Diagnosi borderline?
Gentili psicologi,
Faccio questa richiesta di consulto, che spero possa apparire quanto più chiara possibile e che possa esprimere tutta la sofferenza che provo in questo momento.
Comincio con il descrivere la patologia. E' ormai più di un anno che vado incontro a ricadute depressive della durata di tre mesi, alternati da periodi di benessere, forse qualcuno un pò sopra le righe, ma con un umore sempre tendente alla disforia e mai all'euforia propria del maniacale. Come da titolo, il mio psichiatra/terapeuta, mi ha definito come una personalità borderline nel senso più letterale del termine coesistendo in me aspetti nevrotici (ossessioni soprattutto ed altre forme mentis tipiche della nevrosi) e aspetti vicini all'ambito psicotico (idee di riferimento sorte in momenti di stress e precedute da periodo di disforia, idee di persecuzione e deliri di rovina). Tuttavia io non ritrovo in me tutti gli aspetti della diagnosi, soprattutto mi sfuggono quelli che lo caratterizzano maggiormente, quali emotività abnorme (questa è presente solo nei periodi di benessere) che può sfociare, come in effetti una volta è stato con una reazione particolarmente rabbiosa frutto di un idea di riferimento. Non ritrovo in me l'autolesionismo, che sembra essere una caratteristica inscindibile del disturbo a quanto ne leggo, ma forse Voi potete sconfermare quest'ipotesi. Ho provato a bruciarmi deliberatamente con la sigaretta proprio oggi, dopo essere stato mollato dalla mia ragazza, dopo un rapporto durato quasi 3 anni (relazioni affettive altalenanti?!!?..non mi pare proprio) senza ricavarne la liberazione dall'angoscia che sembra anch'essa tipica dinamica del border, nonostante possa ammettere di provare una forte angoscia a seguito dell'abbandono in questione. Non arrivo ad essere promiscuo, pur essendomi concesso in periodi diversi flirt e qualcosina in più, ma promiscuità mai. L'aspetto che preoccupa il mio terapeuta è il mio continuo creare/distruggere la terapia, indizio che forse lo ha portato a vedere in me l'ambivalenza del quadro diagnostico in questione. Molto spesso ho cercato infatti di sabotare (inconsciamente) la terapia soprattutto quella farmacologica, interrompendo di testa mia o scalando dosi e/o aumentandole o acquistando farmaci senza che questi mi fossero prescritti, danneggiando così la terapia e facendomi ripiombare in uno stato depressivo in cui sono tutt'ora da un mese. La terapia farmacologica ad oggi è, per i motivi espressi prima, controllata strettamente dalla mia famiglia, così da "non indurmi in tentazione". Ritrovo invece l'idealizzare e svalutare, soprattutto il mio terapeuta ma mi è accaduto anche con persone che credevo grandi amicizie, conclusesi o raffreddatesi a causa dei miei scoppi di rabbia quando sentivo di non essere corrisposto e/o svalutato (idea di riferimento). Le mie domande, perdonatemi perchè sono più di una, può essere la diagnosi fatta errata? Se così fosse non staremmo procedendo in maniera del tutto improducente??Scusate, proseguo, perchè mi preme chiedervi anche se nonostante tutto forse la terapia farmacologica e l'approccio sono quelli giusti ed il mio terapeuta ha fatto effettivamente "centro". D'altronde mi ritrovo in un periodo depresso, che per come si presentano in me arrivano all'isolamento sociale più feroce (se non la mia ormai ex-ragazza e qualche conoscente) e al fatto che apatico e svogliato in tutto e per tutto dopo un periodo di benessere mi rinchiuda nel mio bozzo rappresentato dalla lettura su internet di forum sulle varie malattie e disagi psichici in luoghi possibilmente poco affollati. A questo però si aggiunge il fatto che mentre a giugno ero riuscito a riprendermi grazie al ripristino ed