Ansia o panico?
Gentili Responsabili,
vi ringrazio, intanto, per la vostra attenzione e per questo servizio.
Ho 26 anni e fino ai 24 non avrei neanche saputo descrivere i sintomi del panico, dell'ansia e della depressione. Adesso, invece, credo di essere malata e mi rivolgo a voi per averne eventuale conferma.
A causa dell'ultimo esame, che mi è costato la mia prima bocciatura e cinque mesi di preparazione, sono andata fuori corso all'Università. Avevo chiesto chiesto la tesi (ormai due anni fa) ma non ho mai iniziato a scriverla: mi mettevo al pc e scoppiavo in lacrime nel giro di trenta secondi. Mi sono spesso chiusa nel bagno della biblioteca a piangere: nello stesso periodo ho iniziato a picchiarmi e a mordermi le labbra, anche a casa.
Intrapreso un percorsi di psicoterapia per quattro sedute, ma lo trovavo di un'inutilità aberrante: un'ora in più al giorno a parlare ancora dei miei problemi, a piangere, per poi sentirmi dire 'lei è perfetta, è bellissima, è meravigliosa, trovi in sé la forza'. Mi si invitatava a perdonarmi tutto con tanta superficialità e acriticità ma, ammesso di esserci riuscita, di certo non mi avrebbe aiutata a risolvere un problema molto pratico, cioè scrivere una tesi. Non ho mai preso né ansiolitici né antidepressivi.
Un anno fa ho trovato un lavoro temporaneo, che perderò tra un mese: mi ha aiutato a risolvere temporaneamente i miei problemi, ho ripreso a vedere gente e a non sentirmi completamente una fallita. Non pensavo più alla tesi.
Purtroppo una settimana fa, sentendomi più forte, anche in vista della perdita imminente del lavoro, ho malauguratamente deciso di tornare in Università e valutare con un altro docente un nuovo argomento di tesi: è bastato questo a mandarmi fuori di testa, è da quel giorno che non ho più una vita normale. Ai pianti, improvvisi e casuali, si è aggiunta una difficoltà a respirare: quando inspiro ho degli spasmi e degli 'scatti' delle spalle, il mio istinto è di urlare ogni volta che mi vengono, quindi se sono in pubblico mi esce uno strano mugolio, se sono a casa da sola urlo letteralmente, spesso contro un cuscino.
Ho sognato i miei genitori morti tutte le notti in questa settimana, vedo continuamente i loro corpi nelle bare in soggiorno e una scena in cui il mio ragazzo (nella realtà una pasta d'uomo) mi abbandona e mi cammina addosso. Non riesco a parlarne con nessuno perché, diciamocelo francamente, a nessuno importerebbe, gli unici cui importerebbe mi vogliono bene e ne soffrirebbero e poi non voglio passare per pazza.
Ho rinunciato immediatamente all'idea di scrivere la tesi e ho deciso fermamente che abbandono l'Università del tutto e che non voglio sentirne parlare mai più, che mi concentrerò solo sulla ricerca di un nuovo lavoro. Però voglio prendere dei farmaci che mi aiutino a superare queste crisi: per questo vorrei inquadrarle con precisione. Si tratta di ansia, panico, depressione o tutto questo messo insieme?
Grazie per aver letto e per le vostre risposte.
Cordiali saluti,
A.
vi ringrazio, intanto, per la vostra attenzione e per questo servizio.
Ho 26 anni e fino ai 24 non avrei neanche saputo descrivere i sintomi del panico, dell'ansia e della depressione. Adesso, invece, credo di essere malata e mi rivolgo a voi per averne eventuale conferma.
A causa dell'ultimo esame, che mi è costato la mia prima bocciatura e cinque mesi di preparazione, sono andata fuori corso all'Università. Avevo chiesto chiesto la tesi (ormai due anni fa) ma non ho mai iniziato a scriverla: mi mettevo al pc e scoppiavo in lacrime nel giro di trenta secondi. Mi sono spesso chiusa nel bagno della biblioteca a piangere: nello stesso periodo ho iniziato a picchiarmi e a mordermi le labbra, anche a casa.
