Vertigini, fascicolazioni extrasistole

Buongiorno, da circa 15 anni soffro di attacchi di panico e stati di ansia generalizzata. Ho accettato questa mia peculiarità e da qualche anno ci convivo riuscendo ad avere uno stile di vita normalissimo. Tuttavia persistono delle somatizzazioni che di tanto in tanto si ripresentano con più o meno incidenza. L'anno scorso, nel mese di marzo, dopo 3-4 mesi di extrasistole quotidiane (nell'ordine di 100 al giorno) mi sono deciso a fare una visita cardiologica, per scoprire ovviamente che il cuore era a posto. Nello stesso periodo, per migliorare la mia qualità della vita, ho deciso di smettere di fumare (fumavo circa un pacco di sigarette al giorno): ci sono riuscito senza nessun tipo di aiuto, se non la mia forza di volontà, e da allora non tocco più sigarette. Per lo stesso motivo a settembre mi sono iscritto in palestra e continuo tuttora a frequentarla con costanza. Premesso che le extrasistole da settembre sono totalmente scomparse, in concomitanza con l'aumento dell'attività fisica, come mi aveva suggerito e previsto il cardiologo, in generale il mio stato di forma fisica è decisamente migliorato. Tuttavia continuano a persistere dei fastidiosi tremori muscolari (fasicolazioni...), sparsi lungo tutto il corpo, principalmente gambe, ma anche braccia e muscoli delle spalle: non sono fastidiosi ma persistono. Quello che invece mi genera fastidio è la persistenza delle vertigini: la sensazione che provo è quella che si proverebbe se il terreno sotto i propri piedi fosse deformato; cioè come se i piedi poggiassero su una superficie non liscia, ma scabra e non piatta ma in discesa. Il risultato è l'impressione di un equilibrio instabile e un leggero senso di vertigine. Soprattutto queste vertigini si manifestano o in palestra, verso la fine dei 20 minuti di corsa che faccio come riscaldamento, specialmente se forzo la corsa negli ultimi minuti, o durante le partite di calcetto che quasi ogni settimana faccio con i miei amici. Le vertigini in questo caso sono accompagnate da una sensazione di testa pesante e ovviamente da una respirazione accelerata, che però mi sembra normale dato che deriva da uno sforzo fisico prolungato. Generalmente dopo 10-15 minuti la situazione si stabilizza e torna tutto normale, questo anche durante le partite di calcetto non necessariamente cioè quando sono a riposo dopo l'attività fisica. Il pensiero, però, rimane fermo su quanto accaduto e rimugino sul fatto che potrebbe trattarsi di sintomi di natura cardiaca e che si sentono in giro tanti morti infartuati anche della mia età etc etc: naturalmente ciò mi genera insicurezza sullo stato della mia salute e ovviamente ansia che si ripresenta la volta successiva come anticipatoria all'evento. Ho fatto questa lunga premessa, oltre che per fare una breve anamnesi della mia situazione, anche per introdurre una domanda che spesso mi pongo e a cui spero mi si possa rispondere: fino a che punto devo considerare questi eventi somatizzazioni e quando invece devo effettivamente considerare, a seguito della loro manifestazione, la possibilità di eseguire un controllo clinico adeguato? Ad esempio potrebbe essere necessario fare, a distanza di un anno, un'altra visita cardiologica o no? Ringrazio anticipatamente delle cortesi risposte e dei consigli che spero arriveranno.
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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 42.6k 1k
Gentile utente,

se il suo dubbio e' se effettuare o meno una nuova visita cardiologica, forse doveva indirizzare la richiesta in cardiologia.
Probabilmente, lei stesso ritiene le sue preoccupazioni immotivate e se ne preoccupa.
Oltretutto, nonostante abbia fatto una dettagliata descrizione anamnestica e pone in rilievo anche alcune caratteristiche fisiche, non ha specificato che tipo di trattamento sta effettuando per i suoi "attacchi di panico" che ha da 15 anni (li ha avuto a 18 anni la prima volta?).
Puo' cortesemente specifcare il resto?

