Relazioni
Gentili Psicologi,
Ho 25 anni, ma da sempre mi sento "più grande" rispetto ai miei coetanei. Il mio problema è quella che avverto come una mancanza di autenticità in larga parte dei rapporti che intesso col mio prossimo. In parte ciò è dovuto al fatto che sono una persona riservata e che non tutti hanno la pazienza di aspettare che mi apra, in parte mi rendo conto che spesso manca proprio quel "terreno comune" su cui "seminare".
Al di là dell'aspetto puramente contenutistico delle passioni che animano la media dei miei coetanei e che io non condivido (calcio, discoteca ecc.), mi capita spesso di non rispecchiarmi nei loro modi di fare (il porsi in maniera aggressiva, il nascondere le proprie debolezze dietro maschere di millantata spavalderia, il seguire ciecamente bandiere politiche senza porsi domande, il ripetere a pappagallo quello che sentono dire in giro..). Allo stesso modo mi trovo spesso a poter avere scambi paritari e appaganti sulle questioni che mi appassionano solo con gente parecchio più grande di me, cui mi sento sovente vicino anche per atteggiamenti e gusti.
Raramente trovo - fra i pari età - qualcuno che mi interessa veramente, che mi stimola, e guardo con invidia e ammirazione tutte quelle persone che riescono a trovarsi a proprio agio dovunque si mettono, accomodanti, compagnone, alla "volemose tutti bene". Con le ragazze è uguale; nessuna che mi catturi, che mi intrighi, nessuna che riesca a farmi andare oltre l'eccitazione del momento legata all'aspetto fisico.
La gente mi annoia e spesso io annoio la gente.
Il che è strano, per un periodo ho svolto un lavoro di contatto col pubblico e persuasione ed ero pure bravo... ma lì c'era uno scopo, dovevo portare a casa un risultato.
Vengo da un'infanzia di grande timidezza, in qualche modo ho dovuto sempre "lottare" per emergere.. credevo che con l'età adulta le differenze tra me e i miei coetanei si sarebbero appianate... ho fatto progressi enormi, ma alle volte non mi sento ancora pienamente integrato.
Chiudo con una bellissima citazione di Rousseau che ho trovato qualche tempo fa in un libro e che mi ha letteralmente fulminato:
"La mia non fu un’infanzia da fanciullo; pensai, sentii sempre da uomo. Solo crescendo sono rientrato nella normalità; nascendo, ne ero uscito."
Ed io? Quando rientrerò nella normalità?
Ho 25 anni, ma da sempre mi sento "più grande" rispetto ai miei coetanei. Il mio problema è quella che avverto come una mancanza di autenticità in larga parte dei rapporti che intesso col mio prossimo. In parte ciò è dovuto al fatto che sono una persona riservata e che non tutti hanno la pazienza di aspettare che mi apra, in parte mi rendo conto che spesso manca proprio quel "terreno comune" su cui "seminare".
Al di là dell'aspetto puramente contenutistico delle passioni che animano la media dei miei coetanei e che io non condivido (calcio, discoteca ecc.), mi capita spesso di non rispecchiarmi nei loro modi di fare (il porsi in maniera aggressiva, il nascondere le proprie debolezze dietro maschere di millantata spavalderia, il seguire ciecamente bandiere politiche senza porsi domande, il ripetere a pappagallo quello che sentono dire in giro..). Allo stesso modo mi trovo spesso a poter avere scambi paritari e appaganti sulle questioni che mi appassionano solo con gente parecchio più grande di me, cui mi sento sovente vicino anche per atteggiamenti e gusti.
Raramente trovo - fra i pari età - qualcuno che mi interessa veramente, che mi stimola, e guardo con invidia e ammirazione tutte quelle persone che riescono a trovarsi a proprio agio dovunque si mettono, accomodanti, compagnone, alla "volemose tutti bene". Con le ragazze è uguale; nessuna che mi catturi, che mi intrighi, nessuna che riesca a farmi andare oltre l'eccitazione del momento legata all'aspetto fisico.
La gente mi annoia e spesso io annoio la gente.
Il che è strano, per un periodo ho svolto un lavoro di contatto col pubblico e persuasione ed ero pure bravo... ma lì c'era uno scopo, dovevo portare a casa un risultato.
Vengo da un'infanzia di grande timidezza, in qualche modo ho dovuto sempre "lottare" per emergere.. credevo che con l'età adulta le differenze tra me e i miei coetanei si sarebbero appianate... ho fatto progressi enormi, ma alle volte non mi sento ancora pienamente integrato.
