Ansia di uscire da sola, rancori passati che ritornano

Ho bisogno d'aiuto. Non sono più padrona di me stessa, e non posso permettermelo. Più che altro, anche se il problema fosse minimo, quello che mi frega è la mia paura della paura.
Non posso fare altro che ricordare con un po' di nostalgia e invidia l'estate di due anni fa, il mio primo lavoro. Ci arrivavo tranquillamente col mio motorino, ero sostanzialmente tranquilla, o meglio: con le ansie di una persona normale. Andando avanti potrei anche fare l'esempio di quest'estate: arrivavo a lavoro tranquillamente, mangiavo fuori da sola, facevo compere qualche volta per passare il tempo durante la pausa pranzo... insomma, un po' mi scocciava sì, ma mi sentivo comunque bene.
Da qualche mese (ma ad esser sincera non saprei dire di preciso il periodo) mi sono accorta di avere una leggera ansia quando devo guidare, e molto più in generale quando devo uscire da sola. La mia sensazione è questa: sento di fare una cosa inutile in fondo, che si può rimandare, o che magari potrebbe risultare superflua, futile... non ero così, e non riesco a capire la causa: le cause. E' una cosa che va ad intermittenze per il momento. Alle volte riesco tranquillamente nelle cose che devo fare. Anzi, a pensarci meglio la mia ansia nasce proprio dal timore che mi possa venire un'ansia. La mia paura sta nascendo e crescendo grazie alla paura che ho di essa! Forse un altro mio problema è anche questo: ho sempre avuto fretta di crescere, ho dovuto. Ho sempre vissuto grazie al ragionamento, perchè se mi fossi affidata al resto non ce l'avrei fatta. Che sia arrivata al culmine? Alle volte mi accorgo di avere quest'ansia proprio perchè mi sento come se fossi catapultata a 6 anni fa all'incirca, a quando ero ancora una ragazzina insicura, timida, e con un stretto giro di amicizie. Riflessiva, intelligente, ma anche molto triste. Ora, non dico di essere l'opposto ma di essere evoluta, inevitabilmente. Con gli altri non mi sento a disagio, sono sicura nelle mie idee, cinica, razionale... ma basta con gli aggettivi. Ho un altro timore: quello di non riuscire a conciliare le mie mille facce. Il mio passato col mio presente. Di non riuscire ad unirli nella stessa persona, forse perchè in fondo disprezzavo alcune cose di me. So benissimo che questo non è giusto, che è normale che nella vita si cresca e si cambi, e che c'era molto da apprezzare anche in quella bambina... e che probabilmente fra altri 6 anni non mi riconoscerò nella me attuale ancora una volta. Ma questo non riesco a concepirlo, non completamente. Una parte di me vorrebbe essere tutto e subito, vorrebbe mangiarsi tutto il tempo per arrivare al massimo dell'ampliamento. Perchè? Ho forse paura di essere inghiottita dalle mie radici che ora mi sono quasi sconosciute? Tornando al problema dell'ansia, mi accorgo che mi viene soprattutto quando mi sento "regredire", senza alcun motivo reale. Perchè ho paura di me stessa? E perchè questa cosa è nata ora? e perchè solo quando sono sola?
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Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Gentile ragazza,
Il problema che lei sta notando ora e' stato certamente originato da un qualcosa.
Lei non lo ha consapevolizzato ma e' accaduto.
Avrebbe bisogno di effettuare dei colloqui di psicoanalisi per comprendere tutte le associazioni che lei fa rispetto alle cose che ha indicato.
In quelle associazioni ci sara' un nesso che conduce ad un'area critica, probabilmente rimossa. Qualcosa che la turba e che si attiva quando sente paura.