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Utente
Utente
Buongiorno Dr. Ruggiero,
la ringrazio per la Sua cortese risposta.
Sarebbe impossibile riassumere 15 anni di sintomi, eventi e analisi in poche righe, però le garantisco che so di quello di cui sto parlando e comunque ci proverò :-).
Intorno ai 19 anni si sono manifestati i primi sintomi, dispnea e extrasistoli notturne e anche tachicardia. Sono seguiti ecg e ecocardiografia con analisi del sangue, negativi. 4-5 corse al pronto soccorso con tachicardia e sensazione di svenimento e di morte imminente, di solito 10-15 gocce di valium bastavano a farmi rilassare. L'ultima volta al pronto soccorso (e specifico l'ULTIMA volta dopo circa 6 mesi di preoccupazioni sul mio poco chiaro stato di salute, e una decina di visite con una decina di dottori diversi) è stata fatta una vaga ipotesi di possibile ansia e mi è stata prescritta una cura di lexotan per 2-3 settimane. Dopo la cura ricordo che il livello di ansia si sia abbassato, ma camminavo sempre con la boccettina di lexotan che prendevo in caso di emergenze. Quando la sintomatologia cardiaca è scomparsa, ho cominciato ad avere dei dolori muscolari ai polpacci, e un senso di debolezza generale, accompagnati da ipocondria ed ero spaventato dalla possibilità di avere malattie gravi come sclerosi multipla o leucemia o qualsiasi cosa di grave riuscivo a leggere. Questi sintomi mi hanno assillato per circa un anno e mezzo; all'inizio ogni mese, ma poi con una minore frequenza, mi recavo dal medico descrivendoli. Risultato: ogni volta analisi del sangue negative e ogni volta prescrizione di vitamine, qualcosa tipo supradyn. Visti gli scarsi risultati ottenuti, a fronte di un aumento della preoccupazione crescente, quella mia e quella dei miei genitori, ho cominciato a chiudermi in me stesso, perdendo fiducia nell'assistenza medica. A quel punto comunque i sintomi si sono ancora trasformati e si sono convertiti in attacchi di colite che si presentavano nelle occasioni meno propizie, anche 5-6 volte al giorno. Dopo qualche tempo, nel frattempo avevo circa 24-25 anni, ecco i primi pensieri strani e ossessivi, tutti collegati alla paura di perdere il controllo, dal gridare in pubblico al gettarmi da una finestra. Proprio una forte sensazione di panico generata da questo pensiero, avuta a casa di un mio collega universitario, mi ha fatto decidere di confidare i miei problemi alla mia ragazza di allora, la quale mi ha convinto ad andare da uno psicologo: dato che neanche allora avevo la possibilità di sceglierne uno privato ci siamo affidati a quello fornito dalla mutua e la mia ragazza ha preso appuntamento con il consultorio più vicino. Dopo 8-10 sedute con cadenza settimanale la risposta è stata: ha avuto una educazione severa. In realtà ho detto alla "dottoressa" che forse non era il caso che ritornassi visto che i sintomi si presentavano con sempre minore frequenza: questo era effettivamente vero, ma non credo per merito della psicologa, che si dedicava davvero con poca dedizione al caso e non è che cercasse di nasconderlo più di tanto, quanto per il fatto che ero riuscito a confidarmi con la mia ragazza e quindi avevo qualcuno che mi capisse. Dopo qualche mese e un attacco di panico abbastanza forte ho deciso di chiedere a un mio cugino medico, se conoscesse cioè qualcuno che potesse aiutarmi: lui mi consiglia uno psichiatra suo amico con il quale prende un appuntamento a mio nome e che mi diagnostica per la prima volta dopo 6-7 anni di incertezze, gli "attacchi di panico", prescrivendomi una cura con frontal e fevarin. Inutile dire che già dopo 3 mesi non c'era più traccia dei sintomi fisici e psicologici e che mi sentivo un'altra persona, con dosi molto basse tra l'altro (1 mg al giorno di frontal e 1 pillola e mezzo di fevarin 100 distribuite lungo la giornata). Dopo circa 6 mesi ho comunicato al dottore che probabilmente sarebbe stato meglio sospendere la cura, visto che ormai sapevo di cosa si trattava e che mi sentivo davvero meglio. Lui ha storto un pò il naso dicendo che di solito la cura durerebbe più a lungo, ma se stavo meglio allora andava bene e che restava a mia disposizione per qualsiasi problema. Dopo circa un anno sono cominciate le vertigini ed ho avuto una crisi proprio durante una partita di calcetto, nella quale i giramenti di testa e lo stato di debolezza che le scrivevo nella precedente richiesta si sono presentati per la prima volta. Ho richiamato il medico che mi ha messo ancora in cura e per i successivi due anni e mezzo ho continuato a prendere le pillole con, devo dire, ottimi risultati. Ad un certo punto ho deciso di smettere e mi sono accorto dell'effetto palliativo delle medicine poichè, dopo appena 6-8 mesi, i pensieri inutili e le vertigini e lo stato di ansia generalizzata e gli attacchi sono tornati lentamente ma inesorabilmente alla carica. Ho riprovato a cominciare con le pillole, e i risultati non nascondono che si siano visti anche questa volta, ma nello stesso tempo ho preso coscienza della inutilità delle stesse: avrei dovuto risolvere il problema diversamente, ma uno psicoterapeuta serio costava troppo e non potevo permettermelo. Quindi ho acquistato un paio di manuali di auto-aiuto e li ho letti con molta attenzione attingendo una maggiore consapevolezza del mio stato e di cosa avrei potuto fare per riuscire a gestirlo nel migliore dei modi: sebbene questo mi abbia reso maggiormente cosciente e abbia prodotto anche dei buoni risultati, soprattutto nella gestione delle crisi, evidentemente non riuscivo ancora a metabolizzare lo stress quotidiano dato che somatizzavo ancora tutto con diverse manifestazioni. Quindi l'anno scorso ho deciso di iscrivermi in palestra e smettere di fumare per cercare di dare un'altra sterzata a favore del mio benessere e devo dire che sotto molti aspetti questo mi è servito non poco. Tuttavia resta ancora viva una somatizzazione fisica della mia ansia, che accentua una preoccupazione sul mio stato di salute che a sua volta aumenta l'ansia: sebbene conosca il significato del ciclo dell'ansia e riesca a contenerlo entro un limite sopportabile, tuttavia non sono riuscito ancora ad eliminarlo completamente. Sono cosciente che avrei bisogno di un aiuto professionale, ma per il momento non posso davvero permettermelo, spero di poterlo fare più in là. Spero di essere stato un pò più chiaro. Riguardi.
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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 42.6k 1k
Gentile utente,

