Training autogeno e colon irritabile
Gentili dottori soffro di colon irritabile e visto che non riuscivo con i farmaci a stare meglio
o pensato di rivolgermi ad uno psichiatra visto che sono una persona ansiosa.Dopo un breve colloquio il dottore in questione mi ha prescritto due farmaci lo spasmomen somatico e il debrum capsule entrambe due al di, e abbiamo iniziato il training autogeno dicendomi che sicuramente questo mi avrebbe fatto stare meglio. Ho fatto 6 sedute gli incontri sono state due alla settimana e adesso sono arrivata alla fase delle frasi di proponimento. Il mio dubbio è questo,quando ho provato a parlare con lui dei miei stati d'animo facendogli presente alcuni miei comportamenti (es.gelosia,forte senzo di protezione nei confronti di mia figlia) lui ha minimizzato frettolosamente dicendomi che dovevo fare gli esercizi e dovevo fidarmi di lui che con il tempo tutto passa. Io sinceramente mi aspettavo dei consigli magari da parte sua un po più di attenzione a quello che può essere la causa del mio essere ansiosa. E' normale che i nostri incontri durano al massimo 15 minuti? il tempo di fare l'esercizio avvolte fatto proprio velocemente perchè ha lo studio pieno!io per motivi di lavoro non posso andare in queste settimane di festa e quando l'ho chiamato mi ha detto che non possiamo stare più di una settiamna senza vederci perchè tutto il lavoro deve essere continutivo, ma io come faccio ad assentarmi mi è impossibile ma a lui questo sembra non interessare, e veramente cosi' importante fare questi incontri cosi spesso io a casa faccio gli esercizi quindi non vedo quale sia il problema se per queste festività interrompiamo voi che ne pensate? insomma lo psicologo dovrebbe tranquillizzare una persona ma lui sta iniziando a stressarmi!!!!!grazie cordiali saluti
o pensato di rivolgermi ad uno psichiatra visto che sono una persona ansiosa.Dopo un breve colloquio il dottore in questione mi ha prescritto due farmaci lo spasmomen somatico e il debrum capsule entrambe due al di, e abbiamo iniziato il training autogeno dicendomi che sicuramente questo mi avrebbe fatto stare meglio. Ho fatto 6 sedute gli incontri sono state due alla settimana e adesso sono arrivata alla fase delle frasi di proponimento. Il mio dubbio è questo,quando ho provato a parlare con lui dei miei stati d'animo facendogli presente alcuni miei comportamenti (es.gelosia,forte senzo di protezione nei confronti di mia figlia) lui ha minimizzato frettolosamente dicendomi che dovevo fare gli esercizi e dovevo fidarmi di lui che con il tempo tutto passa. Io sinceramente mi aspettavo dei consigli magari da parte sua un po più di attenzione a quello che può essere la causa del mio essere ansiosa. E' normale che i nostri incontri durano al massimo 15 minuti? il tempo di fare l'esercizio avvolte fatto proprio velocemente perchè ha lo studio pieno!io per motivi di lavoro non posso andare in queste settimane di festa e quando l'ho chiamato mi ha detto che non possiamo stare più di una settiamna senza vederci perchè tutto il lavoro deve essere continutivo, ma io come faccio ad assentarmi mi è impossibile ma a lui questo sembra non interessare, e veramente cosi' importante fare questi incontri cosi spesso io a casa faccio gli esercizi quindi non vedo quale sia il problema se per queste festività interrompiamo voi che ne pensate? insomma lo psicologo dovrebbe tranquillizzare una persona ma lui sta iniziando a stressarmi!!!!!grazie cordiali saluti
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Psicologo, Psicoterapeuta
Gentile signora, secondo una prospettiva cognitivo-comportamentale non sempre "tranquillizzare" è una strada che va nell'interesse delle persone ansiose.
Mi spiego meglio: spesso, quando siamo in ansia, cerchiamo un modo per "toglierla" e tornare a star tranquilli. Ognuno si arrangia come può: c'è chi assume farmaci, chi mangia più del dovuto, chi chiama il medico, chi cerca di non pensare alle cose che lo preoccupano.