Se desidera approfondire questi argomenti rifletta un po' su tale possibilita'
I migliori saluti

Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132

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Utente
Utente
Ci stavo arrivando... ecco il proseguo:
Forse da quando ho sentito uscire dalla bocca di mio padre che avrebbe ucciso mia madre per permettere a me e mio fratello un’eredità? Piccolo excursus: i miei sono in crisi da anni, ed io sono sempre stata la prima a “finanziare moralmente” la loro separazione. Ora, quiete prima della tempesta. Mio padre si logora ancora dietro a lei, lei ronza attorno ad altri da anni ormai. Io devo farmi carico degli sfoghi egoistici da parte di mio padre disperato-esasperato e dall’altra l’alta ignoranza, l’egoismo, l’esibizionismo stupido, la civetteria, la prepotenza... insomma, mia madre potrebbe essere uno dei personaggi del Gf. Anzi, quelli lavorano d’astuzia in alcuni atteggiamenti almeno. Lei lo è per natura. Vuole sistemare questioni burocratiche con la sua casa, venderla, e poi cosa fare dopo non lo sa nessuno... mio padre invece ha intestata la casa in cui viviamo attualmente. Lui ingenuamente crede che lei investirà i soldi per la casa della famiglia, alleggerendo il mutuo, ma non lo farà mai. Glielo dico e lui ha la brillante idea di rispondermi: potrei intestare questa casa a suo nome così che rimarrà anche a voi. Ed io: bravo, non aspetta altro! Così può sbatterti la porta in faccia quando vuole. Breve momento di silenzio: beh, non ha messo in conto che questo potrebbe avere un prezzo molto alto, lo pagherà con la vita. E poi continuò a parlare come se niente fosse di altro, ma io non sentii. Mi distaccai. Piangevo in silenzio, era notte, lui guidava e non se ne accorse. Mi sono sentita improvvisamente sola, mai come allora. E l’ho odiato. Come poteva pensare che fossi così forte, impassibile alle sue parole? Non avevo nulla da rispondergli, nemmeno ora. E forse non può esserci risposta. Mi sono sentita un’orfana, e ho nutrito anche una velata rabbia contro me stessa per non aver capito di esserlo sempre stata. Non hanno la testa per essere veri genitori, non sanno offrirsi come sostegno: non l’hanno mai fatto. Orfana perché poi concluse il suo pensiero dicendo che probabilmente dopo l’avrebbe fatta finita anche lui. Io non ho compassione: solo odio. Come possono rovinarmi l’esistenza in questo modo? Già il solo pensarlo è inumano. Questo puro egoismo, questo puro seguire solamente le loro emozioni... non lo sopporto. Spendendo qualche parola in più su mia madre invece posso dire dell’altro: le voglio bene in fondo. Così tanto da tentare e riuscire (apparentemente) a creare un rapporto di amicizia quasi, per non far scemare il tutto. Stando dietro ai suoi flirt, ascoltandola, ascoltandoci, sopportando e facendo buon viso a cattivo gioco deglutendo amaramente alcune sue frasi “stonate”, stupide alle volte. Sembra che non sia mai cresciuta sotto alcuni aspetti... ma questo è un suo problema, ed io non centro. Il punto è che l’altra parte di me non è riuscita a superare alcuni suoi sbagli, la sua filosofia di pensiero malata del dare quello che si può a livello materiale, comprare vestiti di marca, starmi dietro per ospedali quando stetti male a 7 anni (rinfacciandomelo), dire che scavando qualsiasi infanzia ha delle note stonate e che dovrei smetterla di fare la vittima, e portare soldi a casa: questo giustificherebbe le sue crisi di nervi, i suoi sfoghi su di me quand’ero ancora una bambina, le sue frustrazioni, e quando 4 anni dopo arrivò mio fratello l’incapacità di gestire entrambi, il mandare avanti i due burattini come due burattini appunto, non curandosi del fatto che avessimo una sensibilità, una personalità, un cuore che batteva all’interno, e non un aggeggio ricaricabile a monete. Tutto questo nell’assoluta indifferenza di mio padre, o meglio: nella sua inettitudine, nell’incapacità di fare qualcosa. Quando alle volte non riesco a non manifestare non-sopportazione nei suoi confronti, le cose riemergono: io, che desidererei non so nemmeno io cosa, forse solo un po’ di comprensione... e lei sminuisce tutto. Si mette in competizione con me lanciando scommesse addirittura, con frasi del tipo: voglio vederti quando farai un figlio, vai via da questa casa se sei capace, voglio vedere se riesci a fare quello che ho fatto io, se fossi intelligente non avresti avuto 4 in matematica. Andarmene? Ma come? Sono impossibilitata. Non ho un soldo, e la situazione fa schifo. Questa cosa mi fa star male, mi dispiace aver deluso la bambina che voleva scappare, che contava 10003 giorni ai 18 anni (chissà in quale modo contavo...) perché credeva che finalmente lì avrebbe potuto prendere le redini della sua vita e non soccombere oltre. Non so perché sono arrivata fino a qui... ma ho il terrore di mollare alla fine della maratona, e non voglio. Devo essere forte, devo andare avanti da sola, non posso permettermi questo. Come può farmi paura l’entrare in un bar da sola dopo tutto questo? Non posso permettermelo!
