La vita istruzioni per l'uso, vita: istruzioni per l'uso
Gentili dottori,
spero che il mio consulto non sia fuori luogo e che qualcuno vorrà commentarlo. Il mio storico già lo vedete. La mia domanda è: perché qualcuno di noi non riesce a vivere e a gioire, ma sembra abbia bisogno di un manuale di istruzioni per la vita, sembra che debba analizzare e decodificare ogni atto? Sto lavorando con un terapeuta, mi ha aiutato a lenire l'ansia e principi di attacchi di panico rendendomi cosciente delle mie emozioni e spingendomi ad accettarle senza giudicarle (cosa per me del tutto nuova). L'ho fatto e mi sono lasciata andare ad un sentimento d'amore, per la prima volta senza cercare di giudicarlo o controllarlo. Peccato che al momento della verità, mi sia resa conto che il sentimento di luiI non era pari al mio. Era una cosa solo agli inizi, nata con un approccio fisico, al quale da parte mia è seguito un coinvolgimento sentimentale.A riprova che i vostri consulti servono, memore di tante storie lette, ho peso in mano la mia dignità e gli ho detto che così non mi stava bene e che preferivo prendere le distanze. Tuttavia mi chiedo perché alla mia età sono ancora qui ad imparare l'abc dell'amore e non posso vivere una vera relazione. L'apprendimento per me va a rilento, la vita passa e io imparo come comportarmi poco a poco e mi ritrovo a soffrire come un'adolescente su una amore non corrisposto, a ragionare sull'autostima, sul credere di poter meritare e ad invidiare chi queste cose le ha già dentro di sé e non deve lottare tutti i giorni per farle sue. Settimana prossima ho un esame molto importante e non riesco ad aprire libro e son qui a piangere sulla tastiera, mentre persone più giovani di me prendono la vita a morsi. Mi sento una sciocca.
spero che il mio consulto non sia fuori luogo e che qualcuno vorrà commentarlo. Il mio storico già lo vedete. La mia domanda è: perché qualcuno di noi non riesce a vivere e a gioire, ma sembra abbia bisogno di un manuale di istruzioni per la vita, sembra che debba analizzare e decodificare ogni atto? Sto lavorando con un terapeuta, mi ha aiutato a lenire l'ansia e principi di attacchi di panico rendendomi cosciente delle mie emozioni e spingendomi ad accettarle senza giudicarle (cosa per me del tutto nuova). L'ho fatto e mi sono lasciata andare ad un sentimento d'amore, per la prima volta senza cercare di giudicarlo o controllarlo. Peccato che al momento della verità, mi sia resa conto che il sentimento di luiI non era pari al mio. Era una cosa solo agli inizi, nata con un approccio fisico, al quale da parte mia è seguito un coinvolgimento sentimentale.A riprova che i vostri consulti servono, memore di tante storie lette, ho peso in mano la mia dignità e gli ho detto che così non mi stava bene e che preferivo prendere le distanze. Tuttavia mi chiedo perché alla mia età sono ancora qui ad imparare l'abc dell'amore e non posso vivere una vera relazione. L'apprendimento per me va a rilento, la vita passa e io imparo come comportarmi poco a poco e mi ritrovo a soffrire come un'adolescente su una amore non corrisposto, a ragionare sull'autostima, sul credere di poter meritare e ad invidiare chi queste cose le ha già dentro di sé e non deve lottare tutti i giorni per farle sue. Settimana prossima ho un esame molto importante e non riesco ad aprire libro e son qui a piangere sulla tastiera, mentre persone più giovani di me prendono la vita a morsi. Mi sento una sciocca.
[#1]
Gentile Utente,
sta parlando di questo anche con il terapeuta? che tipo di psicoterapia è?
Per rispondere alla Sua domanda, direi che ci sono persone che raggiungono un equilibrio e una maturità prima, altre più tardi, altre mai...
Lo sviluppo psicologico non procede come quello fisico.
Inoltre, grazie ad apprendimenti, ma anche a come elaboriamo le informazioni, tutti noi abbiamo degli schemi cognitivi e comportamentali e una certa organizzazione. A volte però tutto questo è talmente rigido da non permetterci di poter cambiare o agire nè pensare in modo diverso. Ecco che si ripresenta la stessa sofferenza.
Saluti,
sta parlando di questo anche con il terapeuta? che tipo di psicoterapia è?
Per rispondere alla Sua domanda, direi che ci sono persone che raggiungono un equilibrio e una maturità prima, altre più tardi, altre mai...
Lo sviluppo psicologico non procede come quello fisico.
Inoltre, grazie ad apprendimenti, ma anche a come elaboriamo le informazioni, tutti noi abbiamo degli schemi cognitivi e comportamentali e una certa organizzazione. A volte però tutto questo è talmente rigido da non permetterci di poter cambiare o agire nè pensare in modo diverso. Ecco che si ripresenta la stessa sofferenza.
Saluti,
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#2]
Gentile utente, vedo che lei è molto sensibile e capace di riflessioni , mi domando se non sia meglio utilizzare tutto questo per lei, per la qualità della sua vita.
Forse potrebbe domandarsi se si vuole bene e se cerca di essere contenta lei di quel che fa , del colore dei suoi giorni.
MI pare di capire che lei è molto esigente con sè stessa, solo protesa a fare le cose giuste con gli altri e per gli altri.. Che storia familiare ha alle spalle.. certo durante la terapia ne avrete parlato..A tutto quello che ha imparato e che l'ha aiutata, io aggiungo questo, cerchi di avere uno sguardo più leggero verso sè stessa, gli altri ci sentono anche a seconda di come ci proponiamo.. se non ha subito voglia di aprire quel libro, forse conviene uscire, gratificarsi un pò e dopo due ore il libro lo riaprirà.
Abbiamo avuto tutti momenti in cui non c'era voglia di studiare e si sono superati.
Quali sono i suoi interessi .. avere più interessi ci rende più forti, con più cose da dire e da scambiare e con più risorse.
Si dia aiuto, insomma , valorizzandosi.. le faccio molti auguri ..
Forse potrebbe domandarsi se si vuole bene e se cerca di essere contenta lei di quel che fa , del colore dei suoi giorni.
MI pare di capire che lei è molto esigente con sè stessa, solo protesa a fare le cose giuste con gli altri e per gli altri.. Che storia familiare ha alle spalle.. certo durante la terapia ne avrete parlato..A tutto quello che ha imparato e che l'ha aiutata, io aggiungo questo, cerchi di avere uno sguardo più leggero verso sè stessa, gli altri ci sentono anche a seconda di come ci proponiamo.. se non ha subito voglia di aprire quel libro, forse conviene uscire, gratificarsi un pò e dopo due ore il libro lo riaprirà.
Abbiamo avuto tutti momenti in cui non c'era voglia di studiare e si sono superati.
Quali sono i suoi interessi .. avere più interessi ci rende più forti, con più cose da dire e da scambiare e con più risorse.
Si dia aiuto, insomma , valorizzandosi.. le faccio molti auguri ..
MAGDA MUSCARA FREGONESE
Psicologo, Psicoterapeuta psicodinamico per problemi familiari, adolescenza, depressione - magda_fregonese@libero.it
[#3]
Ex utente
Grazie per la sua risposta dott.ssa.
