Asocialita'
Salve.Sono un 40ne.Scrivo perche non riesco a capire,come mai sin dall'infanzia,non vengo accettato dai miei simili.Non sono mancati amici anche se pochi,per poi allontanarmi.Ho avuto pochissime fidanzate,tutte storie durate poco.Ora e' tutto chiuso.Esiste solo il fatto,che le persone o mi ridono in faccia,oppure mi respingono se tento di socializzare,oppure diventano amichevoli se vogliono trarre qualcosa da me,in senso materiale.E' stata dura conseguire il diploma,in continue vessazioni.Idem nel corso di formazione,e per mantenere il lavoro.Lavoro da anni,ma ora si sta mettendo veramente male ,per questo fatto,nonostante non faccio niente di brutto a nessuno.Ho avuto attacchi di panico e un dolore mai conosciuto,che per poco mi portava al suicidio:entrambi superati e uscito piu forte per fortuna.Ho fatto anche un test QI on line,(non so quanto affidabile),con un punteggio di 110,quindi nella norma.La mia persona non e' rispettata,ne amata,se tento di parlare in un gruppo,mi girano le spalle e non mi fanno partecipare,e ormai cio rinunciato.Cosi cerco di non cadere in depressione,buttandomi su hobby non proprio economici(motociclismo),per avvertire sensazioni,e fare chiodo scaccia chiodo,anche perche non avverto piu neanche stimoli sessuali.Vorrei sapere cos'e' questo mio destino,vedere la faccia di questa malattia,perche e' una malattia la solitudine.Ne parlo qui,perche non ho piu nessuno con cui parlare,e non esagero se dico che alcuni mi odiano,per il solo motivo che sono un loro collega.Questa e' la sintesi.La domanda e' :cosa ho? Grazie.
[#1]
Asocialità non sembrerebbe la definizione più adeguata. L'asociale è colui che non vuole stare con gli altri, mentre lei sta male perché gli altri, da quanto ci dice, non vorrebbero stare con lei.
>>> non esagero se dico che alcuni mi odiano
[...]
non vengo accettato dai miei simili
[...]
le persone o mi ridono in faccia,oppure mi respingono se tento di socializzare,oppure diventano amichevoli se vogliono trarre qualcosa da me,in senso materiale.E' stata dura conseguire il diploma,in continue vessazioni
>>>
Potrebbe essere più circostanziato e fare qualche esempio concreto?
>>> non esagero se dico che alcuni mi odiano
[...]
non vengo accettato dai miei simili
[...]
le persone o mi ridono in faccia,oppure mi respingono se tento di socializzare,oppure diventano amichevoli se vogliono trarre qualcosa da me,in senso materiale.E' stata dura conseguire il diploma,in continue vessazioni
>>>
Potrebbe essere più circostanziato e fare qualche esempio concreto?
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#2]
Utente
Grazie per risposta.Provo a fare esempi,di cose capitate:
1)-gia dall'asilo,si consolidavano gruppi di altri bambini,che mi prendevano a calci.Costretto a rifugiarmi tra i banchi rispondevo all'offesa.E alla fine la maestra mi riempiva di ceffoni.A parte quest'ultima...in fondo eravamo solo bambini ai quali non si puo addebitare niente.
2)-Prendevo il bus per andare alle superiori.Nessuno mi diceva niente,tranne che quelli del mio paese,che mi vessavano con soprannomi e insulti.la scena in classe era piu soft ma non dissimile.Cercavo di non aggravare la situazione,per paura di farmi macchiare la condotta.Cinque anni d'inferno.
3)-Nella vita militare,ho cominciato a conoscere l'amicizia e uscire insieme,con pochi che mi hanno accolto,e fatto crescere socialmente.Il resto..lo potete immaginare..sono arrivati persino ad invitarmi a spararmi nei servizi di guardia.
4)-Se cerco di interagire con qualcuno,o in un gruppo,mi trattano con indifferenza,come se non esistessi.
Il tutto condito dal fatto,che assisto un genitore diversamente abile,orfano di padre da una ventina di anni,due fratelli minorati e ricoverati in istituti.Il genitore diversamente abile,ha cominciato ad avere la malattia invalidante,da quando avevo 14 anni.
Mi riesce un po difficile fare esempi concreti,a dire il vero.ne ho passate talmente tante,e ancora continuo a passarne,che ho perso il conto.I pochi esempi sono quelli che mi sono tornati alla mente.
1)-gia dall'asilo,si consolidavano gruppi di altri bambini,che mi prendevano a calci.Costretto a rifugiarmi tra i banchi rispondevo all'offesa.E alla fine la maestra mi riempiva di ceffoni.A parte quest'ultima...in fondo eravamo solo bambini ai quali non si puo addebitare niente.
