So la causa del mio malessere, ma non riesco a trovare la soluzione
Salve, scrivo per trovare una soluzione ai problemi che elenco di seguito. Soffro di bruciore allo stomaco e avverto una forte pesantezza allo stomaco. In alcune parti del corpo, che cambiano ogni volta, una vena che pompa sangue a tratti. La palpebra dell'occhio sinistro ha iniziato a tremare improvvisamente da 5 mesi. Ho pure sofferto problemi nelle relazioni affettive, aumento dell'aggressività, tendenza a diventare cupo e arrendevole, voglia di dormire sempre, ero intrattabile, mi arrabbiavo per stupidaggini. Avevo come una sindrome da vittimismo.
Sono un ragazzo timido, un po’ introverso, ma sono sicuro che di non aver sofferto prima di maggio 2010 dei problemi elencati sopra: mi piaceva scherzare con gli amici, uscire, anche se sono un tipo sobrio e non eccedo nei divertimenti. Mai avuto rapporti sessuali, pur desiderando di averli, fino ad ora (sono eterosessuale).
Ho trovato un lavoro a metà maggio 2010, in un cantiere edile della mia città, che, pur non piacendomi, ho accettato, perché non volevo deludere la mia famiglia rifiutandolo. All'inizio ho cercato di farmelo piacere, ma proprio non ci sono riuscito. Mi sono subito male adattato, al lavoro mi sono sentito sempre sfruttato. Così mi sono sempre preso di rabbia e nervosismo, esternandoli vivacemente per i primi 3-4 mesi. Poi ho iniziato a non esternare la rabbia, pur provandola ancora. In estate 2011 mi sono accorto che qualcosa non andava, poiché avevo difficoltà a parlare con i miei amici. A luglio 2012 ho lasciato tutti i miei amici, volevo pure abbandonare il mio partito (ci tengo molto alla politica), e iniziavo a prendermela pure con la mia famiglia, diventando una belva non appena mi si diceva qualcosa. Ma poi mi sono accorto che il problema ero io e ho iniziato a capire cosa fosse successo: un periodo di 15 giorni lontano dal lavoro (le ferie estive, sono andato pure in vacanza da solo in agosto per 4 giorni in Calabria) mi ha fatto capire che soffro di qualche malessere, che però non riesco a definire: in quei giorni non soffrivo più di stomaco, ad esempio. Poi a fine agosto sono tornato al lavoro, lavorando però solo la mattina: i disturbi si ripresentano, ma in forma meno accentuata. Ho finito di lavorare sabato 10 novembre scorso.
Quando penso alla mia situazione mi intristisco, poiché soffro a stare solo, e i problemi allo stomaco aumentano. E non riesco più a relazionarmi in modo adeguato con la gente! Sento come se qualcosa all'interno di me volesse uscire fuori ma non ci riesce. A volte sono stato sul punto di piangere senza motivo: l'ultima volta, e fu un pianto lungo e a dirotto, è stata nel 2008. Da maggio 2010 a giugno 2011 ho perso 9 kg, che, pur avendo seguito una dieta per prendere peso, non ho ripreso del tutto (peso al 20/09: 57 kg).
Sfogando fuori tutto il malessere che mi tengo dentro, riuscirei a tornare una persona normale come prima? Se si, cosa posso fare per sbloccarmi e sfogare tutto il mio malessere?
Grazie e buona giornata.
Sono un ragazzo timido, un po’ introverso, ma sono sicuro che di non aver sofferto prima di maggio 2010 dei problemi elencati sopra: mi piaceva scherzare con gli amici, uscire, anche se sono un tipo sobrio e non eccedo nei divertimenti. Mai avuto rapporti sessuali, pur desiderando di averli, fino ad ora (sono eterosessuale).
Ho trovato un lavoro a metà maggio 2010, in un cantiere edile della mia città, che, pur non piacendomi, ho accettato, perché non volevo deludere la mia famiglia rifiutandolo. All'inizio ho cercato di farmelo piacere, ma proprio non ci sono riuscito. Mi sono subito male adattato, al lavoro mi sono sentito sempre sfruttato. Così mi sono sempre preso di rabbia e nervosismo, esternandoli vivacemente per i primi 3-4 mesi. Poi ho iniziato a non esternare la rabbia, pur provandola ancora. In estate 2011 mi sono accorto che qualcosa non andava, poiché avevo difficoltà a parlare con i miei amici. A luglio 2012 ho lasciato tutti i miei amici, volevo pure abbandonare il mio partito (ci tengo molto alla politica), e iniziavo a prendermela pure con la mia famiglia, diventando una belva non appena mi si diceva qualcosa. Ma poi mi sono accorto che il problema ero io e ho iniziato a capire cosa fosse successo: un periodo di 15 giorni lontano dal lavoro (le ferie estive, sono andato pure in vacanza da solo in agosto per 4 giorni in Calabria) mi ha fatto capire che soffro di qualche malessere, che però non riesco a definire: in quei giorni non soffrivo più di stomaco, ad esempio. Poi a fine agosto sono tornato al lavoro, lavorando però solo la mattina: i disturbi si ripresentano, ma in forma meno accentuata. Ho finito di lavorare sabato 10 novembre scorso.
Quando penso alla mia situazione mi intristisco, poiché soffro a stare solo, e i problemi allo stomaco aumentano. E non riesco più a relazionarmi in modo adeguato con la gente! Sento come se qualcosa all'interno di me volesse uscire fuori ma non ci riesce. A volte sono stato sul punto di piangere senza motivo: l'ultima volta, e fu un pianto lungo e a dirotto, è stata nel 2008. Da maggio 2010 a giugno 2011 ho perso 9 kg, che, pur avendo seguito una dieta per prendere peso, non ho ripreso del tutto (peso al 20/09: 57 kg).
Sfogando fuori tutto il malessere che mi tengo dentro, riuscirei a tornare una persona normale come prima? Se si, cosa posso fare per sbloccarmi e sfogare tutto il mio malessere?
Grazie e buona giornata.
[#1]
Gentile Utente,
mi pare che il primo step sia definire il Suo malessere con l'aiuto di uno specialista, e quindi avere una diagnosi precisa. Solo in seconda battuta potrà, sempre grazie allo specialista, risolvere le questioni che in questo momento La fanno soffrire.
Non esistono cure da suggerire on line, sia perchè ogni caso è a sè, sia perchè non permesso dalla Legge e dalle Linee Guida del sito.
Un cordiale saluto,
mi pare che il primo step sia definire il Suo malessere con l'aiuto di uno specialista, e quindi avere una diagnosi precisa. Solo in seconda battuta potrà, sempre grazie allo specialista, risolvere le questioni che in questo momento La fanno soffrire.
Non esistono cure da suggerire on line, sia perchè ogni caso è a sè, sia perchè non permesso dalla Legge e dalle Linee Guida del sito.
Un cordiale saluto,
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#2]
Caro Ragazzo,
da quanto ci dici il tuo disagio è almeno inizialmente dipeso da qualcosa che non andava nel tuo lavoro o nell'ambiente di lavoro, dal momento che allontanadoti questa estate hai potuto apprezzare la scomparsa dei sintomi e il loro ripresentarsi appena sei tornato in cantiere.
Hai individuato cosa in particolare ti crea tensione, rabbia, disappunto?
"Sfogando fuori tutto il malessere che mi tengo dentro, riuscirei a tornare una persona normale come prima?"
In cosa consiste questo "malessere" che senti di avere dentro anche adesso, che hai terminato di lavorare in quel posto?
Hai prospettive per un nuovo lavoro?
da quanto ci dici il tuo disagio è almeno inizialmente dipeso da qualcosa che non andava nel tuo lavoro o nell'ambiente di lavoro, dal momento che allontanadoti questa estate hai potuto apprezzare la scomparsa dei sintomi e il loro ripresentarsi appena sei tornato in cantiere.
Hai individuato cosa in particolare ti crea tensione, rabbia, disappunto?
"Sfogando fuori tutto il malessere che mi tengo dentro, riuscirei a tornare una persona normale come prima?"
In cosa consiste questo "malessere" che senti di avere dentro anche adesso, che hai terminato di lavorare in quel posto?
Hai prospettive per un nuovo lavoro?
Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it
[#3]
Getile Utente,
la prima tappa dovrebbe essere una valutazione dal suo curante, per escludere possbili cause correlate al suo malessere, comprese le cause correlate al suo dimagrimento.
Poi uno psicologo investigherà le cause "altre", correlate alla presenza del corteo sintomatologico, cercando di stabilire quale percorso terapeutico è piu' consono alla sua storia clinica
la prima tappa dovrebbe essere una valutazione dal suo curante, per escludere possbili cause correlate al suo malessere, comprese le cause correlate al suo dimagrimento.