Seguo una terapia cognitivo-comportamentale. Sì, con il mio terapeuta ne parlo e mi trovo molto bene. Lo vedrò la prossima settimana e gli ultimi avvenimenti, la rottura, risale a ieri...ho fatto quello che non si dovrebbe fare: pronto soccorso psicologico. Ma provo uno scoramento davvero profondo. Io negavo i miei sentimenti (con conseguente ansia e panico episodico); il mio terapeuta mi ha aiutato a fare chiarezza in me e a capire che quello che provavo non era altro che innamoramento. E l'ho vissuto da quel momento con una gioia immensa. Forse anche qs mi abbatte...sentivo che facevo dei passi avanti, e la mia reazione mi sembra un passo indietro, un ritorno alla solita Me inconcludente che si getta in relazioni senza prospettiva
Seguo una terapia cognitivo-comportamentale. Sì, con il mio terapeuta ne parlo e mi trovo molto bene. Lo vedrò la prossima settimana e gli ultimi avvenimenti, la rottura, risale a ieri...ho fatto quello che non si dovrebbe fare: pronto soccorso psicologico. Ma provo uno scoramento davvero profondo. Io negavo i miei sentimenti (con conseguente ansia e panico episodico); il mio terapeuta mi ha aiutato a fare chiarezza in me e a capire che quello che provavo non era altro che innamoramento. E l'ho vissuto da quel momento con una gioia immensa. Forse anche qs mi abbatte...sentivo che facevo dei passi avanti, e la mia reazione mi sembra un passo indietro, un ritorno alla solita Me inconcludente che si getta in relazioni senza prospettiva
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"e la mia reazione mi sembra un passo indietro, un ritorno alla solita Me inconcludente che si getta in relazioni senza prospettiva"
Gentile Utente,
nessuno di noi sceglie di innamorarsi "a comando" di qualcuno.
Perchè, come Le ha già scritto la Collega dott.ssa Muscarà Fregonese, non cerca di essere più gentile con se stessa, anzichè così dura.
Andare incontro a una delusione sentimentale non significa fare passi indietro, e neppure soffrire per un rifiuto.
Piuttosto con la terapeuta potrebbe provare a vedere bene che cosa ha attivato questo rifiuto in Lei: qualora anche fosse un vecchio schema cognitivo, andrebbe ugualmente bene. Perchè Le dico questo? Perchè comunque quel particolare modo di vedere la vita e il mondo non può essere modifcato immediatamente durante la terapia e neppure quando finisce la terapia, ma ci vuole tempo.
Lei per tanti anni ha attivato certi schemi automatici inconsapevolmente.
Quindi li riconosca e poi potrà metterli da parte, imparando ed allenandosi ogni giorno a pensare e a comportarso in modo nuovo.
E' anche possibile che tutto ciò non abbia nulla a che vedere con il lavoro psicoterapico: tutti gli esseri umani sono vulnerabili e soffrono per amore. Certamente in maniera diversa, con intensità diversa.
Ma è del tutto comprensibile la Sua reazione.
Un cordiale saluto,
Gentile Utente,
nessuno di noi sceglie di innamorarsi "a comando" di qualcuno.
Perchè, come Le ha già scritto la Collega dott.ssa Muscarà Fregonese, non cerca di essere più gentile con se stessa, anzichè così dura.
Andare incontro a una delusione sentimentale non significa fare passi indietro, e neppure soffrire per un rifiuto.
Piuttosto con la terapeuta potrebbe provare a vedere bene che cosa ha attivato questo rifiuto in Lei: qualora anche fosse un vecchio schema cognitivo, andrebbe ugualmente bene. Perchè Le dico questo? Perchè comunque quel particolare modo di vedere la vita e il mondo non può essere modifcato immediatamente durante la terapia e neppure quando finisce la terapia, ma ci vuole tempo.
Lei per tanti anni ha attivato certi schemi automatici inconsapevolmente.
Quindi li riconosca e poi potrà metterli da parte, imparando ed allenandosi ogni giorno a pensare e a comportarso in modo nuovo.
E' anche possibile che tutto ciò non abbia nulla a che vedere con il lavoro psicoterapico: tutti gli esseri umani sono vulnerabili e soffrono per amore. Certamente in maniera diversa, con intensità diversa.
Ma è del tutto comprensibile la Sua reazione.
Un cordiale saluto,
[#5]
Ex utente
Grazie anche a Lei dott. Muscarà Fragonese.
Della mia storia famigliare ho parlato moltissimo con il mio terapeuta..l'origine di tutto sta lì, in esperienze negative molto forti. E io provo molta rabbia, una rabbia grandissima, perché chi mi ha fatto del male vive meglio di me. Non sono brutta, dimostro meno anni di quanti ne ho, molte persone mi reputano interessante eppure non riesco ad amarmi abbastanza, eppure non riesco a farmi amare..ce la sto mettendo tutta per cambiare, ma è inutile mentire a me stessa: anni fa ci credevo di più..ora ci credo di meno. Almeno riuscissi a rassegnarmi! Invece no! Io pretendo molto: pretendo di essere felice, di essere amata, di avere una famiglia...Forse dovrei accettare semplicemente il fatto che queste cose non sono per me, che sono per gente "più sana" con comportamenti non "disfunzionali" per usare un termine psicologico, non per chi ha alle spalle storie come la mia.
Della mia storia famigliare ho parlato moltissimo con il mio terapeuta..l'origine di tutto sta lì, in esperienze negative molto forti. E io provo molta rabbia, una rabbia grandissima, perché chi mi ha fatto del male vive meglio di me. Non sono brutta, dimostro meno anni di quanti ne ho, molte persone mi reputano interessante eppure non riesco ad amarmi abbastanza, eppure non riesco a farmi amare..ce la sto mettendo tutta per cambiare, ma è inutile mentire a me stessa: anni fa ci credevo di più..ora ci credo di meno. Almeno riuscissi a rassegnarmi! Invece no! Io pretendo molto: pretendo di essere felice, di essere amata, di avere una famiglia...Forse dovrei accettare semplicemente il fatto che queste cose non sono per me, che sono per gente "più sana" con comportamenti non "disfunzionali" per usare un termine psicologico, non per chi ha alle spalle storie come la mia.
[#6]
Gentile Utente,
ovviamente non conosco la Sua storia e non so nulla di Lei.
Ma da quello che scrive nella replica # 5 emerge un sentimento di impotenza, oltre che di rabbia.
Secondo me con la terapeuta dovrebbe chiarire questi aspetti: la rabbia dovrebbe utilizzarla come energia per andare avanti e fare qualcosa per se stessa, mentre l'impotenza dovrebbe proprio abbandonarla. Inoltre la nostra storia di vita non ci condanna. A molte persone capita di avere esperienze sfavorevoli, ma ciò che può fare la differenza è la narrativa che viene fatta e le risorse attivate per uscire dalla crisi e, anzi, per vedere quella crisi come risorsa.
"...molte persone mi reputano interessante eppure non riesco ad amarmi abbastanza, eppure non riesco a farmi amare...."
Qui bisogna capire quale meccanismo si attiva: la paura di essere abbandonata? La paura di essere ferita? altro?
Se non intercettato bene e subito questo schema, Lei rischia di mettere in atto schemi che La spingono ad attuare tutta una serie di azioni per un rifiuto "preventivo".