alla re-interiorizzazione della figura terapeutica (come a gennaio, mese in cui ho cominciato questa terapia), piano piano col tempo ho fatto in modo di distruggerla alienandomi di nuovo dal resto del mondo, come già era accaduto quest'anno precedentemente (marzo,aprile,maggio) dopo un periodo di benessere che si era trasformato in irritabile,disforico ed in cui è sfociato il mio attacco di rabbia e in seguito un rifiuto (fine febbraio). Le modalità come potete vedere sono sempre le stesse, apertura, mondo dapprima bello e buono-poi sforzarsi di non ritenerlo per forza ostile-infine rabbia, eccessiva ansia che trasbordano nell'abisso in cui nuovamente mi trovo. L'ultima domanda che vi pongo è come fare per ristabilire il terapeuta come oggetto buono? come ricominciare a fidarsi di un mondo che, diciamocelo francamente, fa schifo e con lui tutte le dinamiche affettive che vi si annidano. Scusate lo sfogo ma stò veramente male e ho paura che quest'ulteriore batosta di oggi non mi aiuterà di certo a risalire. Resto In attesa di una vostra risposta, su almeno parte dei miei interrogativi e vi ringrazio comunque per l'attenzione data al mio caso. Cordialmente
Faccio questa richiesta di consulto, che spero possa apparire quanto più chiara possibile e che possa esprimere tutta la sofferenza che provo in questo momento.
Comincio con il descrivere la patologia. E' ormai più di un anno che vado incontro a ricadute depressive della durata di tre mesi, alternati da periodi di benessere, forse qualcuno un pò sopra le righe, ma con un umore sempre tendente alla disforia e mai all'euforia propria del maniacale. Come da titolo, il mio psichiatra/terapeuta, mi ha definito come una personalità borderline nel senso più letterale del termine coesistendo in me aspetti nevrotici (ossessioni soprattutto ed altre forme mentis tipiche della nevrosi) e aspetti vicini all'ambito psicotico (idee di riferimento sorte in momenti di stress e precedute da periodo di disforia, idee di persecuzione e deliri di rovina). Tuttavia io non ritrovo in me tutti gli aspetti della diagnosi, soprattutto mi sfuggono quelli che lo caratterizzano maggiormente, quali emotività abnorme (questa è presente solo nei periodi di benessere) che può sfociare, come in effetti una volta è stato con una reazione particolarmente rabbiosa frutto di un idea di riferimento. Non ritrovo in me l'autolesionismo, che sembra essere una caratteristica inscindibile del disturbo a quanto ne leggo, ma forse Voi potete sconfermare quest'ipotesi. Ho provato a bruciarmi deliberatamente con la sigaretta proprio oggi, dopo essere stato mollato dalla mia ragazza, dopo un rapporto durato quasi 3 anni (relazioni affettive altalenanti?!!?..non mi pare proprio) senza ricavarne la liberazione dall'angoscia che sembra anch'essa tipica dinamica del border, nonostante possa ammettere di provare una forte angoscia a seguito dell'abbandono in questione. Non arrivo ad essere promiscuo, pur essendomi concesso in periodi diversi flirt e qualcosina in più, ma promiscuità mai. L'aspetto che preoccupa il mio terapeuta è il mio continuo creare/distruggere la terapia, indizio che forse lo ha portato a vedere in me l'ambivalenza del quadro diagnostico in questione. Molto spesso ho cercato infatti di sabotare (inconsciamente) la terapia soprattutto quella farmacologica, interrompendo di testa mia o scalando dosi e/o aumentandole o acquistando farmaci senza che questi mi fossero prescritti, danneggiando così la terapia e facendomi ripiombare in uno stato depressivo in cui sono tutt'ora da un mese. La terapia farmacologica ad oggi è, per i motivi espressi prima, controllata strettamente dalla mia famiglia, così da "non indurmi in tentazione". Ritrovo invece