Poi uno psicologo investigherà le cause "altre", correlate alla presenza del corteo sintomatologico, cercando di stabilire quale percorso terapeutico è piu' consono alla sua storia clinica
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
[#4]
Utente
Innanzitutto, ringrazio molto tutti per avermi risposto.
La mia prospettiva attuale è molto importante e si chiama "studio universitario". Ora ho iniziato a studiare e mi accorgo che manco di concentrazione. Non posso dire di non essermi tenuto impegnato durante questi 3 anni: ho imparato le basi del francese, ho conseguito la patente europea del pc, ho pure iniziato a studiare l'alfabeto cirillico, quest'ultimo con particolare interesse: tutto da autodidatta, e ricordo tutt'ora molte delle cose imparate tempo fa. Pure ciò che sto studiando ora mi interessa molto (Scienze Politiche): però ricordo quello che ho studiato ieri fino al pomeriggio, dal tardo pomeriggio fino ad oggi pur studiando non ricordo niente. Quando leggo ad alta voce sento la mia voce come un rumore da cui non riesco a trattenere molto, e non capisco. Rileggo, ma niente da fare.
Per quanto riguarda il lavoro, era l'ambiente stesso a crearmi dei problemi: riconosco di essere stato ingenuo e inesperto nel permettere ad altri, i miei ex colleghi, di prevaricare su di me. Uno di loro in particolare è stato la mia croce: essendo una persona che mi sta decisamente antipatica, ci ho prima litigato, poichè ha tentato sempre di prendermi in giro (è un ultra-40enne), e poi non ci ho parlato per almeno un anno. Però duante questo tempo mi ha spesso gridato contro perchè facevo cose che a lui non andavano bene (ad esempio, spesso ha contestato il fatto che io me ne andavo dal lavoro appena scattata il minuto conclusivo dell'ultima ora lavorativa, mentre lui rimaneva al lavoro molto tempo dopo l'ora conclusiva), e io invece di rispondere me ne andavo ma mi facevo assalire dalla rabbia. Era un lavoro per me decisamente noioso, l'edilizia non fa per me: gli unici momenti in cui mi divertivo erano quando si trattava di guidare carrelli elevatori e scavatrici, per il resto una noia tremenda.
Lo chiamo "malessere" perchè non so come definirlo. L'ho già detto, a volte sento che ci sia qualcosa dentro di me (niente di fisico, credo siano più emozioni) che il mio stesso organismo voglia respingere ma non ci riesce. Effettivamente, ho pensato che la vacanza in Calabria, i posti che ho visto, mi abbiano trasmesso un senso di serenità che poi ho perso ritornando in cantiere.
Ho pensato che l'attività fisica mi avrebbe fatto bene, facendomi sfogare,quindi ho per un mese una palestra, facendo fit-boxe: niente da fare, addirittura sbadigliavo durante gli esercizi! A questo punto penso che magari sfogando la rabbia in un pianto potrei risolvere le cose e rasserenarmi un pò, perchè ci sono delle volte che mi sento irrequieto senza motivo.
La mia prospettiva attuale è molto importante e si chiama "studio universitario". Ora ho iniziato a studiare e mi accorgo che manco di concentrazione. Non posso dire di non essermi tenuto impegnato durante questi 3 anni: ho imparato le basi del francese, ho conseguito la patente europea del pc, ho pure iniziato a studiare l'alfabeto cirillico, quest'ultimo con particolare interesse: tutto da autodidatta, e ricordo tutt'ora molte delle cose imparate tempo fa. Pure ciò che sto studiando ora mi interessa molto (Scienze Politiche): però ricordo quello che ho studiato ieri fino al pomeriggio, dal tardo pomeriggio fino ad oggi pur studiando non ricordo niente. Quando leggo ad alta voce sento la mia voce come un rumore da cui non riesco a trattenere molto, e non capisco. Rileggo, ma niente da fare.
Per quanto riguarda il lavoro, era l'ambiente stesso a crearmi dei problemi: riconosco di essere stato ingenuo e inesperto nel permettere ad altri, i miei ex colleghi, di prevaricare su di me. Uno di loro in particolare è stato la mia croce: essendo una persona che mi sta decisamente antipatica, ci ho prima litigato, poichè ha tentato sempre di prendermi in giro (è un ultra-40enne), e poi non ci ho parlato per almeno un anno. Però duante questo tempo mi ha spesso gridato contro perchè facevo cose che a lui non andavano bene (ad esempio, spesso ha contestato il fatto che io me ne andavo dal lavoro appena scattata il minuto conclusivo dell'ultima ora lavorativa, mentre lui rimaneva al lavoro molto tempo dopo l'ora conclusiva), e io invece di rispondere me ne andavo ma mi facevo assalire dalla rabbia. Era un lavoro per me decisamente noioso, l'edilizia non fa per me: gli unici momenti in cui mi divertivo erano quando si trattava di guidare carrelli elevatori e scavatrici, per il resto una noia tremenda.
Lo chiamo "malessere" perchè non so come definirlo. L'ho già detto, a volte sento che ci sia qualcosa dentro di me (niente di fisico, credo siano più emozioni) che il mio stesso organismo voglia respingere ma non ci riesce. Effettivamente, ho pensato che la vacanza in Calabria, i posti che ho visto, mi abbiano trasmesso un senso di serenità che poi ho perso ritornando in cantiere.
Ho pensato che l'attività fisica mi avrebbe fatto bene, facendomi sfogare,quindi ho per un mese una palestra, facendo fit-boxe: niente da fare, addirittura sbadigliavo durante gli esercizi! A questo punto penso che magari sfogando la rabbia in un pianto potrei risolvere le cose e rasserenarmi un pò, perchè ci sono delle volte che mi sento irrequieto senza motivo.
[#5]
"Ho trovato un lavoro a metà maggio 2010, in un cantiere edile della mia città, che, pur non piacendomi, ho accettato, perché non volevo deludere la mia famiglia rifiutandolo"
Perchè la tua famiglia ti ha cercato lavoro se frequenti l'università?
Al di là dell'attuale difficoltà di concentrazione e memorizzazione, se ho capito bene anche in precedenza non studiavi con profitto.
Hai scelto tu di proseguire gli studi e di farlo iscrivendoti a quel corso di laurea?
Cosa vorresti per il tuo futuro?
Perchè la tua famiglia ti ha cercato lavoro se frequenti l'università?
Al di là dell'attuale difficoltà di concentrazione e memorizzazione, se ho capito bene anche in precedenza non studiavi con profitto.
Hai scelto tu di proseguire gli studi e di farlo iscrivendoti a quel corso di laurea?
Cosa vorresti per il tuo futuro?
[#6]
Utente
Inizialmente, pur sapendo di agevolazioni economiche per studenti provenienti da famiglie con basso reddito (rientro in questa categoria) ho voluto cercare un lavoro, perchè avevo il desiderio di avere soldi miei e di essere in qualche modo indipendente dalla mia famiglia. Non mi hanno mai fatto mancare nulla, ma volevo comunque avere qualche soldo in più e non dover dipendere da nessuno se volevo comprare un paio di jeans o uscire una sera e andare in pizzeria, giusto per fare un esempio. Ho avuto, prima di quel lavoro, due colloqui, che mi sono andati male:
- il primo era con uno che voleva che facessi il venditore porta a porta, a 400 euro al mese, a 60 km dalla mia città (ne avrei spesi già 100 per l'abbonamento dell'autobus), e ho rifiutato;
- il secondo, con una filiale dell'INA Assitalia, che riconosco di aver perso per degli errori commessi durante il colloquio;
E poi ho continuato a cercare nel mio Comune, ma ho trovato solamente un impiego saltuario nell'edilizia, presso un piccolo artigiano che però ho dopo 2 settimane perchè il lavoro non era continuo e perchè questo datore di lavoro mi pagava con ritardo e si presentava con una somma che non era neanche la metà di quella che mi ero guadagnato nella prima settimana. Dopo giornalieri disaccordi, ho troncato il rapporto (in nero, tra l'altro). Mi ha anche decurtato una piccola somma dalla paga, l'ultima volta che ci siamo visti.
Sia io che i miei genitori eravamo abbastanza delusi: da precisare che io ho lavorato durante le estati dall'anno 2004 al 2008 in edilizia. Un mio parente ha una piccola impresa conosciuta in paese, e ho sempre lavorato per lui, ma nel 2009 non ha potuto assumermi, perchè l'azienda non necessitava di ulteriore personale, neanche part-time.
