Parlo spesso da sola.
Salve a tutti.
Scrivo qui poiché non sono mai riuscita ad esternare questa mia problematica a nessuno. Sono anni che parlo da sola, ma non sono mai riuscita a parlarne con gli altri.
Sono una ragazza di quasi 22 anni, e più o meno dall'età di 12-13 anni che va avanti questa storia. Penso sia doveroso scrivere che soffro di attacchi di panico e ansia generalizzata sin dai 14 anni, e che ho fatto varie cure, tra cui l'assunzione di psicofarmaci quali Eutimil, e ansiolitici come Lexotan, EN e Prazene.
Questa mia condizione mi ha portato a rivolgermi anche a vari psicoterapeuti, con nessun buon risultato; soffro ancora d'ansia, e questo mi ha portato ad avere una qualità di vita scadente e nessun rapporto sociale al di fuori di quelli con la mia famiglia e di persone conosciute su internet.
Vengo al dunque. Da molti anni parlo da sola... non in pubblico, poichè ho la consapevolezza di essere sola... ma in bagno, o quando sono sola in casa mi immagino parlare con persone del mio passato, o con personaggi degli anime. ( Cartoni animati giapponesi, per intenderci..) Questo mi fa sentire in qualche modo realizzata, perché in quella specie di realtà immaginaria mi sento amata e al centro dell'attenzione... cosa mai successa nella realtà.
So che è strano.. ma non riesco a smettere.. me ne vergogno tanto.. al punto che non sono riuscita a parlarne nemmeno ai vari psicologi che mi hanno seguita..
Vorrei un consiglio sul da farsi, perché mi perseguita l'idea di essere folle, o comunque di avere una patologia mentale grave..
Ringrazio in anticipo coloro che risponderanno, per me è molto importante..
Cordialmente.
Scrivo qui poiché non sono mai riuscita ad esternare questa mia problematica a nessuno. Sono anni che parlo da sola, ma non sono mai riuscita a parlarne con gli altri.
Sono una ragazza di quasi 22 anni, e più o meno dall'età di 12-13 anni che va avanti questa storia. Penso sia doveroso scrivere che soffro di attacchi di panico e ansia generalizzata sin dai 14 anni, e che ho fatto varie cure, tra cui l'assunzione di psicofarmaci quali Eutimil, e ansiolitici come Lexotan, EN e Prazene.
Questa mia condizione mi ha portato a rivolgermi anche a vari psicoterapeuti, con nessun buon risultato; soffro ancora d'ansia, e questo mi ha portato ad avere una qualità di vita scadente e nessun rapporto sociale al di fuori di quelli con la mia famiglia e di persone conosciute su internet.
Vengo al dunque. Da molti anni parlo da sola... non in pubblico, poichè ho la consapevolezza di essere sola... ma in bagno, o quando sono sola in casa mi immagino parlare con persone del mio passato, o con personaggi degli anime. ( Cartoni animati giapponesi, per intenderci..) Questo mi fa sentire in qualche modo realizzata, perché in quella specie di realtà immaginaria mi sento amata e al centro dell'attenzione... cosa mai successa nella realtà.
So che è strano.. ma non riesco a smettere.. me ne vergogno tanto.. al punto che non sono riuscita a parlarne nemmeno ai vari psicologi che mi hanno seguita..
Vorrei un consiglio sul da farsi, perché mi perseguita l'idea di essere folle, o comunque di avere una patologia mentale grave..
Ringrazio in anticipo coloro che risponderanno, per me è molto importante..
Cordialmente.
[#1]
Gentile Ragazza,
Che tipo di percorso ha intrapreso in passato?
Parla di svariati clinici?
Ha portato a termine qualche percprso o ha interrotto prima di concludere?
Che tipo di percorso ha intrapreso in passato?
Parla di svariati clinici?
Ha portato a termine qualche percprso o ha interrotto prima di concludere?
