Psicoanalisi e tipo di psicoterapia

Gentili dottori,

dopo essermi reso conto e aver percepito, qualche giorno fa e peraltro in un totale stato di ebbrezza, che una parte dei problemi che ho sempre avuto è legata a un ENORME vuoto che riempie la mia anima, dato da un'enorme carenza di autostima e soprattutto dalla mancanza di quella che è la "fiducia primordiale" (ciò che Freud chiamava "Ur-vertrauen"), vorrei fare una domanda connessa a una consulenza che ho richiesto qui qualche giorno fa: qual è la precisa denominazione della figura professionale in campo psicologico (ossia del medico) che si occupa, oltre al resto, anche di risolvere i problemi legati al RIPRISTINO della "fiducia primordiale" di cui parlavo nei miei post precedenti e che solitamente si dovrebbe svilupaare ancora da bambini fino a un'età massima di 8 o 9 anni? Faccio questa domanda perché innanzitutto mi trovo all'estero (Germania) e le competenze dei singoli psicologi nel loro specifico ambito di specializzazione non sempre trovano una corrispondenza equivalente con quelle che si riscontrano nei medici in Italia; inoltre, anche se fossi in Italia non saprei a quale genere di psicologo o psicoterapeuta iniziare a rivolgermi per affrontare il problema: so infatti che esiste un ampissimo ventaglio di specializzazioni in campo psicologico e psicoterapeutico. Ne basterebbe uno qualsiasi?

Se la mia domanda dovesse avere poco senso, vi chiedo di suggerirmi o consigliarmi a chi rivolgermi per iniziare un percorso di risoluzione del problema che mi "opprime" da anni. Vogliate considerare che mi occorre una "cura drastica" e qui cercherò di spiegarmi meglio. Dal momento che SO (perché è emerso da un percorso "psicologico-psicoterapeutico" che avevo intrapreso 2 anni fa) che le radici del mio malessere sono piuttosto profonde e poiché si tratta di RIPRISTINARE una fiducia generale nei confronti dell'essere umano e del mondo, come se si trattasse di un'operazione di RESET di un computer, un semplice "vis-à-vis" o colloquio dei miei problemi con uno psicologo qualunque non credo sarebbero sufficienti. Che cosa mi potrebbe essere proposto e che cosa dovrei andare a cercare?

Grazie di nuovo dell'attenzione,

cordiali saluti.
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Dr.ssa Magda Muscarà Fregonese Psicoterapeuta, Psicologo 3.8k 149
Gentile utente, certo i suoi problemi partono da lontano come è stato già chiarito precedentemente.
Potrebbe secondo me essere utile un percorso con uno psicologo ad approccio psicodinamico, fondamentale sarà riuscire a colmare quanto le è mancato nell'infanzia, con uno sguardo attento e rassicurante sulle tappe poi superate, sulle fatiche , ma anche sulle vittorie, le conferme dal mondo esterno, i giorni positivi..
Mi sembra una persona intelligente, sensibile, cominci ad essere buono con sè stesso, a volersi bene, per consolare il bambino triste che forse è stato..

MAGDA MUSCARA FREGONESE
Psicologo, Psicoterapeuta psicodinamico per problemi familiari, adolescenza, depressione - magda_fregonese@libero.it

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Utente
Utente
Gentile dott.ssa Fregonese,

grazie di cuore della celere risposta e del consiglio che mi ha suggerito. Il motivo principale per cui ho chiesto una tale informazione è il desiderio di avere una conferma di quanto ho letto in alcuni siti web in tedesco specializzati in psicologia, dove si afferma che una delle strategie terapeutiche per "virare" contro determinati "sviluppi" o percorsi di sviluppo "errati" della propria personalità che si sono intrapresi sin dall'infanzia risiede nell'idea del "containing". Poiché, per quanto possa impegnarmi a leggere, ricercare e capire in prima persona, le mie risorse per la comprensione di determinati concetti sono comunque limitate, cercavo una conferma da parte di persone sicuramente molto più esperte di me.

Posso gentilmente chiederle in che cosa consisterebbe più precisamente un approccio di tipo psicodinamico? Infine, quindi, secondo lei dovrei rivolgermi a uno psicologo qualsiasi (perché comunque qualsiasi psicologo conosce e saprebbe o potrebbe impiegare un approccio psicodinamico) o a uno psicologo specialista (nel senso tecnico del termine) in psicodinamica?