l'idealizzare e svalutare, soprattutto il mio terapeuta ma mi è accaduto anche con persone che credevo grandi amicizie, conclusesi o raffreddatesi a causa dei miei scoppi di rabbia quando sentivo di non essere corrisposto e/o svalutato (idea di riferimento). Le mie domande, perdonatemi perchè sono più di una, può essere la diagnosi fatta errata? Se così fosse non staremmo procedendo in maniera del tutto improducente??Scusate, proseguo, perchè mi preme chiedervi anche se nonostante tutto forse la terapia farmacologica e l'approccio sono quelli giusti ed il mio terapeuta ha fatto effettivamente "centro". D'altronde mi ritrovo in un periodo depresso, che per come si presentano in me arrivano all'isolamento sociale più feroce (se non la mia ormai ex-ragazza e qualche conoscente) e al fatto che apatico e svogliato in tutto e per tutto dopo un periodo di benessere mi rinchiuda nel mio bozzo rappresentato dalla lettura su internet di forum sulle varie malattie e disagi psichici in luoghi possibilmente poco affollati. A questo però si aggiunge il fatto che mentre a giugno ero riuscito a riprendermi grazie al ripristino ed alla re-interiorizzazione della figura terapeutica (come a gennaio, mese in cui ho cominciato questa terapia), piano piano col tempo ho fatto in modo di distruggerla alienandomi di nuovo dal resto del mondo, come già era accaduto quest'anno precedentemente (marzo,aprile,maggio) dopo un periodo di benessere che si era trasformato in irritabile,disforico ed in cui è sfociato il mio attacco di rabbia e in seguito un rifiuto (fine febbraio). Le modalità come potete vedere sono sempre le stesse, apertura, mondo dapprima bello e buono-poi sforzarsi di non ritenerlo per forza ostile-infine rabbia, eccessiva ansia che trasbordano nell'abisso in cui nuovamente mi trovo. L'ultima domanda che vi pongo è come fare per ristabilire il terapeuta come oggetto buono? come ricominciare a fidarsi di un mondo che, diciamocelo francamente, fa schifo e con lui tutte le dinamiche affettive che vi si annidano. Scusate lo sfogo ma stò veramente male e ho paura che quest'ulteriore batosta di oggi non mi aiuterà di certo a risalire. Resto In attesa di una vostra risposta, su almeno parte dei miei interrogativi e vi ringrazio comunque per l'attenzione data al mio caso. Cordialmente
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Caro Ragazzo,
senza conoscere un paziente non possiamo porre diagnosi perchè non possiamo valutare il quadro clinico e vale la pena che tu consulti di persona uno psicologo che possa parlare con te e confermare o disconfermare la diagnosi che hai ricevuto, che peraltro viene utilizzata per etichettare casi molto diversi fra loro.
Ti faccio anche presente che, generalmente, quando un paziente segue una terapia farmacologica è opportuno che della psicoterapia si occupi un diverso professionista, proprio per evitare di confondere i piani, e che quindi perfino nelle strutture pubbliche di solito un paziente è seguito allo stesso tempo da un medico psichiatra e da uno psicologo psicoterapeuta e non da una persona sola.
Tu sei seguito privatamente o presso una struttura pubblica?
Sai se il tuo psichiatra ha frequentato una Scuola di psicoterapia?
Devi infatti sapere che il medico che si specializza in psichiatria consegue contestualmente anche il titolo di psicoterapeuta senza aver fequentato una Scuola almeno quadriennale di psicoterapia come gli psicologi psicoterapeuti, perciò è importante chiarire anche questo aspetto visti i dubbi che esprimi sulla sua conduzione della terapia.
Ti consiglio di rivolgerti ad uno psicologo psicoterapeuta per la psicoterapia, e di continuare con questo o un altro psichiatra la supervisione degli effetti dei farmaci.