2)-Prendevo il bus per andare alle superiori.Nessuno mi diceva niente,tranne che quelli del mio paese,che mi vessavano con soprannomi e insulti.la scena in classe era piu soft ma non dissimile.Cercavo di non aggravare la situazione,per paura di farmi macchiare la condotta.Cinque anni d'inferno.
3)-Nella vita militare,ho cominciato a conoscere l'amicizia e uscire insieme,con pochi che mi hanno accolto,e fatto crescere socialmente.Il resto..lo potete immaginare..sono arrivati persino ad invitarmi a spararmi nei servizi di guardia.
4)-Se cerco di interagire con qualcuno,o in un gruppo,mi trattano con indifferenza,come se non esistessi.
Il tutto condito dal fatto,che assisto un genitore diversamente abile,orfano di padre da una ventina di anni,due fratelli minorati e ricoverati in istituti.Il genitore diversamente abile,ha cominciato ad avere la malattia invalidante,da quando avevo 14 anni.
Mi riesce un po difficile fare esempi concreti,a dire il vero.ne ho passate talmente tante,e ancora continuo a passarne,che ho perso il conto.I pochi esempi sono quelli che mi sono tornati alla mente.
[#3]
Ok, quindi, da ciò che dice, sembra che lei abbia un trascorso di senso di esclusione e vittimizzazione partito fin dall'asilo e protrattosi nell'età adulta. Divenuto adulto si è trovato poi l'incombenza di assistere in vario modo una famiglia problematica, andando ad allungare il suo "curriculum" di persona sfortunata.
È probabile che se l'immagine che ha di se stesso è prevalentemente questa, avrà la tendenza a proiettarla inconsapevolmente in ogni interazione sociale nella quale si cimenta. In altre parole, i suoi modi di fare, le espressioni, i movimenti e i contenuti verbali della sua comunicazione, tutti insieme, dicono all'altro: "Ecco, io sono questo". Ed è chiaro che nessuno vorrebbe stare con una persona così. Lei lo vorrebbe?
A prima vista direi che occorrerebbe invertire il copione e iniziare a dare di sé un'immagine più distesa, disinvolta e socialmente competente. Cosa che si può benissimo fare, rivolgendosi a uno specialista. Le interpretazioni e le etichette servono a poco, di fronte ai problemi come quello che sta presentando lei occorre imparare a FARE piccole cose in modo diverso, meglio se aiutati.
È probabile che se l'immagine che ha di se stesso è prevalentemente questa, avrà la tendenza a proiettarla inconsapevolmente in ogni interazione sociale nella quale si cimenta. In altre parole, i suoi modi di fare, le espressioni, i movimenti e i contenuti verbali della sua comunicazione, tutti insieme, dicono all'altro: "Ecco, io sono questo". Ed è chiaro che nessuno vorrebbe stare con una persona così. Lei lo vorrebbe?
A prima vista direi che occorrerebbe invertire il copione e iniziare a dare di sé un'immagine più distesa, disinvolta e socialmente competente. Cosa che si può benissimo fare, rivolgendosi a uno specialista. Le interpretazioni e le etichette servono a poco, di fronte ai problemi come quello che sta presentando lei occorre imparare a FARE piccole cose in modo diverso, meglio se aiutati.
[#4]
Utente
La ringrazio tanto per l'interessamento.Mi rimane che cercare nella mia zona,uno specialista.Solo che mi sento cosi disadattato,che ho anche dei rancori dentro,che mi portano ad anteporre l'indifferenza con l'indifferenza,e a non avere nessun interesse tranne quello di sopravvivere.Faro' questo tentativo.La ringrazio.
[#5]
Legga questi per aiutarsi nella scelta:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/233-la-psicoterapia-che-cos-e-e-come-funziona.html
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/2336-scegliere-lo-psicologo.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/233-la-psicoterapia-che-cos-e-e-come-funziona.html
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/2336-scegliere-lo-psicologo.html
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Gentile Utente,
nonostante le problematiche che ha esposto qui, i comportamenti e le abilità di cui Lei si sente carente, sono tutti comportamenti imparabili.
In altre parole noi impariamo a stare con gli altri e solo con l'esperienza possiamo diventare socialmente competenti.
Per approfondimenti, legga questo articolo:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1087-le-abilita-sociali.html
C'è però un'altra questione. Lei dice infatti: "...se tento di parlare in un gruppo,mi girano le spalle e non mi fanno partecipare,e ormai cio rinunciato..."
