Rapporto sentimentale tormentato e crisi di ansia
Salve, sono un ragazzo di 26 anni che da sei mesi a questa parte soffre di problemi legati all'ansia a causa di una relazione sentimentale tormentata. Fidanzato per più di un anno con una ragazza bulimica, a causa del lavoro che mi ha sempre preso molto, non sono mai riuscito a dedicarle molto tempo, seppure mi sia impegnato in ogni modo possibile per renderla felice, per farle capire quanto la amassi; ogni volta con insuccesso.Litigi su litigi fin dall'inizio perchè non sapevo starle accanto, perchè non ero presente, perchè non sapevo consigliarla o aiutarla sui sui disturbi legati all'alimentazione ( ha sempre sperato che, visto il mio lavoro in ambito sportivo, potessi darle dei suggerimenti per aiutarla ). Dal canto mio, forse sottovalutando il peso del suo disturbo, ho sempre cercato di darle forza facendo leva sul fatto che la sua volontà potesse essere la chiave di volta; ovviamente con risultati disastrosi.Fatto sta che dopo circa 9 mesi di relazione, in seguito a continui stress sia lavorativi, che insoddisfazione per una relazione che mi stava consumando, pur amandola, ho avuto una crisi di ansia dopo una discussione telefonica con lei.Da lì è cominciata la caduta, che ha richiesto dei mesi per riprendermi grazie anche all'aiuto di uno psichiatra.Tutt'ora ho strascichi come palpitazioni saltuarie che affronto,anche se con un pò di difficoltà, con la consapevolezza che tutto si autoalimenta nella mia testa.Il problema maggiore è il rapporto con questa persona.Sonno innamorato, ma mi sento dire in continuazione che sono inadeguato,un disastro, che non la faccio star bene,nonostante io abbia provato di tutto per farle capire quanto ci tengo.In seguito a tutto ciò ho dovuto ritrasferirmi dai miei,allontanandomi da lei.Siamo stati distanti 6 mesi circa, e in questi mesi abbiamo provato a riprenderci in ogni modo possibile, ma purtroppo puntualmente saltano fuori le stesse discussioni e gli stessi problemi.Sono arrivato a non risponderle al telefono, nei momenti in cui era agitata ( soffre anche lei di attacchi di ansia ) perchè già in passato, ogniqualvolta capitavano situazioni simili, non so come, ma finivo per farla agitare di più, pur provando a tranquillizzarla; senza contare la mia agitazione.Da un lato mi rendo conto di quanto la distanza e la tranquillità del mio contesto familiare e dei luoghi dove sono cresciuto mi rendano sereno, dall'altro la sua mancanza mi logora.Siamo entrambi innamorati ma non riusciamo ad avere un rapporto sereno, e questo ci sta distruggendo, sia mentalmente che fisicamente.A volte provo a convincermi che se fossi davvero convinto del nostro amore, supererei le nostre discussioni,ma spesso sbatto la testa contro la realtà : ci basta poco e nulla per discutere, e sono più i momenti di scontro che quelli di felicità
[#1]
Gentile ragazzon
Mi rendo conto dal tono emotivo che trasmette con la sua richiesta quanto questa situazione la faccia soffrire.
Forse ha preso un po' sottogamba la patologia dela sua ragazza ed e' rimasto intrappolato.
La strada migliore sarebbe che a "curare" la ragazza fosse uno psicologo e lei tornasse a fare il fidanzato e magari si riprendesse i suoi spazi.
Il suo sacrificio infatti non e' servito anzi l'ha frustrata come era quasi inevitabile.
Ha qualcuno a cui fare riferimento per sostenerla in questo periodo?
Mi rendo conto dal tono emotivo che trasmette con la sua richiesta quanto questa situazione la faccia soffrire.
Forse ha preso un po' sottogamba la patologia dela sua ragazza ed e' rimasto intrappolato.
La strada migliore sarebbe che a "curare" la ragazza fosse uno psicologo e lei tornasse a fare il fidanzato e magari si riprendesse i suoi spazi.
Il suo sacrificio infatti non e' servito anzi l'ha frustrata come era quasi inevitabile.
Ha qualcuno a cui fare riferimento per sostenerla in questo periodo?
Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132
[#2]
Caro ragazzo,
prima di questa relazione ha mai sofferto di ansia?
Si ritiene una persona normalmente tranquilla?
Purtroppo la bulimia è un problema molto grave in cui l'aspetto della relazione distorta con il cibo è solo una parte del problema. Esistono numerose altre dinamiche implicate nel disturbo della sua fidanzata che si riflettono, in larga misura, nella sfera affettivo-relazionale.
Il timore dell'abbandono e il bisogno di una relazione simbiotica potrebbero far parte di queste dinamiche a cui lei, con tutta la buona volontà e l'impegno, non può far fronte.
E' necessario che la sua ragazza venga presa in cura da un equipe multidisciplinare che possa aiutarla a guarire da questa sua malattia, perché è di una malattia che stiamo parlando.
Se la sua, di lei che scrive, ansia dipende da questo rapporto, senza risolvere il problema della sua ragazza lei rischia di rimanere "intrappolato" nelle dinamiche che riguardano lei (la sua ragazza) e non riuscire a superare il suo disagio di natura ansiosa.
Oltre allo psichiatra non ha pensato di contattare anche uno psicologo/psicoterapeuta?
Un caro saluto
prima di questa relazione ha mai sofferto di ansia?
Si ritiene una persona normalmente tranquilla?
Purtroppo la bulimia è un problema molto grave in cui l'aspetto della relazione distorta con il cibo è solo una parte del problema. Esistono numerose altre dinamiche implicate nel disturbo della sua fidanzata che si riflettono, in larga misura, nella sfera affettivo-relazionale.
Il timore dell'abbandono e il bisogno di una relazione simbiotica potrebbero far parte di queste dinamiche a cui lei, con tutta la buona volontà e l'impegno, non può far fronte.
E' necessario che la sua ragazza venga presa in cura da un equipe multidisciplinare che possa aiutarla a guarire da questa sua malattia, perché è di una malattia che stiamo parlando.
Se la sua, di lei che scrive, ansia dipende da questo rapporto, senza risolvere il problema della sua ragazza lei rischia di rimanere "intrappolato" nelle dinamiche che riguardano lei (la sua ragazza) e non riuscire a superare il suo disagio di natura ansiosa.
Oltre allo psichiatra non ha pensato di contattare anche uno psicologo/psicoterapeuta?
Un caro saluto
Dr. Roberto Callina - Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo
Specialista in psicoterapia dinamica - Milano
www.robertocallina.com
[#3]
Utente
Innanzitutto grazie delle risposte dr. Callina e dr. Esposito.
Non ho mai sofferto di ansia/panico prima dell'episodio specifico.Sono un ragazzo tendenzialmente timido, ma che con forza di volontà e lavoro su me stesso sono riuscito non solo a realizzare il sogno della mia vita ( fare il lavoro che facevo ), ma anche lavorare a contatto con le persone, che, visto il mio carattere introverso, mi è sempre sembrato un traguardo irragiungibile, e invece...Purtroppo gli strascichi che mi porto dietro sono alimentati dalla paura della paura di star male di nuovo.Il razionalizzare gran parte del mio malessere mi ha portato alla comprensione che è tutto frutto della mia suggestione, e questo mi ha aiutato ad uscirne per la maggior parte.
Quello che mi logora maggiormente è la continua dicotomia tra l'amore che provo per questa ragazza e gli stati che lei, anche involontariamente, genera in me.Mi rendo conto che quando non ci sentiamo sono più tranquillo,ma allo stesso tempo mi manca.Quando ci sentiamo invece finiamo puntualmente per distruggerci, perchè, a suo dire, io sono un fidanzato incapace di darle amore, di farla sentire amata, di darle attenzioni, di farla sentire speciale.Ho commesso tanti errori, è vero, ma mai intenzionalmente, e ho sempre cercato con tutto il cuore, anche sbagliando, di farle capire quanto ci tenessi..Forse ho sempre sperato che a passare fosse il valore simbolico più che il risultato.Avevamo deciso che, dopo essermi ripreso, avremmo recuperato il nostro rapporto andando a convivere, ma io sono paralizzato dalla paura di condannare lei, di condannare me.La convivenza è un passo importante, e non ci arriviamo con i migliori presupposti.Inoltre, venendo da un'esperienza familiare di genitori quasi separati in casa, che con questa loro scelta, volta apparentemente al bene dei figli, hanno causato enormi sofferenze anche a noi, ho paura che una convivenza, con presupposti come i nostri, non farebbe che sortire i medesimi risultati.