Al di là comunque del chiarimento su quale sia la sua reale formazione - il che è necessario se vuoi continuare con lui -, mi sembra che questo psichiatra non ti ispiri fiducia, aspetto che invece è fondamentale per l'instaurarsi di una salda alleanza terapeutica, perciò forse sarebbe più utile che tu ti rivolgessi ad un altro medico.
senza conoscere un paziente non possiamo porre diagnosi perchè non possiamo valutare il quadro clinico e vale la pena che tu consulti di persona uno psicologo che possa parlare con te e confermare o disconfermare la diagnosi che hai ricevuto, che peraltro viene utilizzata per etichettare casi molto diversi fra loro.
Ti faccio anche presente che, generalmente, quando un paziente segue una terapia farmacologica è opportuno che della psicoterapia si occupi un diverso professionista, proprio per evitare di confondere i piani, e che quindi perfino nelle strutture pubbliche di solito un paziente è seguito allo stesso tempo da un medico psichiatra e da uno psicologo psicoterapeuta e non da una persona sola.
Tu sei seguito privatamente o presso una struttura pubblica?
Sai se il tuo psichiatra ha frequentato una Scuola di psicoterapia?
Devi infatti sapere che il medico che si specializza in psichiatria consegue contestualmente anche il titolo di psicoterapeuta senza aver fequentato una Scuola almeno quadriennale di psicoterapia come gli psicologi psicoterapeuti, perciò è importante chiarire anche questo aspetto visti i dubbi che esprimi sulla sua conduzione della terapia.
Ti consiglio di rivolgerti ad uno psicologo psicoterapeuta per la psicoterapia, e di continuare con questo o un altro psichiatra la supervisione degli effetti dei farmaci.
Al di là comunque del chiarimento su quale sia la sua reale formazione - il che è necessario se vuoi continuare con lui -, mi sembra che questo psichiatra non ti ispiri fiducia, aspetto che invece è fondamentale per l'instaurarsi di una salda alleanza terapeutica, perciò forse sarebbe più utile che tu ti rivolgessi ad un altro medico.
Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it
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Ex utente
Gentile dott.ssa Massaro,
La ringrazio intanto per la sua risposta instantanea. Le rispondo per quanto riguarda la figura del terapeuta, questi si è formato alla scuola sistemico-relazionale (faccio anche terapia di gruppo, sempre seguito da lui) ed è anche, appunto psichiatra in una struttura privata. In questo periodo non m'ispira troppa fiducia, nè tantomeno come abbia impostato la terapia farmacologica sopprimendo a fronte di ciò un lavoro terapeutico, volta a ripristinare l'alleanza, che però ci tengo a dire è sempre da me distrutta, seppur involontariamente. Mi creda dott.ssa vorrei addirittura farmi ricoverare continuo a covare questo desiderio (espresso tra l'altro anche al dott. Pacini in un altro consulto nell'aria psichiatrica), in modo da chiudermi con ancora più sicurezza nel mio bozzo ed essere monitorato quotidianamente, cosìcchè non possa indurmi nessuna tentazione di modifiche farmacologiche tra l'altro. Ma quest'ipotesi è stata scartata dal mio curante che non ritiene così "urgente" la mia situazione, ed assieme a lui anche i miei genitori esprimono ben più di una perplessità in merito a questo cambiamento. Tuttavia continuo a ripetere loro che il mio è comunque un ricovero "all'aria aperta", come lo chiamo io. Cioè passare giornate su questo dannato aggeggio nella speranza di capire cosa veramente SONO e di poter dare finalmente un nome a questo MOSTRO che mi porto dietro da troppo tempo ormai. Lei cosa mi consiglia, oltre che consultare un altro terapeuta e delegare a lui la questione non farmacologica? C'è infatti da dire che queste fiduce a periodi alterni sono prima di tutto colpa mia e non sua, lui è sempre una persona molto disponibile e che tuttavia non riesco a ripristinare come mio "oggetto interno buono" (per dirlo psicodinamicamente). Tra l'altro in tutto questa confusione si fa spazio la paura di stare di nuovo bene, per poi cadere in una trappola che io stesso creo. La ringrazio ancora, Cordialmente.