In generale, questi rimedi funzionano abbastanza bene, ma hanno degli "effetti collaterali". Quello più vistoso è una sorta di "dipendenza da rassicurazione": se fare qualcosa mi rassicura, la prossima volta che mi sentirò in ansia tenderò più probabilmente a rifare la stessa cosa.
E fin qui, niente di male; se non fosse per il fatto che nessuno di noi può "togliere l'ansia" dalla propria vita. E' un vissuto che accomuna tutti gli esseri umani, e che ha forti valenze adattive, e cioè che ci consentono di adattarci meglio al nostro ambiente.
Un esempio? Provo ansia per l'esame, studio di più. Provo ansia all'idea di presentarmi ad un colloquio di lavoro, mi preparo per bene.
Spesso, il problema non è l'ansia in sè, ma tutti i tentativi che facciamo per "non averla". Ed, a volte, partecipare alle sedute di terapia non è propriamente piacevole o rilassante, per cui è possibile che cerchiamo di evitarle.
Ma... fino ad un certo punto. Ovvero, finchè sentiamo di essere "dalla stessa parte" della persona cui ci affidiamo, ovvero finchè siamo alleati che cercano insieme di risolvere un problema.
Quello che mi ha colpito, nella sua narrazione, è che lei si sia sentita poco accolta, ascoltata e compresa. Questo vissuto potrebbe essere riportato allo psichiatra che la segue, e potreste discuterne in seduta. Credo sia suo diritto avere informazioni sufficientemente precise su modi, tempi e razionale del percorso che state effettuando. In particolare, avete discusso in fase di contratto terapeutico della durata delle sedute, delle modalità per disdire o spostare un appuntamento, di cosa avreste fatto o non fatto in terapia?
Un'ultima precisazione: ci dice che il professionista che la segue è uno psichiatra. Uno psichiatra non è uno psicologo, bensì un medico con specializzazione in Psichiatria. Secondo la legge italiana, questo lo abilita di fatto all'esercizio della psicoterapia, mentre lo psicologo, per poter esercitare una psicoterapia, deve conseguire una specializzazione in psicoterapia presso una scuola riconosciuta a livello ministeriale.
Quindi, forse le sue aspettative relative a quello che uno psicologo dovrebbe o non dovrebbe fare possono andar deluse, sia per il fatto che possono essere poco realistiche (non sempre uno psicologo "deve" tranquillizzare, anzi spesso uno psicologo cerca di aiutare ad accettare l'ansia, e nello stesso tempo a vivere pienamente la propria vita), sia per il semplice fatto... che non si trova davanti ad uno psicologo!
Cordialmente
Mi spiego meglio: spesso, quando siamo in ansia, cerchiamo un modo per "toglierla" e tornare a star tranquilli. Ognuno si arrangia come può: c'è chi assume farmaci, chi mangia più del dovuto, chi chiama il medico, chi cerca di non pensare alle cose che lo preoccupano.
In generale, questi rimedi funzionano abbastanza bene, ma hanno degli "effetti collaterali". Quello più vistoso è una sorta di "dipendenza da rassicurazione": se fare qualcosa mi rassicura, la prossima volta che mi sentirò in ansia tenderò più probabilmente a rifare la stessa cosa.
E fin qui, niente di male; se non fosse per il fatto che nessuno di noi può "togliere l'ansia" dalla propria vita. E' un vissuto che accomuna tutti gli esseri umani, e che ha forti valenze adattive, e cioè che ci consentono di adattarci meglio al nostro ambiente.
Un esempio? Provo ansia per l'esame, studio di più. Provo ansia all'idea di presentarmi ad un colloquio di lavoro, mi preparo per bene.
Spesso, il problema non è l'ansia in sè, ma tutti i tentativi che facciamo per "non averla". Ed, a volte, partecipare alle sedute di terapia non è propriamente piacevole o rilassante, per cui è possibile che cerchiamo di evitarle.
Ma... fino ad un certo punto. Ovvero, finchè sentiamo di essere "dalla stessa parte" della persona cui ci affidiamo, ovvero finchè siamo alleati che cercano insieme di risolvere un problema.