"Io pretendo molto: pretendo di essere felice, di essere amata, di avere una famiglia..."
Tutte le persone nascono con tale pretesa: si chiama attaccamento a una persona di fiducia ed è innato e biologicamente determinato. Ne avete parlato in terapia?
ovviamente non conosco la Sua storia e non so nulla di Lei.
Ma da quello che scrive nella replica # 5 emerge un sentimento di impotenza, oltre che di rabbia.
Secondo me con la terapeuta dovrebbe chiarire questi aspetti: la rabbia dovrebbe utilizzarla come energia per andare avanti e fare qualcosa per se stessa, mentre l'impotenza dovrebbe proprio abbandonarla. Inoltre la nostra storia di vita non ci condanna. A molte persone capita di avere esperienze sfavorevoli, ma ciò che può fare la differenza è la narrativa che viene fatta e le risorse attivate per uscire dalla crisi e, anzi, per vedere quella crisi come risorsa.
"...molte persone mi reputano interessante eppure non riesco ad amarmi abbastanza, eppure non riesco a farmi amare...."
Qui bisogna capire quale meccanismo si attiva: la paura di essere abbandonata? La paura di essere ferita? altro?
Se non intercettato bene e subito questo schema, Lei rischia di mettere in atto schemi che La spingono ad attuare tutta una serie di azioni per un rifiuto "preventivo".
"Io pretendo molto: pretendo di essere felice, di essere amata, di avere una famiglia..."
Tutte le persone nascono con tale pretesa: si chiama attaccamento a una persona di fiducia ed è innato e biologicamente determinato. Ne avete parlato in terapia?
[#7]
Ex utente
Gentile dottoressa Pileci,
la ringrazio ancora per la risposta, Lei è così gentile!
Il nodo della situazione (che il mio terapeuta ha individuato alla terza seduta!) è la paura dell'abbandono, che in me si attiva già sentendo a distanza solo l'odore di un possibile rifiuto, per dirla così. E' il terrore più profondo che io possa concepire. E' collegato a questo il fatto che io finisco per trovarmi in situazioni in cui, in un modo o nell'altro, salta fuori sempre una terza persona? Eppure io sto alla larga da persone impegnate, per un mio convincimento profondo e senso di lealtà ed onestà! Eppure, in un modo o nell'altro, la "terza persona" salta fuori: o è un'ex che ritorna, o è una donna che il mio Lui ama, anche se non ricambiato, o è l'amante...mi rendo conto che questa costante si è ripetuta varie volte nella mia vita.
la ringrazio ancora per la risposta, Lei è così gentile!
Il nodo della situazione (che il mio terapeuta ha individuato alla terza seduta!) è la paura dell'abbandono, che in me si attiva già sentendo a distanza solo l'odore di un possibile rifiuto, per dirla così. E' il terrore più profondo che io possa concepire. E' collegato a questo il fatto che io finisco per trovarmi in situazioni in cui, in un modo o nell'altro, salta fuori sempre una terza persona? Eppure io sto alla larga da persone impegnate, per un mio convincimento profondo e senso di lealtà ed onestà! Eppure, in un modo o nell'altro, la "terza persona" salta fuori: o è un'ex che ritorna, o è una donna che il mio Lui ama, anche se non ricambiato, o è l'amante...mi rendo conto che questa costante si è ripetuta varie volte nella mia vita.
[#8]
Gentile Utente,
va benissimo se Lei insieme al terapeuta ha intercettato quale schema critico si attiva: la paura dell'abbandono.
Se guarda bene la sequenza critica, si accorgerà che Lei mette in atto azioni per far sì di non venire abbandonata, complicandosi la vita.
Allora è proprio qui che il terapeuta può esserLe d'aiuto ad evitare tali meccanismi per prevenire l'abbandono.
In quest'ottica che tipo di lavoro state facendo in terapia?
va benissimo se Lei insieme al terapeuta ha intercettato quale schema critico si attiva: la paura dell'abbandono.
Se guarda bene la sequenza critica, si accorgerà che Lei mette in atto azioni per far sì di non venire abbandonata, complicandosi la vita.
Allora è proprio qui che il terapeuta può esserLe d'aiuto ad evitare tali meccanismi per prevenire l'abbandono.
In quest'ottica che tipo di lavoro state facendo in terapia?
[#9]
Ex utente
Gentile dottoressa,
sono reduce da una notte insonne, in cui i miei propositi hanno vacillato..in fondo io non mi ero mai dichiarata apertamente con la persona di cui ero innamorata. L'ho fatto contestualmente alla decisione di allontanarmi. Forse mi sono negata una possibilità? Avrei dovuto dichiararmi prima e tirare le mie conclusioni solo dopo una sua reazione? Non so, ma in fondo ormai le cose sono andate così ed è inutile pensarci. Forse questo amore mi faceva troppa paura per arrischiarmi più a lungo.
Mi chiede del lavoro che stiamo facendo in terapia. Forse non uso la terminologia esatta, ma proverò a spiegarmi: il terapeuta mi sta aiutando a collegare le mie sensazioni di rifiuto di oggi a quelle "antiche" in modo tale da capirne la connessione e riconoscere da dove vengono. Inoltre mi ha fatto individuare alcuni "schermi" che creo per evitare sofferenza, come ad esempio, non ammettere mai di provare determinati sentimenti. Pensi che io "ti amo" l'ho detto solo 3 volte in tutta la mia vita pur avendo avuto negli anni non poche relazioni (e quando dico tre volte non dico a tre persone, ma 3 volte di numero, causando spesso sofferenza al mio partner).
sono reduce da una notte insonne, in cui i miei propositi hanno vacillato..in fondo io non mi ero mai dichiarata apertamente con la persona di cui ero innamorata. L'ho fatto contestualmente alla decisione di allontanarmi. Forse mi sono negata una possibilità? Avrei dovuto dichiararmi prima e tirare le mie conclusioni solo dopo una sua reazione? Non so, ma in fondo ormai le cose sono andate così ed è inutile pensarci. Forse questo amore mi faceva troppa paura per arrischiarmi più a lungo.
Mi chiede del lavoro che stiamo facendo in terapia. Forse non uso la terminologia esatta, ma proverò a spiegarmi: il terapeuta mi sta aiutando a collegare le mie sensazioni di rifiuto di oggi a quelle "antiche" in modo tale da capirne la connessione e riconoscere da dove vengono. Inoltre mi ha fatto individuare alcuni "schermi" che creo per evitare sofferenza, come ad esempio, non ammettere mai di provare determinati sentimenti. Pensi che io "ti amo" l'ho detto solo 3 volte in tutta la mia vita pur avendo avuto negli anni non poche relazioni (e quando dico tre volte non dico a tre persone, ma 3 volte di numero, causando spesso sofferenza al mio partner).