purtroppo Lei ritiene che "l'inutilita' dei farmaci" sia piu' importante del suo benessere, infatti, nonostante avesse avuto risultati ottimali dai trattamenti li ha classificati come "inutili" mentre erano proprio quelli "utili" al suo disturbo.
Certamente il trattamento piu' efficace e' quello combinato farmacoterapia-psicoterapia cognitivocomportamentale (dietro indicazione specifica).
A mio avviso sarebbe opportuno continuare il trattamento farmacologico.
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Utente
Utente
La ringrazio sentitamente per il Suo consiglio.

Riguardi
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Dr. Daniel Bulla Psicologo, Psicoterapeuta 3.6k 187
gentile Utente,
mi trovo in accordo col Dottor Ruggiero circa la necessità di un trattamento specialistico. Fossi in Lei non mi appiglierei al problema economico, anche perchè il nostro sistema sanitario prevede anche il supporto psicoterapeutico oltre a quello farmacologico

Provi a rivolgersi ad un CPS della sua zona, oppure ad un Consultorio Familiare, ma non butti all'aria quei piccoli "risultati" ottenuti in passato, che deporrebbero per una prognosi favorevole
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Utente
Utente
Mille grazie anche per il Suo autorevole consiglio Prof. Bulla.

Riguardi.
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