Ha senso che io continui ad illudermi che cambiando qualcosa nel mio modo di pormi verso di lei, cercando di essere più attento, più partecipe, le cose possano cambiare?Forse sto solo illudendo me stesso sperando in una risposta che già conosco...
Non ho mai sofferto di ansia/panico prima dell'episodio specifico.Sono un ragazzo tendenzialmente timido, ma che con forza di volontà e lavoro su me stesso sono riuscito non solo a realizzare il sogno della mia vita ( fare il lavoro che facevo ), ma anche lavorare a contatto con le persone, che, visto il mio carattere introverso, mi è sempre sembrato un traguardo irragiungibile, e invece...Purtroppo gli strascichi che mi porto dietro sono alimentati dalla paura della paura di star male di nuovo.Il razionalizzare gran parte del mio malessere mi ha portato alla comprensione che è tutto frutto della mia suggestione, e questo mi ha aiutato ad uscirne per la maggior parte.
Quello che mi logora maggiormente è la continua dicotomia tra l'amore che provo per questa ragazza e gli stati che lei, anche involontariamente, genera in me.Mi rendo conto che quando non ci sentiamo sono più tranquillo,ma allo stesso tempo mi manca.Quando ci sentiamo invece finiamo puntualmente per distruggerci, perchè, a suo dire, io sono un fidanzato incapace di darle amore, di farla sentire amata, di darle attenzioni, di farla sentire speciale.Ho commesso tanti errori, è vero, ma mai intenzionalmente, e ho sempre cercato con tutto il cuore, anche sbagliando, di farle capire quanto ci tenessi..Forse ho sempre sperato che a passare fosse il valore simbolico più che il risultato.Avevamo deciso che, dopo essermi ripreso, avremmo recuperato il nostro rapporto andando a convivere, ma io sono paralizzato dalla paura di condannare lei, di condannare me.La convivenza è un passo importante, e non ci arriviamo con i migliori presupposti.Inoltre, venendo da un'esperienza familiare di genitori quasi separati in casa, che con questa loro scelta, volta apparentemente al bene dei figli, hanno causato enormi sofferenze anche a noi, ho paura che una convivenza, con presupposti come i nostri, non farebbe che sortire i medesimi risultati.
Ha senso che io continui ad illudermi che cambiando qualcosa nel mio modo di pormi verso di lei, cercando di essere più attento, più partecipe, le cose possano cambiare?Forse sto solo illudendo me stesso sperando in una risposta che già conosco...
[#4]
"Forse sto solo illudendo me stesso sperando in una risposta che già conosco..."
Gentile ragazzo, noi non possiamo sapere/sentire quello che c'e nel suo cuore ma lei dovrebbe cercare di comprendere.
L'abitudine puo' essere una pessima compagna sia per le decisioni che per la comprensione.
E non e' il modo di porsi quello che fa la differenza: e' quello che si sente che determina il modo di porsi.
Si prenda una pausa, stabilitela insieme: un tempo adeguato nel quale rendervi conto come state se state lontani. Penso che per quanto doloroso possa essere una strada per arrivare ad una consapevolezza.
Per qualunque dubbio noi siamo qua, se possiam esserle utili.
I migliori saluti
Gentile ragazzo, noi non possiamo sapere/sentire quello che c'e nel suo cuore ma lei dovrebbe cercare di comprendere.
L'abitudine puo' essere una pessima compagna sia per le decisioni che per la comprensione.
E non e' il modo di porsi quello che fa la differenza: e' quello che si sente che determina il modo di porsi.
Si prenda una pausa, stabilitela insieme: un tempo adeguato nel quale rendervi conto come state se state lontani. Penso che per quanto doloroso possa essere una strada per arrivare ad una consapevolezza.
Per qualunque dubbio noi siamo qua, se possiam esserle utili.
I migliori saluti
[#5]
<<Ha senso che io continui ad illudermi che cambiando qualcosa nel mio modo di pormi verso di lei, cercando di essere più attento, più partecipe, le cose possano cambiare?>>
Caro ragazzo,
purtroppo non è cambiando il suo modo di porsi che può cancellare il disturbo della sua ragazza.
La sua ragazza ha senz'altro bisogno di aiuto ma non può essere lei a darglielo.
Lei le è stato vicino, ha cercato di tranquillizzarla... ma come vede non è servito a molto.
Condivido il consiglio che propone la collega che mi ha preceduto; prendetevi una pausa e cerchi di capire dentro il suo cuore cosa davvero è importante.
Ci tenga aggiornati, se crede.
Un caro saluto
Caro ragazzo,
purtroppo non è cambiando il suo modo di porsi che può cancellare il disturbo della sua ragazza.
La sua ragazza ha senz'altro bisogno di aiuto ma non può essere lei a darglielo.
Lei le è stato vicino, ha cercato di tranquillizzarla... ma come vede non è servito a molto.
Condivido il consiglio che propone la collega che mi ha preceduto; prendetevi una pausa e cerchi di capire dentro il suo cuore cosa davvero è importante.
Ci tenga aggiornati, se crede.
Un caro saluto
[#6]
Gentile Ragazzo,
Vivere ed amare una donna che soffre di bulimia non è affatto semplice, anzi è sempre più complesso e disfunzionale.
Consideri che lei non si sentirà mai adeguato, mai all' altezza del ruolo, che in realtà assumerà vari significati simbolici:
Lei sarà il fidanzato, il padre, la madre, un utero caldo nel quale rifuggiarsi, il cibo da ingerire e quello da vomitare.
Non si tormenti, non potrá mai assecondare il suo bisogno di oceanica e simbiotica fusione, lei non basterá mai , qualunque cosa dovesse fare o dire .
Inoltre più la sua ragazza proverá amore per lei, più avrà paura di non digerirlo e più avrà il bisogno di vomitato, ma lei non sará responsabile, stia sereno.
Condivido i suggerimenti dei Colleghi, sull' opportunitá di una cura per la sua fidanzata
Vivere ed amare una donna che soffre di bulimia non è affatto semplice, anzi è sempre più complesso e disfunzionale.
Consideri che lei non si sentirà mai adeguato, mai all' altezza del ruolo, che in realtà assumerà vari significati simbolici:
Lei sarà il fidanzato, il padre, la madre, un utero caldo nel quale rifuggiarsi, il cibo da ingerire e quello da vomitare.
Non si tormenti, non potrá mai assecondare il suo bisogno di oceanica e simbiotica fusione, lei non basterá mai , qualunque cosa dovesse fare o dire .
Inoltre più la sua ragazza proverá amore per lei, più avrà paura di non digerirlo e più avrà il bisogno di vomitato, ma lei non sará responsabile, stia sereno.
Condivido i suggerimenti dei Colleghi, sull' opportunitá di una cura per la sua fidanzata
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
[#7]
Utente
Gentili dottori, grazie per le risposte.Proveremo a prenderci una pausa valutando entrambi.
Volevo porvi due ultimi quesiti :
-La mia ragazza ha già effettuato consulti presso psicologi/psicoterapeuti in passato, spesso con esiti non incoraggianti.L'ultimo effettuato, presso un rinomato centro italiano, ha avuto come esito, da parte di uno specialista operante in tale centro, con una constatazione inaspettata : " cara ragazza, purtroppo il lavoro che lei ha fatto su se stessa è già abbastanza avanzato, per cui non credo di poterle fornire un aiuto sostanziale". La mia ragazza è una persona fortemente autocritica ( spesso al punto da mettersi in discussione eccessivamente, tant'è che i primi tempi mi lasciava costantemente solo per la paura di condannarmi ad una vita di coppia in cui i suoi problemi sarebbero stati insormontabili ), e nonostante il lavoro che compie su se stessa, lei ritiene che solamente "in coppia", con una persona accanto, determinate situazioni possano essere evitate.Forse sbaglierò, ma a volte ho l'impressione che in questo modo di vedere le cose, io sia più un ancora di salvezza, una persona a cui appoggiarsi, da cui ricevere sostegno, aiuto, consigli, piuttosto che un ragazzo con cui condividere le gioie della vita, oltre che i momenti di sconforto.Cosa ne pensate di ciò?