Non sa quanto vorrei iniziare a essere buono con me stesso..a volte ho anche la sensazione di riuscirci..ma è tutto così difficile se si è veramente e completamente SOLI..non tanto nel senso spaziale o fisico quanto "psicologico", ossia quando si è costretti fare affidamento unicamente alla propria forza interiore..

Grazie ancora e cordiali saluti.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
"dovrei rivolgermi a uno psicologo qualsiasi (perché comunque qualsiasi psicologo conosce e saprebbe o potrebbe impiegare un approccio psicodinamico) o a uno psicologo specialista (nel senso tecnico del termine) in psicodinamica?"

Se lei desidera intraprendere una psicoterapia con un terapeuta specializzato in psicoterapia che utilizzi un approccio psicodinamico dovrebbe proprio scegliere un terapeuta specializzato in terapia analitica.

In effetti gli orientamenti teorici non sono tutti uguali in psicoterapia.

Per quanto riguarda la Sua richiesta nello specifico, ovvero come fare "... a risolvere i problemi legati al RIPRISTINO della "fiducia primordiale" di cui parlavo nei miei post precedenti e che solitamente si dovrebbe svilupaare ancora da bambini fino a un'età massima di 8 o 9 anni...." io ritengo che -in base alla teoria dell'attaccamento- che le cose non stanno proprio così. Il discorso è un po' più complicato.

E' vero che la fiducia nelle relazioni si costruisce da subito e che un bimbo molto piccolo, di età compresa tra i 12 e i 18 mesi, sia già in grado di spostare il tiro nei confronti della mamma, a seconda del tipo di relazione instaurata e del legame di attaccamento.
Se ad esempio una mamma è poco accudente o manifesta scarse abilità nella cura del piccolo, il bimbo potrebbe diventare un poco evitante. Però vorrei sottolineare che tali ricerche mostrano che NON esiste correlazione con lo sviluppo adulto.
Esiste invece una memoria di un modello operativo interno che permette al bimbo di sperimentarsi e proporsi in un determinato modo e con determinate aspettative agli altri.
E' chiaro che tale modello è flessibile, nel senso che il bimbo frequenterà altre persone e il gruppo di pari e avrà l'opportunità di ampliare i gradi di libertà e fare esperienze relazionali "correttive".
Quindi ciò che mi preme precisare è che non è vero che lo stile relazionale dei genitori (che possono anche avere stili relazionali completamente diversi) farà sempre in modo che il bimbo non abbia la fiducia nelle relazioni.
Il problema piuttosto è se c'è una rigidità su tale stile. Mi spiego meglio. Se un bambino non ha modo di sperimentare tale fiducia di base o attaccamento sicuro e ha uno schema relazionale molto rigido, non avrà modo di costuire altre relazioni in cui sperimetare questa fiducia e cambiare, perchè le sue aspettative saranno quelle di abbandono o di poca fiducia.
E chiunque faccia il tentativo di avvicinarsi ad altri sapendo che non verrà amato o di non potersi fidare, metterà in atto tutta una serie di tes e di azioni che, con buona probabilità, lo allontaneranno dagli altri, e così si ritroverà più facilmente da solo, confermando le proprie idee.
Gli studi sull'attaccamento parlano quindi di attaccamento sicuro e di bimbi sicuri (che hanno avuto una mamma accudente), ma anche di adulti che sono "sicuri guadagnati", ovvero che -pur non avendo avuto da bambini un attaccamento sicuro- sono riusciti da adulti a prendere le distanze dal passato e dal modello relazionale e ad essere poi a loro volta genitori sicuri e accudenti.

Come cambiare?
Ad esempio, come Lei sta chiedendo qui, attraverso una psicoterapia che riesca a mostarLe tutto ciò ma che soprattutto possa metterLa nelle condizioni di sperimentare (anche partendo dalla relazione terapeutica) una relazione di fiducia.

Un cordiale saluto,

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

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Dr. Armando De Vincentiis Psicologo, Psicoterapeuta 7.2k 220
gentile utente le consiglio queste letture per un approccio più informato alla sua scelta

https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html

https://www.medicitalia.it/news/psicologia/2106-ansia-quale-psicoanalisi-un-libro-per-capire.html

Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
https://www.facebook.com/groups/316311005059257/?ref=bookmarks

[#5]
Utente
Utente
Gentile dott.ssa Pileci,

grazie mille dell'articolatissima ed esauriente risposta. Lei ha posto in tavola un'ulteriore ipotesi, diversa da quella che vede la causa di un mancato sviluppo di una fiducia di base UNICAMENTE nella relazione genitoriale. Ha parlato infatti di "correttività" delle esperienze relazionali vissute con ALTRI, a partire cioè da quando il bambino inizia a costruire amicizie. E quindi di un modello operativo che di solito dovrebbe essere flessibile e non rigido e che, in ogni caso, esula dalle esperienze relazioni che si sono stabilite con le figure genitoriali.