Chiudo con una bellissima citazione di Rousseau che ho trovato qualche tempo fa in un libro e che mi ha letteralmente fulminato:
"La mia non fu un’infanzia da fanciullo; pensai, sentii sempre da uomo. Solo crescendo sono rientrato nella normalità; nascendo, ne ero uscito."
Ed io? Quando rientrerò nella normalità?
[#1]
Gentile Utente,
quello che lei descrive è un modo di essere che possiamo definito "introverso". La differenza fondamentale con la sua controparte (l'estroversione) è proprio in relazione con il mondo esterno e in particolare nei rapporti con gli altri.
Possiamo dire che l'introverso ha un mondo interiore più articolato e in definitiva è più portato a coltivarlo. La sua sensazione di essersi sentito sempre più grande dei suoi coetanei, nasce in parte come difesa per alcune sue difficoltà nell'entrare in relazione con essi.
Non credo che non esistano dei suoi coetanei in grado di soddisfarla nelle relazioni amicali e intime, basta saperli trovare. Altrimenti rischia di mettersi nella posizione di osservatore anziché di soggetto agente.
quello che lei descrive è un modo di essere che possiamo definito "introverso". La differenza fondamentale con la sua controparte (l'estroversione) è proprio in relazione con il mondo esterno e in particolare nei rapporti con gli altri.
Possiamo dire che l'introverso ha un mondo interiore più articolato e in definitiva è più portato a coltivarlo. La sua sensazione di essersi sentito sempre più grande dei suoi coetanei, nasce in parte come difesa per alcune sue difficoltà nell'entrare in relazione con essi.
Non credo che non esistano dei suoi coetanei in grado di soddisfarla nelle relazioni amicali e intime, basta saperli trovare. Altrimenti rischia di mettersi nella posizione di osservatore anziché di soggetto agente.
Dott. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta
Specialista in Psicoterapia Psicodinamica
www.psicologoaviterbo.it
[#2]
Gentile Utente,
bisognerebbe capire meglio se si tratta di timidezza oppure se si tratta di una mancanza di competenza sociale, legato al fatto di non aver mai ricevuto rinforzi le volte in cui cercava di entrare in relazione con qualcuno.
Legga questo articolo:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1087-le-abilita-sociali.html
SAluti,
bisognerebbe capire meglio se si tratta di timidezza oppure se si tratta di una mancanza di competenza sociale, legato al fatto di non aver mai ricevuto rinforzi le volte in cui cercava di entrare in relazione con qualcuno.
Legga questo articolo:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1087-le-abilita-sociali.html
SAluti,
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#3]
Gentile utente, oltre quanto detto dai colleghi le allego anche questo articolo:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1586-gli-stili-comunicativi.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1586-gli-stili-comunicativi.html
Dr.ssa Laura Mirona
dottoressa@lauramirona.it
www.lauramirona.it
[#4]
Ex utente
@ Dott. Del Signore "Non credo che non esistano dei suoi coetanei in grado di soddisfarla nelle relazioni amicali e intime, basta saperli trovare."
Il problema è proprio questo.. perché mi trovo a dover faticare per avere accesso a qualcosa che per la stragrande maggioranza dell'umanità è automatica?
Il problema è proprio questo.. perché mi trovo a dover faticare per avere accesso a qualcosa che per la stragrande maggioranza dell'umanità è automatica?
[#5]
Gentile Utente,
non credo esista un automatismo nelle relazioni interpersonali. Lei pensa che sia automatico per gli altri, per il semplice fatto che sembra difficile a lei.
Ognuno ha un suo stile personale di approcciare con le persone, deve solo trovare quello che è più adeguato per lei.
non credo esista un automatismo nelle relazioni interpersonali. Lei pensa che sia automatico per gli altri, per il semplice fatto che sembra difficile a lei.
Ognuno ha un suo stile personale di approcciare con le persone, deve solo trovare quello che è più adeguato per lei.
[#6]
Gentile Ragazzo,
da quanto leggo di lei, personalmente non vedo la problematica.
L'essere selettivi, "diversi" dalla massa e media, l'avere interssi che vadano oltre il calcio,la discoteca o una scollatura, è un valore aggiunto all'esistenza, non una menomazione !
