Socialità, sue radici e sue soluzioni...

Gentili Dottori, ho letto i vostri consulti su problemi di socialità e spero di non ripetermi, ma vorrei un consiglio su un problema con cui convivo da sempre.
Ho 30 anni, sono fidanzata da cinque anni, innamoratissima. Sono sempre stata timida, ero la secchiona occhialuta della classe e ho avuto un'adolescenza fatta di amori mai dichiarati: studiavo, scrivevo diari, uscivo poco, non ho mai allargato le amicizie oltre i compagni di classe. La mia prima volta è stata a 21 anni, e dopo ho avuto varie relazioni. Ho studiato nella più vicina università da fuori sede, lontana dal mio paese. Oggi lavoro in un'altra città, sto instaurando amicizie (le mie colleghe mi vogliono un gran bene) e mi sono iscritta in palestra. Se mi guardo indietro, però, conto gli amici sulle dita di una mano: il mio modo di relazionarmi a scuola è sempre stato diffidente prima di legarmi, ho avuto alcune amiche ma con l'università e i primi fidanzati ci siam allontanate; un cambiamento c’è stato con l’università, dovendo cominciare da zero, ho vissuto con entusiasmo le amicizie ma per motivi di gelosie e conflitti (la cui responsabilità in gran parte non è mia) i rapporti si sono deteriorati. Ho solo tre amici veri, ma vivono lontano. Il mio fidanzato (cresciuto in una grande città), invece, ha ancora i suoi amici di sempre, ha sempre fatto cose nel tempo libero, è molto più socievole e in questo mi stimola con amore.
I miei genitori non hanno mai avuto amici: tutto si è sempre limitato alla famiglia. Per mia madre, delusa dalle amiche, la famiglia è tutto. Idem per mio padre, protettivo e dedito al lavoro. Mio fratello è come mio padre, protettivo, ha un solo amico (collega di studio-lavoro), non ha mai avuto una ragazza. Sin da piccoli, non abbiamo mai fatto corsi o sport (per ragioni di denaro, ma credo anche di mentalità, non praticandone loro alcuno), rarissime volte mi vedevo con le amichette. Le nostre estati erano coi nonni in campagna; al mare e in giro si andava coi miei genitori. Quando ne parlo con mia madre, lei dice che IO non ho mai chiesto niente e la colpa non è loro, perché non mi avrebbero mai negato nulla: tuttavia andavo a scuola accompagnata in auto, fino al liceo, e ricordo che avendo chiesto andarci a piedi non mi era permesso!
Nel relazionarmi con persone nuove e non, è come se mi mancassero gli strumenti base. Eppure sono affettuosa, generosa, dolce. Mi capita di stare zitta ad ascoltare gli altri (soprattutto amici del mio fidanzato), perché in merito a esperienze di vita non ho molto da dire. Mi sforzo di esser simpatica, partecipe, ma a volte mi sento inadeguata. C’è stato un errore ripetuto che oggi mi impedisce di sviluppare un’amicizia e che mi ha fatto perder i legami? Una necessità, forse, di piacere e fare una buona impressione che mi ha bloccata? C’è una parte di responsabilità nella famiglia? O sono semplicemente stata sfortunata e le persone mi hanno allontanata quando non avevano più bisogno di me?
Grazie mille per la vostra risposta.
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Dr. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta 4.6k 51
Gentile Utente,

Le riflessioni che ha fatto sono semplicemente il riflesso di un modo di essere e stare insieme agli altri. La possibilità di fare nuove amicizie (così come di mantenerle) dipende da una serie di variabili tra le quale una certa dose di autostima.

Lei sembra avere una tendenza ad auto-svalutarsi e questo la fa sentire poco adeguata nel confronto con le altre persone.

Il rapporto con i suoi genitori, così come lo stile educativo che ha ricevuto, gioca un ruolo importante. Il fatto di aver vissuto in una famiglia, per così dire, "chiusa" nei confronti del mondo esterno è un elemento da prendere in considerazione, ma sicuramente non è l'unico.

Qualora lei volesse comprendere in maniera più approfondita questo suo modo di essere, può farlo rivolgendosi ad un Collega psicologo.

Dott. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta
Specialista in Psicoterapia Psicodinamica
www.psicologoaviterbo.it

[#2]
Utente
Utente
Gentile Dottore,
grazie mille per la sua risposta. In effetti, da qualche anno riscontro una tendenza ad "auto-svalutarmi". Inizialmente pensavo che fosse assurdo, ma poi ho capito che questo aveva un senso: sin da piccola, la mia bravura nello studio mi aveva sempre messa su una specie di piedistallo (allontanandomi potenzialmente anche dai maschietti, ma anche dalle amichette). Crescendo e scontrandomi col mondo vero, tutto si è pian piano ridimensionato: adesso, però, mi sento carica di aspettative mie ed altrui, ho paura di non riuscire ad assecondarle e mi sento imperfetta, e sempre a rincorrere un traguardo che non so quale sia. E questo si riflette anche all'esterno, per cui mi pongo spesso il problema di essere abbastanza bella o simpatica o attraente o intelligente.
In merito a questo, tendo anche a dare poco valore alle mie conquiste (c'è sempre un nuovo ostacolo da superare, e chissà se ce la farò) e al contempo esito nell'affrontare con volto sereno le difficoltà di vita e di lavoro. In questo potrebbe giocare, forse, anche la mia attuale vita professionale? Da secchiona che ero, oggi ho un lavoro (che adoro, quello accademico) ma precario, mentre molti coetanei hanno "già" un lavoro sicuro, una famiglia... e quindi è come se non avessi adempiuto a quello che tutto il mondo si sarebbe atteso da me. E poi, la mia vita sentimentale è felice, tuttavia sogno spesso di essere abbandonata e tradita... Non lo so, è una insicurezza a più livelli che mi impedisce di essere serena.
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Dr. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta 4.6k 51
Gentile Utente,

la percezione che lei aveva di essere messa su un piedistallo era sicuramente gradevole e talvolta la faceva sentire completa, incrementando la sua stima di se.

I fatto principale è che lei dovrebbe seguire le sue inclinazioni con i suoi tempi. Le aspettative degli altri, giuste o sbagliate che siano sono sempre "degli altri".

Cerchi di non essere la "più brava" anche nella vita, perché per definizione è impossibile e troverà sempre un motivo per non essere all'altezza del suo "ideale" (soprattutto se troppo alto).
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Utente
Utente
Grazie mille, dottore, per il suo parere.
E' per me un ottimo punto di partenza!
Cordiali saluti.