Così, ho girato il paese in lungo e in largo tante volte, ho chiesto a tanti: cantieri edili, pizzerie, magazzini dell'ortofrutta, negozi, panifici, ma nessuno mi ha mai assunto perchè manco di esperienza o perchè non c'è così tanto lavoro da giustificare nuove assunzioni. Ecco perchè non ho voluto deludere i miei genitori.
Successivamente, quando ho iniziato a lavorare, ho maturato l'idea che senza una qualifica non avrei potuto aspirare a molto: ho pensato a un corso di formazione. Ma gli orari dei corsi che offrono gli Enti di formazione della mia provincia e di quella limitrofa mal si conciliavano con il mio lavoro (non volevo mollarlo proprio quando l'ho trovato). Quindi un anno dopo mi sono iscritto alla scuola serale: mi sono reso conto che le competenze che promettevano di dare non le avrei ricevute, poichè insegnano (a detta dei professori, ma cosa che ho verificato successivamente) neanche la metà del programma che lo stesso corso svolto la mattina poteva dare. Avere un diploma aggiuntivo ma non poter esibire le competenze che avrei dovuto acquisire una volta conseguito mi ha spinto a cercare qualcos'altro. Così ho messo da parte una bella somma in denaro con cui pagare gli studi di proseguire gli studi, e da poco sono tornato ad essere uno studente a tempo pieno.
Infine, le dico, a riprova del fatto che a scuola andavo bene, il mio voto di diploma: 86/100, e la scuola che ho fatto è il Liceo Scientifico-Tecnologico, l'anno di diploma: il 2008/2009.
Per l'immediato futuro, vorrei solo poter tornare ad essere lo studente capace che ero prima, e passare il primo anno di corso. Nel medio futuro, laurearmi: il futuro prossimo lo costruirò solo quando saprò cosa sarà successo nel medio.
- il primo era con uno che voleva che facessi il venditore porta a porta, a 400 euro al mese, a 60 km dalla mia città (ne avrei spesi già 100 per l'abbonamento dell'autobus), e ho rifiutato;
- il secondo, con una filiale dell'INA Assitalia, che riconosco di aver perso per degli errori commessi durante il colloquio;
E poi ho continuato a cercare nel mio Comune, ma ho trovato solamente un impiego saltuario nell'edilizia, presso un piccolo artigiano che però ho dopo 2 settimane perchè il lavoro non era continuo e perchè questo datore di lavoro mi pagava con ritardo e si presentava con una somma che non era neanche la metà di quella che mi ero guadagnato nella prima settimana. Dopo giornalieri disaccordi, ho troncato il rapporto (in nero, tra l'altro). Mi ha anche decurtato una piccola somma dalla paga, l'ultima volta che ci siamo visti.
Sia io che i miei genitori eravamo abbastanza delusi: da precisare che io ho lavorato durante le estati dall'anno 2004 al 2008 in edilizia. Un mio parente ha una piccola impresa conosciuta in paese, e ho sempre lavorato per lui, ma nel 2009 non ha potuto assumermi, perchè l'azienda non necessitava di ulteriore personale, neanche part-time.
Così, ho girato il paese in lungo e in largo tante volte, ho chiesto a tanti: cantieri edili, pizzerie, magazzini dell'ortofrutta, negozi, panifici, ma nessuno mi ha mai assunto perchè manco di esperienza o perchè non c'è così tanto lavoro da giustificare nuove assunzioni. Ecco perchè non ho voluto deludere i miei genitori.
Successivamente, quando ho iniziato a lavorare, ho maturato l'idea che senza una qualifica non avrei potuto aspirare a molto: ho pensato a un corso di formazione. Ma gli orari dei corsi che offrono gli Enti di formazione della mia provincia e di quella limitrofa mal si conciliavano con il mio lavoro (non volevo mollarlo proprio quando l'ho trovato). Quindi un anno dopo mi sono iscritto alla scuola serale: mi sono reso conto che le competenze che promettevano di dare non le avrei ricevute, poichè insegnano (a detta dei professori, ma cosa che ho verificato successivamente) neanche la metà del programma che lo stesso corso svolto la mattina poteva dare. Avere un diploma aggiuntivo ma non poter esibire le competenze che avrei dovuto acquisire una volta conseguito mi ha spinto a cercare qualcos'altro. Così ho messo da parte una bella somma in denaro con cui pagare gli studi di proseguire gli studi, e da poco sono tornato ad essere uno studente a tempo pieno.
Infine, le dico, a riprova del fatto che a scuola andavo bene, il mio voto di diploma: 86/100, e la scuola che ho fatto è il Liceo Scientifico-Tecnologico, l'anno di diploma: il 2008/2009.
Per l'immediato futuro, vorrei solo poter tornare ad essere lo studente capace che ero prima, e passare il primo anno di corso. Nel medio futuro, laurearmi: il futuro prossimo lo costruirò solo quando saprò cosa sarà successo nel medio.
[#7]
Non mi è chiaro se stai continuando a studiare per scelta o perchè con la sola Maturità scientifica pensi di non poter fare altro e in base a quali valutazioni/aspirazioni hai scelto il corso di laurea che frequenti.
Iniziando l'Università hai incontrato una situazione differente da quella che ti aspettavi?
Nel chiedertelo mi riferisco sia all'ambiente, sia ai compagni, sia alle materie di studio.
Non ritieni importante pensare al futuro o non ci pensi perchè in fondo credi che potresti andare incontro a delusioni se facessi dei progetti?
Iniziando l'Università hai incontrato una situazione differente da quella che ti aspettavi?
Nel chiedertelo mi riferisco sia all'ambiente, sia ai compagni, sia alle materie di studio.
Non ritieni importante pensare al futuro o non ci pensi perchè in fondo credi che potresti andare incontro a delusioni se facessi dei progetti?
[#8]
Utente
Mi scuso per il ritardo della risposta, comunico le ultime novità. Tutto il mese di dicembre, e fino al giorno del mio primo esame universitario mi sono sentito meglio, ho sofferto decisamente di meno dei disturbi gastrointestinali di cui ho parlato all'inizio, in generale mi sono sentito più sereno. Il giorno dell'esame però ho manifestato un'ansia troppo elevata, tant'è che l'esame mi è andato male.
Dall'8/01 sono in trattamento presso uno psicologo dell'ASL del mio Comune. Con quella odierna sono 4 sedute svolte.
Mi ha già dato un paio di consigli che sto seguendo alla lettera, anche se chiaramente non noto per il momento particolari miglioramenti. Gli ho parlato, e ora ne parlo a voi, di una cosa che mi sono ricordato solo da pochi giorni. All'età di 3 anni sono stato sottoposto a una visita neurologica, l'encefalogramma, perchè la mia maestra di asilo mi vedeva troppo diverso dagli altri, nel senso che quando camminavo avevo la tendenza a cadere spesso, tenevo la bocca aperta spesso e talvolta lo sguardo assente, inoltre ero molto sulle mie e difficilmente socializzavo con gli altri bambini. Così ho svolto quella visita, con risultato negativo.
Il mio psicologo mi ha detto che la masturbazione, così come la sto vivendo, è l'evidenza di un disagio interiore. Per quel poco che ricordo, ho cercato di scavare nei ricordi della mia infanzia, dai 0 ai 3 anni, e poi fino al periodo in cui ho iniziato la masturbazione in modo ossessivo, cioè da 0 fino a 10-11 anni.
Gli ho detto anche che la mia famiglia, nel periodo della mia gravidanza, e dei miei primi 3 anni di vita, non ha vissuto un periodo felice: i miei genitori sono stati sempre legati l'uno all'altra e non hanno mai avuto problemi di coppia; hanno avuto problemi con i parenti, specialmente la famiglia di mio padre, degli avvoltoi, persone decisamente spregevoli (per quello che mi è stato raccontato, e che ho constato poi con il tempo) che hanno ripetutamente fatto del male alla mia famiglia, soprattutto a mia madre, sia durante la mia gravidanza che nei primi miei anni di vita. A questo si aggiunse la precaria condizione economica dovuta ai continui mancati pagamenti della ditta dove lavorava mio padre, ditta che poi cambiò credo quando io avevo 2 anni.
Ora quello che vorrei chiedervi è questo: è possibile che mia madre, persona che comunque reputo un pò fragile, che preferì subire le angherie dei parenti piuttosto che mandarli a quel paese e fregarsene, abbia potuto interiorizzare così tanto stress emotivo (dispiaceri, sconforto, rabbia, delusione) da poter influenzare anche il feto, cioè me, durante la gravidanza? Inoltre è possibile che la poco felice situazione familiare durante i primi anni di vita abbiano fatto si che non abbia ricevuto l'amore e l'affetto necessari per non farmi crescere insicuro così come sono ora, e quindi presentare questo "disagio", che peraltro ancora non so cos'è precisamente?
