizionista e, spinta da mia madre (la quale l'ha buttata sul chiedere un piano alimentare da seguire andando in palestra), ho deciso di andarci. All'incontro con la nutrizionista il problema delle abbuffate e del vomito è emerso da solo quasi subito, così mi ha preparato un piano alimentare che ho mai seguito.
Poi è seguito un periodo (circa un mese e mezzo) in cui non si sono verificate abbuffate (e quindi niente vomito) ma nel frattempo ho continuato ad incontrare la nutrizionista. Ogni volta sempre la stessa storia: dopo qualche domanda scoppiavo a piangere quando dovevo parlare più dettagliatamente della mia alimentazione o delle abbuffate, così mi ha suggerito di parlare anche con uno psicologo. Ho rifiutato più volte, ma quando le abbuffate sono ricominciate (sono arrivata anche ad uscire a fare la spesa apposta e abbuffarmi con altre persone in casa mentre fino ad allora capitava sempre mentre ero sola) ho incontrato lo psicologo.... Ma anche qui tutto quello che ho fatto è stato piangere e chiudermi in me stessa. Così ho rinunciato allo psicologo e ora non incontro più nemmeno la nutrizionista.
In quest'ultima settimana le abbuffate sono state quotidiane (purtroppo non tutti i tentativi di vomito sono andati a buon fine), in due occasioni mi è capitato di abbuffarmi e vomitare due o tre volte nella stesa giornata. Finchè mia madre un giorno, andando in cucina, si arrabbia e si sfoga con me, facendomi notare che si accorge di tutto il cibo che faccio sparire ogni volta e quanto sia rivoltante il solo pensare alla quantità di cibo sparito, e che trova tutto ciò stupido e senza senso specie considerando il fatto che seguo un regime alimentare normalmente ristretto.
Non so quanto lei creda al fatto che non vomito, non so da quanto effettivamente si sia accorta di tutto ma mi ha espressamente detto che sarebbe il caso di parlarne con qualcuno. Ma quello che non capisco e che non mi spiego è la sua reazione. Si è palesemente resa conto di qualcosa che non va, ma allora perchè reagire arrabbiandosi e umiliandoti più di quanto non possa già umiliarmi la situazione in se? E' giustificabile la sua reazione? Aiutatemi a capire.
[#1]
Gentile ragazza,
nei casi di disturbi alimentari, le figure genitoriali in genere hanno caratteristiche ben precise; si tratta di mamme invischiate e intrusive.
Questo significa che la mamma non è molto consapevole dell'effetto che tutto ciò ha su di te, nè delle dinamiche relazionali con te.
Uno dei trattamenti d'elezione per questo tipo di problemi è la terapia sistemica infatti, che metta davanti al problema tutta la famiglia in cui le relazioni sono malate e non solo chi è portatore del disagio col sintomo.
Ad ogni modo, comprendo la tua reazione per il comportamento della mamma, ma adesso è il caso di pensare a te: è indispensabile riprendere i contatti con lo psicologo psicoterapeuta. Se quello che avevi già incontrato non va bene nel senso che non ti sei trovata bene, puoi cambiarlo, ma è indispensabile un trattamento adeguato.
Sul fatto di piangere in terapia che cosa ti lascia perplessa?
nei casi di disturbi alimentari, le figure genitoriali in genere hanno caratteristiche ben precise; si tratta di mamme invischiate e intrusive.
Questo significa che la mamma non è molto consapevole dell'effetto che tutto ciò ha su di te, nè delle dinamiche relazionali con te.
Uno dei trattamenti d'elezione per questo tipo di problemi è la terapia sistemica infatti, che metta davanti al problema tutta la famiglia in cui le relazioni sono malate e non solo chi è portatore del disagio col sintomo.
Ad ogni modo, comprendo la tua reazione per il comportamento della mamma, ma adesso è il caso di pensare a te: è indispensabile riprendere i contatti con lo psicologo psicoterapeuta. Se quello che avevi già incontrato non va bene nel senso che non ti sei trovata bene, puoi cambiarlo, ma è indispensabile un trattamento adeguato.
Sul fatto di piangere in terapia che cosa ti lascia perplessa?
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#2]
Ex utente
Mi lascia perplessa il fatto che mi scoppia il pianto ogni volta che devo parlare più nei dettagli dell'alimentazione o ancora più facilmente quando mi viene chiesto della considerazione che ho di me e domande affini... Prima divento nervosa, faccio molta fatica a parlarne ma mi sforzo nonostante la voce tremante e le parole che mi vengono a stento, poi ad un certo punto non reggo più il peso della conversazione e crollo, poi non riesco più a parlare. Più che altro è il disagio che provo... mi fa sentire stupida e alquanto infantile, mi sembra anche fuori luogo.