[#10]
Ex utente
Gentili psicologi,
posto ancora qui perché tanto è tutto collegato. La mia domanda ora è la seguente: è necessario per "guarire" toccare i grandi dolori del passato? Non c'è altra via? E' quello che sta succedendo, e devo dire che tra il passato e il presente (recente vicenda sentimentale di cui sopra) il dolore è davvero atroce. Se sapessi che è per il mio bene mi tapperei il naso e manderei giù questa amarissima medicina...ma...la terapia cognitivo-comportamentale non era più concentrata sul presente che sul passato? sul correggere gli schemi comportamentali? Non ne posso più di stare male.
posto ancora qui perché tanto è tutto collegato. La mia domanda ora è la seguente: è necessario per "guarire" toccare i grandi dolori del passato? Non c'è altra via? E' quello che sta succedendo, e devo dire che tra il passato e il presente (recente vicenda sentimentale di cui sopra) il dolore è davvero atroce. Se sapessi che è per il mio bene mi tapperei il naso e manderei giù questa amarissima medicina...ma...la terapia cognitivo-comportamentale non era più concentrata sul presente che sul passato? sul correggere gli schemi comportamentali? Non ne posso più di stare male.
[#11]
"è necessario per "guarire" toccare i grandi dolori del passato?"
In parte sì. Provi a pensare alla psicoterapia come a un intervento chirurgico che -per asportare il male- deve per forza provocare un dolore, incidendo anche sulla porzione sana (anche se sulla più piccola parte, senza andare a toccare troppo oltre)
Che cosa intende esattamente Lei con tale espressione?
"ma...la terapia cognitivo-comportamentale non era più concentrata sul presente che sul passato? sul correggere gli schemi comportamentali?"
La terapia cognitivo-comportamentale, per intercettare gli schemi cognitivi del pz. deve inevitabilmente far sì che il pz. con l'aiuto del terapeuta riesca ad intercettare gli schemi disfunzionali.
Chiaramente si può partire da un'esperienza attuale ma comprendere che il pz. quello schema se lo porta dietro e lo mette in atto da parecchio tempo, forse da sempre.
Che cosa La lascia perplessa del lavoro terapeutico?
Ne ha parlato col terapeuta?
In parte sì. Provi a pensare alla psicoterapia come a un intervento chirurgico che -per asportare il male- deve per forza provocare un dolore, incidendo anche sulla porzione sana (anche se sulla più piccola parte, senza andare a toccare troppo oltre)
Che cosa intende esattamente Lei con tale espressione?
"ma...la terapia cognitivo-comportamentale non era più concentrata sul presente che sul passato? sul correggere gli schemi comportamentali?"
La terapia cognitivo-comportamentale, per intercettare gli schemi cognitivi del pz. deve inevitabilmente far sì che il pz. con l'aiuto del terapeuta riesca ad intercettare gli schemi disfunzionali.
Chiaramente si può partire da un'esperienza attuale ma comprendere che il pz. quello schema se lo porta dietro e lo mette in atto da parecchio tempo, forse da sempre.
Che cosa La lascia perplessa del lavoro terapeutico?
Ne ha parlato col terapeuta?
[#12]
Ex utente
In realtà niente mi lascia perplessa...mi trovo bene, mi fido moltissimo. Queste domande le porrò anche a lui quando lo vedrò. Però sto soffrendo molto e forse quello che vorrei è solo che mi fosse risparmiato di soffrire così tanto. Anni fa credevo già di essere "guarita" e ora scopro che si era toccata solo la punta dell'iceberg. Forse il problema è anche che credo che prima di poter essere serena dovrò finire il lavoro che ho intrapreso e questo mi crea ansia, è come se sentissi che la vita mi sfugge e avessi fretta...
[#13]
Ex utente
Un'altra cosa che mi fa soffrire indicibilmente è leggere sempre nei consulti che gli altri percepiscono ciò che noi trasmettiamo e reagiscono di conseguenza. Questo pensiero mi angoscia, perché mi fa sentire schiacciata, anzi annientata dal peso delle mie responsabilità nei miei insuccessi. Questa consapevolezza ha fatto sì che smettessi di prendermela con il destino o con l'altra persona e mi ha caricata di una responsabilità che non riesco a tollerare
[#14]
Gentile signora,
se Lei si trova bene con il terapeuta, è un ottimo punto!
Quanto a scavare perchè fin qui si è intercettata solo la punta dell'iceberg, non ho capito se è una Sua idea o del terapeuta.
In realtà non va bene "scavare", almeno in terapia cognitivo-comportamentale non si fa, semplicemente perchè:
1. noi non dobbiamo essere consapevoli di tutto, non ne abbiamo bisogno
2. non serve scavare perchè ciò che ci serve per stare bene e togliere la quota di sofferenza patologica è spesso uno schema disfunzionale. Ad esempio se Lei soffre a causa della paura dell'abbandono (e qui sì che deve essere consapevole) la terapia consiste nel mettere in atto strategie per superare tale paura e per evitare tutti quei comportamenti che attualmente Lei attua.
3. non serve scavare per cercare le "cause" perchè tutto potrebbe essere molto più semplice di quanto immaginiamo. Ad es. magari Lei ha APPRESO che evitare certe situazioni (quando ha paura) La rassicura e La fa stare meglio sul momento. Si tratta semplicemente di apprendimento di una strategia disfunzionale.
Io credo invece che dovrebbe "rileggere" col terapeuta tutta questa sofferenza: forse Lei stessa, con significato che sta attribuendo, sta amplificando tale sofferenza. La narrativa che facciamo, cioè il modo in cui ci raccontiamo gli eventi ma anche il modo in cui raccontiamo noi stessi, talvolta può amplificare il nostro vissuto doloroso. Tante volte può perfino creare una patologia!
Scopo della terapia è comprendere (come Lei funziona) + esporsi (agire e andare avanti). In questo senso perchè dice che ha come l'idea che la vita stia sfuggendo? Lei può avere l'opportunità di sperimentarsi in altri modi mentre fa la Sua terapia e cambiare. Di tutto ciò deve parlare col terapeuta, se sente che il percorso è per Lei pesante.
Ultima nota: utilizzi la relazione terapeutica per sperimentare -soprattutto ora che si sente in difficoltà- una relazione diversa. La paura dell'abbandono, con buona probabilità, la esprime anche in quel contesto.
Saluti,
se Lei si trova bene con il terapeuta, è un ottimo punto!
Quanto a scavare perchè fin qui si è intercettata solo la punta dell'iceberg, non ho capito se è una Sua idea o del terapeuta.
In realtà non va bene "scavare", almeno in terapia cognitivo-comportamentale non si fa, semplicemente perchè:
1. noi non dobbiamo essere consapevoli di tutto, non ne abbiamo bisogno
2. non serve scavare perchè ciò che ci serve per stare bene e togliere la quota di sofferenza patologica è spesso uno schema disfunzionale. Ad esempio se Lei soffre a causa della paura dell'abbandono (e qui sì che deve essere consapevole) la terapia consiste nel mettere in atto strategie per superare tale paura e per evitare tutti quei comportamenti che attualmente Lei attua.
3. non serve scavare per cercare le "cause" perchè tutto potrebbe essere molto più semplice di quanto immaginiamo. Ad es. magari Lei ha APPRESO che evitare certe situazioni (quando ha paura) La rassicura e La fa stare meglio sul momento. Si tratta semplicemente di apprendimento di una strategia disfunzionale.
Io credo invece che dovrebbe "rileggere" col terapeuta tutta questa sofferenza: forse Lei stessa, con significato che sta attribuendo, sta amplificando tale sofferenza. La narrativa che facciamo, cioè il modo in cui ci raccontiamo gli eventi ma anche il modo in cui raccontiamo noi stessi, talvolta può amplificare il nostro vissuto doloroso. Tante volte può perfino creare una patologia!