Intrapreso un percorsi di psicoterapia per quattro sedute, ma lo trovavo di un'inutilità aberrante: un'ora in più al giorno a parlare ancora dei miei problemi, a piangere, per poi sentirmi dire 'lei è perfetta, è bellissima, è meravigliosa, trovi in sé la forza'. Mi si invitatava a perdonarmi tutto con tanta superficialità e acriticità ma, ammesso di esserci riuscita, di certo non mi avrebbe aiutata a risolvere un problema molto pratico, cioè scrivere una tesi. Non ho mai preso né ansiolitici né antidepressivi.
Un anno fa ho trovato un lavoro temporaneo, che perderò tra un mese: mi ha aiutato a risolvere temporaneamente i miei problemi, ho ripreso a vedere gente e a non sentirmi completamente una fallita. Non pensavo più alla tesi.
Purtroppo una settimana fa, sentendomi più forte, anche in vista della perdita imminente del lavoro, ho malauguratamente deciso di tornare in Università e valutare con un altro docente un nuovo argomento di tesi: è bastato questo a mandarmi fuori di testa, è da quel giorno che non ho più una vita normale. Ai pianti, improvvisi e casuali, si è aggiunta una difficoltà a respirare: quando inspiro ho degli spasmi e degli 'scatti' delle spalle, il mio istinto è di urlare ogni volta che mi vengono, quindi se sono in pubblico mi esce uno strano mugolio, se sono a casa da sola urlo letteralmente, spesso contro un cuscino.
Ho sognato i miei genitori morti tutte le notti in questa settimana, vedo continuamente i loro corpi nelle bare in soggiorno e una scena in cui il mio ragazzo (nella realtà una pasta d'uomo) mi abbandona e mi cammina addosso. Non riesco a parlarne con nessuno perché, diciamocelo francamente, a nessuno importerebbe, gli unici cui importerebbe mi vogliono bene e ne soffrirebbero e poi non voglio passare per pazza.
Ho rinunciato immediatamente all'idea di scrivere la tesi e ho deciso fermamente che abbandono l'Università del tutto e che non voglio sentirne parlare mai più, che mi concentrerò solo sulla ricerca di un nuovo lavoro. Però voglio prendere dei farmaci che mi aiutino a superare queste crisi: per questo vorrei inquadrarle con precisione. Si tratta di ansia, panico, depressione o tutto questo messo insieme?
Grazie per aver letto e per le vostre risposte.
Cordiali saluti,
A.
[#1]
Gentile A.,
se desidera assumere dei farmaci, dovrebbe rivolgersi a dei medici psichiatri, dal momento che gli psicologi non sono medici e non glieli potrebbero prescrivere.
Non pensi però ai medicinali solo come ad una soluzione rapida e "indolore", per evitare di pensare e affrontare le problematiche che da tempo la assillano.
Nonostante abbia ben descritto la situazione, non è certamente possibile diagnosticare alcunché a distanza, ma ciò deve essere fatto di persona e solo dopo un'attenta e scrupolosa valutazione. E solo in seguito a ciò si deciderà se e quale percorso terapeutico possa essere più adeguato.
I quattro colloqui che ha effettuato non possono essere chiamati psicoterapia e naturalmente non possono aver avuto effetti, poiché sono più o meno il minimo indispensabile per fare un inquadramento della situazione e imbastire un'ipotesi di lavoro, con degli obiettivi da perseguire.
Ha verificato se lo psicologo a cui si è rivolta era anche specializzato in psicoterapia?
se desidera assumere dei farmaci, dovrebbe rivolgersi a dei medici psichiatri, dal momento che gli psicologi non sono medici e non glieli potrebbero prescrivere.
Non pensi però ai medicinali solo come ad una soluzione rapida e "indolore", per evitare di pensare e affrontare le problematiche che da tempo la assillano.