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
[#2]
Psicologo, Psicoterapeuta
>>Questa mia condizione mi ha portato a rivolgermi anche a vari psicoterapeuti, con nessun buon risultato
Può dirci qualcosa in più? Che tipo di psicoterapie ha fatto? Per quanto tempo? Quali obiettivi avevate? Quali avete raggiunto, anche solo in parte?
>>soffro ancora d'ansia, e questo mi ha portato ad avere una qualità di vita scadente e nessun rapporto sociale al di fuori di quelli con la mia famiglia e di persone conosciute su internet.
Gentile ragazza, forse soddisfa tramite questi rapporti "immaginari" un bisogno di rapporto con gli altri che sente, ma che forse allo stesso tempo teme nel mondo reale.
Può darci qualche informazione in più sui suoi rapporti sociali, amicali, lavorativi, familiari, amorosi?
I personaggi degli anime con cui si rapporta (e quindi i suoi pensieri, anche se in forma di immagini e dialoghi, tradotti in parole) non la giudicano, non l'abbandonano, non la faranno soffrire; la amano incondizionatamente, sono attenti solo a lei, fanno e dicono quello che lei vuole che facciano e dicano. In sintesi, l'uomo, l'amico, il compagno perfetto!
Il problema non è il fatto che lei parli da sola; è che, parlando da sola, si dis-abitua a confrontarsi con gli altri *reali*. O meglio, con il dolore, la sofferenza, il disagio, l'ansia che a volte sono connessi al rapporto con le persone reali.
Con un doppio risultato: da una parte, potrebbe essere rassicurante; dall'altra, potrebbe considerarsi come l'evitamento di un'esperienza reale. In un certo senso, potrebbe essere una soluzione che lei ha trovato al problema "voglio stare con gli altri, ma ho paura".
Per lei, rappresenta un problema soltanto il fatto di parlare con i suoi pensieri o anche il fatto che non ha una vita di relazione sociale *reale*?
Può dirci qualcosa in più? Che tipo di psicoterapie ha fatto? Per quanto tempo? Quali obiettivi avevate? Quali avete raggiunto, anche solo in parte?
>>soffro ancora d'ansia, e questo mi ha portato ad avere una qualità di vita scadente e nessun rapporto sociale al di fuori di quelli con la mia famiglia e di persone conosciute su internet.
Gentile ragazza, forse soddisfa tramite questi rapporti "immaginari" un bisogno di rapporto con gli altri che sente, ma che forse allo stesso tempo teme nel mondo reale.
Può darci qualche informazione in più sui suoi rapporti sociali, amicali, lavorativi, familiari, amorosi?
I personaggi degli anime con cui si rapporta (e quindi i suoi pensieri, anche se in forma di immagini e dialoghi, tradotti in parole) non la giudicano, non l'abbandonano, non la faranno soffrire; la amano incondizionatamente, sono attenti solo a lei, fanno e dicono quello che lei vuole che facciano e dicano. In sintesi, l'uomo, l'amico, il compagno perfetto!
Il problema non è il fatto che lei parli da sola; è che, parlando da sola, si dis-abitua a confrontarsi con gli altri *reali*. O meglio, con il dolore, la sofferenza, il disagio, l'ansia che a volte sono connessi al rapporto con le persone reali.
Con un doppio risultato: da una parte, potrebbe essere rassicurante; dall'altra, potrebbe considerarsi come l'evitamento di un'esperienza reale. In un certo senso, potrebbe essere una soluzione che lei ha trovato al problema "voglio stare con gli altri, ma ho paura".
Per lei, rappresenta un problema soltanto il fatto di parlare con i suoi pensieri o anche il fatto che non ha una vita di relazione sociale *reale*?
[#3]
Cara ragazza,
se la diagnosi che è stata fatta è quella di ansia generalizzata e attacchi di panico siamo nell'ordine dei "disturbi d'ansia" e il trattamento più adeguato è quello di seguire un percorso psicoterapeutico, eventualmente supportato da una cura psicofarmacologica.
Che tipo di percorso di psicoterapia ha fatto?