Scopo della terapia è comprendere (come Lei funziona) + esporsi (agire e andare avanti). In questo senso perchè dice che ha come l'idea che la vita stia sfuggendo? Lei può avere l'opportunità di sperimentarsi in altri modi mentre fa la Sua terapia e cambiare. Di tutto ciò deve parlare col terapeuta, se sente che il percorso è per Lei pesante.
Ultima nota: utilizzi la relazione terapeutica per sperimentare -soprattutto ora che si sente in difficoltà- una relazione diversa. La paura dell'abbandono, con buona probabilità, la esprime anche in quel contesto.
Saluti,
[#15]
"Un'altra cosa che mi fa soffrire indicibilmente è leggere sempre nei consulti che gli altri percepiscono ciò che noi trasmettiamo e reagiscono di conseguenza. Questo pensiero mi angoscia, perché mi fa sentire schiacciata, anzi annientata dal peso delle mie responsabilità nei miei insuccessi. Questa consapevolezza ha fatto sì che smettessi di prendermela con il destino o con l'altra persona e mi ha caricata di una responsabilità che non riesco a tollerare"
Gentile signora, stavamo scrivendo insieme...
Il punto qui è che bisogna imparare a discriminare bene: se una persona non è capace passa davvero dal prendersela col destino a caricarsi di colpe e responsabilità.
Solo una lettura sobria della situazione Le permette di fare le giuste valutazioni.
Saluti,
Gentile signora, stavamo scrivendo insieme...
Il punto qui è che bisogna imparare a discriminare bene: se una persona non è capace passa davvero dal prendersela col destino a caricarsi di colpe e responsabilità.
Solo una lettura sobria della situazione Le permette di fare le giuste valutazioni.
Saluti,
[#16]
Ex utente
"Quanto a scavare perchè fin qui si è intercettata solo la punta dell'iceberg, non ho capito se è una Sua idea o del terapeuta"
Questo lo dico io. Anni fa, in un periodo in cui ero l'ombra di me stessa, intrapresi un percorso che credo fosse di sostegno e che mi aiutò ad acquisire maggiore autostima (se ora non è a 1000, prima di quel percorso posso affermare che era inesistente). Dopo quel percorso credetti di aver risolto i miei problemi, ma gli anni successivi, fino ad arrivare ad ora, mi hanno dimostrato, appunto, che c'è ancora molto su cui lavorare.
Quello che lei mi ha detto sullo scavare e capire e dare un perché, me lo dice anche il mio terapeuta: stesse identiche parole! Però l'ultima volta si è finiti a parlare di quello che è il dolore più grande della mia vita, che da anni ed anni tento di insabbiare: il suicidio di mia sorella. Quello che sto provando da quel giorno non lo auguro neppure al mio peggior nemico, gliel'assicuro.
Questo lo dico io. Anni fa, in un periodo in cui ero l'ombra di me stessa, intrapresi un percorso che credo fosse di sostegno e che mi aiutò ad acquisire maggiore autostima (se ora non è a 1000, prima di quel percorso posso affermare che era inesistente). Dopo quel percorso credetti di aver risolto i miei problemi, ma gli anni successivi, fino ad arrivare ad ora, mi hanno dimostrato, appunto, che c'è ancora molto su cui lavorare.
Quello che lei mi ha detto sullo scavare e capire e dare un perché, me lo dice anche il mio terapeuta: stesse identiche parole! Però l'ultima volta si è finiti a parlare di quello che è il dolore più grande della mia vita, che da anni ed anni tento di insabbiare: il suicidio di mia sorella. Quello che sto provando da quel giorno non lo auguro neppure al mio peggior nemico, gliel'assicuro.
[#17]
Gentile Utente,
porta nel cuore un peso davvero troppo grande.
Allora perchè non vedere come un'opportunità per Lei di poter finalmente parlare, piangere e arrabbiarsi per il suicidio di Sua sorella.
E' mai riuscita a farlo?
Tentare di insabbiarlo non funziona, credo che Lei stessa possa confermarlo.
Non è facile parlare della morte. Non lo è mai. Non lo è neppure per noi psicoterapeuti, perchè ci costringe a pensare alla nostra finitezza.
Però è indispensabile per non lasciare parole non dette ed emozioni non espresse. Quanto tempo fa è successo? Sua sorella soffriva di disturbi psichiatrici?
Come è cambiata la vita dei Suoi genitori da allora?
porta nel cuore un peso davvero troppo grande.
Allora perchè non vedere come un'opportunità per Lei di poter finalmente parlare, piangere e arrabbiarsi per il suicidio di Sua sorella.
E' mai riuscita a farlo?
Tentare di insabbiarlo non funziona, credo che Lei stessa possa confermarlo.
Non è facile parlare della morte. Non lo è mai. Non lo è neppure per noi psicoterapeuti, perchè ci costringe a pensare alla nostra finitezza.
Però è indispensabile per non lasciare parole non dette ed emozioni non espresse. Quanto tempo fa è successo? Sua sorella soffriva di disturbi psichiatrici?
Come è cambiata la vita dei Suoi genitori da allora?
[#18]
Ex utente
Mio padre ne è morto 5 mesi dopo. Mia madre si è "addolcita"...ma la mia famiglia è andata in pezzi. Ognuno di noi fratelli ha elaborato l'accaduto come ha potuto e ci siamo allontanati, in un clima di "omertà" (non parliamo mai di lei e al cimitero ci va solo mia madre) e di sensi di colpa. Sì soffriva di disturbi psichiatrici.
[#19]
Colga l'opportunità di liberarsi dei sensi di colpa, che non ha, ma che Le servono forse a dare un senso e a cercare di controllare la situazione.
E colga anche questa occasione per abbattere il muro dell'omertà che non aiuta.
Uno dei primi e principali concetti quando si parla di morte e di suicidio è proprio legittimare l'evento: in altre parole se ne può parlare.
Se in famiglia non ha mai potuto parlarne (ed è comprensibile perchè è difficile per tuti voi), non significa che non possa parlarne: in terapia può farlo.
Questo Le permetterà di guardare con tenerezza e compassione sia a se stessa, sia alla Sua famiglia. Vista la portata del tragico evento che ha portato alla morte di Sua sorella, è più che comprensibile che le cose siano andate così.
Questo dolore va elaborato, anche se potrà bruciare sempre.
Questo significa trovare le risposte alle domande quali: si poteva evitare? cosa avremmo potuto fare? in che cosa ho mancato? ecc...
Le faccio tanti auguri per il Suo futuro e,se avesse bisogno, siamo qui!
Un cordiale saluto,
E colga anche questa occasione per abbattere il muro dell'omertà che non aiuta.
Uno dei primi e principali concetti quando si parla di morte e di suicidio è proprio legittimare l'evento: in altre parole se ne può parlare.
Se in famiglia non ha mai potuto parlarne (ed è comprensibile perchè è difficile per tuti voi), non significa che non possa parlarne: in terapia può farlo.
Questo Le permetterà di guardare con tenerezza e compassione sia a se stessa, sia alla Sua famiglia. Vista la portata del tragico evento che ha portato alla morte di Sua sorella, è più che comprensibile che le cose siano andate così.