Nonostante abbia ben descritto la situazione, non è certamente possibile diagnosticare alcunché a distanza, ma ciò deve essere fatto di persona e solo dopo un'attenta e scrupolosa valutazione. E solo in seguito a ciò si deciderà se e quale percorso terapeutico possa essere più adeguato.
I quattro colloqui che ha effettuato non possono essere chiamati psicoterapia e naturalmente non possono aver avuto effetti, poiché sono più o meno il minimo indispensabile per fare un inquadramento della situazione e imbastire un'ipotesi di lavoro, con degli obiettivi da perseguire.
Ha verificato se lo psicologo a cui si è rivolta era anche specializzato in psicoterapia?
Dr.ssa Paola Scalco, Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica
ASTI - Cell. 331 5246947
https://whatsapp.com/channel/0029Va982SIIN9ipi00hwO2i
[#2]
Gentile Ragazza,
da quanto descrive lei si è arenata con gli studi poco prima del termine del percorso universitario. Essere bocciati ad un esame non è un evento così infrequente, ma per lei ha assunto dimensioni enormi, tanto da bloccarla.
Il termine del percorso universitario segna un cambiamento, non si è più studenti, occorre fare progetti nuovi e scelte.
Può succedere che inconsapevolmente ci si blocchi proprio poco prima di terminare il percorso, proprio perché poi ci attende una nuova fase della vita, ancora sconosciuta che può preoccupare, spaventare.
Non so se lei a lei possa essere successo questo, ma in ogni caso prima di prendere decisioni affrettate e soprattutto in merito ai sintomi e al malessere che lamenta, sarebbe opportuno che si rivolgesse a un nostro collega direttamente, dato che da qui non è possibile azzardare diagnosi e intervenire direttamente per esserle di concreto aiuto.
Quanto ai farmaci lo psichiatra è la figura di riferimento, ma sarebbe opportuno che affrontasse i risvolti psicologici delle sue problematiche.
Le allego due link con informazioni sui vari orientamenti terapeutici
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1333-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico-parte-ii.html
Cari auguri
da quanto descrive lei si è arenata con gli studi poco prima del termine del percorso universitario. Essere bocciati ad un esame non è un evento così infrequente, ma per lei ha assunto dimensioni enormi, tanto da bloccarla.
Il termine del percorso universitario segna un cambiamento, non si è più studenti, occorre fare progetti nuovi e scelte.
Può succedere che inconsapevolmente ci si blocchi proprio poco prima di terminare il percorso, proprio perché poi ci attende una nuova fase della vita, ancora sconosciuta che può preoccupare, spaventare.
Non so se lei a lei possa essere successo questo, ma in ogni caso prima di prendere decisioni affrettate e soprattutto in merito ai sintomi e al malessere che lamenta, sarebbe opportuno che si rivolgesse a un nostro collega direttamente, dato che da qui non è possibile azzardare diagnosi e intervenire direttamente per esserle di concreto aiuto.
Quanto ai farmaci lo psichiatra è la figura di riferimento, ma sarebbe opportuno che affrontasse i risvolti psicologici delle sue problematiche.
Le allego due link con informazioni sui vari orientamenti terapeutici
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1333-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico-parte-ii.html
Cari auguri
Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it
[#3]
Cara A.,
mi incuriosisce quello che ci riferisce:
"Intrapreso un percorsi di psicoterapia per quattro sedute, ma lo trovavo di un'inutilità aberrante: un'ora in più al giorno a parlare ancora dei miei problemi, a piangere, per poi sentirmi dire 'lei è perfetta, è bellissima, è meravigliosa, trovi in sé la forza'"
e perciò vorrei capire meglio a chi si è rivolta.
Può essere più precisa su questo punto?
Se le sedute effettuate fossero state parte di un percorso di psicoterapia ne avrebbero costituito solo gli incontri di valutazione (consultazione), ma anche nel caso si trattasse di uno psicologo non psicoterapeuta, che le poteva proporre del sostegno psicologico o del counselling psicologico, mi sembra molto singolare che le abbia dato delle "risposte" non solo così precocemente, ma oltretutto di quel genere.