-Per quanto mi riguarda, quello che mi abbatte è anche l'aver perso completamente la mia autostima.Prima che mi capitasse la prima crisi di panico, mi sentivo forte, pienamente consapevole delle mie possibilità, incurante di malattie/problemi.Ho affrontato sempre situazioni di stress e pericolo con sicurezza, senza mai dubitare di potercela fare.Ora sembro solamente l'ombra di quell'uomo.La paura della paura di star male di nuovo spesso mi fa scattare un finto campanello d'allarme.Razionalizzando capisco che non c'è nulla da temere, ma è come se inconsciamente quel campanello d'allarme suonasse anche inconsapevolmente.Cose a cui prima non badavo minimamente, ora mi sembra di avvertirle, e pur provando a non badarci, ora mi sembra di "conviverci".Come posso tornare ad essere quel ragazzo che ero?Sto facendo un enorme lavoro su me stesso, sia attraverso letture che mi diano spunti per fare un percorso di introspezione, sia cercando di "vivere" ( qualche settimana fa ho ripercorso l'A1 per tornare a Milano da solo, cosa che prima facevo tranquillamente anche viaggiando di notte, e che ora mi crea qualche piccolo disagio ).Provo ad assaporare la vita,ad essere grato per tutto quello che ho,provo ad essere felice ( perchè ho capito che per essere felice basta sentirsi da persona felice ), eppure a volte ho sempre l'impressione che qualcosa sia cambiato.Sono io a condizionarmi anche su questo, oppure è davvero cambiato qualcosa in me?Tempo fa avevo letto che l'ideogramma cinese della parola "crisi" è composto da due parole : pericolo e opportunità.Sto cercando di far mia la seconda parola, ma sento ancora, a volte, il senso di pericolo dietro ogni opportunità; cosa a cui prima non avevo mai badato.
Scusate per il disturbo, e grazie ancora per la vostra gentilezza e disponibilità.Un caro saluto.
Volevo porvi due ultimi quesiti :
-La mia ragazza ha già effettuato consulti presso psicologi/psicoterapeuti in passato, spesso con esiti non incoraggianti.L'ultimo effettuato, presso un rinomato centro italiano, ha avuto come esito, da parte di uno specialista operante in tale centro, con una constatazione inaspettata : " cara ragazza, purtroppo il lavoro che lei ha fatto su se stessa è già abbastanza avanzato, per cui non credo di poterle fornire un aiuto sostanziale". La mia ragazza è una persona fortemente autocritica ( spesso al punto da mettersi in discussione eccessivamente, tant'è che i primi tempi mi lasciava costantemente solo per la paura di condannarmi ad una vita di coppia in cui i suoi problemi sarebbero stati insormontabili ), e nonostante il lavoro che compie su se stessa, lei ritiene che solamente "in coppia", con una persona accanto, determinate situazioni possano essere evitate.Forse sbaglierò, ma a volte ho l'impressione che in questo modo di vedere le cose, io sia più un ancora di salvezza, una persona a cui appoggiarsi, da cui ricevere sostegno, aiuto, consigli, piuttosto che un ragazzo con cui condividere le gioie della vita, oltre che i momenti di sconforto.Cosa ne pensate di ciò?
-Per quanto mi riguarda, quello che mi abbatte è anche l'aver perso completamente la mia autostima.Prima che mi capitasse la prima crisi di panico, mi sentivo forte, pienamente consapevole delle mie possibilità, incurante di malattie/problemi.Ho affrontato sempre situazioni di stress e pericolo con sicurezza, senza mai dubitare di potercela fare.Ora sembro solamente l'ombra di quell'uomo.La paura della paura di star male di nuovo spesso mi fa scattare un finto campanello d'allarme.Razionalizzando capisco che non c'è nulla da temere, ma è come se inconsciamente quel campanello d'allarme suonasse anche inconsapevolmente.Cose a cui prima non badavo minimamente, ora mi sembra di avvertirle, e pur provando a non badarci, ora mi sembra di "conviverci".Come posso tornare ad essere quel ragazzo che ero?Sto facendo un enorme lavoro su me stesso, sia attraverso letture che mi diano spunti per fare un percorso di introspezione, sia cercando di "vivere" ( qualche settimana fa ho ripercorso l'A1 per tornare a Milano da solo, cosa che prima facevo tranquillamente anche viaggiando di notte, e che ora mi crea qualche piccolo disagio ).Provo ad assaporare la vita,ad essere grato per tutto quello che ho,provo ad essere felice ( perchè ho capito che per essere felice basta sentirsi da persona felice ), eppure a volte ho sempre l'impressione che qualcosa sia cambiato.Sono io a condizionarmi anche su questo, oppure è davvero cambiato qualcosa in me?Tempo fa avevo letto che l'ideogramma cinese della parola "crisi" è composto da due parole : pericolo e opportunità.Sto cercando di far mia la seconda parola, ma sento ancora, a volte, il senso di pericolo dietro ogni opportunità; cosa a cui prima non avevo mai badato.
Scusate per il disturbo, e grazie ancora per la vostra gentilezza e disponibilità.Un caro saluto.
[#8]
Caro ragazzo,
La razionalizzazione e' un meccanismo di difesa che puo' creare problema. Si nasconde il proprio dolore dieto la razionalita' ma esso continua a lavorare dentro indisturbato.
Invece di razionalizzare e ripetersi frasi che "dovrebbero" servire a farla sentire meglio perche' non cerca di lasciare fluire le sue emozioni?
Puo' fare paura ma almeno le guarda in faccia e non le nega. La verita' e' la strada per stare meglio ..
Un'ultima idea: visto che sia lei che la sua ragazza avete gia' esperienza di psicoterapia perche' non tentate una terapia di coppia? Potrebbe essere molto utile a entrambi.
Un caro saluto
La razionalizzazione e' un meccanismo di difesa che puo' creare problema. Si nasconde il proprio dolore dieto la razionalita' ma esso continua a lavorare dentro indisturbato.
Invece di razionalizzare e ripetersi frasi che "dovrebbero" servire a farla sentire meglio perche' non cerca di lasciare fluire le sue emozioni?
Puo' fare paura ma almeno le guarda in faccia e non le nega. La verita' e' la strada per stare meglio ..
Un'ultima idea: visto che sia lei che la sua ragazza avete gia' esperienza di psicoterapia perche' non tentate una terapia di coppia? Potrebbe essere molto utile a entrambi.
Un caro saluto
[#9]
Caro ragazzo,
<<lei ritiene che solamente "in coppia", con una persona accanto, determinate situazioni possano essere evitate.Forse sbaglierò, ma a volte ho l'impressione che in questo modo di vedere le cose, io sia più un ancora di salvezza, una persona a cui appoggiarsi, da cui ricevere sostegno, aiuto, consigli, piuttosto che un ragazzo con cui condividere le gioie della vita, oltre che i momenti di sconforto.Cosa ne pensate di ciò?>>
Credo che lei abbia colto nel segno e non si sbagli affatto. Come le ha ben spiegato la collega, dr.ssa Randone, la "trappola" in cui lei è stato involontariamente stato catturato le farà ricoprire ruoli funzionali al bisogno della sua ragazza. Sarà padre, madre, cibo da ingerire e cibo da vomitare... e molto altro... ma non sarà mai solo un ragazzo con cui condividere le gioie della vita.
Il significato simbolico della bulimia, come le spiegavo nel primo post, si connota di dinamiche relazionali disfunzionali che ruotano intorno alle tematiche di abbandono e di simbiosi.
E' per questo che la sua ragazza non potrà darle quello che lei, giustamente, si aspetta; l'unica via di uscita è una cura terapeutica.