Quello che mi ha colpito, nella sua narrazione, è che lei si sia sentita poco accolta, ascoltata e compresa. Questo vissuto potrebbe essere riportato allo psichiatra che la segue, e potreste discuterne in seduta. Credo sia suo diritto avere informazioni sufficientemente precise su modi, tempi e razionale del percorso che state effettuando. In particolare, avete discusso in fase di contratto terapeutico della durata delle sedute, delle modalità per disdire o spostare un appuntamento, di cosa avreste fatto o non fatto in terapia?
Un'ultima precisazione: ci dice che il professionista che la segue è uno psichiatra. Uno psichiatra non è uno psicologo, bensì un medico con specializzazione in Psichiatria. Secondo la legge italiana, questo lo abilita di fatto all'esercizio della psicoterapia, mentre lo psicologo, per poter esercitare una psicoterapia, deve conseguire una specializzazione in psicoterapia presso una scuola riconosciuta a livello ministeriale.
Quindi, forse le sue aspettative relative a quello che uno psicologo dovrebbe o non dovrebbe fare possono andar deluse, sia per il fatto che possono essere poco realistiche (non sempre uno psicologo "deve" tranquillizzare, anzi spesso uno psicologo cerca di aiutare ad accettare l'ansia, e nello stesso tempo a vivere pienamente la propria vita), sia per il semplice fatto... che non si trova davanti ad uno psicologo!
Cordialmente
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Psicologo, Psicoterapeuta
Noto che il dottore cui si è rivolta le prescrive i farmaci, ed è lo stesso che le fa il training autogeno. Per cui dovrebbe essere un medico.
In sostanza lei si lamenta che il suo medico non le dedica tempo a sufficienza per lo svolgimento del Training Autogeno e del poco tempo che le concede per parlare.
Se è un buon medico e lei si fida non c'è ragione di cambiarlo. Potrebbe però spiegargli che sente di avere bisogno di più tempo e che dunque preferisce fare il training autogeno con qualcun'altro, che magari si dedichi esclusivamente a questo. Consultando il suo medico per una migliore formulazione dei proponimenti.
Se a questo vuole aggiungere un lavoro che l'aiuti a comprendere meglio e superare il suo essere ansiosa, potrebbe essere utile coadiuvare il lavoro del suo medico con un percorso psicoterapeutico. Molti terapeuti padroneggiano anche il training autogeno. Le due cose non si escludono.
In sostanza lei si lamenta che il suo medico non le dedica tempo a sufficienza per lo svolgimento del Training Autogeno e del poco tempo che le concede per parlare.
Se è un buon medico e lei si fida non c'è ragione di cambiarlo. Potrebbe però spiegargli che sente di avere bisogno di più tempo e che dunque preferisce fare il training autogeno con qualcun'altro, che magari si dedichi esclusivamente a questo. Consultando il suo medico per una migliore formulazione dei proponimenti.
Se a questo vuole aggiungere un lavoro che l'aiuti a comprendere meglio e superare il suo essere ansiosa, potrebbe essere utile coadiuvare il lavoro del suo medico con un percorso psicoterapeutico. Molti terapeuti padroneggiano anche il training autogeno. Le due cose non si escludono.
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Utente
Gentili dottori il dottore a cui mi sono rivolta è uno psichiatra, psicoterapeuta cognitivo comportamentale (così leggo nel suo biglietto da visita) io sinceramente non so che differenza c'è fra uno psicologo e un psichiatra. Penso che la terapia del training autogeno possa essermi di aiuto, mi sembra strano il poco tempo che mi sia dedicato durante le visite in pratica mi insegna solo l'esercizio che devo eseguire ad es: prima il rilassamento ,seconda volta la pesantezza,terza volta calore ecc... adesso sono alla fase della fronte fredda e corpo caldo) penso sia l'ultima in quanto lui mi ha spiegato che da ora iniziano le frasi di proponimento che mi spiegherà in seguito).Durante queste sedute l'unica cosa che mi ha chiesto e di fare regolarmente gli esercizi due volte al giorno per il resto non abbiamo mai parlato del privato o del mio vissuto, io ho cercato di introdurre l'argomento lui ha sviato dicendomi che con il tempo l'ansia che provo diminuirà e io mi sentirò meglio, forse io mi aspettavo qualcosa di diverso, andare dallo psicologo per me significava avere qualcuno che possa darmi delle risposte e dei consigli su alcuni miei comportamenti (come ad esempio la mia forte gelosia ,il mio essere troppo protettiva ecc..). Cosa ne pensate? scusate ma anche per me è stato un po difficile mettermi in discussione ed andare a chiedere aiuto ad uno psicologo.