Adesso io faccio una fatica enorme a capire, da solo e dentro di me, quale sia il motivo di questa mia mancanza di fiducia di base o attaccamento sicuro, riconoscendo cioè se la causa è legata al rapporto che ho sempre avuto con i miei genitori o se invece va ricercata in uno schema impostato su "input" scorretti ed "errato" che ho interiorizzato da quando ho inziato a stabilire relazioni con gli altri. E al momento mi sento peraltro abbastanza spaesato alla luce della consapevolezza di non riuscire a determinare bene tale causa, a far luce dentro me stesso.

In ogni caso, credo proprio che tale lavoro di identificazione, anche con l'ausilio di uno psicoterapeuta specializzato in terapia analitica, richieda anni di impegno e autoanalisi costanti. Se il problema ruota infatti attorno alla necessità di modificare un "pattern" che è stato assimilato quando ancora si era bambini e che era "imperfetto", una sua possibile "riprogrammazione" è solo possibile nel lungo (molto lungo) periodo.

Leggendo ciò che scrive, però, la relazione dello psicoterapeuta con il paziente sembra essere importante per lo sviluppo di un rapporto di "neo-fiducia" anche con gli altri...Al proposito ricordo che con la psicologa che mi ha sostenuto durante l'ultimo percorso, durato circa due anni, avevo sviluppato un ottimo rapporto, considerando anche che la ritenevo molto competente ed esperta, ed ero arrivato a "lasciarmi andare" un po' di più rispetto all'inizio. E tuttavia, nonostante i due anni, non sono mai riuscito a rivelarle alcuni aspetti della mia personalità o comunque caratteristiche importanti che avrei tanto voluto rivelarle e di cui avrei voluto parlarle. Questo è veramente un peccato e mi fa capire quanto sia importante che possa riuscire a fidarmi anche del medico che ho di fronte...perché il rischio di una relazione "poco autentica" anche con il mio terapeuta potrebbe sempre essere presente.

La ringrazio di nuovo per il tempo che mi ha concesso per leggermi e per scrivere la sua lunga risposta.

Cordiali saluti
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicoterapeuta, Psicologo 4.9k 87
Gent.le ragazzo,
c'è la possibilità di riprendere il percorso terapeutico con l'ultima psicologa che lo ha seguito? Oppure ritiene che sarebbe più facilitante per lei rivolgersi ad un altro psicologo?
Nell'intento di offrirle un ulteriore spunto di riflessione le consiglio la lettura del seguente articolo:
https://www.medicitalia.it/minforma/?dott=sabrina.camplone

Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it

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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
"Adesso io faccio una fatica enorme a capire, da solo e dentro di me, quale sia il motivo di questa mia mancanza di fiducia di base..."

Gentile Utente,
capisco bene che faccia questa fatica, per diverse ragioni:
1- gli schemi relazionali che ci creano problemi sono spesso automatici e quindi inconsapevoli. Scopo di una psicoterapia (di altro orientamento da quella analitica, come ad esempio la cognitivo-comportamentale) è rendere tali schemi di pensiero (es. so già che l'altro mi tradirà->non posso fidarmi di nessuno) e di comportamento (es. evito di avere relazioni profonde e intime) consapevoli nel pz. in maniera tale da poterli padroneggiare e quindi modificare.
2- la nostra mente è una mente relazionale e quindi da soli non è possibile rendersene conto e capire da dove viene la mancanza di fiducia.
3- c'è anche da dire che non è sempre necessario, almeno in prima battuta, capire la causa (qui della mancanza di fiducia). Per esempio, in terapia cognitivo-comportamentale una volta intercettato lo schema disfunzionale che genera e mantiene il problema, il pz comincia a cambiare e a stare meglio. Solo in seguito, se il pz stesso lo desidera ancora, si potranno cercare i motivi in maniera più accurata.
In genere la persona sta bene e molto spesso non è neppure più interessata ad approfondire...


"richieda anni di impegno e autoanalisi costanti. "
Non è detto che sia così per tutte le forme di psicoterapia.
Ci sono trattamenti più brevi, focalizzate sul problema portato dal pz. e che talvolta hanno la durata di pochi mesi.
Un pregiudizio di molti riguarda il fatto che per stare bene sia indispensabile scavare e scavare...