Mi sembra strano che in un centro specializzato in disturbi alimentari le abbiano detto che non possono fare nulla per lei... ne è certo?
Se così, comunque, fosse, consigli alla sua ragazza di bussare ad altre porte e di non arrendersi; lei (che scrive) potrà starle vicino nel percorso ma nulla di più, non deve permettere che la sua ragazza la "ingurgiti" e la "vomiti" a suo piacimento perché questo non fa bene a lei stessa e fa del male anche a lei (che scrive).
Per quanto riguarda la sua seconda domanda (<<Sono io a condizionarmi anche su questo, oppure è davvero cambiato qualcosa in me?>>), personalmente credo che l'esperienza relazionale che ha vissuto possa averla cambiata; si è caricato di un peso che, senza le opportune conoscenze e l'opportuno distacco emotivo, rischia di farla affondare.
Quindi proprio per questo mette in atto dei meccanismi di difesa, come le ha spiegato la dr.ssa Esposito, che cercano di "congelare" le emozioni nascondendole sotto la razionalità.
Il mio consiglio resta quello di rivolgersi ad un collega della sua zona per provare a prendere le distanze emotive dalla sua ragazza, che non significa abbandonarla, bensì imparare a starle accanto, se lo vorrà, senza, tuttavia, lasciarsi fagocitare da lei.
Le auguro davvero che possa presto ritrovare un po' di serenità.
Un caro saluto
<<lei ritiene che solamente "in coppia", con una persona accanto, determinate situazioni possano essere evitate.Forse sbaglierò, ma a volte ho l'impressione che in questo modo di vedere le cose, io sia più un ancora di salvezza, una persona a cui appoggiarsi, da cui ricevere sostegno, aiuto, consigli, piuttosto che un ragazzo con cui condividere le gioie della vita, oltre che i momenti di sconforto.Cosa ne pensate di ciò?>>
Credo che lei abbia colto nel segno e non si sbagli affatto. Come le ha ben spiegato la collega, dr.ssa Randone, la "trappola" in cui lei è stato involontariamente stato catturato le farà ricoprire ruoli funzionali al bisogno della sua ragazza. Sarà padre, madre, cibo da ingerire e cibo da vomitare... e molto altro... ma non sarà mai solo un ragazzo con cui condividere le gioie della vita.
Il significato simbolico della bulimia, come le spiegavo nel primo post, si connota di dinamiche relazionali disfunzionali che ruotano intorno alle tematiche di abbandono e di simbiosi.
E' per questo che la sua ragazza non potrà darle quello che lei, giustamente, si aspetta; l'unica via di uscita è una cura terapeutica.
Mi sembra strano che in un centro specializzato in disturbi alimentari le abbiano detto che non possono fare nulla per lei... ne è certo?
Se così, comunque, fosse, consigli alla sua ragazza di bussare ad altre porte e di non arrendersi; lei (che scrive) potrà starle vicino nel percorso ma nulla di più, non deve permettere che la sua ragazza la "ingurgiti" e la "vomiti" a suo piacimento perché questo non fa bene a lei stessa e fa del male anche a lei (che scrive).
Per quanto riguarda la sua seconda domanda (<<Sono io a condizionarmi anche su questo, oppure è davvero cambiato qualcosa in me?>>), personalmente credo che l'esperienza relazionale che ha vissuto possa averla cambiata; si è caricato di un peso che, senza le opportune conoscenze e l'opportuno distacco emotivo, rischia di farla affondare.
Quindi proprio per questo mette in atto dei meccanismi di difesa, come le ha spiegato la dr.ssa Esposito, che cercano di "congelare" le emozioni nascondendole sotto la razionalità.
Il mio consiglio resta quello di rivolgersi ad un collega della sua zona per provare a prendere le distanze emotive dalla sua ragazza, che non significa abbandonarla, bensì imparare a starle accanto, se lo vorrà, senza, tuttavia, lasciarsi fagocitare da lei.
Le auguro davvero che possa presto ritrovare un po' di serenità.
Un caro saluto
[#13]
Utente
Gentili dottori,
Vi aggiorno in merito agli ultimi avvenimenti.Un paio di giorni dopo il vostro consulto su questo portale, la mia ragazza mi contatta chiedendomi di voler parlare in serata.Al telefono vengo a sapere che avrebbe voluto farmi una sorpresa per il ponte del 25, venire giù da me, passare dei giorni con me, e che, proprio a fronte di ciò, per cercare di capire quali potessero essere i miei impegni, ha controllato la mia mail, scoprendo, appunto, questo consulto. Vi lascio immaginare la reazione.
A fronte di ciò, mi ha accusato di aver raccontato una versione parziale dei fatti, indi per cui, anche per correttezza verso di lei, mi appello alla vostra pazienza nel voler solo acoltare ( o meglio leggere ) un sunto veloce di quanto ho omesso ( non intenzionalmente ) nella prima parte del consulto.Sono nato e cresciuto in una famiglia di genitori che hanno seppellito il loro matrimonio in un rapporto di "condivisione" dello stesso luogo familiare solo per "il bene dei figli"; il loro amore è morto poco dopo il matrimonio.Mia madre è sempre stata, come la definisco scherzosamente, un tipo apprensivo e "fuori dagli schemi" ( per quanto concerne mentalità e comportamenti, qualcosa che mi richiederebbe un tempo infinito per essere descritto nel dettaglio; sappiate solo che probabilmente il suo carattere ha avuto dei risvolti importanti nella mia crescita). Sono venuto su come un ragazzo timido, insicuro, incapace di dialogare delle proprie emozioni con i miei famigliari, di esternarle e viverle serenamente.Parte di queste difficoltà sono emerse maggiormente nel rapporto con la mia attuale ragazza; prima di lei non ho mai dato molto peso ai rapporti, ma con lei è stato diverso : mi sono messo in gioco come mai prima d'ora. All'inizio ho provato a starle accanto cercando di incoraggiarla, scioccamente, sul fatto che avrebbe avuto la forza di risolvere da sola i suoi problemi.Ovviamente non era quello che lei voleva sentirsi rispondere.Del resto lei ha sempre pensato che non ne potesse uscire da questo disagio, che non bastasse la sua forza di volontà ( a causa anche di qualche terapista che, nella mia ignoranza, credo l'abbia scoraggiata piuttosto che incoraggiarla a credere in se stessa ), e ovviamente io che le rispondevo così non potevo che essere considerato se non come una persona che non ascolta o a cui non importa nulla di quelle che erano le sue esigenze e le sue difficoltà.Lei mi chiedeva A, e io le rispondevo B ( sia perchè credevo davvero in quello che le dicevo, sia perchè pensavo che dirle quello che lei si aspettava che le dicessi non sarebbe servito a molto ), con conseguenza che lei piangeva disperandosi e gridando, e io non ero più capace di riprenderla.Col tempo, pur provando a smussare quella "B" cercando di dare delle risposte più simile a quelle che potessero essere le sue esigenze di rassicurazioni in merito, gli esiti erano sempre i medesimi, e io sono finito sul punto di sentirmi talmente esasperato che finivo con lo stare zitto.Discussioni a tarda notte, dopo giornate di lavoro interminabili, che finivano nel pianto e nelle grida, e io non riuscivo a fare altro che stare zitto.Stava diventando un riflesso condizionato.So che la facevo star peggio, ma mi sentivo "inappropriato".Col passare del tempo, sono diventato muto anche alle sue chiamate di soccorso nel cuore della notte...mi sentivo come in una gabbia : fai e la fai star male; non fai e la fai star male; in ogni modo sbaglierai. Sono arrivato tanto a pensare ciò che probabilmente questa esasperazione tra l'amore che provavo e l'incompatibilità tra di noi mi stava portando a sentire il peso di un conflitto insanabile.Questo ovviamente mi ha portato ad avere anche problemi con i miei nel renderli partecipi del nostro rapporto, rimandando costantemente e generando sentimenti di sfiducia nella mia ragazza che soppesava la cosa come un "non ci tiene abbastanza a me"
Vi aggiorno in merito agli ultimi avvenimenti.Un paio di giorni dopo il vostro consulto su questo portale, la mia ragazza mi contatta chiedendomi di voler parlare in serata.Al telefono vengo a sapere che avrebbe voluto farmi una sorpresa per il ponte del 25, venire giù da me, passare dei giorni con me, e che, proprio a fronte di ciò, per cercare di capire quali potessero essere i miei impegni, ha controllato la mia mail, scoprendo, appunto, questo consulto. Vi lascio immaginare la reazione.