Grazie molte per il vostro interesse cordiali saluti
Grazie molte per il vostro interesse cordiali saluti
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Psicologo, Psicoterapeuta
Io credo che per prima cosa debba chiedersi se ci sono stati dei miglioramenti. In caso positivo le consiglio di proseguire gli incontri e vedere come Procede.
nel caso non vi siano miglioramenti dovrebbe parlarne col suo terapeuta e valutare soluzioni alternative o aggiustamenti nel percorso che state facendo.
nel caso non vi siano miglioramenti dovrebbe parlarne col suo terapeuta e valutare soluzioni alternative o aggiustamenti nel percorso che state facendo.
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Psicologo, Psicoterapeuta
>>Gentili dottori il dottore a cui mi sono rivolta è uno psichiatra, psicoterapeuta cognitivo comportamentale (così leggo nel suo biglietto da visita) io sinceramente non so che differenza c'è fra uno psicologo e un psichiatra
Le allego un link che parla della differenza tra orientamenti teorici (dove potrà leggere una parte introduttiva sulla terapia cognitivo-comportamentale):
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
Da specialista in terapia cognitivo-comportamentale (d'ora in poi abbrevio con CC), le dico brevemente come funziona.
Di solito, un percorso CC inizia con una fase di valutazione, dalla durata variabile, ma che di solito si attesta intorno ai 4-7 incontri, e che prevede colloqui ed eventualmente test e misurazioni psicofisiologiche.
Alla fine di questa fase, il terapeuta ed il paziente costruiscono insieme una spiegazione condivisa dei problemi presentati, ed il terapeuta spiega nel dettaglio come è possibile affrontarli. Poi, si sceglie da dove partire, e si comincia la terapia vera e propria.
Le sedute sono di solito abbastanza strutturate: si parte con una verifica di eventuali attività ed esperimenti a casa, e poi si sceglie l'argomento della seduta; si passa quindi a scegliere altri esperimenti o attività per casa, e così via, affrontando i problemi in modo razionale. Ampio spazio viene dato all'aspetto psico-educativo, ovvero al fornire al paziente le informazioni sufficienti e complete perchè possa capire qual è il problema e come affrontarlo e risolverlo.
Di solito, gli obiettivi sono stabiliti con molta chiarezza, ed espressi in termini positivi, chiari, semplici.
Le faccio un esempio: non è accettabile "Voglio essere meno insicuro ed ansioso nei rapporti con gli altri", ma è accettabile "Voglio imparare a stringere nuovi rapporti e mantenere quelli vecchi".
Per questo motivo le dico che lei ha diritto di discutere in seduta, come già suggeritole dal dott. Giusti, del suo disagio con il terapeuta che si è assunto la responsabilità di aiutarla.
Se ci sono aspetti della sua vita che per lei rimangono problematici, forse potreste inserirli in agenda ed affrontarli per tempo, se per lei sono importanti.
Le allego un link che parla della differenza tra orientamenti teorici (dove potrà leggere una parte introduttiva sulla terapia cognitivo-comportamentale):
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
Da specialista in terapia cognitivo-comportamentale (d'ora in poi abbrevio con CC), le dico brevemente come funziona.
Di solito, un percorso CC inizia con una fase di valutazione, dalla durata variabile, ma che di solito si attesta intorno ai 4-7 incontri, e che prevede colloqui ed eventualmente test e misurazioni psicofisiologiche.
Alla fine di questa fase, il terapeuta ed il paziente costruiscono insieme una spiegazione condivisa dei problemi presentati, ed il terapeuta spiega nel dettaglio come è possibile affrontarli. Poi, si sceglie da dove partire, e si comincia la terapia vera e propria.
Le sedute sono di solito abbastanza strutturate: si parte con una verifica di eventuali attività ed esperimenti a casa, e poi si sceglie l'argomento della seduta; si passa quindi a scegliere altri esperimenti o attività per casa, e così via, affrontando i problemi in modo razionale. Ampio spazio viene dato all'aspetto psico-educativo, ovvero al fornire al paziente le informazioni sufficienti e complete perchè possa capire qual è il problema e come affrontarlo e risolverlo.
