Problema di coppia

Salve, ho 31 anni, Sto con la mia ragazza da quasi 15 anni, negli ultimi 5 abbiamo convissuto. Lei da più di 2 anni ha cominciato a manifestare seri problemi psicologici, tra cui schizofrenia, manie di persecuzione e attacchi di panico. Io e i suoi genitori, assieme a uno psicologo abbiamo tentato e stiamo tuttora tentando di migliorare la situazione, ma i risultati purtroppo non sono incoraggianti, ha periodi in cui migliora, altri in cui si chiude in se stessa e sembra che gli sforzi fino a quel momento siano stati vani. Io da qualche tempo lavoro lontano da casa e rientro solo nel week end, e mi sono reso conto di stare meglio da solo che quando sono con lei. Non abbiamo rapporti da più di un anno e spesso percepisco che ha manie di persecuzione anche verso di me, e non vuole starmi vicino, ne ricevere carezze o coccole. Razionalmente soffro tantissimo per questo, perchè lei mi è stata vicino in momenti difficili della mia vita, e rendermi conto che non la amo più è dilaniante. Le voglio bene e vorrei continuare a starle vicino, ma mi rendo conto che continuare a stare con lei mi ha reso più insofferente verso certe cose, lei lo percepisce, perchè comunque i suoi problemi non le hanno attenuato l'estrema sensibilità che ha sempre avuto, e percependo un mio distacco ho paura che aumenti la sua sensazione di inadeguatezza, accentuando i suoi problemi. Mi sforzo di essere diverso, ma ormai rientrare a casa nel week end è diventato per me un momento pesante e frustrante, sto meglio da solo, lontano da casa, a lavorare, che a casa con lei, tant'è che prendo consulenze in più da fare anche nel week end, così anche da casa mi concentro sul lavoro e riesco a non soffrire troppo per la situazione. Mi sembra impossibile che l'amore grande che ho provato per lei sia finito, ma quando la guardo ora non provo desiderio e mi rendo conto che il sentimento di prima si è trasformato in una sorta di "impegno" per aiutarla. Sto piangendo mentre scrivo questo testo, mi sento malissimo perchè razionalmente vorrei non abbandonarla, vorrei aiutarla, vorrei fare di più per lei, ma emotivamente mi rendo conto che mi sto distaccando da lei e questo mi crea un disagio a volte insopportabile, mi riempie di sensi di colpa, a volte penso che lasciarci sarebbe una liberazione ma se ci penso mi sento un vigliacco a lasciarla, così fragile com'è in questo periodo. Penso al suo futuro, a come se la può cavare un domani che non ci saranno più i suoi genitori, visto che si è chiusa in se stessa e non esce di casa e non vede altre persone se non me, i suoi e il suo psicologo (non vuole rapporti nemmeno con le sorelle). Vorrei continuare ad aiutarla, a fornirle il mio supporto, ma vorrei farlo dall'esterno, non più come suo fidanzato. Perchè la vita è così difficile? e com'è possibile che l'amore che mi ha reso felice come non lo sono mai stato, possa farmi soffrire così tanto oggi? non so più che fare, grazie a chi vorrà darmi un consiglio
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233
Gentile utente,

capisco benissimo il suo stato d'animo che prova e il dolore che le ha provocato e le provoca tuttora l'esperienza della trasformazione della sua fidanzata in una paziente psichiatrica, irriconoscibile o quasi rispetto a quella che era prima.
E' una situazione veramente difficile e deve sapere che in Italia sono sorte molte associazioni e gruppi di auto-aiuto dedicati ai parenti dei malati psichici, che da soli non sanno come fronteggiare quello che accade e le conseguenze che ricadono sulla vita di tutta la famiglia.
Potrebbe informarsi sulla presenza di queste associazioni o gruppi dalle sue parti per prendere eventualmente contatto con le persone che li organizzano.