La ringrazio intanto per la sua risposta instantanea. Le rispondo per quanto riguarda la figura del terapeuta, questi si è formato alla scuola sistemico-relazionale (faccio anche terapia di gruppo, sempre seguito da lui) ed è anche, appunto psichiatra in una struttura privata. In questo periodo non m'ispira troppa fiducia, nè tantomeno come abbia impostato la terapia farmacologica sopprimendo a fronte di ciò un lavoro terapeutico, volta a ripristinare l'alleanza, che però ci tengo a dire è sempre da me distrutta, seppur involontariamente. Mi creda dott.ssa vorrei addirittura farmi ricoverare continuo a covare questo desiderio (espresso tra l'altro anche al dott. Pacini in un altro consulto nell'aria psichiatrica), in modo da chiudermi con ancora più sicurezza nel mio bozzo ed essere monitorato quotidianamente, cosìcchè non possa indurmi nessuna tentazione di modifiche farmacologiche tra l'altro. Ma quest'ipotesi è stata scartata dal mio curante che non ritiene così "urgente" la mia situazione, ed assieme a lui anche i miei genitori esprimono ben più di una perplessità in merito a questo cambiamento. Tuttavia continuo a ripetere loro che il mio è comunque un ricovero "all'aria aperta", come lo chiamo io. Cioè passare giornate su questo dannato aggeggio nella speranza di capire cosa veramente SONO e di poter dare finalmente un nome a questo MOSTRO che mi porto dietro da troppo tempo ormai. Lei cosa mi consiglia, oltre che consultare un altro terapeuta e delegare a lui la questione non farmacologica? C'è infatti da dire che queste fiduce a periodi alterni sono prima di tutto colpa mia e non sua, lui è sempre una persona molto disponibile e che tuttavia non riesco a ripristinare come mio "oggetto interno buono" (per dirlo psicodinamicamente). Tra l'altro in tutto questa confusione si fa spazio la paura di stare di nuovo bene, per poi cadere in una trappola che io stesso creo. La ringrazio ancora, Cordialmente.
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Purtroppo mancando la conoscenza diretta della situazione ti possiamo fornire solo degli spunti di riflessione e delle informazioni, ma non delle risposte a quesiti così delicati e specifici.
Se la diagnosi fosse corretta e il tuo fosse quindi un problema di marcata instabilità nelle relazioni personali sarebbe molto positivo questo tuo assumersi la responsabilità della situazione e degli alti e bassi della fiducia che senti nei confronti dello psichiatra.
Visto che però riferisci anche importanti sintomi depressivi non è da escludere che tu ti senta in colpa per quello che non va nella terapia semplicemente perchè ora hai questo stato d'animo svalutante.
Se a ripensarci bene senti che la terapia con lui (mi fa piacere sapere che si è formato anche in una Scuola di psicoterapia) può funzionare è possibile delegare la gestione dei farmaci ad un altro medico, e non la psicoterapia.
Gli hai parlato di quello che stai portando alla nostra attenzione?
Qual è il suo parere?
Se la diagnosi fosse corretta e il tuo fosse quindi un problema di marcata instabilità nelle relazioni personali sarebbe molto positivo questo tuo assumersi la responsabilità della situazione e degli alti e bassi della fiducia che senti nei confronti dello psichiatra.
Visto che però riferisci anche importanti sintomi depressivi non è da escludere che tu ti senta in colpa per quello che non va nella terapia semplicemente perchè ora hai questo stato d'animo svalutante.
Se a ripensarci bene senti che la terapia con lui (mi fa piacere sapere che si è formato anche in una Scuola di psicoterapia) può funzionare è possibile delegare la gestione dei farmaci ad un altro medico, e non la psicoterapia.
Gli hai parlato di quello che stai portando alla nostra attenzione?
Qual è il suo parere?