Vorrei quindi capire meglio a chi si è rivolta (psicologo, medico psichiatra, counsellor?) e dove (pubblico o privato?), visto che questo sfortunato tentativo non solo non ha permesso di risolvere nulla, ma ha oltretutto danneggiato la sua fiducia nel fatto che una situazione come questa possa essere risolta mediante un intervento psicologico e non (solo) farmacologico.
mi incuriosisce quello che ci riferisce:
"Intrapreso un percorsi di psicoterapia per quattro sedute, ma lo trovavo di un'inutilità aberrante: un'ora in più al giorno a parlare ancora dei miei problemi, a piangere, per poi sentirmi dire 'lei è perfetta, è bellissima, è meravigliosa, trovi in sé la forza'"
e perciò vorrei capire meglio a chi si è rivolta.
Può essere più precisa su questo punto?
Se le sedute effettuate fossero state parte di un percorso di psicoterapia ne avrebbero costituito solo gli incontri di valutazione (consultazione), ma anche nel caso si trattasse di uno psicologo non psicoterapeuta, che le poteva proporre del sostegno psicologico o del counselling psicologico, mi sembra molto singolare che le abbia dato delle "risposte" non solo così precocemente, ma oltretutto di quel genere.
Vorrei quindi capire meglio a chi si è rivolta (psicologo, medico psichiatra, counsellor?) e dove (pubblico o privato?), visto che questo sfortunato tentativo non solo non ha permesso di risolvere nulla, ma ha oltretutto danneggiato la sua fiducia nel fatto che una situazione come questa possa essere risolta mediante un intervento psicologico e non (solo) farmacologico.
Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it
[#4]
Gentile Ragazza,
la farmacoterapia va somministrata e supervisonata da un medico, quattro colloqui, non sono una psicoterapia, ma colloqui conoscitivi, per capire bene il da farsi .
Se non si è trovata bene, con il clinico a cui si rivolta , cerchi ancora, ma la strada da intraprendere è prprio quella che aveva scelto
la farmacoterapia va somministrata e supervisonata da un medico, quattro colloqui, non sono una psicoterapia, ma colloqui conoscitivi, per capire bene il da farsi .
Se non si è trovata bene, con il clinico a cui si rivolta , cerchi ancora, ma la strada da intraprendere è prprio quella che aveva scelto
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
[#5]
Utente
Gentili Dottori,
grazie a tutti per le vostre risposte.
Il percorso di ascolto psicologico che ho intrapreso è offerto dal dipartimento di Psicologia della mia Università insieme con la ASL del mio Comune e sarebbe dovuto durare un anno intero.
Preliminarmente avevo risposto a un lungo questionario scritto e sostenuto un colloquio con uno psicoterapeuta; in seguito sono stata assegnata ad un altro terapeuta per le prime quattro sedute .
Ho trovato lodevole, anche se vano, il suo intento di spronarmi a scrivere la tesi incoraggiandomi a 'iniziare, ché poi il resto vien da sé' ma, pur nella mia ignoranza della materia, trovo che quando un paziente sta male, è sconvolto, piange sempre ed è lontano dalla propria famiglia si dovrebbe intervenire con maggior presenza di spirito e intraprendenza. Sbagliavo ad aspettarmi questo? Invece siamo partiti dall'analisi del rapporto con i miei genitori durante l'adolescenza, il che non ha fatto che confondermi le idee e preoccuparmi di più sul mio stato e sulla mia incapacità a vivere la mia vita.
Terminate le quattro sedute, la prassi vuole che si venga assegnati ad un terzo e definitivo terapeuta, per un anno: hanno pensato bene di assegnarmi ad una psicologa di un anno più giovane di me, cosa che mi ha a dir poco avvilito. Così ho rinunciato.
Dunque voi siete concordi nel ritenere che solo un percorso di psicoterapia può essermi d'aiuto?
grazie a tutti per le vostre risposte.