Di solito, gli obiettivi sono stabiliti con molta chiarezza, ed espressi in termini positivi, chiari, semplici.
Le faccio un esempio: non è accettabile "Voglio essere meno insicuro ed ansioso nei rapporti con gli altri", ma è accettabile "Voglio imparare a stringere nuovi rapporti e mantenere quelli vecchi".
Per questo motivo le dico che lei ha diritto di discutere in seduta, come già suggeritole dal dott. Giusti, del suo disagio con il terapeuta che si è assunto la responsabilità di aiutarla.
Se ci sono aspetti della sua vita che per lei rimangono problematici, forse potreste inserirli in agenda ed affrontarli per tempo, se per lei sono importanti.
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Cara signora,
non è la tecnica del training autogeno che non va bene, anzi, è molto utile. Il problema è che lo specialista a cui si è rivolta non è uno psicologo, ma un medico. Non metto in dubbio che sarà una persona competente, ma sicuramente lavora diversamente da uno psicologo-psicoterapeuta.
Le dico come lavora uno psicologo- psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, poi trarrà lei le conclusioni.
Intanto non somministra farmaci, se ritiene che sia il caso consulta uno psichiatra. I farmaci non hanno effetto guaritore, ma è la psicoterapia che deve essere accostata a trattamento farmacologico. In molti casi la sola psicoterapia basta, senza bisogno di assumere farmaci. Dopo ciò le terapie durano 50 minuti/1 ora, e non 15 minuti, che non permettono di creare il giusto setting, rapporto terapeutico ottimale e di lasciare al paziente lo spazio per parlare ed esprimere se stesso. Il training autogeno è molto utile, ma non dovrebbe essere la sola terapia. Il terapeuta dovrebbe esplorare le cause del problema, trovare la radice da cui tutto si genera e ristrutturare con il paziente. Solo dopo ciò dovrebbe applicare il training. Insomma è un lavoro accurato e ben strutturato, che segue delle tappe.
Ognuno è certamente libero di fare come vuole nel suo studio, ma nel momento in cui lei è insoddisfatta quanto meno dovrebbe farlo presente al suo psichiatra e rivedere insieme alcune cose.
Spero di aver chiarito un pò dei suoi dubbi.
non è la tecnica del training autogeno che non va bene, anzi, è molto utile. Il problema è che lo specialista a cui si è rivolta non è uno psicologo, ma un medico. Non metto in dubbio che sarà una persona competente, ma sicuramente lavora diversamente da uno psicologo-psicoterapeuta.
Le dico come lavora uno psicologo- psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, poi trarrà lei le conclusioni.
Intanto non somministra farmaci, se ritiene che sia il caso consulta uno psichiatra. I farmaci non hanno effetto guaritore, ma è la psicoterapia che deve essere accostata a trattamento farmacologico. In molti casi la sola psicoterapia basta, senza bisogno di assumere farmaci. Dopo ciò le terapie durano 50 minuti/1 ora, e non 15 minuti, che non permettono di creare il giusto setting, rapporto terapeutico ottimale e di lasciare al paziente lo spazio per parlare ed esprimere se stesso. Il training autogeno è molto utile, ma non dovrebbe essere la sola terapia. Il terapeuta dovrebbe esplorare le cause del problema, trovare la radice da cui tutto si genera e ristrutturare con il paziente. Solo dopo ciò dovrebbe applicare il training. Insomma è un lavoro accurato e ben strutturato, che segue delle tappe.
Ognuno è certamente libero di fare come vuole nel suo studio, ma nel momento in cui lei è insoddisfatta quanto meno dovrebbe farlo presente al suo psichiatra e rivedere insieme alcune cose.
Spero di aver chiarito un pò dei suoi dubbi.