Questo dolore va elaborato, anche se potrà bruciare sempre.
Questo significa trovare le risposte alle domande quali: si poteva evitare? cosa avremmo potuto fare? in che cosa ho mancato? ecc...
Le faccio tanti auguri per il Suo futuro e,se avesse bisogno, siamo qui!
Un cordiale saluto,
[#20]
Ex utente
La ringrazio per le sue parole dottoressa. In effetti da alcuni mesi a questa parte ho iniziato a "pensare" di poterne parlare. Mia madre a suo tempo aveva imposto il silenzio sull'accaduto, come se fosse stato possibile nasconderlo..in realtà ora inizio a pensare che non c'è niente di cui vergognarsi in ciò che è avvenuto: viviamo in mondo in cui di tristezza si muore, è una realtà. La mia grande domanda è se potrò mai essere felice..perché, nonostante tutto, lo desidero tanto! Ma a questo so che nessuno può rispondermi.
Cordiali saluti e grazie ancora.
Cordiali saluti e grazie ancora.
[#21]
"Mia madre a suo tempo aveva imposto il silenzio sull'accaduto, come se fosse stato possibile nasconderlo..in realtà ora inizio a pensare che non c'è niente di cui vergognarsi in ciò che è avvenuto..."
Gentile signora,
la Sua mamma (come qualunque genitore) non potrà mai tollerare nè riuscire a pensare alla morte della figlia. La nostra mente non è fatta per questo.
Le basti pensare che quando dobbiamo comunicare una notizia del genere ai genitori (ad es. per incidenti stradali in cui perde la vita un figlio) capita spesso che la coscienza si spenga: il genitore sviene alla notizia.
Ma può capitare anche che ci sia una dissociazione della coscienza e che il genitore cominci ad agitarsi e magari a picchiare le persone presenti o a dare dei colpi al muro.
Successivamente queste persone si raccontano come "io prima" e "io dopo" la morte del figlio. Si tratta di un evento talmente drammatico che è poco leggibile e poco o per nulla integrabile. La vita cambia e cambia per sempre. Molti genitori fondano delle associazioni per aiutare altri genitori nelle stesse difficoltà e gruppi di auto e mutuo aiuto.
Perchè Le dico tutto questo?
Perchè la Sua mamma ha fatto e fa tantissima fatica per continuare ad andare avanti e, in maniera del tutto inconsapevole, ha messo anche voi figli in difficoltà.
Però, ora che Lei è una donna adulta, potrà certamente capire le difficoltà della mamma e la sua fragilità. Che è la fragilità di tutti gli esseri umani.
Probabilmente la mamma non avrebbe voluto nascondere l'evento per la vergogna, ma perchè era troppo doloroso per lei. Non era allora possibile nè parlarne, ma neppure pensare alla morte della figlia.
Il tema della vergogna è un altro punto da toccare in terapia.
Quanto alla Sua domanda: potrà mai essere felice?
Glielo auguro di cuore, e tenga presente che la vita può essere riletta in terapia e possiamo attribuire un senso e un significato diverso a ciò che è accaduto, comprendendo che anche le cose brutte accadono e provando a esporsi e a fare esperienza per poter essere felici.
Saluti,
Gentile signora,
la Sua mamma (come qualunque genitore) non potrà mai tollerare nè riuscire a pensare alla morte della figlia. La nostra mente non è fatta per questo.
Le basti pensare che quando dobbiamo comunicare una notizia del genere ai genitori (ad es. per incidenti stradali in cui perde la vita un figlio) capita spesso che la coscienza si spenga: il genitore sviene alla notizia.
Ma può capitare anche che ci sia una dissociazione della coscienza e che il genitore cominci ad agitarsi e magari a picchiare le persone presenti o a dare dei colpi al muro.
Successivamente queste persone si raccontano come "io prima" e "io dopo" la morte del figlio. Si tratta di un evento talmente drammatico che è poco leggibile e poco o per nulla integrabile. La vita cambia e cambia per sempre. Molti genitori fondano delle associazioni per aiutare altri genitori nelle stesse difficoltà e gruppi di auto e mutuo aiuto.
Perchè Le dico tutto questo?
Perchè la Sua mamma ha fatto e fa tantissima fatica per continuare ad andare avanti e, in maniera del tutto inconsapevole, ha messo anche voi figli in difficoltà.
Però, ora che Lei è una donna adulta, potrà certamente capire le difficoltà della mamma e la sua fragilità. Che è la fragilità di tutti gli esseri umani.
Probabilmente la mamma non avrebbe voluto nascondere l'evento per la vergogna, ma perchè era troppo doloroso per lei. Non era allora possibile nè parlarne, ma neppure pensare alla morte della figlia.
Il tema della vergogna è un altro punto da toccare in terapia.
Quanto alla Sua domanda: potrà mai essere felice?
Glielo auguro di cuore, e tenga presente che la vita può essere riletta in terapia e possiamo attribuire un senso e un significato diverso a ciò che è accaduto, comprendendo che anche le cose brutte accadono e provando a esporsi e a fare esperienza per poter essere felici.
Saluti,
[#22]
Ex utente
La ringrazio molto dottoressa. Mi ha dato degli spunti di riflessione, un'ottica nella quale vedere il mio lavoro terapeutico e delle dritte su cosa voglio dire al mio terapeuta quando lo rivedrò. Non ultimo, mia ha aiutata a "sopravvivere" fino alla prossima seduta. Sento di poter trovare il coraggio di affrontare questi temi con il mio terapeuta, del quale, ripeto, mi fido moltissimo. Grazie anche per la gentilezza con la quale si è sempre espressa, che non è scontata.
Saluti
Saluti
[#23]
Ex utente
Buongiorno dottoressa,
le scrivo per un aggiornamento, chiamiamolo così. Dopo i consulti precedenti ho parlato con il mio terapeuta, gli ho anche fatto leggere quello che avevo scritto e lui, senza dirmelo, credo che abbia deciso di non toccare più l'argomento di mia sorella. Probabilmente non è ancora il momento ( e mi chiedo anche se lo sarà mai).
Il problema è che si è manifestata un'altra problematica. All'inizio del consulto scrivevo di una delusione sentimentale. Ho rivisto la persona di cui parlavo, abbiamo parlato a lungo, ha confermato di volermi frequentare, di stare bene con me...ma ha anche ammesso che nei suoi pensieri c'è un'altra donna, anche se ora è geograficamente lontanissima e benché tra di loro non ci sia niente. Io, soffrendone molto, gli ho detto che non tolleravo di frequentare una persona che aveva in mente un'altra e per la seconda volta ho tagliato i ponti, questa volta, però in modo più deciso. All'inizio, nonostante la sofferenza, mi sentivo orgogliosa di me, ma ora, a distanza di 10 giorni, la sensazione di essere stata rifiutata mi sta trascinando sempre più giù. A questo si aggiunge che, a causa di una risposta del mio terapeuta che non ho gradito, ho iniziato a sentirmi rifiutata anche da lui. Una parte della mia testa mi sta gridando che tutto questo è solo nella mia mente, che non è così, ma io non vedo altro che rifiuti da tutte le parti: nelle risposte che ricevo alle email, agli sms e sto cadendo in un baratro di insicurezza e immobilismo. Mi sento abbandonata anche dal mio terapeuta, che consideravo la mia salvezza da questo groviglio di sensazioni.
le scrivo per un aggiornamento, chiamiamolo così. Dopo i consulti precedenti ho parlato con il mio terapeuta, gli ho anche fatto leggere quello che avevo scritto e lui, senza dirmelo, credo che abbia deciso di non toccare più l'argomento di mia sorella. Probabilmente non è ancora il momento ( e mi chiedo anche se lo sarà mai).
