Vertigini - causa ignota
Gentili Dottori,
Vi scrivo per chiedervi un consiglio riguardo la salute del mio compagno; per farlo vi farò un breve sunto del pregresso in modo che possiate farvi un'idea e consigliarci al meglio.
Orfano di padre da quando era un bambino per causa di un incidente al padre, è cresciuto con la madre che ha avuto e ha problemi di alcolismo, e che non è stata molto incisiva o presente come figura di riferimento. Nonostante ciò, e grazie all'incontro felice con alcuni adulti che lo hanno supportato, è cresciuto lontano dai guai ed è una bella persona.
A causa di grande stress nel 2007 ebbe un episodio di labirintite acuta (diagnosi che fu probabilmente errata), che venne curata con vertiserc e affini.
Nel marzo 2011 ebbe un attacco di panico in ufficio, e cominciò a lamentare di vertigini diffuse che il medico curò prima con vertiserc e poi con gran dosi di xanax, affiancato poi da un leggero antidepressivo di cui non ricordiamo il nome. Nel settembre 2011 smise la cura e tutto è andato bene sino a 15-20 giorni fa, periodo in cui le vertigini sono tornate in modo consistente e invalidante nella vita quotidiana.
Siamo stati presso l'otorino che ha fatto tutti i test possibili, tutti negativi; gli ha consigliato di assumere il fluxarten per 30 gg e poi di fare una RMN encefalo, dopodiché di rivolgerci a neurologo o psicoterapeuta. Nel frattempo un amico infermiere ci ha detto che un "trucco" per comprendere le vertigini sono di natura psicogena è quello di provare ad indurre le vertigini tramite iper ventilazione: in effetti così è stato; peraltro dopo una settimana il fluxarten non da segni di migliorare i sintomi.
Io sono molto preoccupata all'idea che si tratti di una causa neurologica, e avvallo - a sensazione - l'idea di un'origine "psicosomatica" delle vertigini, che credo possa dipendere non tanto dallo stress quanto dal negare i propri sentimenti, le proprie debolezze e dal "censurarsi", come se fosse isolato dai dispiaceri o dalla sofferenza. Mi chiedo come la psicoterapia possa aiutarlo, quale possa essere la strada da percorrere - in modo da accennarglielo, sottolineando i vantaggi, in modo da aiutarlo a chiedere aiuto - e se non sia il cado di sospendere il fluxarten e ricorrere allo xanax nuovamente per scongiurare magari un altro attacco di panico, che lo aveva provato e che teme molto.
Vi scrivo per chiedervi un consiglio riguardo la salute del mio compagno; per farlo vi farò un breve sunto del pregresso in modo che possiate farvi un'idea e consigliarci al meglio.
Orfano di padre da quando era un bambino per causa di un incidente al padre, è cresciuto con la madre che ha avuto e ha problemi di alcolismo, e che non è stata molto incisiva o presente come figura di riferimento. Nonostante ciò, e grazie all'incontro felice con alcuni adulti che lo hanno supportato, è cresciuto lontano dai guai ed è una bella persona.
A causa di grande stress nel 2007 ebbe un episodio di labirintite acuta (diagnosi che fu probabilmente errata), che venne curata con vertiserc e affini.
Nel marzo 2011 ebbe un attacco di panico in ufficio, e cominciò a lamentare di vertigini diffuse che il medico curò prima con vertiserc e poi con gran dosi di xanax, affiancato poi da un leggero antidepressivo di cui non ricordiamo il nome. Nel settembre 2011 smise la cura e tutto è andato bene sino a 15-20 giorni fa, periodo in cui le vertigini sono tornate in modo consistente e invalidante nella vita quotidiana.
Siamo stati presso l'otorino che ha fatto tutti i test possibili, tutti negativi; gli ha consigliato di assumere il fluxarten per 30 gg e poi di fare una RMN encefalo, dopodiché di rivolgerci a neurologo o psicoterapeuta. Nel frattempo un amico infermiere ci ha detto che un "trucco" per comprendere le vertigini sono di natura psicogena è quello di provare ad indurre le vertigini tramite iper ventilazione: in effetti così è stato; peraltro dopo una settimana il fluxarten non da segni di migliorare i sintomi.
Io sono molto preoccupata all'idea che si tratti di una causa neurologica, e avvallo - a sensazione - l'idea di un'origine "psicosomatica" delle vertigini, che credo possa dipendere non tanto dallo stress quanto dal negare i propri sentimenti, le proprie debolezze e dal "censurarsi", come se fosse isolato dai dispiaceri o dalla sofferenza. Mi chiedo come la psicoterapia possa aiutarlo, quale possa essere la strada da percorrere - in modo da accennarglielo, sottolineando i vantaggi, in modo da aiutarlo a chiedere aiuto - e se non sia il cado di sospendere il fluxarten e ricorrere allo xanax nuovamente per scongiurare magari un altro attacco di panico, che lo aveva provato e che teme molto.
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Psicologo
Gentile utente,
l'assunzione e/o l'eventuale sospensione dei farmaci può deciderla solo il curante di suo marito. Se è stata accertata la natura psicogena delle vertigini, la strada da prendere è quella della terapia psicologica/psichiatrica.
Se questi sintomi derivano appunto da un quadro ansioso, con una adeguato percorso terapeutico è possibile la loro risoluzione
Tuttavia non conoscendo suo marito e soprattutto senza una sua valutazione diretta è impossibile dare un'indicazione più precisa.
l'assunzione e/o l'eventuale sospensione dei farmaci può deciderla solo il curante di suo marito. Se è stata accertata la natura psicogena delle vertigini, la strada da prendere è quella della terapia psicologica/psichiatrica.
Se questi sintomi derivano appunto da un quadro ansioso, con una adeguato percorso terapeutico è possibile la loro risoluzione
Tuttavia non conoscendo suo marito e soprattutto senza una sua valutazione diretta è impossibile dare un'indicazione più precisa.
[#2]
Psicologo
Gentile utente,
per quanto riguarda la terapia farmacologica seguita dal suo compagno non posso assolutamente esprimere giudizi, uno psicologo anche se psicoterapeuta non può in nessun caso prescrivere farmaci nè esprimere opinioni su una terapia in atto in quanto non medico.
Se sono state escluse tutte le possibili cause organiche delle vertigini, una psicoterapia può sicuramente aiutare il suo compagno a superare questo problema.
Il primo passo è rivolgersi ad uno specialista, psichiatra o psicologo, per un corretto inquadramento diagnostico: le vertigini infatti non sono una patologia in sè, ma un sintomo e come tale possono essere presenti in numerose patologie sia di competenza medica che psicologica.
Una volta definito il tipo di disturbo potrà essere presa in considerazione l'opportunità di una psicoterapia.
La saluto cordialmente
per quanto riguarda la terapia farmacologica seguita dal suo compagno non posso assolutamente esprimere giudizi, uno psicologo anche se psicoterapeuta non può in nessun caso prescrivere farmaci nè esprimere opinioni su una terapia in atto in quanto non medico.
Se sono state escluse tutte le possibili cause organiche delle vertigini, una psicoterapia può sicuramente aiutare il suo compagno a superare questo problema.
Il primo passo è rivolgersi ad uno specialista, psichiatra o psicologo, per un corretto inquadramento diagnostico: le vertigini infatti non sono una patologia in sè, ma un sintomo e come tale possono essere presenti in numerose patologie sia di competenza medica che psicologica.
Una volta definito il tipo di disturbo potrà essere presa in considerazione l'opportunità di una psicoterapia.
La saluto cordialmente
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 3.3k visite dal 19/03/2013.
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