Dr.ssa Laura Mirona
dottoressa@lauramirona.it
www.lauramirona.it
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Utente
Gentile dottoressa il medico che mi segue è uno psichiatra psicoterapeuta cognitivo comportamentale, mi ha prescritto lui i farmaci (>>lei dice nel caso dovrebbe consultare uno psichiatra) comunque penso che lei e anche gli altri suoi colleghi abbiate perfettamente spiegato come si dovrebbe svolgere una terapia. Io penso che forse il dottore in questione non sia la persona giusta, alla prossima seduta farò presente il mio disagio e sinceramente preferirei chiudere questo percorso con lui e rivolgermi ad uno psicologo che da quello che ho capito è la persona giusta che mi può aiutare a stare meglio con me stessa. E' un mio diritto chiedere di interrompere le sedute? (io le ho pagate singolarmente tutte le volte che sono stata da lui)è possibile che mi chieda un pagamento superiore,rispetto alle altre sedute,visto che decido di interrompere ? vi ringrazio per l'aiuto.
Cordiali saluti
Cordiali saluti
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Forse mi sono spiegata male. Io dico nel caso in cui lei andasse dallo psicologo allora Sarebbe necessario (nel caso in cui lui pensasse ad un utilità dei farmaci nel suo caso) consultare uno psichiatra. Ho capito che il suo medico è psichiatra e psicoterapeuta, ma come spiegato in precedenza dai colleghi, per essere terapeuti bisogna fare una scuola apposita di 4 anni e specializzarsi. Purtroppo ai medici è permesso dal loro ordine professionale di poter scrivere ugualmente psicoterapeuti. Non voglio fare di tutta l'erba un fascio, ci sono anche psichiatri che effettivamente fanno la scuola e Sarebbe doveroso nei confronti dei propri pazienti. Nel caso del suo, dato ciò che ci ha raccontato, non credo faccia parte di quest'ultima categoria. Ma non vorrei azzardare conclusioni, per cui ora che sa la differenza può tranquillamente parlarne con lui. Per i costi non Sarebbe professionale aumentarli, vedrà che paghera' la sola seduta fine sempre. Se vuole interrompere è suo diritto.
Ci aggiorni
Un saluto
Ci aggiorni
Un saluto
[#9]
Psicologo, Psicoterapeuta
>>E' un mio diritto chiedere di interrompere le sedute? (io le ho pagate singolarmente tutte le volte che sono stata da lui)è possibile che mi chieda un pagamento superiore,rispetto alle altre sedute,visto che decido di interrompere ?
Assolutamente sì, è un suo diritto e nessun terapeuta ha il diritto di chiederle una somma maggiore per interrompere la terapia, altrimenti sarebbe una "forzatura" della libertà di ognuno di seguire una terapia o interromperla in ogni momento.
Le chiedo, prima di prendere decisioni definitive, di ripensare però a due questioni.
La prima è se, come già chiestole dal dott. Giusti, lei ha notato miglioramenti con la pratica del training autogeno. La seconda è se, comunque, ritiene che non ci sia spazio di discussione in merito alle questioni che solleva qui su MedicItalia anche con lo specialista che la segue.
Assolutamente sì, è un suo diritto e nessun terapeuta ha il diritto di chiederle una somma maggiore per interrompere la terapia, altrimenti sarebbe una "forzatura" della libertà di ognuno di seguire una terapia o interromperla in ogni momento.
Le chiedo, prima di prendere decisioni definitive, di ripensare però a due questioni.
La prima è se, come già chiestole dal dott. Giusti, lei ha notato miglioramenti con la pratica del training autogeno. La seconda è se, comunque, ritiene che non ci sia spazio di discussione in merito alle questioni che solleva qui su MedicItalia anche con lo specialista che la segue.
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Psicologo, Psicoterapeuta
E' buona norma parlare delle difficoltà riscontrate in terapia nel setting terapeutico stesso. Almeno per capire meglio come mai le cose sono andate così. Oppure per valutare se cambiare o aggiustare il percorso.
Comunque ogni rapporto libero professionale può essere chiuso in qualsiasi momento, è un suo diritto.
Comunque ogni rapporto libero professionale può essere chiuso in qualsiasi momento, è un suo diritto.
Questo consulto ha ricevuto 10 risposte e 6.6k visite dal 18/12/2012.
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Approfondimento su Colon irritabile
Il colon irritabile (o sindrome dell'intestino irritabile) è un disturbo funzionale che provoca dolore addominale, stipsi, diarrea, meteorismo: cause, cure e rimedi.