La relazione terapeutica, infine, è terapeutica perchè lo psicoterapeuta deve essere in grado di prevedere che cosa accadrà, come si muoverà il pz. e di conseguenza. Mi spiego meglio. oltre all'alleanza terapeutica, fondamentale per la buona riuscita di una terapia, è importante anche intercettare i cosiddetti "cicli interpersonali prevalenti". Un ciclo personale è problematico o disadattivo quando nel processo interpersonale le previsioni negative sul comportamento dell'altro si autodeterminano e autoconfermano inducendo nell'altro il tipo di comportamento previsto.
Cosa c'entra questo con Lei? Se Lei, che è uno dei partecipanti alla relazione parte prevenuto segnalerà all'altro la propria disposizione negativa e lo indurrà a una certa disposizione negativa. Il ciclo a questo punto tenderà a perpetuarsi e a mantenere stabili le previsioni che l'hanno originato.
E' anche vero che gli stessi sistemi interpersonali che utilizziamo nella vita (es. l'attaccamento ->attaccamento a "quel" terapeuta) entrano in gioco, ma la relazione terapeutica deve più frequentemente orientarsi sulla cooperazione ovvero si cammina fianco a fianco contro la sofferenza.

Da qui chiaramente non so dirLe che cosa sia accaduto nella precedente terapia...

"E tuttavia, nonostante i due anni, non sono mai riuscito a rivelarle alcuni aspetti della mia personalità o comunque caratteristiche importanti che avrei tanto voluto rivelarle e di cui avrei voluto parlarle"
Secondo Lei perchè? Che cosa La frenava?

[#8]
Utente
Utente
Gent.le dott.ssa Camplone,

sarebbe un problema adesso ricontattare la psicologa che mi aveva seguito per vari motivi. In primo luogo, attualmente mi trovo in Germania e non in Italia, dove ho svolto i due anni di percorso terapeutico fino al luglio 2012; in secondo luogo, la mia psicologa era allora una sorta di "allieva" (in quanto ancora molto giovane e, come lei stessa una volta si definì, "psicoterapeuta in formazione") che esercitava la sua attività "al di sotto" (che brutta parola!) di uno degli altri psicologi operanti all'interno della struttura - consideri che il servizio di consulenza mi era stato offerto dal Servizio Sanitario Nazionale presso un Istituto di igiene mentale. Anche per questo, peraltro, pagavo piuttosto poco per le mie visite. Al termine del percorso psicoterapico, tuttavia, la mia psicologa mi ha detto di aver concluso il suo mandato aggiungendo che se avessi avuto bisogno di continuare le mie consulenze con lei, avrei dovuto procedere "privatamente" e quindi recarmi personalmente "a casa sua".

All'epoca, ovviamente, dopo aver conseguito la laurea, mi sentivo un "leone" e credevo che, almeno provvisoriamente, tutti i miei problemi fossero stati risolti, benché fossi consapevole del rischio sempre presente di alcune ricadute. Così sono "espatriato" per seguire corsi di formazione, ma, come esposto anche in altri post, a poco a poco la situazione è di nuovo precipitata. Non credo che riuscirei adesso a ricontattare la mia psicologa. Inoltre, credo che fosse ancora molto giovane e che le mancassero ancora diversi strumenti per affrontare i miei problemi "fino in fondo", sebbene il suo aiuto sia stato fondamentale. Con lei ho svolto una terapia più di tipo cognitivo-comportamentale (ho trovato infatti una netta risonanza con le parole utilizzate dalla dott.ssa Pileci nella sua ultima risposta), ma OGGI mi rendo conto che a me occorre una terapia più approfondita, perché i miei problemi sono legati a un'insicurezza "ontologica" della mia persona, primordiale, a un'assenza totale di un'autostima, di una DIGNITA' in quanto essere umano (che praticamente non ho!), di una fiducia di base o "Ur-Vertrauen".

Gentile dott.ssa Pileci,

di nuovo grazie per l'immensa pazienza impiegata nel rispondere e per il tempo che mi concede. Per quanto riguarda il pregiudizio di molti relativo al continuo "scavare", posso dirLe di aver già iniziato a scavare a suo tempo con la psicologa di allora. Il problema è che non so se il lavoro compiuto sia stato fatto bene, a sufficienza e fino in fondo. Consideri inoltre che un'operazione di "scavatura", nel mio caso, forse è tanto più necessaria in quanto ho un'enorme difficoltà a gestire le mie emozioni nonché, soprattutto, in molte situazioni comunicative, a IDENTIFICARLE, capirle, riconoscere quali sono e quali, tra lo spettro delle emozioni esistenti, il mio spirito prova in QUEL determinato momento.