Per quanto riguarda la sua compagna, ci dice che è seguita da uno psicologo ma i casi di psicosi sono di competenza prima di tutto del medico psichiatra.
La terapia farmacologica è essenziale per contenere i sintomi di psicosi e se la ragazza non assume nessun farmaco è necessario convincerla a rivolgersi anche ad uno psichiatra, meglio se nell'ambito pubblico (centro di salute mentale).

Quando sarà aiutata nel modo più adeguato anche lei si sentirà libero di decidere il da farsi senza sentire più sulle sue spalle il peso di una situazione sulla quale non può incidere se non marginalmente.

Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it

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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Gentile Utente,

ci sono almeno due aspetti molto importanti da considerare nella situazione che Lei sta descrivendo:

- la durata della relazione sentimentale: voi due state insieme da quando eravate ragazzini. Prima dell'esordio della sintomatologia com'era la vostra relazione? Era già cambiata?

- - i Suoi sentimenti verso questa ragazza: se Lei è certo di non voler più stare con una persona che non ama, non sarà una malattia a tenerLa vicno alla Sua ragazza. Credo che i timori che ha adesso dovrebbe affrontarli al più presto: sacrificarsi per non far soffrire l'altro non è una motivazione per stare in una relazione. Capisco la Sua sofferenza per la situazione e anche la preoccupazione per il futuro di questa ragazza, ma la Sua vita e la Sua felicità che posto occupano in questa situazione? Veramente è disposto a sacrificare la Sua vita e il Suo futuro per un senso di colpa e di responsabilità?

Il futuro di un malato psichiatrico, ma anche di una persona handicappata è certamente preoccupante e merita più attenzione di quanto abitualmente non si faccia, ma non spetta a Lei preoccuparsi di questo. Soprattutto se i sentimenti non ci sono più.

Se, al contrario, la Sua fosse solo stanchezza per una situazione estremamente pesante, come quella del care giver che si occupa di una malato, allora ritengo che -anzichè buttarsi nel lavoro come strategia e via d'uscita- dovrebbe domandare aiuto per se stesso e circondarsi di una vita e relazioni sociali più supportive e d'aiuto anche per se stesso.

Un cordiale saluto,

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

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Utente
Utente
Salve, grazie per le risposte,

rispondo alle vostre osservazioni:

la mia ragazza segue anche una terapia psichiatrica, con farmaci (serenase, EN, Akineton e risperdal)

riguardo alla mia vita sociale, al di fuori della coppia è abbastanza soddisfacente, ho un lavoro gratificante (sono un funzionario della commissione europea) ed esco spesso con i colleghi, e quando sono a casa vengono sempre amici a trovarmi ogn week end (a casa in modo da non lasciare sola la mia ragazza) inoltre organizzo serate enogastronomiche in diverse zone dove ho contatti con diversi gruppi.

Anche io mi sono rivolto a una psichiatra, con sedute abbastanza frequenti in passato, ora più di rado per ragioni di tempo.

Riguardo al rapporto con la mia ragazza, penso di non essere più innamorato ma non ne sono sicuro, non provo più desiderio come prima, e quando sono a casa mi sento "sacrificato" tuttavia non è possibile affermare che non provo più niente per lei. se penso a quello che vorrei ora, effettivamente la "soluzione" che desidererei sarebbe vivere separatamente ma offrendole il mio supporto quando ne ha bisogno... non so se sarà fattibile ma non mi sento di abbandonarla, e nemmeno di continuare a stare con lei come "pseudo-coppia" visto che di fatto non condvidiamo quasi più nulla... è la situazione più difficile che ho vissuto in vita mia, nonostante abbia avuto altri periodi dolorosi in vita mia, tra cui la morte di mio padre e dopo pochi mesi un problema di salute con mia madre che ora è invalida al 100% con seri problemi di autonomia e di memoria (trauma cerebrale post-anossico). per fortuna riesco a "compartimentare" la mia vita, nel senso che quando sono impegnato in altre attività, compreso il lavoro, riesco a non pensare ad altro.