Come mai secondo lei i trattamenti si sono interrotti?
se la diagnosi che è stata fatta è quella di ansia generalizzata e attacchi di panico siamo nell'ordine dei "disturbi d'ansia" e il trattamento più adeguato è quello di seguire un percorso psicoterapeutico, eventualmente supportato da una cura psicofarmacologica.
Che tipo di percorso di psicoterapia ha fatto?
Come mai secondo lei i trattamenti si sono interrotti?
Dott. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta
Specialista in Psicoterapia Psicodinamica
www.psicologoaviterbo.it
[#4]
Ex utente
Grazie a voi per le vostre gentili risposte.
Allora, la psicoterapia purtroppo è stata discontinua, per problemi economici della mia famiglia, e anche perché a volte non vedendo risultato mi scoraggiavo e abbandonavo..
Non ricordo molto a dire il vero, erano colloqui, parlavo e loro ascoltavano.. l'obiettivo era uscire da questo tunnel in cui sono rinchiusa..
Come dice lei probabilmente facendo così sostituisco i rapporti umani che mi mancano.. da molto tempo non ho più amici, perché appunto quest'ansia mi costringe a non uscire e quindi ad evitare situazioni in cui potermi relazionare con gli altri. Ricordo che nei periodi in cui avevo molti amici e uscivo spesso questa cosa era molto ridotta, non mi succedeva di parlare da sola, poiché ero soddisfatta.
Il discorso del parlare da sola mi crea disagio in quanto so che non è normale, e ho il terrore che la cosa degeneri..
Probabilmente non mi fido degli altri, e ho paura di essere ferita.
Però la cosa che più mi spinge a rimanere a casa è la mia ipocondria, che per qualche ragione si placa solo quando sono a casa mia.
Non so davvero cosa fare, anche se so bene che la psicoterapia è l'unica strada possibile. Però non vorrei prendere farmaci, perché ho assunto quei farmaci che ho citato per un anno e mezzo, e la cosa non mi piaceva..
Probabilmente non conoscendo la mia storia è difficile consigliarmi, me ne rendo conto.. ma ho questi disturbi da quando avevo 14 anni, e sono iniziati al primo anno delle superiori, penso in seguito ad un episodio verificatosi l'estate di quell'anno, quando io e mia sorella abbiamo rischiato di affogare.
Però neppure la mia infanzia è stata delle più rosee... i miei genitori divorziarono che io avevo otto anni. Mio padre beveva e non c'era mai.. e, per quanto sia vergognoso per me parlarne, quando eravamo piccole io e mia sorella abbiamo subito abusi da parte sua.
Quindi credo di sapere più o meno da dove vengono tutte queste problematiche.. però non so davvero come uscirne.
Mi scuso per la risposta così lunga, e se magari non ho inserito cosa richiedevate..
Allora, la psicoterapia purtroppo è stata discontinua, per problemi economici della mia famiglia, e anche perché a volte non vedendo risultato mi scoraggiavo e abbandonavo..
Non ricordo molto a dire il vero, erano colloqui, parlavo e loro ascoltavano.. l'obiettivo era uscire da questo tunnel in cui sono rinchiusa..
Come dice lei probabilmente facendo così sostituisco i rapporti umani che mi mancano.. da molto tempo non ho più amici, perché appunto quest'ansia mi costringe a non uscire e quindi ad evitare situazioni in cui potermi relazionare con gli altri. Ricordo che nei periodi in cui avevo molti amici e uscivo spesso questa cosa era molto ridotta, non mi succedeva di parlare da sola, poiché ero soddisfatta.
Il discorso del parlare da sola mi crea disagio in quanto so che non è normale, e ho il terrore che la cosa degeneri..
Probabilmente non mi fido degli altri, e ho paura di essere ferita.
Però la cosa che più mi spinge a rimanere a casa è la mia ipocondria, che per qualche ragione si placa solo quando sono a casa mia.
Non so davvero cosa fare, anche se so bene che la psicoterapia è l'unica strada possibile. Però non vorrei prendere farmaci, perché ho assunto quei farmaci che ho citato per un anno e mezzo, e la cosa non mi piaceva..