Infine, il mio psicologo mi ha invitato a sottopormi di nuovo a un'encefalogramma, per escludere danni cerebrali, e ho una visita neurologica prenotata per giorno 22/02. Purtroppo il referto della visita sostenuta a 3 anni non l'ho trovato fra le documentazioni di famiglia. Chiaramente una volta avuto il referto della prossima visita lo comunicherò, se lo ritenete necessario.
Mi scuso per il ritardo con cui rispondo, porgo cordiali saluti.
Dall'8/01 sono in trattamento presso uno psicologo dell'ASL del mio Comune. Con quella odierna sono 4 sedute svolte.
Mi ha già dato un paio di consigli che sto seguendo alla lettera, anche se chiaramente non noto per il momento particolari miglioramenti. Gli ho parlato, e ora ne parlo a voi, di una cosa che mi sono ricordato solo da pochi giorni. All'età di 3 anni sono stato sottoposto a una visita neurologica, l'encefalogramma, perchè la mia maestra di asilo mi vedeva troppo diverso dagli altri, nel senso che quando camminavo avevo la tendenza a cadere spesso, tenevo la bocca aperta spesso e talvolta lo sguardo assente, inoltre ero molto sulle mie e difficilmente socializzavo con gli altri bambini. Così ho svolto quella visita, con risultato negativo.
Il mio psicologo mi ha detto che la masturbazione, così come la sto vivendo, è l'evidenza di un disagio interiore. Per quel poco che ricordo, ho cercato di scavare nei ricordi della mia infanzia, dai 0 ai 3 anni, e poi fino al periodo in cui ho iniziato la masturbazione in modo ossessivo, cioè da 0 fino a 10-11 anni.
Gli ho detto anche che la mia famiglia, nel periodo della mia gravidanza, e dei miei primi 3 anni di vita, non ha vissuto un periodo felice: i miei genitori sono stati sempre legati l'uno all'altra e non hanno mai avuto problemi di coppia; hanno avuto problemi con i parenti, specialmente la famiglia di mio padre, degli avvoltoi, persone decisamente spregevoli (per quello che mi è stato raccontato, e che ho constato poi con il tempo) che hanno ripetutamente fatto del male alla mia famiglia, soprattutto a mia madre, sia durante la mia gravidanza che nei primi miei anni di vita. A questo si aggiunse la precaria condizione economica dovuta ai continui mancati pagamenti della ditta dove lavorava mio padre, ditta che poi cambiò credo quando io avevo 2 anni.
Ora quello che vorrei chiedervi è questo: è possibile che mia madre, persona che comunque reputo un pò fragile, che preferì subire le angherie dei parenti piuttosto che mandarli a quel paese e fregarsene, abbia potuto interiorizzare così tanto stress emotivo (dispiaceri, sconforto, rabbia, delusione) da poter influenzare anche il feto, cioè me, durante la gravidanza? Inoltre è possibile che la poco felice situazione familiare durante i primi anni di vita abbiano fatto si che non abbia ricevuto l'amore e l'affetto necessari per non farmi crescere insicuro così come sono ora, e quindi presentare questo "disagio", che peraltro ancora non so cos'è precisamente?
Infine, il mio psicologo mi ha invitato a sottopormi di nuovo a un'encefalogramma, per escludere danni cerebrali, e ho una visita neurologica prenotata per giorno 22/02. Purtroppo il referto della visita sostenuta a 3 anni non l'ho trovato fra le documentazioni di famiglia. Chiaramente una volta avuto il referto della prossima visita lo comunicherò, se lo ritenete necessario.
Mi scuso per il ritardo con cui rispondo, porgo cordiali saluti.
[#9]
Se ho capito bene la visita e l'eeg effettuati all'età di 3 anni non hanno fatto emergere nulla di anomalo.
E' così?
Non hai mai ricevuto alcuna diagnosi nè neurologica nè psicologica?
L'atteggiamento che descrivi ("quando camminavo avevo la tendenza a cadere spesso, tenevo la bocca aperta spesso e talvolta lo sguardo assente") è persistito fino a quale età?
E' così?
Non hai mai ricevuto alcuna diagnosi nè neurologica nè psicologica?
L'atteggiamento che descrivi ("quando camminavo avevo la tendenza a cadere spesso, tenevo la bocca aperta spesso e talvolta lo sguardo assente") è persistito fino a quale età?
[#10]
Utente
Stando ai racconti di mia madre, il test non ha mostrato nulla di anomalo. Io purtroppo non ho memoria nè del test nè di quei comportamenti ("quando camminavo avevo la tendenza a cadere spesso, tenevo la bocca aperta spesso e talvolta lo sguardo assente") che ho descritto. Credo che comunque si sarà tutto risolto entro i 4 anni di età.
[#11]
E' normale che tu non ne abbia memoria, eri troppo piccolo.
Se tua madre dice che non è emerso nulla ti puoi fidare di lei.
Per rispondere alle tue domande, quando una donna non è serena in gravidanza ne risente anche il feto, ma non si tratta di nulla di irreparabile nè di così pregiudizievole rispetto alla possibilità che il bambino cresca comunque sereno.
Diverso è il caso di un ambiente familiare/relazionale disfunzionale nel quale un bambino si trova immerso per molti anni e dal quale non riceve sicurezza, sostegno e/o sufficiente affetto, perchè si tratta di modalità comportamentali che gli adulti mettono in atto nei suoi confronti in maniera stabile nel tempo.
Le influenze di questi comportamenti sono quindi visibili sia nell'infanzia sia molti anni dopo, nell'età adulta.
Anche in questo caso, comunque, non si tratta in genere di nulla che non si possa modificare con un intervento psicologico adeguato.
Se tua madre dice che non è emerso nulla ti puoi fidare di lei.
Per rispondere alle tue domande, quando una donna non è serena in gravidanza ne risente anche il feto, ma non si tratta di nulla di irreparabile nè di così pregiudizievole rispetto alla possibilità che il bambino cresca comunque sereno.
Diverso è il caso di un ambiente familiare/relazionale disfunzionale nel quale un bambino si trova immerso per molti anni e dal quale non riceve sicurezza, sostegno e/o sufficiente affetto, perchè si tratta di modalità comportamentali che gli adulti mettono in atto nei suoi confronti in maniera stabile nel tempo.
Le influenze di questi comportamenti sono quindi visibili sia nell'infanzia sia molti anni dopo, nell'età adulta.
Anche in questo caso, comunque, non si tratta in genere di nulla che non si possa modificare con un intervento psicologico adeguato.
[#12]
Utente
In sostanza Lei conferma quelle che sono le mie ipotesi, nonchè, sinceramente parlando, le mie paure.
Descrivo in breve quello che so riguardo il periodo precedente alla mia gravidanza, il periodo della gravidanza e gli anni seguenti alla mia nascita, fino all'età di 3 anni, cioè quando credo di aver effettivamente mostrato i segni di qualcosa che non andava.
Mia madre riconosco che è una persona con poche difese emotive, non c'è dubbio: spesso in passato ha preferito subire piuttosto che reagire. E' cresciuta in una famiglia che, per sua stessa ammissione, è stata rigida, ha ricevuto un'educazione cattolica, i miei nonni materni sono state persone chiuse di mente, più dedite a non compiere azioni che potessero produrre sdegno sociale che a godersi la vita: e hanno insegnato questo ai figli. La famiglia di mio padre fu in qualche modo simile: ricordo la mia nonna paterna come una persona poco affettuosa, nei miei confronti e di mio fratello sicuro, decisamente acida. Non ha mai dimostrato veri sentimenti nei miei confronti; mio nonno paterno invece non lo ricordo affatto ma ciò che so lo indica come una persona decisamente con più cuore rispetto alla moglie.
Mia madre non è stata mai ben vista dalla famiglia di mio padre; chiaramente lui se l'è sposata anche contro il loro parere. Entrambe le famiglie sono state sempre povere, e decisamente avare, e hanno dimostrato disparità di trattamento dei figli, a danno di alcuni, tra cui i miei genitori, facendo loro capire di essere in qualche modo figli di serie B. Mia madre penso ne abbia risentito abbastanza: lei stessa mi ha raccontato che le fasi precedenti il matrimonio le ha passate prevalentemente piangendo a causa di torti fatti da genitori e suoceri.