Grazie delle risposte, se servono ulteriori chiarimenti chiedetemi pure.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Gentile Utente,

sarebbe molto utile a mio avviso la consulenza presso uno psicologo psicoterapeuta per indagare le Sue dinamiche relazionali.
Riferisce infatti di persone che attorno a Lei che stanno molto male e sono bisognose (anche la mamma) e quindi attivano dentro di Lei un senso di colpa e la spinta ad accudire. E' così?

Una volta che avrà chiarito bene cosa desidera Lei, sarà più semplice scegliere in maniera consapevole.

Parallelamente si informi anche della malattia della Sua ragazza.

Un cordiale saluto,
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Utente
Utente
Grazie della risposta,

penso che più che la spinta ad accudire, che pure c'è, la cosa che più mi blocca è la pura di aggiungere dolore alla mia ragazza, ed è la cosa che vorrei evitare in assoluto. Perchè anche se non condividiamo più molte cose, percepisco che lei è comunque attaccata a me, e provo un dolore profondo all'idea di staccarmi da lei, non per quanto riguarda me ma per il dolore che darei a lei.

tra l'altro la sua psicologa mi dice che tornare dai suoi sarebbe deleterio per la sua psicosi, e anche lei ne è consapevole, questo aggiunge un ulteriore problema da risolvere.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Capisco, la situazione è molto delicata.
Vale la pena fare tutte le valutazioni del caso prima di una scelta.

Nel frattempo si occupi anche di se stesso, come mi pare di capire stia già facendo e con la consapevolezza che caricarsi di lavoro potrebbe essere una strategia di fuga dalla situazione stressante.

Ci tenga informati della situazione comunque.

Un cordiale saluto,
[#7]
Utente
Utente
Salve, vi aggiorno dopo aver parlato con la sua psichiatra, e anche con la mia psicologa

La sua psichiatra si è resa conto che la situazione è in stallo e che oltre a me anche i genitori della mia ragazza sono in difficoltà, abbiamo discusso un po' e tra le possibilità paventate c'è quella di trovare una soluzione temporanea per lei, affittando un appartamento nei pressi della casa dei suoi genitori (che è anche vicinissima allo studio della sua psichiatra), poichè non vuole tornare a casa dei suoi, e la sua psicologa è d'accordo con questa linea in quanto invece di incrementare la sua autonomia avrebbe effetti contrari, a suo parere peggiorativi. In questa fase il tentativo sarebbe di farle riacquistare la sua autonomia, essendo più vicino alla città (casa nostra è lontano dal centro abitato e per qualsiasi esigenza, come fare la spesa, andare alle sedute ecc. è costretta a chiedere a qualcuno) Io continuerei a vederla nel week end e di volta in volta in accordo tra me e lei, potrei andarla a trovare nel suo appartamento, oppure potrebbe venire a casa con me.

La mia terapeuta mi ha detto che la situazione com'è ora anche se io continuo a "sacrificarmi" (passatemi il termine anche se non esattissimo) per starle vicino senza adottare alcun provvedimento, porterebbe solo a un ulteriore inasprimento dei rapporti e porterebbe comunque a una rottura in futuro, quindi mi ha consigliato di continuare solo se c'è un percorso terapeutico che possa (ovviamente non con certezza, ma almeno in prospettiva) a un miglioramento in primis dello stato della mia ragazza e conseguentemente al nostro rapporto.

in questo quadro tutt'ora permangono i miei dubbi, dopo che la situazione è stata prospettata alla mia ragazza ho notato da parte sua (come forse era ovvio aspettarsi) un maggiore attaccamento a me, mi manda messaggi e quando ci sentiamo la sento più attaccata, ma non so se l'atteggiamento corrisponderà poi a qualche cambiamento significativo.

pensate che un quadro di questo tipo possa portare a qualche miglioramento? ovviamente non pretendo la certezza ma potrebbe a vostro avviso essere un approccio costruttivo?

grazie
Cordiali Saluti