L'atteggiamento di rinuncia (o evitante) non va bene; per risolvere il problema deve comprendere, con l'aiuto dello specialista, dov'è la sequenza critica che non funziona e che non Le permette di essere più abile nelle relazioni interpersonali.
Però c'è anche una questione importante da non sottovalutare: la Sua storia famigliare certamente non L'ha aiutata, perchè probabilmente non ha avuto molte occasioni, nell'accudire i Suoi parenti, per se stesso.
Inoltre, quando si accudisce qualcun altro, la rete e il supporto sociale è indispensabile per il caregiver.
Un cordiale saluto,
nonostante le problematiche che ha esposto qui, i comportamenti e le abilità di cui Lei si sente carente, sono tutti comportamenti imparabili.
In altre parole noi impariamo a stare con gli altri e solo con l'esperienza possiamo diventare socialmente competenti.
Per approfondimenti, legga questo articolo:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1087-le-abilita-sociali.html
C'è però un'altra questione. Lei dice infatti: "...se tento di parlare in un gruppo,mi girano le spalle e non mi fanno partecipare,e ormai cio rinunciato..."
L'atteggiamento di rinuncia (o evitante) non va bene; per risolvere il problema deve comprendere, con l'aiuto dello specialista, dov'è la sequenza critica che non funziona e che non Le permette di essere più abile nelle relazioni interpersonali.
Però c'è anche una questione importante da non sottovalutare: la Sua storia famigliare certamente non L'ha aiutata, perchè probabilmente non ha avuto molte occasioni, nell'accudire i Suoi parenti, per se stesso.
Inoltre, quando si accudisce qualcun altro, la rete e il supporto sociale è indispensabile per il caregiver.
Un cordiale saluto,
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#7]
Utente
Ho letto le informazioni dei link.Se ho compreso bene,sono un'inabile sociale,non un asociale.Non ho avuto modo di imparare le abilita' sociali.Alcuni nodi mi vengono al pettine.I miei genitori, da bambini, hanno vissuto la 2da guerra mondiale,entrambi con la 5a elementare,mio padre e' stato trattato come una macchina da lavoro dalla matrigna,e non e' stato curato a livello culturale(neanche fisico,dopo una ferita grave ,invalidante,a seguito dello scoppio di una spoletta,mentre giocava con i suoi compagni),idem per mia madre.I miei fratelli maggiori,nati minorati,affidati in istituti quando io avevo 6 anni,dopo diverse volte che,lasciatomi solo con loro a fargli da balia,a 4 -6 anni di eta,ritornavano dal lavoro e mi trovavano con la testa o il naso sanguinante.I primi insegnamenti,dall'asilo alle medie,in un paesino dove esisteva,(e forse esiste ancora),la discriminazione della famiglia di provenienza,favorendo figli di ''signori'',o di delinquenti,erano ridotti all'osso,e le/gli insegnanti,tenevano conto di quanto appena detto.Nel periodo di presa coscienza,che in un futuro,sarebbe stato indispensabile un lavoro,mi iscrivevo alle superiori,per un diploma,e le cose continuavano come al solito e di fretta e furia ,in una corsa dove non c'era spazio per niente,tranne quella di trovare un impiego,sono riuscito a trovare lavoro,che non posso dire per regole del forum,ma posso dire che e' molto particolare,tanto da limitare molti diritti della Costituzione,e dove tutti siamo pedine,dove piuttosto si impoverisce la personalita' e si tende a fare emergere,e premiare, primordiali istinti di sopravvivenza.All'inizio,da giovani,si aveva qualche amico sul posto di lavoro, magari piu ''spinto'',dal quale trarre insegnamento di abilita sociali.Con il tempo,i gradi di responsabilita',e impegni famigliari di ognuno,si sono perse le amicizie,e la mia realta lavorativa/sociale,si e' ridotta di nuovo a quella che avevo da piccolo.Le ragazze che ho avuto,per me erano angeli,divinita',che mi avrebbero salvato da un esistenza simile,ma poi mi sono accorto che le mire erano solo materiali,e dei miei sentimenti,della mia persona,pochissimo le importava.Rimasto deluso che,ancora oggi,ritengo la donna semplicemente come la femmina dell'essere umano.Niente di superiore ma ne avverto la mancanza quando sto solo con me stesso,di sera,quando le mie difese si abbassano per cercare di riposare.Ora e' la volta della scelta di uno psicologo,che in pratica dovrebbe insegnarmi le abilita sociali.Non so a chi affidarmi,al momento,avendo compreso che ad ogni ''blocco'',esiste un tipo di addestramento.Se possibile,se le regole del forum lo permettono,accetto consigli sulla scelta dello specialista,presenti nella mia zona,come da mio profilo del forum.