Probabilmente non conoscendo la mia storia è difficile consigliarmi, me ne rendo conto.. ma ho questi disturbi da quando avevo 14 anni, e sono iniziati al primo anno delle superiori, penso in seguito ad un episodio verificatosi l'estate di quell'anno, quando io e mia sorella abbiamo rischiato di affogare.
Però neppure la mia infanzia è stata delle più rosee... i miei genitori divorziarono che io avevo otto anni. Mio padre beveva e non c'era mai.. e, per quanto sia vergognoso per me parlarne, quando eravamo piccole io e mia sorella abbiamo subito abusi da parte sua.
Quindi credo di sapere più o meno da dove vengono tutte queste problematiche.. però non so davvero come uscirne.
Mi scuso per la risposta così lunga, e se magari non ho inserito cosa richiedevate..
[#5]
Gentile utente,
comprendo quanto per lei possa essere difficile parlare di un vissuto così difficile e comprendo anche che questo suo sfogo sia stato possibile proprio in un contesto del genere, cioè on line, quando nessuno può sapere chi è e vederla.
Partirei però da questo suo iniziale e acerbo coraggio che lei ha avuto per riuscire ad uscire un giorno, spero non troppo lontano, allo scoperto e raccontare di persona ad un terapeuta quanto lei ci ha adesso riferito.
Spero davvero possa trovare il coraggio perchè lei non si deve affatto vergognare, mi creda.
Cordiali saluti,
comprendo quanto per lei possa essere difficile parlare di un vissuto così difficile e comprendo anche che questo suo sfogo sia stato possibile proprio in un contesto del genere, cioè on line, quando nessuno può sapere chi è e vederla.
Partirei però da questo suo iniziale e acerbo coraggio che lei ha avuto per riuscire ad uscire un giorno, spero non troppo lontano, allo scoperto e raccontare di persona ad un terapeuta quanto lei ci ha adesso riferito.
Spero davvero possa trovare il coraggio perchè lei non si deve affatto vergognare, mi creda.
Cordiali saluti,
Dr.ssa Agnese Bonni
Psicologa, Psicoterapeuta, Consulente sessuale, Mediatrice familiare a Piombino (LI)
[#7]
Se lei conosce da dove provengono queste problematiche allora perchè, se ne ha la possibilità, non tentare nuovamente un percorso di terapia che la aiuti ad uscire da questa situazione che le crea disagio?
Non è tanto il parlare da sola che può essere patologico ma il fatto che, insieme a questo, lei ha paura di uscire di casa ed affrontare la vita reale e le relazioni.
Il lavoro del terapeuta è quello di accogliere il disagio del paziente senza giudicare, perchè mai dovrebbe vergognarsi?
Non è tanto il parlare da sola che può essere patologico ma il fatto che, insieme a questo, lei ha paura di uscire di casa ed affrontare la vita reale e le relazioni.
Il lavoro del terapeuta è quello di accogliere il disagio del paziente senza giudicare, perchè mai dovrebbe vergognarsi?
[#8]
""Questo mi fa sentire in qualche modo realizzata, perché in quella specie di realtà immaginaria mi sento amata e al centro dell'attenzione... cosa mai successa nella realtà.""
Gentile Utente,
Lei si è data già la prima e importante risposta:
“parlare da sola la fa sentire apprezzata almeno da se stessa”.
La psicoterapia da scegliere, a mio avviso, dovrebbe essere di tipo analitico, o almeno di tipo dinamico, umanistico, in senso lato, tale cioè che prenda in considerazione tutta la personalità e non soltanto i sintomi che lei lamenta.
Prendere in considerazione tutta la personalità significa andare in profondità, trovare la storia della sua vita, delle sue frustrazioni e delle sue sconfitte o presunte tali.
Già c’è un grosso avvertimento di quello che soffre: mancanza di attenzione da parte degli altri, apprezzamento e stima. Lei pertanto risolve questo problema con il parlarsi e il rispondersi e trova in tutto questo un motivo che le permette di assaporare quella valutazione positiva di sé e della propria persona, perché tutti abbiamo bisogno di essere apprezzati e stimati.