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Ex utente
Gentile dott.ssa Massaro,
Si ho portato e porto più volte in questi giorni, in cui ci teniamo in contatto, questa tematica (distruzione/creazione) che peraltro ha posto lui alla mia attenzione, confermandomi che questa è solo una fase transitoria e che va bene se mi rilego a questo piccolo rituale che porto avanti ogni giorno, standomene nel mio bozzo. A me invece non và proprio di accettare acriticamente questa situazione, sicuramente mi preme ritrovare sintonia con lui, ma la sofferenza che stò patendo è veramente grande e non compensata neanche farmacologicamente. A questo punto potrei forse rivolgermi ad un centro di salute mentale territoriale e chiedere una serie di colloqui per fini diagnostici, secondo il Suo parere potrebbe essere opportuno ed inoltre cosa pensa del ricovero? Cordialmente.
Si ho portato e porto più volte in questi giorni, in cui ci teniamo in contatto, questa tematica (distruzione/creazione) che peraltro ha posto lui alla mia attenzione, confermandomi che questa è solo una fase transitoria e che va bene se mi rilego a questo piccolo rituale che porto avanti ogni giorno, standomene nel mio bozzo. A me invece non và proprio di accettare acriticamente questa situazione, sicuramente mi preme ritrovare sintonia con lui, ma la sofferenza che stò patendo è veramente grande e non compensata neanche farmacologicamente. A questo punto potrei forse rivolgermi ad un centro di salute mentale territoriale e chiedere una serie di colloqui per fini diagnostici, secondo il Suo parere potrebbe essere opportuno ed inoltre cosa pensa del ricovero? Cordialmente.
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Non posso risponderti per quanto riguarda il ricovero, che forse vedi come soluzione solo perchè non senti di ricevere risposte adeguate, ma ti consiglio sicuramente di rivolgerti ad un centro pubblico per una seconda valutazione che, in quel caso, sarebbe presumibilmente condotta sia da uno psicologo che da uno psichiatra.
[#6]
Ex utente
Gentile dott.ssa Massaro,
Oggi và un pò meglio. Nella mia mente contorta adesso (cioè da oggi) io non sono più malato è come se da ieri dopo un intenso sforzo fossi riuscito a ripristinare il mio terapeuta buono, dopo tra l'altro una telefonata in cui ci siamo chiariti. Adesso però (come nei 2 episodi precedenti, uno a febbraio e uno a giugno) mentre penso di essere guarito sono consapevole allo stesso tempo di non poter fare tutto da solo ed è come se pretendessi dal mio terapeuta un aiuto su tutto ciò che in questo mese e mezzo di depressione ho lasciato indietro, ponendolo quasi in una posizione di onnipotenza. Allo stesso tempo l'umore è diventato più che sereno, disforico e non capisco il perchè!!! La sensazione che percepisco è più o meno: da oggi stò bene i forum e stare su internet non m'interessano più, posso ricominciare a contattare gli amici persi e a fare tutto ciò che non ho fatto fino ad ora,sono guarito e potrei anche fare a meno dei farmaci però non riesco a risolvere tutto quello che ho lasciato in sospeso e pretendo a questo punto che il terapeuta mi aiuti, pur sapendo che è una richiesta irrealizzabile. La prego mi aiuti e se anche non può fare una diagnosi mi dia una mano a capire quello che stà accadendo, perchè non voglio assolutamente ripetere le precedenti due esperienze di "relativo benessere" che poi benessere non è. La ringrazio ugualmente per l'attenzione, cordialmente.