Il problema è che si è manifestata un'altra problematica. All'inizio del consulto scrivevo di una delusione sentimentale. Ho rivisto la persona di cui parlavo, abbiamo parlato a lungo, ha confermato di volermi frequentare, di stare bene con me...ma ha anche ammesso che nei suoi pensieri c'è un'altra donna, anche se ora è geograficamente lontanissima e benché tra di loro non ci sia niente. Io, soffrendone molto, gli ho detto che non tolleravo di frequentare una persona che aveva in mente un'altra e per la seconda volta ho tagliato i ponti, questa volta, però in modo più deciso. All'inizio, nonostante la sofferenza, mi sentivo orgogliosa di me, ma ora, a distanza di 10 giorni, la sensazione di essere stata rifiutata mi sta trascinando sempre più giù. A questo si aggiunge che, a causa di una risposta del mio terapeuta che non ho gradito, ho iniziato a sentirmi rifiutata anche da lui. Una parte della mia testa mi sta gridando che tutto questo è solo nella mia mente, che non è così, ma io non vedo altro che rifiuti da tutte le parti: nelle risposte che ricevo alle email, agli sms e sto cadendo in un baratro di insicurezza e immobilismo. Mi sento abbandonata anche dal mio terapeuta, che consideravo la mia salvezza da questo groviglio di sensazioni.
[#24]
"Una parte della mia testa mi sta gridando che tutto questo è solo nella mia mente"
Gent.le Utente,
in un certo senso è possibile che sia stata una "decodifica distorta" di un dato di realtà, ma se è accaduto questo non è casuale, a volte noi ci costruiamo delle convinzioni disfunzionali che però ci offrono un vantaggio secondario, del quale forse non è del tutto consapevole.
Approfondire questi aspetti all'interno della seduta di psicoterapia è necessario e utile all'evoluzione del percorso terapeutico.
Gent.le Utente,
in un certo senso è possibile che sia stata una "decodifica distorta" di un dato di realtà, ma se è accaduto questo non è casuale, a volte noi ci costruiamo delle convinzioni disfunzionali che però ci offrono un vantaggio secondario, del quale forse non è del tutto consapevole.
Approfondire questi aspetti all'interno della seduta di psicoterapia è necessario e utile all'evoluzione del percorso terapeutico.
Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it
[#25]
Ex utente
Forse questo è un momento importante della psicoterapia, come dice lei..io non so cosa pensare, ogni volta che sento di fare dei passi avanti capita qualcosa che me ne fa fare indietro. Da quando sono caduta preda di questa sensazione di rifiuto, sento un'ansia difficile da gestire, venata, a volte, da sensazioni di panico. Lo dico senza nessuna ironia: a volte mi sento rifiutata anche dal mio cane e anche questo mi provoca panico. Sto allontanando situazioni sociali perché non le saprei gestire, mi offende tutto quello che mi viene detto, ho paura che le persone che ho attorno vedano quello che c'è nella mia mente e mi allontanino come persona problematica e paranoica.
[#26]
Gent.le Utente,
le sue parole rivelano un profondo disagio, a volte in psicoterapia ci sono momenti "stagnanti" in cui tutto sembra a rischio, ma è proprio in questi momenti che l'alleanza terapeutica diventa un riferimento contenitivo e stabile che può creare il terreno favorevole all'elaborazione degli aspetti più dolorosi del suo vissuto.
le sue parole rivelano un profondo disagio, a volte in psicoterapia ci sono momenti "stagnanti" in cui tutto sembra a rischio, ma è proprio in questi momenti che l'alleanza terapeutica diventa un riferimento contenitivo e stabile che può creare il terreno favorevole all'elaborazione degli aspetti più dolorosi del suo vissuto.
[#27]
Ex utente
In effetti, anche in questo momento di grande malessere, posso affermare di non aver perso la fiducia nel mio terapeuta. Quando lo vedrò gli dirò tutto e spero che mi possa aiutare perché io non voglio vivere così, non voglio essere questa persona, una vita così non vale davvero un soldo bucato.
[#28]
Ex utente
Scusate se scrivo ancora, ma mi è venuta una sensazione di panico, con sudorazione tremori..cosa che non mi capitava da ANNI...mi sembra di impazzire e mi chiedo se sarò capace di aspettare fino al prossimo appuntamento con il mio terapeuta. Quello che sta capitando è che sto rileggendo molti avvenimenti alla luce di una nuova consapevolezza: che il rifiuto sia nella mia testa e che in realtà sia io ad allontanare le persone! Questo pensiero mi sta facendo impazzire, sto male, sto pensando che ho allontanato un uomo che sento di amare e che mi ha detto di volermi frequentare perché, tra tutto quello che mi ha detto ho dato peso solo alla parte in cui mi ha confessato di avere qualcosa in sospeso con una donna che sta dall'altra parte del mondo e con la quale non c'è nulla. Quando ha cercato di spiegarmi come stavano le cose l'ho zittito dicendogli che non volevo sapere niente e l'ho liquidato, dicendo di sparire dalla mia vita. E se davvero fossi stata io a volerlo allontanare?? Questo pensiero mi risulta intollerabile!!Sento panico e non so come gestirlo, non ho medicine, non ne prendo mai, ma non so se posso sopravvivere a questa nottata e fino al prossimo appuntamento, vi prego aiutatemi.
[#29]
Gent.le Utente,
le sue riflessioni derivano da una presa di coscienza, molto importante per scardinare un meccanismo di cui prima era vittima inconsapevole, ora che lo ha messo a fuoco potrà lavorarci insieme allo psicoterapeuta in seduta, "spazio protetto" per la condivisione delle sue emozioni e facilitare il recupero del potere personale.
La paura non va censurata con i farmaci ma ascoltata perché ha sempre qualcosa di significativo da raccontarci sul nostro modo di essere.
le sue riflessioni derivano da una presa di coscienza, molto importante per scardinare un meccanismo di cui prima era vittima inconsapevole, ora che lo ha messo a fuoco potrà lavorarci insieme allo psicoterapeuta in seduta, "spazio protetto" per la condivisione delle sue emozioni e facilitare il recupero del potere personale.
La paura non va censurata con i farmaci ma ascoltata perché ha sempre qualcosa di significativo da raccontarci sul nostro modo di essere.
[#30]
" la sensazione di essere stata rifiutata mi sta trascinando sempre più giù..."
Gentile Utente,
anche se forse Le pare che sia il primo episodio nella Sua vita in cui si sente così, è possibile che questa sensazione fosse parte di un Suo modo di vedere la vita e di relazionarsi di cui prima della terapia non era pienamente consapevole.
Ovvero, anzichè leggere l'atteggiamento di quest'uomo per quello che è, Lei preferisce (inconsapevolmente) prendersi tutta la responsabilità... cioè non è lui che vuol tenere il piede in due staffe, ma è Lei che viene rifiutata...