A fronte di ciò, mi ha accusato di aver raccontato una versione parziale dei fatti, indi per cui, anche per correttezza verso di lei, mi appello alla vostra pazienza nel voler solo acoltare ( o meglio leggere ) un sunto veloce di quanto ho omesso ( non intenzionalmente ) nella prima parte del consulto.Sono nato e cresciuto in una famiglia di genitori che hanno seppellito il loro matrimonio in un rapporto di "condivisione" dello stesso luogo familiare solo per "il bene dei figli"; il loro amore è morto poco dopo il matrimonio.Mia madre è sempre stata, come la definisco scherzosamente, un tipo apprensivo e "fuori dagli schemi" ( per quanto concerne mentalità e comportamenti, qualcosa che mi richiederebbe un tempo infinito per essere descritto nel dettaglio; sappiate solo che probabilmente il suo carattere ha avuto dei risvolti importanti nella mia crescita). Sono venuto su come un ragazzo timido, insicuro, incapace di dialogare delle proprie emozioni con i miei famigliari, di esternarle e viverle serenamente.Parte di queste difficoltà sono emerse maggiormente nel rapporto con la mia attuale ragazza; prima di lei non ho mai dato molto peso ai rapporti, ma con lei è stato diverso : mi sono messo in gioco come mai prima d'ora. All'inizio ho provato a starle accanto cercando di incoraggiarla, scioccamente, sul fatto che avrebbe avuto la forza di risolvere da sola i suoi problemi.Ovviamente non era quello che lei voleva sentirsi rispondere.Del resto lei ha sempre pensato che non ne potesse uscire da questo disagio, che non bastasse la sua forza di volontà ( a causa anche di qualche terapista che, nella mia ignoranza, credo l'abbia scoraggiata piuttosto che incoraggiarla a credere in se stessa ), e ovviamente io che le rispondevo così non potevo che essere considerato se non come una persona che non ascolta o a cui non importa nulla di quelle che erano le sue esigenze e le sue difficoltà.Lei mi chiedeva A, e io le rispondevo B ( sia perchè credevo davvero in quello che le dicevo, sia perchè pensavo che dirle quello che lei si aspettava che le dicessi non sarebbe servito a molto ), con conseguenza che lei piangeva disperandosi e gridando, e io non ero più capace di riprenderla.Col tempo, pur provando a smussare quella "B" cercando di dare delle risposte più simile a quelle che potessero essere le sue esigenze di rassicurazioni in merito, gli esiti erano sempre i medesimi, e io sono finito sul punto di sentirmi talmente esasperato che finivo con lo stare zitto.Discussioni a tarda notte, dopo giornate di lavoro interminabili, che finivano nel pianto e nelle grida, e io non riuscivo a fare altro che stare zitto.Stava diventando un riflesso condizionato.So che la facevo star peggio, ma mi sentivo "inappropriato".Col passare del tempo, sono diventato muto anche alle sue chiamate di soccorso nel cuore della notte...mi sentivo come in una gabbia : fai e la fai star male; non fai e la fai star male; in ogni modo sbaglierai. Sono arrivato tanto a pensare ciò che probabilmente questa esasperazione tra l'amore che provavo e l'incompatibilità tra di noi mi stava portando a sentire il peso di un conflitto insanabile.Questo ovviamente mi ha portato ad avere anche problemi con i miei nel renderli partecipi del nostro rapporto, rimandando costantemente e generando sentimenti di sfiducia nella mia ragazza che soppesava la cosa come un "non ci tiene abbastanza a me"
[#14]
Utente
Mi vergogno di quanto scrivo, ma, come vi dicevo, pur non ritenendola una giustificazione,l'esasperazione mi ha portato ad abbandonarla nei momenti di maggiore crisi.Forse complice un vissuto familiare in cui, quando mia madre gridava e si disperava, mio padre si volgeva e stava in silenzio, o complice il sentimento di incapacità dinanzi a tutto ciò che si era impossessato di me, ho finito per diventare sordo alle sue richieste nei momenti del bisogno.
Mi vergogno ancora di ciò.Io non sono mai stato così...
Ci tenevo a rendervi partecipe di alcuni di questi particolari anche per correttezza nei suoi confronti.Adesso forse il quadro vi sarà un pò più chiaro, o probabilmente questo sarà servito a poco.In ogni caso, vi ringrazio anticipatamente anche questa volta per le risposte
Mi vergogno ancora di ciò.Io non sono mai stato così...
Ci tenevo a rendervi partecipe di alcuni di questi particolari anche per correttezza nei suoi confronti.Adesso forse il quadro vi sarà un pò più chiaro, o probabilmente questo sarà servito a poco.In ogni caso, vi ringrazio anticipatamente anche questa volta per le risposte
[#15]
Caro ragazzo,
Non ho capito il bisogno che l'ha portata a scrivere questa precisazione.
Si sente in colpa?
Lei non aveva il "dovere" di ascoltare e assecondare la sua ragazza.
La sua ragazza ha dei problemi che vanno affrontati in contesti adatti e da persone preparate a farlo.
Lei doveva fare il fidanzato e mi sembra anche sano che il suo inconscio si sia ribellato a vederla assumersi un onere che non aveva ne' risorse ne' competenza per assumersi.
Si faccia una ragione di questo!
I migliori saluti.
Non ho capito il bisogno che l'ha portata a scrivere questa precisazione.
Si sente in colpa?
Lei non aveva il "dovere" di ascoltare e assecondare la sua ragazza.
La sua ragazza ha dei problemi che vanno affrontati in contesti adatti e da persone preparate a farlo.
Lei doveva fare il fidanzato e mi sembra anche sano che il suo inconscio si sia ribellato a vederla assumersi un onere che non aveva ne' risorse ne' competenza per assumersi.
Si faccia una ragione di questo!
I migliori saluti.
[#16]
Gentile Ragazzo,
come la Collega, non comprendo questa sua ulteriore precisazione, come se si desse le colpe del disagio della sua fidanzata, che sembra esistere e soprattutto mantenersi anche senza di lei.
Lei non può e non deve fare il terapeuta della sua fidanzata, ma come sta facendo già, può amorevolmente preoccuparsi.
La sua richiesta di consulenza, depone a suo favore, non a suo sfavore
come la Collega, non comprendo questa sua ulteriore precisazione, come se si desse le colpe del disagio della sua fidanzata, che sembra esistere e soprattutto mantenersi anche senza di lei.
Lei non può e non deve fare il terapeuta della sua fidanzata, ma come sta facendo già, può amorevolmente preoccuparsi.
La sua richiesta di consulenza, depone a suo favore, non a suo sfavore
[#17]
Utente
La precisazione è dovuta al fatto che mi sono sentito ingiusto verso di lei : probabilmente se non avessi precisato la natura del suo disturbo, il consulto sarebbe vertito su altri fattori che, comunque, avrebbero esulato una giustificazione basata sul disturbo di cui soffre la mia ragazza.Purtroppo tutto ciò mi genera frustrazione e senso di colpa : frustrazione perchè i miei sentimenti sono sinceri e autentici, ma sembrano indisposti nel momento in cui si tratta di manifestarli e renderli palesi ; colpa perchè ho sempre e comunque la sensazione di "non aver fatto abbastana". Al di là di quelli che possono essere i problemi di cui lei soffre, l'amore che provo mi porta a sperare che ci sia sempre una soluzione, che ci sia sempre un " magari facendo così piuttosto che.. "grazie al quale riuscire a trovare una sorta di ordine a tutto ciò.