Mia madre prima di me ha avuto un'altra gravidanza, durante la quale ha contratto il morbillo, tant'è che la figlia che ha avuto è nata malata e dopo 2 mesi morì. Fu un colpo durissimo, e i suoceri e le nuore invece di confortarla ne hanno approfittato per farle ancora più male. Un anno dopo la morte di mia sorella mia madre e mio padre concepirono me: anche questa gravidanza fu segnata dalle ingerenze eccessive della famiglia di mio padre, che sospettosi che mia madre potesse partorire un'altra creatura destinata alla morte, si informarono di nascosto con il dottore presso cui mia madre era in cura per sapere della gravidanza. Ci fu una lite violenta tra mio padre e la sua famiglia, stava per strangolare una delle sue sorelle più impiccione quella volta, che fortunatamente non concluse. Chiaramente, mia madre ne ha risentito parecchio quel periodo, passato spesso e volentieri fra pianti e tristezza perchè non riusciva a spiegarsi il male che subiva
In quel periodo la mia famiglia attraversava pure delle difficoltà economiche, dovute alla crisi della ditta agricola presso cui mio padre lavorava, ditta che mio padre cambiò quando avevo circa 2 anni. Insomma neanche quando sono nato mia nonna materna dimostrò un minimo di affetto, nè lo dimostrarono le sorelle di mio padre, mentre mio nonno paterno e i nonni materni stravedevano per me. Alla fine sono cresciuto, a quanto so e penso, in un ambiente abbastanza segnato fino alla nascita di mio fratello, 3 anni dopo la mia. Infine i miei genitori hanno avuto problemi persino con l'affittante della casa dove alloggiavano e con il vicinato impiccione. Hanno cambiato casa 3 anni dopo la mia nascita, e da allora mio padre ha lavorato presso un'altra ditta e il lavoro, così come i soldi, non sono scarseggiati.
Infine, se può essere utile, non ho ricevuto il latte materno, pur essendo quello di mia madre effettivamente buono: le persone che conosceva le sconsigliarono di farmelo bere perchè sapevano dei dispiaceri continui da lei patiti, e una diceria comune dice che i dispiaceri alterano il latte materno, e possono esserci delle conseguenze per il bambino. A 3 anni poi ho fatto l'EEG, il resto l'ho già detto; infine, penso di aver comunque ereditato il carattere di mia madre, perchè vedo di avere comportamenti simili ai suoi.
Cosa ne pensa? Inoltre, se effettivamente si tratta di un disturbo psicologico, ne potrei uscire del tutto, senza avere di nuovo gli stessi problemi in futuro?
Infine, se io avessi ricevuto ciò di cui avevo bisogno, sarei potuto crescere diversamente, avere una personalità diversa, interessi e modi di fare diversi?
La ringrazio molto per l'aiuto dimostratomi, cordiali saluti.
Descrivo in breve quello che so riguardo il periodo precedente alla mia gravidanza, il periodo della gravidanza e gli anni seguenti alla mia nascita, fino all'età di 3 anni, cioè quando credo di aver effettivamente mostrato i segni di qualcosa che non andava.
Mia madre riconosco che è una persona con poche difese emotive, non c'è dubbio: spesso in passato ha preferito subire piuttosto che reagire. E' cresciuta in una famiglia che, per sua stessa ammissione, è stata rigida, ha ricevuto un'educazione cattolica, i miei nonni materni sono state persone chiuse di mente, più dedite a non compiere azioni che potessero produrre sdegno sociale che a godersi la vita: e hanno insegnato questo ai figli. La famiglia di mio padre fu in qualche modo simile: ricordo la mia nonna paterna come una persona poco affettuosa, nei miei confronti e di mio fratello sicuro, decisamente acida. Non ha mai dimostrato veri sentimenti nei miei confronti; mio nonno paterno invece non lo ricordo affatto ma ciò che so lo indica come una persona decisamente con più cuore rispetto alla moglie.
Mia madre non è stata mai ben vista dalla famiglia di mio padre; chiaramente lui se l'è sposata anche contro il loro parere. Entrambe le famiglie sono state sempre povere, e decisamente avare, e hanno dimostrato disparità di trattamento dei figli, a danno di alcuni, tra cui i miei genitori, facendo loro capire di essere in qualche modo figli di serie B. Mia madre penso ne abbia risentito abbastanza: lei stessa mi ha raccontato che le fasi precedenti il matrimonio le ha passate prevalentemente piangendo a causa di torti fatti da genitori e suoceri.
Mia madre prima di me ha avuto un'altra gravidanza, durante la quale ha contratto il morbillo, tant'è che la figlia che ha avuto è nata malata e dopo 2 mesi morì. Fu un colpo durissimo, e i suoceri e le nuore invece di confortarla ne hanno approfittato per farle ancora più male. Un anno dopo la morte di mia sorella mia madre e mio padre concepirono me: anche questa gravidanza fu segnata dalle ingerenze eccessive della famiglia di mio padre, che sospettosi che mia madre potesse partorire un'altra creatura destinata alla morte, si informarono di nascosto con il dottore presso cui mia madre era in cura per sapere della gravidanza. Ci fu una lite violenta tra mio padre e la sua famiglia, stava per strangolare una delle sue sorelle più impiccione quella volta, che fortunatamente non concluse. Chiaramente, mia madre ne ha risentito parecchio quel periodo, passato spesso e volentieri fra pianti e tristezza perchè non riusciva a spiegarsi il male che subiva
In quel periodo la mia famiglia attraversava pure delle difficoltà economiche, dovute alla crisi della ditta agricola presso cui mio padre lavorava, ditta che mio padre cambiò quando avevo circa 2 anni. Insomma neanche quando sono nato mia nonna materna dimostrò un minimo di affetto, nè lo dimostrarono le sorelle di mio padre, mentre mio nonno paterno e i nonni materni stravedevano per me. Alla fine sono cresciuto, a quanto so e penso, in un ambiente abbastanza segnato fino alla nascita di mio fratello, 3 anni dopo la mia. Infine i miei genitori hanno avuto problemi persino con l'affittante della casa dove alloggiavano e con il vicinato impiccione. Hanno cambiato casa 3 anni dopo la mia nascita, e da allora mio padre ha lavorato presso un'altra ditta e il lavoro, così come i soldi, non sono scarseggiati.
Infine, se può essere utile, non ho ricevuto il latte materno, pur essendo quello di mia madre effettivamente buono: le persone che conosceva le sconsigliarono di farmelo bere perchè sapevano dei dispiaceri continui da lei patiti, e una diceria comune dice che i dispiaceri alterano il latte materno, e possono esserci delle conseguenze per il bambino. A 3 anni poi ho fatto l'EEG, il resto l'ho già detto; infine, penso di aver comunque ereditato il carattere di mia madre, perchè vedo di avere comportamenti simili ai suoi.
Cosa ne pensa? Inoltre, se effettivamente si tratta di un disturbo psicologico, ne potrei uscire del tutto, senza avere di nuovo gli stessi problemi in futuro?
Infine, se io avessi ricevuto ciò di cui avevo bisogno, sarei potuto crescere diversamente, avere una personalità diversa, interessi e modi di fare diversi?
La ringrazio molto per l'aiuto dimostratomi, cordiali saluti.
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Sicuramente l'ambiente in cui si nasce e vive nei primi anni è fondamentale nell'influenzare l'esito della crescita sia fisica sia psicologica dell'individuo, ma se i tuoi genitori non hanno potuto fare diversamente è inutile rimpiangere quello che avrebbe potuto essere, perchè se non avevano altra scelta (dal punto di vista economico, familiare e psicologico) in realtà le altre possibilità non avrebbero potuto affatto esistere.
In ogni caso hanno dato una svolta alla vita familiare appena hanno potuto, quando avevi tre anni, e questo ti dimostra la loro buona volontà e l'impegno che hanno profuso nel tentativo di darti un futuro migliore.
Per rispondere alla tua domanda sulle somiglianze che riscontri con tua mamma, sappi che il carattere non si eredita, ma le modalità comportamentali si imparano apprendendole da quei modelli che si hanno sotto gli occhi da bambini giorno dopo giorno per anni e anni.
Come si imparano si possono dimenticare, o meglio modificare.
Non c'è nulla di geneticamente predeterminato, su questo puoi stare tranquillo: ad una prima fase storica di eccessivo entusiamo sull'ipotetico ruolo dei geni nel determinare il comportamento ne sta succedendo un'altra, che evidenzia il necessario ruolo dell'ambiente nell'espressione dei medesimi geni (epigenetica).
In sostanza anche volendo concettualizzare il discorso in questi termini le possibilità scritte nel dna sono talmente numerose che è solo l'ambiente a determinarne la comparsa o scomparsa: un lavoro psicologico che agisce appunto come elemento ambientale può consentire tranquillamente di modificare tutto ciò che deve essere modificato.
In ogni caso hanno dato una svolta alla vita familiare appena hanno potuto, quando avevi tre anni, e questo ti dimostra la loro buona volontà e l'impegno che hanno profuso nel tentativo di darti un futuro migliore.