Per lo psicologo non credo si tratti della persona sbagliata, è proprio il fatto di parlare di questi argomenti che mi resta così difficile. Ci ho provato, ho ceduto e non me la sento di riprovare.
Ora poi oltre il peso della situazione in sè (stare a dieta voler dimagrire ma trovarsi sempre al punto di partenza per le abbuffate) si è aggiunta mia madre.... Ma non ho intenzione di parlare apertamente di qeusta cosa, specie con lei.. Non a caso lei non sa nulla degli incontri (tranne del primo con la nutrizionista). Per questo mi piacerebbe sapere come gestirla e come comportarmi dato che in questo momento mi sento un po' tra due fuochi.
Per lo psicologo non credo si tratti della persona sbagliata, è proprio il fatto di parlare di questi argomenti che mi resta così difficile. Ci ho provato, ho ceduto e non me la sento di riprovare.
Ora poi oltre il peso della situazione in sè (stare a dieta voler dimagrire ma trovarsi sempre al punto di partenza per le abbuffate) si è aggiunta mia madre.... Ma non ho intenzione di parlare apertamente di qeusta cosa, specie con lei.. Non a caso lei non sa nulla degli incontri (tranne del primo con la nutrizionista). Per questo mi piacerebbe sapere come gestirla e come comportarmi dato che in questo momento mi sento un po' tra due fuochi.
[#3]
Gentile ragazza, concordo con il consiglio datole dalla collega Dott.a Pileci, ma vorrei integrarlo con un altro suggerimento.
I problemi del comportameno alimentare si compongono di vari disagi compresenti e per poterli fronteggiare e' preferibile rivolgersi ad una equipe specializzata
Si rivolga percio' alla ASL della sua citta' e chieda informazioni su un Centro specializzato in Disturbi del Comportamento alimentare.
In un contesto competente sapranno accogliere il suo disagio e la sua domanda.
I migliori saluti.
I problemi del comportameno alimentare si compongono di vari disagi compresenti e per poterli fronteggiare e' preferibile rivolgersi ad una equipe specializzata
Si rivolga percio' alla ASL della sua citta' e chieda informazioni su un Centro specializzato in Disturbi del Comportamento alimentare.
In un contesto competente sapranno accogliere il suo disagio e la sua domanda.
I migliori saluti.
Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132
[#4]
Cara Ragazza,
i disturbi del comportamento oro-alimentare, necessitano spesso di un lavoro ben fatto in equipe: endocrinologo, psicologo, dietologo, psichiatra.
Le dinamiche familiari di chi soffre di questa problematica sono sempre abbastanza complesse ed il cibo, ha un chiaro significato simbolico.
Il cibo, dovrebbe nutrire altro, un'anima sofferente e depauperata d'amore e di cure.
Anche l'affettività è un ambito di lavoro importante, affatto disgiunta dal rapporto con il cibo "indigesto"
i disturbi del comportamento oro-alimentare, necessitano spesso di un lavoro ben fatto in equipe: endocrinologo, psicologo, dietologo, psichiatra.
Le dinamiche familiari di chi soffre di questa problematica sono sempre abbastanza complesse ed il cibo, ha un chiaro significato simbolico.
Il cibo, dovrebbe nutrire altro, un'anima sofferente e depauperata d'amore e di cure.
Anche l'affettività è un ambito di lavoro importante, affatto disgiunta dal rapporto con il cibo "indigesto"
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
[#5]
Gentile ragazza,
anche il pianto ha un significato e c'è pianto e pianto.
Che tipo di pianto è il tuo?
Più che scappare dalla terapia, nonostante in questa fase possa indubbiamente essere dolorosa, sarebbe opportuno comprendere che cosa scatta in te, in maniera tale da ricostruire lo schema critico che ti spinge poi all'abbuffata.
Spesso possono associarsi emozioni di vergogna nel raccontare di sè e della relazione col corpo e col cibo. Tuttavia, anzichè perseverare nella modalità che già conosci bene e che ti porta a stare male e che alimenta vergogna e disagio, potresti anche valutare l'idea di attraversare questo momento doloroso con l'aiuto della psicologa che già ti segue. Questo soprattutto se ti sei trovata bene.
Le fughe dalla sofferenza non saranno terapeutiche e soprattutto ti rimetteranno di fronte al problema.
Invece con la cura che era già in atto potresti imparare a padroneggiare meglio il rapporto con il cibo, la gestione delle emozioni e la relazione con la mamma, prendendo le distanze dal suo modo di porsi con te e imparando a comunicare con lei in maniera diversa.
Considera inoltre che la dieta ferrea e l'eccessivo controllo sul cibo spalanca la porta alle abbuffate: se sei in ristrettezza, è chiaro che percepirai lo stimolo della fame in maniera alterato e magari con modalità di compensazione, non riuscendo più a controllarti.