La psicoterapia dovrebbe entrare nel pieno delle sue insoddisfazioni e dei dolori subiti, tutte angustie che le hanno prodotto questo senso di rigetto della vita e del contatto interpersonale che non l’ha mai soddisfatta.
Parlare da sola significa che lei è solita porsi delle domande e darsi anche delle risposte. Cose che dovrebbero accadere tra due e più persone, ma che lei non ha mai potuto sperimentare con un certo successo e soddisfazione.
C’è un mondo in lei da scoprire e con il quale intessere un rapporto continuo e profondo, con scambi di pensieri e di opinioni. Tutto ciò è vita, è vera esistenza. Lei sta facendo da sola quello che non riesce a fare con gli altri. Il perché non è ancora chiaro.
E' come un’auto soddisfazione libidica, è come un autoerotismo che lei mette in atto per sentirsi viva e compresa almeno da se stessa.
Infine parlare da sola permette anche uno sfogo, una valvola di scarico dell’ansia che la assale e non la fa vivere bene.
Sugli stili e metodi psicoterapeutici apra i seguenti link che la collega a due articoli di un nostro amico e psicologo che sono molto importanti per capire i vari modi di affrontare i problemi della psiche. Non che gli altri metodi terapeutici non siano eccellenti, ma in questo caso lei ha bisogno di una terapia “””dell’anima”””.
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1333-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico-parte-ii.html
Le formulo molti auguri e la saluto cordialmente.
Gentile Utente,
Lei si è data già la prima e importante risposta:
“parlare da sola la fa sentire apprezzata almeno da se stessa”.
La psicoterapia da scegliere, a mio avviso, dovrebbe essere di tipo analitico, o almeno di tipo dinamico, umanistico, in senso lato, tale cioè che prenda in considerazione tutta la personalità e non soltanto i sintomi che lei lamenta.
Prendere in considerazione tutta la personalità significa andare in profondità, trovare la storia della sua vita, delle sue frustrazioni e delle sue sconfitte o presunte tali.
Già c’è un grosso avvertimento di quello che soffre: mancanza di attenzione da parte degli altri, apprezzamento e stima. Lei pertanto risolve questo problema con il parlarsi e il rispondersi e trova in tutto questo un motivo che le permette di assaporare quella valutazione positiva di sé e della propria persona, perché tutti abbiamo bisogno di essere apprezzati e stimati.
La psicoterapia dovrebbe entrare nel pieno delle sue insoddisfazioni e dei dolori subiti, tutte angustie che le hanno prodotto questo senso di rigetto della vita e del contatto interpersonale che non l’ha mai soddisfatta.
Parlare da sola significa che lei è solita porsi delle domande e darsi anche delle risposte. Cose che dovrebbero accadere tra due e più persone, ma che lei non ha mai potuto sperimentare con un certo successo e soddisfazione.
C’è un mondo in lei da scoprire e con il quale intessere un rapporto continuo e profondo, con scambi di pensieri e di opinioni. Tutto ciò è vita, è vera esistenza. Lei sta facendo da sola quello che non riesce a fare con gli altri. Il perché non è ancora chiaro.
E' come un’auto soddisfazione libidica, è come un autoerotismo che lei mette in atto per sentirsi viva e compresa almeno da se stessa.
Infine parlare da sola permette anche uno sfogo, una valvola di scarico dell’ansia che la assale e non la fa vivere bene.
Sugli stili e metodi psicoterapeutici apra i seguenti link che la collega a due articoli di un nostro amico e psicologo che sono molto importanti per capire i vari modi di affrontare i problemi della psiche. Non che gli altri metodi terapeutici non siano eccellenti, ma in questo caso lei ha bisogno di una terapia “””dell’anima”””.
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1333-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico-parte-ii.html
Le formulo molti auguri e la saluto cordialmente.
[#10]
Psicologo, Psicoterapeuta
>>Quindi credo di sapere più o meno da dove vengono tutte queste problematiche.. però non so davvero come uscirne.