Per rispondere alla tua domanda sulle somiglianze che riscontri con tua mamma, sappi che il carattere non si eredita, ma le modalità comportamentali si imparano apprendendole da quei modelli che si hanno sotto gli occhi da bambini giorno dopo giorno per anni e anni.
Come si imparano si possono dimenticare, o meglio modificare.
Non c'è nulla di geneticamente predeterminato, su questo puoi stare tranquillo: ad una prima fase storica di eccessivo entusiamo sull'ipotetico ruolo dei geni nel determinare il comportamento ne sta succedendo un'altra, che evidenzia il necessario ruolo dell'ambiente nell'espressione dei medesimi geni (epigenetica).
In sostanza anche volendo concettualizzare il discorso in questi termini le possibilità scritte nel dna sono talmente numerose che è solo l'ambiente a determinarne la comparsa o scomparsa: un lavoro psicologico che agisce appunto come elemento ambientale può consentire tranquillamente di modificare tutto ciò che deve essere modificato.
[#14]
Utente
Innanzitutto volevo ringraziarla, mi ha tranquillizzato molto. C'è comunque ancora qualcosa che vorrei sottoporle. Innanzitutto una domanda: penso di aver mostrato qualche segno di insofferenza o malessere già da piccolo. Secondo Lei se io fossi stato portato da uno psicologo già durante l'infanzia, questi disturbi sia fisici che psicologici di cui soffro avrei potuto evitarli?
Inoltre, un paio di ricordi che sono riaffiorati nella mia memoria da qualche giorno.
Avevo 1 anno o poco più, era estate e c'era una festa comunale. I miei genitori mi vollero far salire su un carro trainato da un cavallo, credo per farmi divertire. Solo che mi è stato raccontato che alla vista di carro e cavallo mi sono messo a piangere a dirotto, e ho continuato a piangere nonostante i miei mi stessero tranquillizzando, ho pianto anche quando ero sul carro. Smisi solo quando mi portarono lontano da esso.
L'altro ricordo riguarda invece i primi mesi di vita di mio fratello, nato quasi esattamente 3 anni dopo di me. Eravamo tutti andati a trovare una famiglia amica della mia, e mio fratello era nato da qualche mese. Stava sul divano di casa, e a un certo punto i miei genitori si accorsero che stavo strozzando mio fratello con un cuscino. Credo che il periodo in questione sia proprio quello immediatamente antecedente o posteriore all'EEG di cui ho parlato precedentemente.
Secondo Lei queste due cose che ho raccontato cosa possono significare?
I sogni. E' dal 2009 che faccio ripetutamente sogni strani, decisamente assurdi. Ultimamente nei sogni tendo ad emozionarmi parecchio, a provare sentimenti tipo paura o malinconia, a seconda delle situazioni in cui mi trovo. Durante gli anni precedenti, spesso sognavo dei dejà vù. Questo cosa significa?
Infine, l'ultima cosa. Io ho cercato di trovare un collegamento fra i diversi episodi che credo abbiano a che fare con questo stato di malessere di cui soffro ora.
A 3 anni ho iniziato a esternare i primi segni. Successivamente, ne ho mostrati altri, come l'incapacità di guardare anche i parenti negli occhi mentre parlano, o il salire a gattoni le scale nonostante i miei 5 anni di età al momento, o ancora la paura del vuoto quando mi avvicino a un balcone. A 10 anni scopro la masturbazione, e mi masturbo giornalmente da allora, almeno 1 volta al giorno, anche se nel corso del tempo ci sono stati dei giorni in cui sono riuscito a non farlo. I periodi più fruttuosi di astinenza, passati con enorme difficoltà, riguardano 21 giorni fra ottobre e novembre 2012, e 40 giorni fra novembre 2012 e gennaio 2013.
Con l'arrivo al liceo, mi faccio nuovi amici e le cose vanno bene fino all'età di 17 anni, quando inizio un periodo, per così dire, di "decadenza": mi ricordo benissimo di aver pensato la frase "devo ritornare com'ero prima", cioè prima di conoscere gli amici nuovi, e quindi taciturno e silenzioso, oltre che stare sulle mie. A 18 anni litigo fortemente con alcuni perchè, giocando, mi facevo ripetutamente male e invece di protestare accumulavo rabbia che poi sfociava nel gelo con le persone incriminate. Nel frattempo ho litigi a casa per motivi banali, che poi sfociano nella comprensione da parte mia dell'errore commesso e da un pianto a dirotto che ricordo benissimo fino ad ora. Quindi le cose vanno di nuovo bene, rinsaldo i rapporti con gli amici anche se non riesco mai a provare un vero affetto per loro, nonostante loro lo provino per me e io sia sicuro di questo. Infine, con l'ingresso nel mondo del lavoro, e i soprusi di datore di lavoro e un collega carogna, ancora una volta preferisco accumulare, solo che stavolta lo stress e la rabbia sono troppo elevati per non produrre altro oltre che la semplice freddezza: così prima i problemi di stomaco e l'inizio del disinteresse verso amici e ogni attività prima ritenuta piacevole nel 2011, poi la palpebra sinistra tremante e un sentimento di vittimismo, come se tutti tramassero contro di me, esternato in un litigio violento prima con gli amici, poi con i parenti, un pessimismo astronomico che culmina in ricorrenti pensieri cupi, spesso di morte (mai provati da me prima di allora). Infine, dopo un violento litigio con la mia famiglia, capisco che in realtà il problema viene da me, e con il viaggio in Calabria capisco che è qualcosa da cui posso guarire, ma che è un percorso difficile e lungo, e che non so fino ad ora cosa esattamente mi fa comportare così, e avere problemi come disinteresse e ansia quando incontro persone sconosciute o vado ad esempio all'università.
Cioè, quello che intendo dire è che più passa il tempo e più interagisco col mondo esterno, più segni di sofferenza e, e maggiore intensità degli stessi, sto mostrando. Secondo Lei regge questa ipotesi?
La ringrazio ancora per l'aiuto che mi sta dimostrando, cordiali saluti.
Inoltre, un paio di ricordi che sono riaffiorati nella mia memoria da qualche giorno.
Avevo 1 anno o poco più, era estate e c'era una festa comunale. I miei genitori mi vollero far salire su un carro trainato da un cavallo, credo per farmi divertire. Solo che mi è stato raccontato che alla vista di carro e cavallo mi sono messo a piangere a dirotto, e ho continuato a piangere nonostante i miei mi stessero tranquillizzando, ho pianto anche quando ero sul carro. Smisi solo quando mi portarono lontano da esso.
L'altro ricordo riguarda invece i primi mesi di vita di mio fratello, nato quasi esattamente 3 anni dopo di me. Eravamo tutti andati a trovare una famiglia amica della mia, e mio fratello era nato da qualche mese. Stava sul divano di casa, e a un certo punto i miei genitori si accorsero che stavo strozzando mio fratello con un cuscino. Credo che il periodo in questione sia proprio quello immediatamente antecedente o posteriore all'EEG di cui ho parlato precedentemente.
Secondo Lei queste due cose che ho raccontato cosa possono significare?
I sogni. E' dal 2009 che faccio ripetutamente sogni strani, decisamente assurdi. Ultimamente nei sogni tendo ad emozionarmi parecchio, a provare sentimenti tipo paura o malinconia, a seconda delle situazioni in cui mi trovo. Durante gli anni precedenti, spesso sognavo dei dejà vù. Questo cosa significa?
Infine, l'ultima cosa. Io ho cercato di trovare un collegamento fra i diversi episodi che credo abbiano a che fare con questo stato di malessere di cui soffro ora.
A 3 anni ho iniziato a esternare i primi segni. Successivamente, ne ho mostrati altri, come l'incapacità di guardare anche i parenti negli occhi mentre parlano, o il salire a gattoni le scale nonostante i miei 5 anni di età al momento, o ancora la paura del vuoto quando mi avvicino a un balcone. A 10 anni scopro la masturbazione, e mi masturbo giornalmente da allora, almeno 1 volta al giorno, anche se nel corso del tempo ci sono stati dei giorni in cui sono riuscito a non farlo. I periodi più fruttuosi di astinenza, passati con enorme difficoltà, riguardano 21 giorni fra ottobre e novembre 2012, e 40 giorni fra novembre 2012 e gennaio 2013.