Il percorso di ascolto psicologico che ho intrapreso è offerto dal dipartimento di Psicologia della mia Università insieme con la ASL del mio Comune e sarebbe dovuto durare un anno intero.
Preliminarmente avevo risposto a un lungo questionario scritto e sostenuto un colloquio con uno psicoterapeuta; in seguito sono stata assegnata ad un altro terapeuta per le prime quattro sedute .
Ho trovato lodevole, anche se vano, il suo intento di spronarmi a scrivere la tesi incoraggiandomi a 'iniziare, ché poi il resto vien da sé' ma, pur nella mia ignoranza della materia, trovo che quando un paziente sta male, è sconvolto, piange sempre ed è lontano dalla propria famiglia si dovrebbe intervenire con maggior presenza di spirito e intraprendenza. Sbagliavo ad aspettarmi questo? Invece siamo partiti dall'analisi del rapporto con i miei genitori durante l'adolescenza, il che non ha fatto che confondermi le idee e preoccuparmi di più sul mio stato e sulla mia incapacità a vivere la mia vita.
Terminate le quattro sedute, la prassi vuole che si venga assegnati ad un terzo e definitivo terapeuta, per un anno: hanno pensato bene di assegnarmi ad una psicologa di un anno più giovane di me, cosa che mi ha a dir poco avvilito. Così ho rinunciato.
Dunque voi siete concordi nel ritenere che solo un percorso di psicoterapia può essermi d'aiuto?
[#6]
Dunque voi siete concordi nel ritenere che solo un percorso di psicoterapia può essermi d'aiuto?
Si, cerchi il clinico, che la fa sentire a casa, più a suo agio, con cui instaurare un rapporto empatico e non si dia fretta, la psiche ha tempi lunghi
Si, cerchi il clinico, che la fa sentire a casa, più a suo agio, con cui instaurare un rapporto empatico e non si dia fretta, la psiche ha tempi lunghi
[#7]
Questi passaggi fra 3 professionisti diversi non sono di sicuro l'ideale, così come non lo è che lei sia stata affidata ad una nostra collega di 25-26 anni presumibilmente appena iscritta all'Ordine (o magari nemmeno ancora iscritta: provi a controllare, non è da escludere che fosse una tirocinante).
Probabilmente quei quattro colloqui preliminari sono previsti per verificare che la situazione non sia contenibile semplicemente con qualche colloquio - cosa che non è da escludere a priori, perchè alcune persone che arrivano in consultazione disperate riescono a riprendersi molto più rapidamente di quanto ci si sarebbe potuti aspettare, semplicemente sfogandosi e mettendo ordine fra le idee.
Detto questo, in effetti quello che si deve aspettare non è "presenza di spirito e intraprendenza" perchè lo psicologo non è un risolutore nè un educatore o un insegnante di sostegno, ma un professionista che aiuta a trovare una soluzione e a dare un senso al malessere della persona.
Non posso che suggerirle anch'io di rivolgersi altrove, visto l'esito del tentativo già intrapreso.
Probabilmente quei quattro colloqui preliminari sono previsti per verificare che la situazione non sia contenibile semplicemente con qualche colloquio - cosa che non è da escludere a priori, perchè alcune persone che arrivano in consultazione disperate riescono a riprendersi molto più rapidamente di quanto ci si sarebbe potuti aspettare, semplicemente sfogandosi e mettendo ordine fra le idee.
Detto questo, in effetti quello che si deve aspettare non è "presenza di spirito e intraprendenza" perchè lo psicologo non è un risolutore nè un educatore o un insegnante di sostegno, ma un professionista che aiuta a trovare una soluzione e a dare un senso al malessere della persona.
Non posso che suggerirle anch'io di rivolgersi altrove, visto l'esito del tentativo già intrapreso.
Questo consulto ha ricevuto 7 risposte e 1.7k visite dal 08/03/2013.
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Approfondimento su Ansia
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