Un'altra donna, con un funzionamento mentale diverso dal Suo, non avrebbe speso un solo secondo della propria esistenza a "giustificare" quell'uomo e a sentirsi in colpa o rifiutata; avrebbe visto la situazione da un altro punto di vista e probabilmente avrebbe deciso di chiudere con questa persona, consapevole di voler altro e di voler essere trattata in altro modo (a tutti piace essere unici, pensati dalla mente di qualcun altro, scelti, ecc...).
Forse questa lettura ha a che vedere con una bassa autostima, ma ad ogni modo -dal mio punto di vista e con i limiti di un consulto on line- è una cosa molto positiva che sia venuta fuori, perchè Le dà modo di modificarla grazie anche all'aiuto del terapeuta.
In altre parole questo è proprio il copione che Lei forse tende a mettere in atto al momento in cui entra in relazione con qualcuno.
Modificandolo in terapia, potrà assaporare molto meglio le Sue relazioni e sentirsi (lo è già, ma è chiaro che deve anche percepirsi tale) una persona di valore.
Un cordiale saluto,
Gentile Utente,
anche se forse Le pare che sia il primo episodio nella Sua vita in cui si sente così, è possibile che questa sensazione fosse parte di un Suo modo di vedere la vita e di relazionarsi di cui prima della terapia non era pienamente consapevole.
Ovvero, anzichè leggere l'atteggiamento di quest'uomo per quello che è, Lei preferisce (inconsapevolmente) prendersi tutta la responsabilità... cioè non è lui che vuol tenere il piede in due staffe, ma è Lei che viene rifiutata...
Un'altra donna, con un funzionamento mentale diverso dal Suo, non avrebbe speso un solo secondo della propria esistenza a "giustificare" quell'uomo e a sentirsi in colpa o rifiutata; avrebbe visto la situazione da un altro punto di vista e probabilmente avrebbe deciso di chiudere con questa persona, consapevole di voler altro e di voler essere trattata in altro modo (a tutti piace essere unici, pensati dalla mente di qualcun altro, scelti, ecc...).
Forse questa lettura ha a che vedere con una bassa autostima, ma ad ogni modo -dal mio punto di vista e con i limiti di un consulto on line- è una cosa molto positiva che sia venuta fuori, perchè Le dà modo di modificarla grazie anche all'aiuto del terapeuta.
In altre parole questo è proprio il copione che Lei forse tende a mettere in atto al momento in cui entra in relazione con qualcuno.
Modificandolo in terapia, potrà assaporare molto meglio le Sue relazioni e sentirsi (lo è già, ma è chiaro che deve anche percepirsi tale) una persona di valore.
Un cordiale saluto,
[#31]
Ex utente
Gentile dottoressa,
sono davvero, davvero confusa! Io ho chiuso con questa persona per autotutelarmi, ma mi rendo conto che nella mia persona convivono una sorta di evitamento, dovuto al terrore di perdere le persone amate con conseguente difficoltà a legarmi (nessuna mia relazione è mai durata più di un anno, di cui 6 mesi bene, gli altri sei ridotti a una "corsa alla rottura") e bassa autostima che in passato mi ha fatto accettare situazioni inaccettabili. In questo momento non capisco più niente, non so cosa devo fare, non so se agisco bene o male, se sto evitando o se mi sto volendo bene e questa profondissima incertezza mi immobilizza, mi fa lavorare malissimo e relazionarmi peggio. Non so più chi sono e cosa devo fare. E' davvero tragico non fidarsi più di se stessi.
sono davvero, davvero confusa! Io ho chiuso con questa persona per autotutelarmi, ma mi rendo conto che nella mia persona convivono una sorta di evitamento, dovuto al terrore di perdere le persone amate con conseguente difficoltà a legarmi (nessuna mia relazione è mai durata più di un anno, di cui 6 mesi bene, gli altri sei ridotti a una "corsa alla rottura") e bassa autostima che in passato mi ha fatto accettare situazioni inaccettabili. In questo momento non capisco più niente, non so cosa devo fare, non so se agisco bene o male, se sto evitando o se mi sto volendo bene e questa profondissima incertezza mi immobilizza, mi fa lavorare malissimo e relazionarmi peggio. Non so più chi sono e cosa devo fare. E' davvero tragico non fidarsi più di se stessi.
[#32]
Secondo me non si tratta di mancanza di fiducia in se stessa, potrebbe essere qualcosa di diverso.
Essere incerti non sempre è una cattiva cosa perchè può portarci a capire meglio una situazione. Se siamo incerte è perchè qualcosa non ci sta convincendo pienamente.
Quindi questa confusione non è per forza di cose negativa.
Chiaramente Lei avrebbe bisogno di mettere ordine.
Poichè mi pare di capire che sia sulla strada giusta per comprendere come funziona, cioè ha già a disposizione tutto l'occorrente per poi cominciare a sistemare queste parti di sè, allora si faccia aiutare dal terapeuta.
Quando avrà la prossima seduta?
Essere incerti non sempre è una cattiva cosa perchè può portarci a capire meglio una situazione. Se siamo incerte è perchè qualcosa non ci sta convincendo pienamente.
Quindi questa confusione non è per forza di cose negativa.
Chiaramente Lei avrebbe bisogno di mettere ordine.
Poichè mi pare di capire che sia sulla strada giusta per comprendere come funziona, cioè ha già a disposizione tutto l'occorrente per poi cominciare a sistemare queste parti di sè, allora si faccia aiutare dal terapeuta.
Quando avrà la prossima seduta?
[#33]
Ex utente
Gentile dottoressa, credo che lei abbia ragione, mi sento in un momento importante, in cui sto capendo qualcosa che mi sarà molto utile. Leggere questo mi ha dato molto sollievo, insieme al sentirmi dire che faccio bene a pretendere, che non devo accontentarmi, cosa che tendo troppo spesso a fare. In realtà ciò che ieri mi aveva gettata in quello stato spaventoso, di frenesia, ansia e panico (di cui mi vergogno profondamente) era il terrore di avere sbagliato tutto, il terrore di essermi presa in giro, di avere scambiato l'evitamento per la cura di me, e io non riesco a perdonarmi gli errori, non tollero questa responsabilità.
La prossima seduta, fortunatamente, sarò dopodomani. Ieri avevo paura di non poterci arrivare e non capivo come potessi trovarmi sola a gestire quel peso insopportabile.
La prossima seduta, fortunatamente, sarò dopodomani. Ieri avevo paura di non poterci arrivare e non capivo come potessi trovarmi sola a gestire quel peso insopportabile.
[#34]
" io non riesco a perdonarmi gli errori, non tollero questa responsabilità"
Gent.le Utente,
questa è una delle cose che si può imparare nel corso di una psicoterapia, accade quando l'errore non è più solo il simbolo del fallimento ma si trasforma in opportunità di apprendere un modo diverso e più efficace e sopratutto flessibile di decodificare la propria esperienza.
Gent.le Utente,
questa è una delle cose che si può imparare nel corso di una psicoterapia, accade quando l'errore non è più solo il simbolo del fallimento ma si trasforma in opportunità di apprendere un modo diverso e più efficace e sopratutto flessibile di decodificare la propria esperienza.
Questo consulto ha ricevuto 37 risposte e 2.5k visite dal 20/01/2013.
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Approfondimento su Ansia
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