Io non sto facendo nè voglio fare il terapeuta della mia ragazza; credo anzi che per quello che è stato il suo percorso, io possa fare ben poco se non accompagnarla.Ed è questa l'unica cosa che vorrei fare : accompagnarla facendola sentire amata.Facendole capire solo che io, con i miei difetti, con le mie incapacità, ci sono e voglio esserci per lei.Non riuscendoci, mi sento svilito.Come mi svilisce il constatare quello che sembra semplicemente un " fattene una ragione, è così, non puoi cambiare le cose".
Lungi dal voler essere, come vi ho scritto, il suo terapeuta, o altro, c'è qualcosa che io potrei fare di concreto per lei?E' davvero possibile che tutto ciò che io faccia, o possa mai fare, non le basterà mai?Non riesco a capacitarmene...
Vi chiedo scusa per il mio "accanimento"...e vi ringrazio come sempre per la vostra disponibilità.
Un caro saluto..
Io non sto facendo nè voglio fare il terapeuta della mia ragazza; credo anzi che per quello che è stato il suo percorso, io possa fare ben poco se non accompagnarla.Ed è questa l'unica cosa che vorrei fare : accompagnarla facendola sentire amata.Facendole capire solo che io, con i miei difetti, con le mie incapacità, ci sono e voglio esserci per lei.Non riuscendoci, mi sento svilito.Come mi svilisce il constatare quello che sembra semplicemente un " fattene una ragione, è così, non puoi cambiare le cose".
Lungi dal voler essere, come vi ho scritto, il suo terapeuta, o altro, c'è qualcosa che io potrei fare di concreto per lei?E' davvero possibile che tutto ciò che io faccia, o possa mai fare, non le basterà mai?Non riesco a capacitarmene...
Vi chiedo scusa per il mio "accanimento"...e vi ringrazio come sempre per la vostra disponibilità.
Un caro saluto..
[#18]
Caro ragazzo,
a me sembra che tutto ciò che è in suo potere fare lo stia già facendo.
Allo stesso modo, è sicuro che quanto lei stia facendo o farà non basterà; ma questo non è un suo limite, questo è un limite del disturbo di cui soffre la sua ragazza.
La sua ragazza ha, sicuramente, bisogno di una persona al suo fianco che la incoraggi e che condivida con lei le sue sofferenze; allo stesso tempo ha, però, bisogno di cure adeguate che lei (che scrive) con tutta la buona volontà non può darle.
In tutto questo suo voler chiarire ed aggiungere precisazioni, mi sfugge ora una cosa: la sua ragazza è ancora seguita da uno psicoterapeuta o, da quando non è stata "accolta" presso la struttura di cui scriveva, non ha più fatto nulla?
Un caro saluto
a me sembra che tutto ciò che è in suo potere fare lo stia già facendo.
Allo stesso modo, è sicuro che quanto lei stia facendo o farà non basterà; ma questo non è un suo limite, questo è un limite del disturbo di cui soffre la sua ragazza.
La sua ragazza ha, sicuramente, bisogno di una persona al suo fianco che la incoraggi e che condivida con lei le sue sofferenze; allo stesso tempo ha, però, bisogno di cure adeguate che lei (che scrive) con tutta la buona volontà non può darle.
In tutto questo suo voler chiarire ed aggiungere precisazioni, mi sfugge ora una cosa: la sua ragazza è ancora seguita da uno psicoterapeuta o, da quando non è stata "accolta" presso la struttura di cui scriveva, non ha più fatto nulla?
Un caro saluto
[#19]
Gentile ragazzo,
Percepisco le difficolta' fra le quali si destreggia e vorrei poterle essere utile con delle informazioni operative.
Ma provo difficolta' nel comunicargliele perche' continuo a sentirla totalmente "oblativo".
E questo atteggiamento "emotivo" e' quello su cui vorrei che riflettesse.
E' un atteggiamento controproducente per il tipo di disagio che vive la sua ragazza. Non le giova (alla sua ragazza).
Il mio invito torna ad essere quello di esortarla a mantenere il vostro rapporto su una assoluta parita' in cui ci sia una particolare e costante attenzione alla reciprocita' di 'cure" e di sentimenti.
I migliori saluti
Percepisco le difficolta' fra le quali si destreggia e vorrei poterle essere utile con delle informazioni operative.
Ma provo difficolta' nel comunicargliele perche' continuo a sentirla totalmente "oblativo".
E questo atteggiamento "emotivo" e' quello su cui vorrei che riflettesse.
E' un atteggiamento controproducente per il tipo di disagio che vive la sua ragazza. Non le giova (alla sua ragazza).
Il mio invito torna ad essere quello di esortarla a mantenere il vostro rapporto su una assoluta parita' in cui ci sia una particolare e costante attenzione alla reciprocita' di 'cure" e di sentimenti.
I migliori saluti
[#20]
Utente
@ Dottor Callina : L'episodio di cui le ho parlato ha rappresentato uno degli ultimi, in ordine cronologico (almeno che io sappia), incontri con uno psicoterapeuta. Negli anni si è affidata anche ad altri specialisti,e di certo non posso imputarle di non aver mai provato ad affidarsi ad uno specialista per un consulto.
Subito dopo averla conosciuta, circa un paio di mesi dopo, mi proposi di accompagnarla da uno psicoterapeuta.L'esito non fu dei migliori, in quanto ad incoraggiamento : dopo averle ribadito il fatto che il suo è un disturbo da cui è difficilissimo uscirne, o comunque se ne esce solo in parte, l'aveva dissuasa dall'idea di fare lunghe terapie con l'ausilio di familiari e amici sia per questioni prettamente economiche sia per dilatazione dei tempi.Al tempo, immediatamente dopo la seduta, io cercai di incoraggiarla, ma l'esito non fu dei migliori, ma potevo capire quale fosse il suo umore al tempo.
Ha riprovato poi a distanza di mesi affidandosi ad una nuova psicoterapeuta ( il cambiamento fu dovuto più che altro a questioni logistiche legate alla distanza rispetto all'ubicazione del precedente e alla conseguente poca praticità ).Quest'ultima impostò un percorso basato più che altro su "espedienti" atti ad aggirare il disturbo qualora insorgesse.Anche in quel caso, le venne dato poco o scarso conforto in merito alla possibilità di uscire da questa situazione.
La mia ragazza aveva deciso di provarci di nuovo, comunque, perchè constatando l'importanza che stava assumendo il nostro rapporto, voleva farlo "per noi", per cercare di superare questo mostro che si porta dietro da più di otto anni.C'è da dire che gli espedienti che le vennero forniti ebbero scarsi riscontri pratici.
Premetto anche un'altra cosa : i momenti più tragici per la mia ragazza sono i week-end.Vivendo da sola, e lavorando durante la settimana, i weekend la spaventano proprio perchè si ritrova con se stessa.E' in quei momenti che, soprattutto in concomitanza con situazioni di agitazione, che possono scattare le crisi.Ciononostante nel tempo è riuscita a fare dei passi avanti da gigante : all'inzio le abbuffate erano frequenti, circa 2-3 volte in una settimana.Poi è arrivata a ridurle drasticamente,con periodi anche di più settimane senza abbuffarsi; questo soprattutto in funzione del nostro stato emotivo : maggiore era la tranquillità di coppia, maggiori erano le forse che lei aveva per superare le crisi.E' riuscita anche da sola a convogliare le crisi, qualora insorgano, su alimenti "più salutari" come frutta e verdura; nonostante l'atto in se permanga, e le modalità siano le stesse, almeno è riuscita a convogliare il tutto su alimenti che non la danneggino eccessivamente.
Attualmente non è comunque seguita da uno psicoterapeuta.Credo che si sia rassegnata all'eventualità di doverci convivere, magari facendo dei piccoli passi in avanti,ma senza mai riuscire a debellare questo mostro.
Subito dopo averla conosciuta, circa un paio di mesi dopo, mi proposi di accompagnarla da uno psicoterapeuta.L'esito non fu dei migliori, in quanto ad incoraggiamento : dopo averle ribadito il fatto che il suo è un disturbo da cui è difficilissimo uscirne, o comunque se ne esce solo in parte, l'aveva dissuasa dall'idea di fare lunghe terapie con l'ausilio di familiari e amici sia per questioni prettamente economiche sia per dilatazione dei tempi.Al tempo, immediatamente dopo la seduta, io cercai di incoraggiarla, ma l'esito non fu dei migliori, ma potevo capire quale fosse il suo umore al tempo.