Gentile ragazza, al parere dei colleghi vorrei affiancare un punto di vista leggermente differente. Ciò non implica "migliore" o "più giusto": è soltanto un modo diverso di vedere le cose, cioè il punto di vista della terapia cognitivo-comportamentale.
Secondo questo modo di intendere la terapia, non sempre "sapere da dove veniamo" aiuta ad andare davvero dove vorremmo. Anzi, a volte possiamo rimanere talmente intrappolati nei nostri ricordi, nel passato che ci raccontiamo e che la vita ci ha raccontato, che possiamo perdere di vista quello che ci accade istante per istante, e magari anche le direzioni in cui vorremmo muoverci.
Nel suo racconto mi sembra di leggere una serie di comportamenti che lei "fa" (ad esempio, parlare da sola o interagire tramite Internet), ed una serie di comportamenti che lei "non fa" (ad esempio, non curare i suoi rapporti "reali" e non cercare gratificazione ed apprezzamento da parte di persone in carne ed ossa).
Quando scegliamo cosa fare o cosa non fare, quello che ci spinge a muoverci può essere andare verso qualcosa che per noi ha importanza, o scappare da qualcosa. Nel suo racconto, mi sembra di aver letto una lunga e faticosa fuga, ma non trovo le sue mete, i suoi traguardi, le sue direzioni.
E così ho immaginato che lei possa vivere qualcosa del tipo "Quando se ne saranno andate via l'ansia, la paura, la sfiducia, ALLORA potrò vivere pienamente la mia vita". E' questo quello che le succede?
Gentile ragazza, al parere dei colleghi vorrei affiancare un punto di vista leggermente differente. Ciò non implica "migliore" o "più giusto": è soltanto un modo diverso di vedere le cose, cioè il punto di vista della terapia cognitivo-comportamentale.
Secondo questo modo di intendere la terapia, non sempre "sapere da dove veniamo" aiuta ad andare davvero dove vorremmo. Anzi, a volte possiamo rimanere talmente intrappolati nei nostri ricordi, nel passato che ci raccontiamo e che la vita ci ha raccontato, che possiamo perdere di vista quello che ci accade istante per istante, e magari anche le direzioni in cui vorremmo muoverci.
Nel suo racconto mi sembra di leggere una serie di comportamenti che lei "fa" (ad esempio, parlare da sola o interagire tramite Internet), ed una serie di comportamenti che lei "non fa" (ad esempio, non curare i suoi rapporti "reali" e non cercare gratificazione ed apprezzamento da parte di persone in carne ed ossa).
Quando scegliamo cosa fare o cosa non fare, quello che ci spinge a muoverci può essere andare verso qualcosa che per noi ha importanza, o scappare da qualcosa. Nel suo racconto, mi sembra di aver letto una lunga e faticosa fuga, ma non trovo le sue mete, i suoi traguardi, le sue direzioni.
E così ho immaginato che lei possa vivere qualcosa del tipo "Quando se ne saranno andate via l'ansia, la paura, la sfiducia, ALLORA potrò vivere pienamente la mia vita". E' questo quello che le succede?
[#11]
Ex utente
Esatto, dottore. E' esattamente così che mi sento..
E penso che non potrò vivere e non potrò fare nulla di buono per me fin quando avrò quest'ansia..
Razionalmente so che se non mi smuovo non potrò mai risolverla, ma è anche vero che la paura di fallire è tanta..
Non so davvero cosa fare, sono anni che combatto con questo mostro senza saper bene come affrontarlo..
E penso che non potrò vivere e non potrò fare nulla di buono per me fin quando avrò quest'ansia..
Razionalmente so che se non mi smuovo non potrò mai risolverla, ma è anche vero che la paura di fallire è tanta..
Non so davvero cosa fare, sono anni che combatto con questo mostro senza saper bene come affrontarlo..
[#12]
Psicologo, Psicoterapeuta
>>E penso che non potrò vivere e non potrò fare nulla di buono per me fin quando avrò quest'ansia.