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Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Cara ragazza,
Mi rendo conto dalla tua lettera soprattutta della grande solitudine che provi.
Purtroppo essere genitori non e' una "professione" che si puo' apprendere. Spesso deriva da come si e' stati figli. E' una catena.
Tu parli di due genitori che hanno ancora dei problemi nella loro coppia. E questo talvolta impedisce di essere dei buoni genitori.
Ma la tua solitudine e' palpabile e sofferta.
Avresti bisogno di un ascolto dedicato a te nei dettagli, per darti una mano a destreggiarti in tale situazione e possibilmente non riportarne danni.
Ti sarebbe possibile rivogerti ad uno psicologo di persona?
[#4]
Utente
Utente
Non saprei... o meglio: non saprei a chi rivolgermi. Resta il fatto che purtroppo economicamente non ne avrei le possibilità attualmente. Ho cercato di aiutarmi con la scrittura fino ad ora, è l'unica cosa che riesce a farmi chiarezza, o perlomeno a rendere il tutto meno oscuro. Questo nei momenti di maggior crisi. E qualche volta, quando ho maggiormente bisogno di "svuotarmi" ne parlo con due persone in particolare: una mia amica e un uomo, un uomo con cui ho avuto un rapporto particolare... definiamolo così. Ci sarebbe una storia lunga anche dietro questo. Le so dire il rapporto che c'è adesso: oramai è da due anni che ci conosciamo, mi ha aiutato in molte cose, distrutto in altre, alternato periodi apparentemente felici a periodi di crisi, d'incomprensioni, di speranze infrante, di disillusioni scottanti. Ma ora sento davvero di non desiderare altro da lui, se non la sua presenza sporadica. Mi sono fatta una vita sentimentale mia nel frattempo (anche se ora è andata male anche quella), lui continua con la sua. Ma quel clima che si crea fra di noi, quel parlare liberamente, fluidamente, entrambi dei nostri timori più nascosti, delle nostre preoccupazioni, di come ci evolviamo all'esterno della nostra parentesi nascosta, quel raccontare di tizio, di caio, di matilde, di sua figlia, del suo lavoro, dei miei studi, delle mie paure, delle sue paure, sapendo benissimo che non ci sarà mai più di quello che già c'è fra noi due, di non avere tempo, o noia, o scadenza... proprio perchè mai realizzati. Una certezza nell'incertezza. E non mi da fastidio ascoltarlo mentre parla di altre donne, della sua donna, anzi: ascolto interessata e magari tento anche di consigliarlo, nei miei limiti. Lui lo stesso. E' sbagliato sentire questo bisogno? Avere un pozzo su cui poter riversare tutto avendo la certezza che non potrà mai essere a conoscenza di altri?
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Utente
Utente
Mi risponda, la prego... senza soldi praticamente non posso far nulla?
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