Ha riprovato poi a distanza di mesi affidandosi ad una nuova psicoterapeuta ( il cambiamento fu dovuto più che altro a questioni logistiche legate alla distanza rispetto all'ubicazione del precedente e alla conseguente poca praticità ).Quest'ultima impostò un percorso basato più che altro su "espedienti" atti ad aggirare il disturbo qualora insorgesse.Anche in quel caso, le venne dato poco o scarso conforto in merito alla possibilità di uscire da questa situazione.
La mia ragazza aveva deciso di provarci di nuovo, comunque, perchè constatando l'importanza che stava assumendo il nostro rapporto, voleva farlo "per noi", per cercare di superare questo mostro che si porta dietro da più di otto anni.C'è da dire che gli espedienti che le vennero forniti ebbero scarsi riscontri pratici.
Premetto anche un'altra cosa : i momenti più tragici per la mia ragazza sono i week-end.Vivendo da sola, e lavorando durante la settimana, i weekend la spaventano proprio perchè si ritrova con se stessa.E' in quei momenti che, soprattutto in concomitanza con situazioni di agitazione, che possono scattare le crisi.Ciononostante nel tempo è riuscita a fare dei passi avanti da gigante : all'inzio le abbuffate erano frequenti, circa 2-3 volte in una settimana.Poi è arrivata a ridurle drasticamente,con periodi anche di più settimane senza abbuffarsi; questo soprattutto in funzione del nostro stato emotivo : maggiore era la tranquillità di coppia, maggiori erano le forse che lei aveva per superare le crisi.E' riuscita anche da sola a convogliare le crisi, qualora insorgano, su alimenti "più salutari" come frutta e verdura; nonostante l'atto in se permanga, e le modalità siano le stesse, almeno è riuscita a convogliare il tutto su alimenti che non la danneggino eccessivamente.
Attualmente non è comunque seguita da uno psicoterapeuta.Credo che si sia rassegnata all'eventualità di doverci convivere, magari facendo dei piccoli passi in avanti,ma senza mai riuscire a debellare questo mostro.
[#21]
Caro ragazzo,
torno a dirle quanto già detto: lei ha fatto e sta facendo quanto nelle sue possibilità.
Temo che non le sia chiaro quale dovrebbe essere il giusto equilibrio tra lei e la sua ragazza; il rapporto dovrebbe essere paritetico, con pari investimento emotivo da parte di entrambi e, invece, a me sembra che lei cerchi di dare amore e devozione senza attendersi nulla in cambio... ma questo suo atteggiamento non aiuta né lei ne la sua ragazza.
Forse non è un caso, in questa prospettiva, che stiamo ancora parlando del disturbo della sua ragazza mettendo in secondo piano il motivo del suo consulto: "Rapporto sentimentale tormentato e crisi di ansia".
La sua ansia è passata in secondo piano così come, in un certo senso, è passato in secondo piano il rapporto sentimentale tormentato; ciò che è rimasto protagonista nel susseguirsi dei post è il disturbo della sua ragazza che, mi permetta, sembra essere il protagonista anche della vostra relazione!
Unendomi quindi al consiglio della collega, dr.ssa Esposito, la esorto a mantenere il rapporto su un piano di parità, laddove i suoi (di lei che scrive) bisogni non devono essere soffocati dall'attenzione per il disagio che vive la sua ragazza la quale, torno a ripetere, avrebbe necessità di rivolgersi ad uno psicologo/psicoterapeuta per le cure del caso.
Un caro saluto
torno a dirle quanto già detto: lei ha fatto e sta facendo quanto nelle sue possibilità.
Temo che non le sia chiaro quale dovrebbe essere il giusto equilibrio tra lei e la sua ragazza; il rapporto dovrebbe essere paritetico, con pari investimento emotivo da parte di entrambi e, invece, a me sembra che lei cerchi di dare amore e devozione senza attendersi nulla in cambio... ma questo suo atteggiamento non aiuta né lei ne la sua ragazza.
Forse non è un caso, in questa prospettiva, che stiamo ancora parlando del disturbo della sua ragazza mettendo in secondo piano il motivo del suo consulto: "Rapporto sentimentale tormentato e crisi di ansia".
La sua ansia è passata in secondo piano così come, in un certo senso, è passato in secondo piano il rapporto sentimentale tormentato; ciò che è rimasto protagonista nel susseguirsi dei post è il disturbo della sua ragazza che, mi permetta, sembra essere il protagonista anche della vostra relazione!
Unendomi quindi al consiglio della collega, dr.ssa Esposito, la esorto a mantenere il rapporto su un piano di parità, laddove i suoi (di lei che scrive) bisogni non devono essere soffocati dall'attenzione per il disagio che vive la sua ragazza la quale, torno a ripetere, avrebbe necessità di rivolgersi ad uno psicologo/psicoterapeuta per le cure del caso.
Un caro saluto
[#22]
Utente
Cari Dottori,
Vorrei condividere con voi l'ultimo aggiornamento in merito alla questione propostavi qualche tempo fa.
Probabilmente il voler precisare, in uno degli ultimi post, anche le mie mancanze è stato un modo per "espiare" quel senso di colpa dovuto al fatto di aver riversato sulla mia ragazza tutte le responsabilità per una situazione dovuta anche e sopratutto a mie indecisioni.
So che con il senno di poi, ogni considerazione lascia il tempo che trova, e l'unico insegnamento che posso trarre da tutto ciò è cercare di capire sempre meglio chi sono e cosa voglio nella mia vita.Probabilmente se questo fosse stato ben chiaro fin dall'inizio, sarei riuscito ad impostare il nostro rapporto diversamente.Non cerco di autocolpevolizzarmi, ma semplicemente di capire dove avrei potuto far meglio, e, laddove non l'ho fatto, perchè.
Ieri la mia ragazza è stata molto male : ha avuto un forte attacco di panico come mai prima d'ora.Lo spavento che ha avuto l'ha fatta vacillare : generalmente il suo carattere forte le permette sempre di gestire le situazioni di panico ; questa volta invece ha avuto bisogno di ricorrere alla sua famiglia per calmarsi.
Io sono, malgrado, co-fautore di questa situazione perchè ho contribuito a mantener vivo un rapporto a distanza con innumerevoli tentativi di riavvicinamento/riallontanamento : riavvicinandoci quando l'assensa dell'altr diventa insostenibile, con la speranza di superare gli errori precedentemente commessi; riallontanandoci quando per l'ennesima volta sbattevamo la testa contro la realtà. Come ho ribadito, questa situazione è perdurata per circa 6 mesi, lasciando per entrambi sempre una porta semichiusa che non ha permesso a nessuno dei due di poter fare davvero mente locale.Nonostante le ripromesse,ci siamo comportati come due adolescenti, senza riuscire a mantenere nessun proposito avanzato nel tempo, anche quello semplice di prenderci un periodo di separazione per valutare le cose.
Faccio molta fatica ad accettare l'idea che sia davvero meglio per il bene di entrambi chiudere questa relazione. Mi accorgo che nonostante gli sforzi, nel momento in cui si affrontano determinati argomenti, al di là della sua bulimia, che forse rappresentava solo il mio pretesto per mascherare le mie insicurezze, viaggiamo su due mondi che a volte divergono inesorabilmente.Dopo la mia prima crisi di panico, ho capito cosa "non voglio" dalla mia vita, ma sono ancora confuso su quello che voglio davvero. Mi sembra di aver perso la rotta di me stesso!Quello che mi spiazza maggiormente è constatare che per me ritornare a Milano cammina di pari passo con il ritornare da lei.Oramai sono incapace di concepire una mia realizzazione personale e professionale che prescinda da lei.Non so come ritrovare me stesso, e finchè non lo capirò probabilmente vedrò da un lato il nostro rapporto come una sorta di "ancora" per riprendere in mano la mia vita ( l'idea di una convivenza, un matrimonio, una famiglia, cose che ho sempre voluto e che con lei ho affrontato concretamente/l'idea di realizzarmi professionalmente, visto che le possibilità di lavoro che Milano offre sono maggiori rispetto a quelle che il mio contesto propone/l'idea di sentirmi un individuo finalmente completo),dall'altro come l'unica alternativa ad una situazione di "stasi" che ora non riesco a definire in nessun modo.