Con l'arrivo al liceo, mi faccio nuovi amici e le cose vanno bene fino all'età di 17 anni, quando inizio un periodo, per così dire, di "decadenza": mi ricordo benissimo di aver pensato la frase "devo ritornare com'ero prima", cioè prima di conoscere gli amici nuovi, e quindi taciturno e silenzioso, oltre che stare sulle mie. A 18 anni litigo fortemente con alcuni perchè, giocando, mi facevo ripetutamente male e invece di protestare accumulavo rabbia che poi sfociava nel gelo con le persone incriminate. Nel frattempo ho litigi a casa per motivi banali, che poi sfociano nella comprensione da parte mia dell'errore commesso e da un pianto a dirotto che ricordo benissimo fino ad ora. Quindi le cose vanno di nuovo bene, rinsaldo i rapporti con gli amici anche se non riesco mai a provare un vero affetto per loro, nonostante loro lo provino per me e io sia sicuro di questo. Infine, con l'ingresso nel mondo del lavoro, e i soprusi di datore di lavoro e un collega carogna, ancora una volta preferisco accumulare, solo che stavolta lo stress e la rabbia sono troppo elevati per non produrre altro oltre che la semplice freddezza: così prima i problemi di stomaco e l'inizio del disinteresse verso amici e ogni attività prima ritenuta piacevole nel 2011, poi la palpebra sinistra tremante e un sentimento di vittimismo, come se tutti tramassero contro di me, esternato in un litigio violento prima con gli amici, poi con i parenti, un pessimismo astronomico che culmina in ricorrenti pensieri cupi, spesso di morte (mai provati da me prima di allora). Infine, dopo un violento litigio con la mia famiglia, capisco che in realtà il problema viene da me, e con il viaggio in Calabria capisco che è qualcosa da cui posso guarire, ma che è un percorso difficile e lungo, e che non so fino ad ora cosa esattamente mi fa comportare così, e avere problemi come disinteresse e ansia quando incontro persone sconosciute o vado ad esempio all'università.
Cioè, quello che intendo dire è che più passa il tempo e più interagisco col mondo esterno, più segni di sofferenza e, e maggiore intensità degli stessi, sto mostrando. Secondo Lei regge questa ipotesi?
La ringrazio ancora per l'aiuto che mi sta dimostrando, cordiali saluti.
[#15]
"se io fossi stato portato da uno psicologo già durante l'infanzia, questi disturbi sia fisici che psicologici di cui soffro avrei potuto evitarli?"
Non è possibile darti una risposta certa, ma devi sapere che di solito il malessere espresso dai bambini nasce non in loro, ma dipende dall'ambiente in cui vivono, quindi non so quanto portare te da uno psicologo avrebbe potuto consentirti di prevenire questi disturbi.
Sarebbe stato necessario probabilmente un lavoro sui tuoi genitori, magari in particolare su tua madre.
In ogni caso ora non ha importanza e cerca di non dare eccessivo peso a ricordi (o meglio, ai racconti degli adulti) relativi a fatti che sono del tutto normali: è normale che i bambini si spaventino per cose anche banali, magari in presenza di qualcosa che non hanno mai visto o di rumori per loro strani, ed è anche un'evenienza non rara quella di bambini piccoli che aggradiscono il fratellino o la sorellina che, venendo al mondo pochi anni dopo di loro, ruba l'attenzione dei genitori.
Secondo me questa ipotesi:
"più passa il tempo e più interagisco col mondo esterno, più segni di sofferenza, e maggiore intensità degli stessi, sto mostrando"
può essere corretta nel senso che per molto tempo ti sei portato dietro alcuni problemi che, non affrontati, sono ovviamente peggiorati o si sono comunque evoluti.
In ogni caso però è necessario che tu parli di persona con uno psicologo per avere risposte certe anche su questo.
Non è possibile darti una risposta certa, ma devi sapere che di solito il malessere espresso dai bambini nasce non in loro, ma dipende dall'ambiente in cui vivono, quindi non so quanto portare te da uno psicologo avrebbe potuto consentirti di prevenire questi disturbi.
Sarebbe stato necessario probabilmente un lavoro sui tuoi genitori, magari in particolare su tua madre.
In ogni caso ora non ha importanza e cerca di non dare eccessivo peso a ricordi (o meglio, ai racconti degli adulti) relativi a fatti che sono del tutto normali: è normale che i bambini si spaventino per cose anche banali, magari in presenza di qualcosa che non hanno mai visto o di rumori per loro strani, ed è anche un'evenienza non rara quella di bambini piccoli che aggradiscono il fratellino o la sorellina che, venendo al mondo pochi anni dopo di loro, ruba l'attenzione dei genitori.
Secondo me questa ipotesi:
"più passa il tempo e più interagisco col mondo esterno, più segni di sofferenza, e maggiore intensità degli stessi, sto mostrando"
può essere corretta nel senso che per molto tempo ti sei portato dietro alcuni problemi che, non affrontati, sono ovviamente peggiorati o si sono comunque evoluti.
In ogni caso però è necessario che tu parli di persona con uno psicologo per avere risposte certe anche su questo.
[#16]
Utente
Immaginavo. Mi ha in qualche modo sottratto un facile capro espiatorio, ma in fondo è giusto così: mi sono detto che qualunque cosa sia a causarmi questo stato di malessere, non dovrò arrabbiarmi su di essa ma piuttosto sbrigarmi a risolverla, anche perchè più tempo perdo a versare in questo stato, peggio è.
Stamattina col mio psicologo abbiamo iniziato ad affrontare l'argomento "ansia", anche se il concetto ammetto che è troppo generico così come l'ho esposto. Gli ho spiegato in sostanza quello che ho provato quando si è manifestata con forza il giorno dell'esame all'università dello scorso gennaio: inizio ad avvertire ansia circa 10 minuti prima di arrivare all'università, e mano a mano che mi avvicino alla sede aumenta sempre di più. Quando sono dentro e vengo chiamato per verificare se sono presente o meno, è il massimo: sudorazione elevata, vampate continue di calore, tremore della voce, mano tremante, incapacità di controllarmi addirittura sentivo allo stesso tempo caldo e freddo! Tant'è che pur avendo un buon grado di preparazione l'esame mi è andato malissimo. Il mio psicologo mi ha spiegato che in realtà quest'ansia è una pulsione simile a quella che provo prima della masturbazione e che mi porta ad esercitare poi la masturbazione, e cioè che viene chiaramente da una causa comune ad entrambe. Specifico che questa sensazione si è verificata ogni volta che sono stato in facoltà, anche per lezione. E non solo all'università, ma ogni volta che vado in posti dove ci sono tante persone che non conosco.
Io ho esami giorno 19 e giorno 21 di questo mese. Ho chiesto a lui supporto ma non può ricevermi prima di venerdì 22. Purtroppo mezz'ora sola a settimana è troppo poco, ma mi sto accontentando. E so che le stesse sensazioni si manifesteranno allo stesso modo, se non peggio, già il 19. Quindi a questo punto le chiedo cosa posso fare per cercare di alleviare questa sensazione il giorno dell'esame, anche a costo di prendere temporaneamente un farmaco. Altrimenti potrebbe anche venirmi qualcosa, me lo sento. Tra l'altro è da 3 giorni che sento il palmo della mano sinistra, insieme all'anulare e al mignolo, continuamente intorpiditi, anche se l'intensità dell'intorpidimento varia nel corso della giornata.
Le chiedo qualunque consiglio e aiuto che Lei sia in grado di darmi. La ringrazio ancora, cordiali saluti.
Stamattina col mio psicologo abbiamo iniziato ad affrontare l'argomento "ansia", anche se il concetto ammetto che è troppo generico così come l'ho esposto. Gli ho spiegato in sostanza quello che ho provato quando si è manifestata con forza il giorno dell'esame all'università dello scorso gennaio: inizio ad avvertire ansia circa 10 minuti prima di arrivare all'università, e mano a mano che mi avvicino alla sede aumenta sempre di più. Quando sono dentro e vengo chiamato per verificare se sono presente o meno, è il massimo: sudorazione elevata, vampate continue di calore, tremore della voce, mano tremante, incapacità di controllarmi addirittura sentivo allo stesso tempo caldo e freddo! Tant'è che pur avendo un buon grado di preparazione l'esame mi è andato malissimo. Il mio psicologo mi ha spiegato che in realtà quest'ansia è una pulsione simile a quella che provo prima della masturbazione e che mi porta ad esercitare poi la masturbazione, e cioè che viene chiaramente da una causa comune ad entrambe. Specifico che questa sensazione si è verificata ogni volta che sono stato in facoltà, anche per lezione. E non solo all'università, ma ogni volta che vado in posti dove ci sono tante persone che non conosco.