Dev'essere molto difficile vivere così, in attesa che passi da sè, e magari sentire che la propria vita è meno ricca e significativa di come potrebbe essere...
>>Razionalmente so che se non mi smuovo non potrò mai risolverla
Cosa intende per "risolverla"? Può darci qualche informazione in più? Come sarebbe la sua vita se, con una bacchetta magica, riuscisse a far sì che l'ansia non rappresentasse più un problema per lei?
>>Non so davvero cosa fare, sono anni che combatto con questo mostro senza saper bene come affrontarlo..
Sa, a leggere le sue parole mi sono immaginato una sorta di "tiro alla fune" tra lei e sè stessa, come se avesse un capo della fune in una mano e l'altro capo nell'altra mano: un sacco di fatica e di tensione e nessun passo avanti...
Dev'essere molto difficile vivere così, in attesa che passi da sè, e magari sentire che la propria vita è meno ricca e significativa di come potrebbe essere...
>>Razionalmente so che se non mi smuovo non potrò mai risolverla
Cosa intende per "risolverla"? Può darci qualche informazione in più? Come sarebbe la sua vita se, con una bacchetta magica, riuscisse a far sì che l'ansia non rappresentasse più un problema per lei?
>>Non so davvero cosa fare, sono anni che combatto con questo mostro senza saper bene come affrontarlo..
Sa, a leggere le sue parole mi sono immaginato una sorta di "tiro alla fune" tra lei e sè stessa, come se avesse un capo della fune in una mano e l'altro capo nell'altra mano: un sacco di fatica e di tensione e nessun passo avanti...
[#13]
Ex utente
Non saprei bene. Vorrei poter vivere come tutti i ragazzi della mia età..
Credo che ognuno abbia le proprie paure, ma li vedo più spensierati, più sereni di me..
Io non riesco a godermi neppure una passeggiata in tranquillità da quando ho questo problema, è seccante.
Mi piacerebbe lavorare, potermi comprare delle cose, così da aiutare anche la mia famiglia con i problemi economici.. magari farmi nuovi amici e coltivare i miei interessi..
Sì, mi sento stressata e stanca molte volte. Per qualche ragione non ho mai pensato di ammazzarmi, anche se tristemente molti ragazzi giungono a quel punto.. cerco sempre di pensare che una soluzione esiste, e che devo solo trovarla..
Però col tempo che passa mi convinco sempre di più che dovrò convivere con questa cosa tutta la vita, e che quindi mi ruberà tutte le cose buone che potrei avere..
Credo che ognuno abbia le proprie paure, ma li vedo più spensierati, più sereni di me..
Io non riesco a godermi neppure una passeggiata in tranquillità da quando ho questo problema, è seccante.
Mi piacerebbe lavorare, potermi comprare delle cose, così da aiutare anche la mia famiglia con i problemi economici.. magari farmi nuovi amici e coltivare i miei interessi..
Sì, mi sento stressata e stanca molte volte. Per qualche ragione non ho mai pensato di ammazzarmi, anche se tristemente molti ragazzi giungono a quel punto.. cerco sempre di pensare che una soluzione esiste, e che devo solo trovarla..
Però col tempo che passa mi convinco sempre di più che dovrò convivere con questa cosa tutta la vita, e che quindi mi ruberà tutte le cose buone che potrei avere..
[#14]
Psicologo, Psicoterapeuta
>>Credo che ognuno abbia le proprie paure, ma li vedo più spensierati, più sereni di me..
Faccio questo lavoro da qualche anno, e da quando ho cominciato mi sono scontrato con una dura realtà: l'idea che i ragazzi siano "sereni" o "spensierati" è una favola che spesso gli adulti si raccontano. Molti ragazzi soffrono, rimangono bloccati, sono spaventati, pessimisti, autolesivi, esattamente come gli adulti. Che lei si senta così non mi sorprende.
>>Mi piacerebbe lavorare, potermi comprare delle cose, così da aiutare anche la mia famiglia con i problemi economici.. magari farmi nuovi amici e coltivare i miei interessi..