[#8]
Caro utente,
non dev'essere facile emergere in questa società quando si è avvolti da responsabilità come le sue. Occuparsi di un diversamente abile non è da tutti, e le fa molto onore.
<<Nella vita militare,ho cominciato a conoscere l'amicizia e uscire insieme,con pochi che mi hanno accolto,e fatto crescere socialmente.>>
Perchè c'è stato un cambio di rotta con queste persone? Se prima l'avevano accolta, come mai poi hanno cambiato atteggiamento?
Sarebbe consigliabile una terapia personale e di presenza per capire anche come lei si relaziona con gli altri, le sue abitudini, i suoi interessi e i suoi obiettivi.
Non si abbatta, con il giusto aiuto vedrà che cambieranno molte cose.
non dev'essere facile emergere in questa società quando si è avvolti da responsabilità come le sue. Occuparsi di un diversamente abile non è da tutti, e le fa molto onore.
<<Nella vita militare,ho cominciato a conoscere l'amicizia e uscire insieme,con pochi che mi hanno accolto,e fatto crescere socialmente.>>
Perchè c'è stato un cambio di rotta con queste persone? Se prima l'avevano accolta, come mai poi hanno cambiato atteggiamento?
Sarebbe consigliabile una terapia personale e di presenza per capire anche come lei si relaziona con gli altri, le sue abitudini, i suoi interessi e i suoi obiettivi.
Non si abbatta, con il giusto aiuto vedrà che cambieranno molte cose.
Dr.ssa Laura Mirona
dottoressa@lauramirona.it
www.lauramirona.it
[#9]
Se vuole può consultare liste di professionisti liberamente disponibili in rete, come quella di questo sito:
https://www.medicitalia.it/specialisti/psicologia/
Per nominativi specifici può scrivere privatamente a qualcuno di noi.
https://www.medicitalia.it/specialisti/psicologia/
Per nominativi specifici può scrivere privatamente a qualcuno di noi.
[#10]
Utente
Il cambio di atteggiamento dei miei amici,e' stato dovuto da una parte per trasferimenti nell'ambito lavorativo,quindi centinaia di km di lontananza,e il fatto che hanno una famiglia loro,a cui pensare.Quindi non li biasimo affatto.Certo mi avrebbe fatto piacere un contatto telefonico,o su FB.Ma mi rendo conto,che non sono certo uno che puo dare una mano,un 'pezzo da 90' come si suol dire,che abbia il potere di aprire qualche porta per i propri figli,ad esempio.ora che scrivo,mi tornano in memoria quelli che ho perso,e che non ci sono piu,nel senso che non sono piu di questo mondo.Me li porto ancora dentro.Quando ho cambiato sede di lavoro,per effetto di una legge per poter assistere famigliari disabili,mi trovavo in questa situazione,da solo e con tante persone da conoscere.ma ho trovato incomprensioni,conosciuto il mobbing.Non ci si limitava,per esempio,a non essere d'accordo su una cosa,anche litigare,e poi finirla li e prendersi un caffe' insieme,parlando di altro,ma si cercava con ogni mezzo di allontanarmi dal lavoro,demansionato,e costretto a cercare di resistere invece di crescere nel lavoro.E questo negli ultimi 10 anni,nel mezzo dei quali,ho avuto gli attacchi di panico,erroneamente scambiati per problemi cardiaci,e resomi noti dal cardiologo.Indirizzato da uno psichiatra di sua conoscenza,quest'ultimo mi prescriveva l'uso di Xanax e Sereupin.Dopo circa un'anno,parlandone con il primario della casa di cura dove un mio fratello e' ricoverato,per puro caso,il dottore in questione mi disse semplicemente di ''mandare a quel paese'' queste pillole,molto ottimisticamente,e se proprio mi sarei sentito male,rimediare con camomilla,anche piu volte al giorno.La cosa e' andata a buon fine.Inoltre,siccome l'attuale posto di lavoro,e' vicino casa,dove io assisto mia madre,i bravi paesani che mi sono ritrovato li,come ''colleghi'',non hanno disdegnato di portare a conoscenza a tutti gli appartenenti del posto di lavoro,del mio passato e soprannomi annessi.Potrei scrivere un libro raccontando questi ultimi 10 anni.Per quanto riguarda il mio atteggiamento: sono un umile,e non mi piace darmi le arie.Forse e' questo che da fastidio,non lo so.
Questo consulto ha ricevuto 10 risposte e 7.5k visite dal 17/12/2012.
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