Oggi và un pò meglio. Nella mia mente contorta adesso (cioè da oggi) io non sono più malato è come se da ieri dopo un intenso sforzo fossi riuscito a ripristinare il mio terapeuta buono, dopo tra l'altro una telefonata in cui ci siamo chiariti. Adesso però (come nei 2 episodi precedenti, uno a febbraio e uno a giugno) mentre penso di essere guarito sono consapevole allo stesso tempo di non poter fare tutto da solo ed è come se pretendessi dal mio terapeuta un aiuto su tutto ciò che in questo mese e mezzo di depressione ho lasciato indietro, ponendolo quasi in una posizione di onnipotenza. Allo stesso tempo l'umore è diventato più che sereno, disforico e non capisco il perchè!!! La sensazione che percepisco è più o meno: da oggi stò bene i forum e stare su internet non m'interessano più, posso ricominciare a contattare gli amici persi e a fare tutto ciò che non ho fatto fino ad ora,sono guarito e potrei anche fare a meno dei farmaci però non riesco a risolvere tutto quello che ho lasciato in sospeso e pretendo a questo punto che il terapeuta mi aiuti, pur sapendo che è una richiesta irrealizzabile. La prego mi aiuti e se anche non può fare una diagnosi mi dia una mano a capire quello che stà accadendo, perchè non voglio assolutamente ripetere le precedenti due esperienze di "relativo benessere" che poi benessere non è. La ringrazio ugualmente per l'attenzione, cordialmente.
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Ex utente
gentile dott.ssa Massaro,
si, mi scusi in effetti stamattina ero un attimo in crisi e poco lucido. Con maggiore lucidità posso dire di stare forse iniziando a vedere dei miglioramenti, tuttavia sono sempre invaso da questa paura di distruggere tutto come fatto in passato, compresa la figura del terapeuta ed il setting ed è la paura di ritornare a stare come in passato che in non mi permette di godermi serenamente questi lievi miglioramenti. Chiamando il mio terapeuta, mi ha risposto che la situazione è ben monitorata ed eviteremo di incorrere nel pericolo che si (ri)verifichi quello che è successo in passato.Mercoledì ho il prossimo appuntamento. La terrò informata sui prossimi sviluppi! Cordialmente.
si, mi scusi in effetti stamattina ero un attimo in crisi e poco lucido. Con maggiore lucidità posso dire di stare forse iniziando a vedere dei miglioramenti, tuttavia sono sempre invaso da questa paura di distruggere tutto come fatto in passato, compresa la figura del terapeuta ed il setting ed è la paura di ritornare a stare come in passato che in non mi permette di godermi serenamente questi lievi miglioramenti. Chiamando il mio terapeuta, mi ha risposto che la situazione è ben monitorata ed eviteremo di incorrere nel pericolo che si (ri)verifichi quello che è successo in passato.Mercoledì ho il prossimo appuntamento. La terrò informata sui prossimi sviluppi! Cordialmente.
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Ex utente
Gentile dott.ssa Massaro,
Volevo tenerLa aggiornata sugli sviluppi recenti. Mercoledì sono stato a colloquio con lo specialista che è tornato a pensare alla mia precedente diagnosi, cioè quella di ossessivo compulsivo. Precedentemente prima di cominciare la terapia farmacologica e quella psicoterapica con l'attuale curante, una delle mie più grandi paure era quella di essere omosessuale (una tematica classica del doc) successivamente il pensiero una volta curato, si è spostato su altre tematiche quali quello che la mia ragazza finisse incinta nonostante rapporti protetti, ed altri centrati più o meno sempre su tematiche che riguardassero la mia ragazza. Ultimamente anche questi pensieri si erano affievoliti e nonostante ciò il mio curante ha pensato di ripristinare la cura farmacologica che affrontavamo quando mi curavo per le ossessioni. In questo momento secondo lui la mia "compulsione" sarebbe passare ore ed ore su internet a diagnosticarmi malattie psichiche di quelle più disparate tra l'altro nuocendo gravamente allo svolgimento normale del processo curativo. Alla domanda però di quale fosse la mia ossessione adesso, cioè quella che scatena la compulsione descritta sopra, la sua risposta è stata: "la paura di essere normale".Ho avuto una specie di illuminazione e forse già avevo accennato prima in questo colloquio che la mia più grande paura in effetti è proprio tornare "ad essere normale" perchè tutti i periodi scevri da ossessioni sono stati pur sempre molto travagliati per varie ragioni. La mia domanda è nella sua esperienza clinica ritrova questa variante così atipica di "doc" in cui a quanto pare mi rispecchio oppure sempre secondo il Suo parere stiamo facendo un enorme buco nell'acqua?!? E se anche fosse ci sono delle strategie applicabili per contrastare questa paura di "stare bene" che mi tormenta così come al tempo mi tormentava la paura di essere omosessuale. La ringrazio per l'attenzione che ha mostrato per il mio caso!Cordialmente.