In ogni caso,a questo punto, è meglio, probabilmente, chiudere la nostra relazione.
Vorrei condividere con voi l'ultimo aggiornamento in merito alla questione propostavi qualche tempo fa.
Probabilmente il voler precisare, in uno degli ultimi post, anche le mie mancanze è stato un modo per "espiare" quel senso di colpa dovuto al fatto di aver riversato sulla mia ragazza tutte le responsabilità per una situazione dovuta anche e sopratutto a mie indecisioni.
So che con il senno di poi, ogni considerazione lascia il tempo che trova, e l'unico insegnamento che posso trarre da tutto ciò è cercare di capire sempre meglio chi sono e cosa voglio nella mia vita.Probabilmente se questo fosse stato ben chiaro fin dall'inizio, sarei riuscito ad impostare il nostro rapporto diversamente.Non cerco di autocolpevolizzarmi, ma semplicemente di capire dove avrei potuto far meglio, e, laddove non l'ho fatto, perchè.
Ieri la mia ragazza è stata molto male : ha avuto un forte attacco di panico come mai prima d'ora.Lo spavento che ha avuto l'ha fatta vacillare : generalmente il suo carattere forte le permette sempre di gestire le situazioni di panico ; questa volta invece ha avuto bisogno di ricorrere alla sua famiglia per calmarsi.
Io sono, malgrado, co-fautore di questa situazione perchè ho contribuito a mantener vivo un rapporto a distanza con innumerevoli tentativi di riavvicinamento/riallontanamento : riavvicinandoci quando l'assensa dell'altr diventa insostenibile, con la speranza di superare gli errori precedentemente commessi; riallontanandoci quando per l'ennesima volta sbattevamo la testa contro la realtà. Come ho ribadito, questa situazione è perdurata per circa 6 mesi, lasciando per entrambi sempre una porta semichiusa che non ha permesso a nessuno dei due di poter fare davvero mente locale.Nonostante le ripromesse,ci siamo comportati come due adolescenti, senza riuscire a mantenere nessun proposito avanzato nel tempo, anche quello semplice di prenderci un periodo di separazione per valutare le cose.
Faccio molta fatica ad accettare l'idea che sia davvero meglio per il bene di entrambi chiudere questa relazione. Mi accorgo che nonostante gli sforzi, nel momento in cui si affrontano determinati argomenti, al di là della sua bulimia, che forse rappresentava solo il mio pretesto per mascherare le mie insicurezze, viaggiamo su due mondi che a volte divergono inesorabilmente.Dopo la mia prima crisi di panico, ho capito cosa "non voglio" dalla mia vita, ma sono ancora confuso su quello che voglio davvero. Mi sembra di aver perso la rotta di me stesso!Quello che mi spiazza maggiormente è constatare che per me ritornare a Milano cammina di pari passo con il ritornare da lei.Oramai sono incapace di concepire una mia realizzazione personale e professionale che prescinda da lei.Non so come ritrovare me stesso, e finchè non lo capirò probabilmente vedrò da un lato il nostro rapporto come una sorta di "ancora" per riprendere in mano la mia vita ( l'idea di una convivenza, un matrimonio, una famiglia, cose che ho sempre voluto e che con lei ho affrontato concretamente/l'idea di realizzarmi professionalmente, visto che le possibilità di lavoro che Milano offre sono maggiori rispetto a quelle che il mio contesto propone/l'idea di sentirmi un individuo finalmente completo),dall'altro come l'unica alternativa ad una situazione di "stasi" che ora non riesco a definire in nessun modo.
In ogni caso,a questo punto, è meglio, probabilmente, chiudere la nostra relazione.
[#23]
Utente
Gentili dottori,
Vi scrivo dopo poco più di un mese per chiedervi consiglio su una questione che non riguarda più il rapporto con la mia ragazza.Di qui ad una settimana mi appresto a ritrasferirmi per cercare lavoro, provando a ricomporre la mia vita un pò alla volta.
C'è qualcosa però che non mi è ancora ben chiaro e vorrei un parere : faccio ancora fatica ad esternare le emozioni, soprattutto quelle più semplici e "naturali" come il pianto e la gioia. Mi sembra assurdo da spiegare ma, a tutti gli effetti, non riesco più ad esternare liberamente emozioni di dolore attraverso il pianto.Ogni volta che sono sul punto di piangere, sento quasi un blocco, all'altezza del plesso solare/ torace e delle cavità nasali. Le lacrime fuoriescono a malapena, e comunque, anche quando cominciano a sgorgare, comincio a sentire una costrizione alle zone suddette.E' una sensazione strana, soprattutto considerando che prima che accadesse la prima crisi, non avevo mai avvertito una tale sensazione, e soprattutto il pianto era un atto liberatorio puro. Fenomeno analogo nelle situazioni di gioia, o semplicemente ridendo di gusto : prima riuscivo a ridere fino ad avere crampi all'addome e lacrime agli occhi, ora a parte una smorfia accennata sul viso, avverto sensazioni analoghe a quelle di costrizione che sento nel pianto. Quando ho cominciato la cura farmacologica, all'alba delle crisi di ansia, avevo imputato queste "inibizioni" alla cura in se che dava la sensazione di essere "sedato".Ma oramai sono 4 mesi che ho staccato con la cura,e ad oggi sento ancora presenti queste inibizioni.Vorrei piangere a volte, ma non riesco a lasciarmi andare come vorrei; vorrei ridere di gusto,ma uguale.Sorvolando sulle altre emozioni, che anche in passato ho più o meno controllato, queste semplici e pure forme di esternazione emotiva che prima rappresentavano le uniche valvole di sfogo ora sembrano limitate e ridimensionate oltremodo. Sento che vorrei "andare oltre",ma non ci riesco..
Vi scrivo dopo poco più di un mese per chiedervi consiglio su una questione che non riguarda più il rapporto con la mia ragazza.Di qui ad una settimana mi appresto a ritrasferirmi per cercare lavoro, provando a ricomporre la mia vita un pò alla volta.
C'è qualcosa però che non mi è ancora ben chiaro e vorrei un parere : faccio ancora fatica ad esternare le emozioni, soprattutto quelle più semplici e "naturali" come il pianto e la gioia. Mi sembra assurdo da spiegare ma, a tutti gli effetti, non riesco più ad esternare liberamente emozioni di dolore attraverso il pianto.Ogni volta che sono sul punto di piangere, sento quasi un blocco, all'altezza del plesso solare/ torace e delle cavità nasali. Le lacrime fuoriescono a malapena, e comunque, anche quando cominciano a sgorgare, comincio a sentire una costrizione alle zone suddette.E' una sensazione strana, soprattutto considerando che prima che accadesse la prima crisi, non avevo mai avvertito una tale sensazione, e soprattutto il pianto era un atto liberatorio puro. Fenomeno analogo nelle situazioni di gioia, o semplicemente ridendo di gusto : prima riuscivo a ridere fino ad avere crampi all'addome e lacrime agli occhi, ora a parte una smorfia accennata sul viso, avverto sensazioni analoghe a quelle di costrizione che sento nel pianto. Quando ho cominciato la cura farmacologica, all'alba delle crisi di ansia, avevo imputato queste "inibizioni" alla cura in se che dava la sensazione di essere "sedato".Ma oramai sono 4 mesi che ho staccato con la cura,e ad oggi sento ancora presenti queste inibizioni.Vorrei piangere a volte, ma non riesco a lasciarmi andare come vorrei; vorrei ridere di gusto,ma uguale.Sorvolando sulle altre emozioni, che anche in passato ho più o meno controllato, queste semplici e pure forme di esternazione emotiva che prima rappresentavano le uniche valvole di sfogo ora sembrano limitate e ridimensionate oltremodo. Sento che vorrei "andare oltre",ma non ci riesco..
Questo consulto ha ricevuto 23 risposte e 5.2k visite dal 02/04/2013.
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Approfondimento su Ansia
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