Invece una rieducazione anche in questo senso, ti aiuterebbe a vedere il cibo come nutrimento e piacere. Tutta la parte che toglie sapore e piacere al cibo va modificata.
Prima di gettare la spugna per la ripresa della terapia, pur comprendendo che non te la senti, non sarebbe il caso di provare a riparlarne con la psicologa per capire meglio come puoi cambiare?
anche il pianto ha un significato e c'è pianto e pianto.
Che tipo di pianto è il tuo?
Più che scappare dalla terapia, nonostante in questa fase possa indubbiamente essere dolorosa, sarebbe opportuno comprendere che cosa scatta in te, in maniera tale da ricostruire lo schema critico che ti spinge poi all'abbuffata.
Spesso possono associarsi emozioni di vergogna nel raccontare di sè e della relazione col corpo e col cibo. Tuttavia, anzichè perseverare nella modalità che già conosci bene e che ti porta a stare male e che alimenta vergogna e disagio, potresti anche valutare l'idea di attraversare questo momento doloroso con l'aiuto della psicologa che già ti segue. Questo soprattutto se ti sei trovata bene.
Le fughe dalla sofferenza non saranno terapeutiche e soprattutto ti rimetteranno di fronte al problema.
Invece con la cura che era già in atto potresti imparare a padroneggiare meglio il rapporto con il cibo, la gestione delle emozioni e la relazione con la mamma, prendendo le distanze dal suo modo di porsi con te e imparando a comunicare con lei in maniera diversa.
Considera inoltre che la dieta ferrea e l'eccessivo controllo sul cibo spalanca la porta alle abbuffate: se sei in ristrettezza, è chiaro che percepirai lo stimolo della fame in maniera alterato e magari con modalità di compensazione, non riuscendo più a controllarti.
Invece una rieducazione anche in questo senso, ti aiuterebbe a vedere il cibo come nutrimento e piacere. Tutta la parte che toglie sapore e piacere al cibo va modificata.
Prima di gettare la spugna per la ripresa della terapia, pur comprendendo che non te la senti, non sarebbe il caso di provare a riparlarne con la psicologa per capire meglio come puoi cambiare?
[#6]
Ex utente
Non saprei definirlo precisamente, ma mi viene quando vengo sottoposta a lungo allo stress di parlare di ad argomenti per me difficili come il rapporto con il mio corpo e con il cibo oppure per un forte disagio o vergogna di fronte a qualche domanda retorica che mi viene posta (come quando la nutrizionista aveva intuito che c'era qualcosa sotto e mi aveva chiesto se mi era mai capitato di abbuffarmi e poi vomitare).
Quindi il modo per terere a bada i comportamenti esagerati (sono esagerati?) di mia madre sarebbe ritornare da uno psicologo anche individualmente e risolvere il problema? Almeno vorrei sapere come farle capire che è meglio evitare certe reazioni o certe accuse, non è piacevole vivere con l'ansia di "cosa potrebbe dire o fare se vede che ho mangiato questo o quello" in aggiunta all'ansia perenne di ricadere in altre abbuffate
Quindi il modo per terere a bada i comportamenti esagerati (sono esagerati?) di mia madre sarebbe ritornare da uno psicologo anche individualmente e risolvere il problema? Almeno vorrei sapere come farle capire che è meglio evitare certe reazioni o certe accuse, non è piacevole vivere con l'ansia di "cosa potrebbe dire o fare se vede che ho mangiato questo o quello" in aggiunta all'ansia perenne di ricadere in altre abbuffate
[#7]
Gentile ragazza,
per quanto riguarda la prima parte della tua risposta, ritengo sia davvero importante affrontare meglio il discorso in terapia.
Ma anche per quanto riguarda la seconda, credo sia importante, in questo momento, imparare in terapia a prendere le distanze dagli atteggiamenti della mamma.
La mamma non è controllabile, ma il tuo comportamento è certamente modificabile, anche per quanto riguarda l'atteggiamento davanti al cibo.
Quindi ti invito nuovamente a non abbandonare la terapia.
Saluti,
per quanto riguarda la prima parte della tua risposta, ritengo sia davvero importante affrontare meglio il discorso in terapia.
Ma anche per quanto riguarda la seconda, credo sia importante, in questo momento, imparare in terapia a prendere le distanze dagli atteggiamenti della mamma.
La mamma non è controllabile, ma il tuo comportamento è certamente modificabile, anche per quanto riguarda l'atteggiamento davanti al cibo.
Quindi ti invito nuovamente a non abbandonare la terapia.
Saluti,
Questo consulto ha ricevuto 7 risposte e 2.9k visite dal 07/04/2013.
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