Chiaramente Lei non può sapere come si è svolto il mio precedente percorso psicoterapico, ma posso garantirLe che il medico che seguiva il mio caso era molto competente, benché ancora giovane. Tuttavia, come ho già scritto, non sono riuscito a rivelarle alcune caratteristiche della mia persona che riguardano, per esempio, sfere più private come la sessualità (tra le tante altre). Questo perché probabilmente sono stato frenato da una paura "del giudizio"..paura di essere criticato, considerato chissà come o cosa e quindi di essere valutato negativamente. La mia paura forse era quella che il rapporto tutto sommato "amichevole" e di fiducia reciproca che si era instaurato tra me e la mia psicologa potesse incrinarsi o prendere "una cattiva piega" a causa di una considerazione negativa che lei MAGARI avrebbe potuto avere o sviluppare nei miei confronti. Anche se, dott.ssa Pileci, mi limito a dirLe che si tratta di una mia supposizione. Proprio perché neanche in questo caso riesco a focalizzare bene o entrare in sintonia con ciò che il mio spirito o animo prova "ri-evocando" il ricordo della sensazione di "blocco" e "paralisi" esperita quando non riuscivo a parlare alla mia terapeuta di alcune caratteristiche della mia persona.

Spero di avere risposto a dovere alla Sua domanda..

Un cordiale saluto.
[#9]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
E' stato molto chiaro.

Infatti "...probabilmente sono stato frenato da una paura "del giudizio"..paura di essere criticato, considerato chissà come o cosa e quindi di essere valutato negativamente..." mi pare descriva molto bene ciò che Le dicevo a proposito dei cicli interpersonali prevalenti.

Con la paura del giudizio dentro non è facile andare in giro per il mondo e costruire relazioni e neppure riuscire a fidarsi.

Ecco che un aiuto per lavorare su questo tema (che è un tema critico per molte persone) e che potrebbe anche non avere radici lontane, ma semplicemente essere frutto della Sua elaborazione personale delle informazioni, potrebbe esserLe di grande aiuto.

Un cordiale saluto,
[#10]
Utente
Utente
Grazie mille della risposta, dott.ssa Pileci.

E' quando si inizia ad avere un rapporto di "poca fiducia" o "paura del giudizio" con il proprio psicoterapeuta o con il proprii psicologo che le cose iniziano a farsi difficili sia da gestire che da risolvere, da come mi sembra di capire. Dovrò trovare, spero, uno/a psicoterapeuta che sia molto paziente con me, perché purtroppo temo che non sarà semplice.

La ringrazio moltissimo in ogni caso per avermi concesso il suo tempo in questo sabato sera.
Un cordialissimo saluto
[#11]
Dr.ssa Sabrina Camplone Psicoterapeuta, Psicologo 4.9k 87
Gent.le ragazzo,
il rapporto di fiducia tra lo Psicologo e il cliente si costruisce poco a poco fin dal primo colloquio e necessita della sospensione del giudizio da parte dello specialista e dalla capacità di accogliere in modo positivo e incondizionato il vissuto della persona.
In ogni caso, è possibile che durante il percorso ci possano essere momenti in cui il rapporto di fiducia viene rimesso in discussione dal cliente, tuttavia se lo psicoterapeuta è riuscito ad instaurare una buona alleanza terapeutica, il cliente si sentirà libero di condividere eventuali diffidenze, che offriranno nuovi spunti al processo di elaborazione dell'esperienza.
[#12]
Utente
Utente
Gentile dott.ssa Camplone,

La ringrazio molto della gentile spiegazione. E' infatti possibile che durante il percorso psicoterapico durato fino all'anno scorso non sia riuscito a fidarmi completamente della psicologa che mi assistiva.

Purtroppo debbo constatare sempre più come tutta la mia vita stia precipitando, al punto che non riesco neppure più a essere spontaneo quando faccio un incontro o quando parlo con qualcuno. Faccio troppa fatica a "identificare" le mie emozioni, a sentirMI, a PERCEPIR-MI.

Pertanto credo di dover pian pianino affidarmi a uno psicoterapeuta, nella speranza di trovare qualcuno con cui instaurare un rapporto di fiducia autentico e non costruito o "autoimposto".

Di nuovo grazie mille dell'attenzione,buona giornata.
Cordiali saluti
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