Volevo tenerLa aggiornata sugli sviluppi recenti. Mercoledì sono stato a colloquio con lo specialista che è tornato a pensare alla mia precedente diagnosi, cioè quella di ossessivo compulsivo. Precedentemente prima di cominciare la terapia farmacologica e quella psicoterapica con l'attuale curante, una delle mie più grandi paure era quella di essere omosessuale (una tematica classica del doc) successivamente il pensiero una volta curato, si è spostato su altre tematiche quali quello che la mia ragazza finisse incinta nonostante rapporti protetti, ed altri centrati più o meno sempre su tematiche che riguardassero la mia ragazza. Ultimamente anche questi pensieri si erano affievoliti e nonostante ciò il mio curante ha pensato di ripristinare la cura farmacologica che affrontavamo quando mi curavo per le ossessioni. In questo momento secondo lui la mia "compulsione" sarebbe passare ore ed ore su internet a diagnosticarmi malattie psichiche di quelle più disparate tra l'altro nuocendo gravamente allo svolgimento normale del processo curativo. Alla domanda però di quale fosse la mia ossessione adesso, cioè quella che scatena la compulsione descritta sopra, la sua risposta è stata: "la paura di essere normale".Ho avuto una specie di illuminazione e forse già avevo accennato prima in questo colloquio che la mia più grande paura in effetti è proprio tornare "ad essere normale" perchè tutti i periodi scevri da ossessioni sono stati pur sempre molto travagliati per varie ragioni. La mia domanda è nella sua esperienza clinica ritrova questa variante così atipica di "doc" in cui a quanto pare mi rispecchio oppure sempre secondo il Suo parere stiamo facendo un enorme buco nell'acqua?!? E se anche fosse ci sono delle strategie applicabili per contrastare questa paura di "stare bene" che mi tormenta così come al tempo mi tormentava la paura di essere omosessuale. La ringrazio per l'attenzione che ha mostrato per il mio caso!Cordialmente.
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Certo: quando una persona è stata male per parecchio tempo può essere molto impaurita all'idea di scoprirsi guarita e "normale", nonostante lo desideri sinceramente.
Scoprirsi "sano" significa uscire dal ruolo di paziente e iniziare una nuova vita, prendendosi nuove responsabilità perchè non ci sono più motivi o scuse per non prendersene.
Significa anche perdere attenzioni e riguardi da parte delle persone vicine, che prima avevano una considerazione particolare e magari pretendevano molto poco dalla persona in questione.
Per risolvere questo problema puoi iniziare a pianificare concretamente le mosse da compiere per trovare la tua strada e per iniziare ad occuparti del tuo futuro, proiettandoti quindi in avanti.
Scoprirsi "sano" significa uscire dal ruolo di paziente e iniziare una nuova vita, prendendosi nuove responsabilità perchè non ci sono più motivi o scuse per non prendersene.
Significa anche perdere attenzioni e riguardi da parte delle persone vicine, che prima avevano una considerazione particolare e magari pretendevano molto poco dalla persona in questione.
Per risolvere questo problema puoi iniziare a pianificare concretamente le mosse da compiere per trovare la tua strada e per iniziare ad occuparti del tuo futuro, proiettandoti quindi in avanti.
Questo consulto ha ricevuto 10 risposte e 2.6k visite dal 24/11/2012.
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Approfondimento su Disturbi di personalità
I disturbi di personalità si verificano in caso di alterazioni di pensiero e di comportamento nei tratti della persona: classificazione e caratteristiche dei vari disturbi.