Se ho capito bene, le piacerebbe impegnarsi per alcune cose che per lei hanno valore (essere autonoma economicamente, aiutare i suoi familiari, coltivare relazioni ed interessi, e chissà cos'altro ancora...). Ma sta aspettando di essere libera dall'ansia prima di poter cominciare...
>>cerco sempre di pensare che una soluzione esiste, e che devo solo trovarla..
Sottoscrivo e firmo questa possibilità, ma con un "a patto che".
"A patto che" lei possa impegnarsi in un percorso che l'aiuti a cambiare alcuni obiettivi (ad esempio, "devo liberarmi dall'ansia") con altri che la possano aiutare di più (ad esempio, "posso rimettere in moto la mia vita CON l'ansia, ed imparare a non peggiorare la situazione").
>>Però col tempo che passa mi convinco sempre di più che dovrò convivere con questa cosa tutta la vita, e che quindi mi ruberà tutte le cose buone che potrei avere..
Forse l'una cosa non implica l'altra. Forse lei, come me, come le persone "vive", proverà emozioni spiacevoli, alcune anche molto intense. Ma forse queste emozioni non sono in grado di rubarle proprio niente. Sono come un falò: bruciano solo quello che lei gli butta dentro, ma non sono un incendio. Anche se sono molto, molto "calde"!
L'ansia, la tristezza, la rabbia, la frustrazione possono essere molto dolorose. Ma non sono in grado, in sè, di rubarle nulla. Al contrario, ognuno di noi ha la possibilità di scegliere se vivere la propria vita, o mortificarla nel tentativo di evitare ansia, tristezza, rabbia...
Faccio questo lavoro da qualche anno, e da quando ho cominciato mi sono scontrato con una dura realtà: l'idea che i ragazzi siano "sereni" o "spensierati" è una favola che spesso gli adulti si raccontano. Molti ragazzi soffrono, rimangono bloccati, sono spaventati, pessimisti, autolesivi, esattamente come gli adulti. Che lei si senta così non mi sorprende.
>>Mi piacerebbe lavorare, potermi comprare delle cose, così da aiutare anche la mia famiglia con i problemi economici.. magari farmi nuovi amici e coltivare i miei interessi..
Se ho capito bene, le piacerebbe impegnarsi per alcune cose che per lei hanno valore (essere autonoma economicamente, aiutare i suoi familiari, coltivare relazioni ed interessi, e chissà cos'altro ancora...). Ma sta aspettando di essere libera dall'ansia prima di poter cominciare...
>>cerco sempre di pensare che una soluzione esiste, e che devo solo trovarla..
Sottoscrivo e firmo questa possibilità, ma con un "a patto che".
"A patto che" lei possa impegnarsi in un percorso che l'aiuti a cambiare alcuni obiettivi (ad esempio, "devo liberarmi dall'ansia") con altri che la possano aiutare di più (ad esempio, "posso rimettere in moto la mia vita CON l'ansia, ed imparare a non peggiorare la situazione").
>>Però col tempo che passa mi convinco sempre di più che dovrò convivere con questa cosa tutta la vita, e che quindi mi ruberà tutte le cose buone che potrei avere..
Forse l'una cosa non implica l'altra. Forse lei, come me, come le persone "vive", proverà emozioni spiacevoli, alcune anche molto intense. Ma forse queste emozioni non sono in grado di rubarle proprio niente. Sono come un falò: bruciano solo quello che lei gli butta dentro, ma non sono un incendio. Anche se sono molto, molto "calde"!
L'ansia, la tristezza, la rabbia, la frustrazione possono essere molto dolorose. Ma non sono in grado, in sè, di rubarle nulla. Al contrario, ognuno di noi ha la possibilità di scegliere se vivere la propria vita, o mortificarla nel tentativo di evitare ansia, tristezza, rabbia...
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Approfondimento su Ansia
Cos'è l'ansia? Tipologie dei disturbi d'ansia, sintomi fisici, cognitivi e comportamentali, prevenzione, diagnosi e cure possibili con psicoterapia o farmaci.