Non credo che debba buttarsi via mercificando le frequentazioni,il suo "essere grande" andrebbe approfondito e conosciuto, nutrendolo più a fondo, senza paura, paura del confronto e paura della solitudine.
Sono certa, che quando farà pace con se stesso, quel se stesso autentico, diverso dalla massa, pensante, non omologabile.....troveà anche amici o amori, esattamente come lei.
La diversità non è una malattia!
da quanto leggo di lei, personalmente non vedo la problematica.
L'essere selettivi, "diversi" dalla massa e media, l'avere interssi che vadano oltre il calcio,la discoteca o una scollatura, è un valore aggiunto all'esistenza, non una menomazione !
Non credo che debba buttarsi via mercificando le frequentazioni,il suo "essere grande" andrebbe approfondito e conosciuto, nutrendolo più a fondo, senza paura, paura del confronto e paura della solitudine.
Sono certa, che quando farà pace con se stesso, quel se stesso autentico, diverso dalla massa, pensante, non omologabile.....troveà anche amici o amori, esattamente come lei.
La diversità non è una malattia!
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
[#7]
Ex utente
Gentile Dottoressa Randone,
Il suo è un messaggio molto bello; l'autoaccettazione (e la conseguente capacità di valorizzare le proprie risorse) è stata sempre per me molto difficile. Sono consapevole di avere tante qualità, le persone che mi conoscono bene (e in particolare quelle più grandi di me) me le fanno notare spesso, ma la storia è costellata di figure umane la cui brillantezza spirituale o intellettuale era il contraltare di rapporti umani difficoltosi.
La verità è che nella frenesia della quotidianità, nella prassi delle relazioni umane - in particolare in giovane età - gli introversi si trovano a rincorrere un mondo che va parecchio più veloce di loro, che vive le emozioni in maniera pubblica, che antepone l'uniformità all'individualità, il baccano al silenzio, il mostrare al comprendere.
Intendiamoci, la mia non è una tirata contro nessuno; sono abbastanza maturo per capire che in ognuno c'è del buono e che da ognuno si può imparare qualcosa. Ho amici, esco, mi capita di trovarmi bene anche a contatto con estroversi puri... ma sento sempre un certo distacco fra il mio mondo e il loro. E questo mi fa sentire solo, a volte.
Arrivato alla soglia dell'età adulta mi rendo conto di essere molto fortunato, di dover andare orgoglioso di quello che sono, anche se questo mi è costato non pochi disagi in passato; ho messo in conto che, inevitabilmente, quanto più la merce ha valore tanto più il prezzo da pagare per essa è alto.
Certo, come si fa a non avere paura del confronto quando il mainstream naviga verso una direzione opposta e il più delle volte non si pone il minimo problema ad affermarlo anche brutalmente?
Il suo è un messaggio molto bello; l'autoaccettazione (e la conseguente capacità di valorizzare le proprie risorse) è stata sempre per me molto difficile. Sono consapevole di avere tante qualità, le persone che mi conoscono bene (e in particolare quelle più grandi di me) me le fanno notare spesso, ma la storia è costellata di figure umane la cui brillantezza spirituale o intellettuale era il contraltare di rapporti umani difficoltosi.
La verità è che nella frenesia della quotidianità, nella prassi delle relazioni umane - in particolare in giovane età - gli introversi si trovano a rincorrere un mondo che va parecchio più veloce di loro, che vive le emozioni in maniera pubblica, che antepone l'uniformità all'individualità, il baccano al silenzio, il mostrare al comprendere.
Intendiamoci, la mia non è una tirata contro nessuno; sono abbastanza maturo per capire che in ognuno c'è del buono e che da ognuno si può imparare qualcosa. Ho amici, esco, mi capita di trovarmi bene anche a contatto con estroversi puri... ma sento sempre un certo distacco fra il mio mondo e il loro. E questo mi fa sentire solo, a volte.
Arrivato alla soglia dell'età adulta mi rendo conto di essere molto fortunato, di dover andare orgoglioso di quello che sono, anche se questo mi è costato non pochi disagi in passato; ho messo in conto che, inevitabilmente, quanto più la merce ha valore tanto più il prezzo da pagare per essa è alto.
Certo, come si fa a non avere paura del confronto quando il mainstream naviga verso una direzione opposta e il più delle volte non si pone il minimo problema ad affermarlo anche brutalmente?
Questo consulto ha ricevuto 7 risposte e 3k visite dal 18/01/2013.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.