Io ho esami giorno 19 e giorno 21 di questo mese. Ho chiesto a lui supporto ma non può ricevermi prima di venerdì 22. Purtroppo mezz'ora sola a settimana è troppo poco, ma mi sto accontentando. E so che le stesse sensazioni si manifesteranno allo stesso modo, se non peggio, già il 19. Quindi a questo punto le chiedo cosa posso fare per cercare di alleviare questa sensazione il giorno dell'esame, anche a costo di prendere temporaneamente un farmaco. Altrimenti potrebbe anche venirmi qualcosa, me lo sento. Tra l'altro è da 3 giorni che sento il palmo della mano sinistra, insieme all'anulare e al mignolo, continuamente intorpiditi, anche se l'intensità dell'intorpidimento varia nel corso della giornata.
Le chiedo qualunque consiglio e aiuto che Lei sia in grado di darmi. La ringrazio ancora, cordiali saluti.
[#18]
Utente
E' uno psicologo che riceve gratuitamente presso l'ASL del mio Comune, al momento non posso permettermi sedute a pagamento, poichè non ho un lavoro e i pochi soldi che sono riuscito a mettere da parte mi servono per gli studi ed eventuali emergenze. Ma soprattutto perchè non pensavo che la situazione fosse così seria, pensavo che avrei potuto risolverla nel giro di poche sedute, ma ahimè mi sbagliavo.
Lui dice ogni volta che mezz'ora basta per il colloquio perchè altrimenti mi stancherei troppo se accumulo troppe cose in una sola seduta.
Secondo Lei dovrei continuare il trattamento con lui o dovrei cambiarlo, affidandomi eventualmente a uno psicologo a pagamento?
Lui dice ogni volta che mezz'ora basta per il colloquio perchè altrimenti mi stancherei troppo se accumulo troppe cose in una sola seduta.
Secondo Lei dovrei continuare il trattamento con lui o dovrei cambiarlo, affidandomi eventualmente a uno psicologo a pagamento?
[#19]
Se ne parlerai con lo psicologo sono sicura che ti dirà come stanno le cose e se il lavoro che state facendo è sufficiente o no.
Un'eventuale decisione dipende poi da come ti trovi: se con lui ti sembra di lavorare bene è forse preferibile che non cambi.
Per quanto riguarda invece l'altra tua domanda, sulle misure da adottare in previsione dell'esame, secondo me ti converrebbe parlare con il tuo medico - o con un medico psichiatra della struttura presso la quale vedi lo psicologo - dell'opportunità di avere a portata di mano un ansiolitico (o un prodotto naturale) da assumere al bisogno.
Un'eventuale decisione dipende poi da come ti trovi: se con lui ti sembra di lavorare bene è forse preferibile che non cambi.
Per quanto riguarda invece l'altra tua domanda, sulle misure da adottare in previsione dell'esame, secondo me ti converrebbe parlare con il tuo medico - o con un medico psichiatra della struttura presso la quale vedi lo psicologo - dell'opportunità di avere a portata di mano un ansiolitico (o un prodotto naturale) da assumere al bisogno.
[#20]
Utente
La mia paura riguardo gli ansiolotici risiede nella possibilità che io ne diventi dipendente. Certo, risolvere tutto entro giorno 19/02, data del primo esame, sarebbe il massimo, ma credo che non potrò fare nulla prima del 15, giorno della visita neurologica, che onestamente preferirei mi desse come risultato un problema propriamente neurologico e non psicologico. Comunque, domani stesso ne parlerò con il medico.
Mi farò risentire la sera del 15, così da informarla circa l'esito della visita. A presto, e grazie ancora.
Mi farò risentire la sera del 15, così da informarla circa l'esito della visita. A presto, e grazie ancora.
[#21]
Utente
Le devo chiedere un'ultima cosa. Nessuno fra genitori, fratello, amici e conoscenti vari è a conoscenza della mia situazione, solo mia madre è a conoscenza dei sintomi propriamente fisici (bruciore di stomaco, pelle secca e mani arrossate, ecc) e dello stato d'animo che ho avuto il giorno dell'esame. Però nessuno immagina quello che c'è dietro: il trattamento presso lo psicologo, giusto per fare un esempio, o ancora la visita neurologica di venerdì. Per il momento ho scelto di fare le cose in modo nascosto, so che difficilmente capirebbero. Sarà un mio pregiudizio e una sottovalutazione della loro capacità di comprensione, mi riferisco quì alla mia famiglia, ma fino a quando non avrò risposte certe, o non sarò costretto dall'impellenza del problema, non vorrei espormi più di tanto con tutte le persone diverse da medici curanti e psicologi.
Però allo stesso tempo, andare avanti con il trattamento e tutto il resto, ipotizzando, come ha affermato Lei precedenemente, che in realtà la causa del mio malessere possa essersi originata dentro il nucleo familiare, insomma tutto questo presuppone che anche la mia famiglia, almeno la mia famiglia debba essere a conoscenza di questo.
Secondo Lei io dovrei avvisarli già da ora di ciò che penso, di quello che Lei mi ha comunicato, del trattamento presso lo psicologo e il resto, oppure lasciar correre, cercando di risolvere tutto da solo?
Grazie, auguro una buona giornata.
Però allo stesso tempo, andare avanti con il trattamento e tutto il resto, ipotizzando, come ha affermato Lei precedenemente, che in realtà la causa del mio malessere possa essersi originata dentro il nucleo familiare, insomma tutto questo presuppone che anche la mia famiglia, almeno la mia famiglia debba essere a conoscenza di questo.
Secondo Lei io dovrei avvisarli già da ora di ciò che penso, di quello che Lei mi ha comunicato, del trattamento presso lo psicologo e il resto, oppure lasciar correre, cercando di risolvere tutto da solo?
Grazie, auguro una buona giornata.
[#22]
Dipende dalla personalità dei familiari ai quali vorresti parlare e da come prevedi che reagirebbero: in base a questo puoi ragionare sulle parole da usare.
E' anche importante il motivo per il quale potresti farlo: informarli? condividere? colpevolizzare?
E' anche importante il motivo per il quale potresti farlo: informarli? condividere? colpevolizzare?
[#23]
Utente
Fino a stamattina, Le avrei risposto questo: allo stesso tempo avrei voluto sbattergli la verità in faccia, e avrei voluto essere sincero senza colpevolizzare nessuno.
Ma dopo la visita di oggi pomeriggio credo di aver in qualche modo perso quelle idee, anche perchè in qualche modo mi ha spiazzato.
Come da me precedentemente detto, oggi pomeriggio ho avuto una visita neurologica presso una dottoressa privata, non appoggiata al SSN.
Le ho spiegato tutto quello che ho già detto al mio psicologo, nonchè a Lei e ai suoi colleghi operanti su Medicitalia.
Mi ha detto che è evidente che non ci sia bisogno di un encefalogramma, poichè a suo parere soffro di un semplice disturbo d'ansia generalizzato. Ha parlato anche di somatizzazioni multiple, e riguardo alla pelle mi ha detto che è una "soggetta dermatite psoriasica", e mi ha raccomandato una visita dermatologica, che tra l'altro io ho già prenotato precedentemente. Mi ha fatto coricare su un lettino e con il martelletto ha tastato i miei riflessi, giudicandoli ottimi.
Mi ha detto inoltre che almeno per i primi 2 mesi di trattamento ho bisogno di prendere dei farmaci, mi ha prescritto il Cipralex compresse, con il seguente dosaggio, sempre la sera:
- prima settimanai: 1/4 di compressa,
- seconda settimana: 1/2 compressa,
- dalla terza settimana fino al secondo mese: 1 compressa intera.
Inoltre, se mi sento già meglio con mezza compressa, mi ha detto di continuare con mezza compressa fino al 2° mese, e poi di continuare il solo trattamento psicologico. Infine, mi ha dato anche lo Xamax gocce, da prendere con questo dosaggio:
- 4 gocce la mattina;
- 4 gocce la sera;
- 6 gocce al bisogno.
Ora, onestamente non sono molto soddisfatto dell'esito di questa visita. Secondo la neurologa, la dermatite non è collegata a qualche disturbo psichico; inoltre ha affermato che, poichè le ho detto di aver notato ieri che mia madre ha le mani rosse, screpolate e secche esattamente come le ho io, dice che vi può essere una certa ereditarietà. Ma in sostanza sembra che io sia semplicemente nevrotico, e non che abbia un disagio provocato esclusivamente dall'ambiente. Non sono soddisfatto perchè non mi ha fatto gli esami come da prassi, sia perchè mi ha dato dei farmaci, e io i farmaci non voglio prenderli. Vero è che comunque un ansiolitico mi serve, e lo prenderò solamente al bisogno, in attesa di capire davvero cosa ho. Avevo prenotato precedentemente una visita presso il neurologo che mi visitò nel '93, e non l'ho ancora disdetta. Ho deciso di presentarmi comunque, è un neurologo convenzionato con il SSN, e la visita è prevista per venerdì prossimo.
Le chiedo un parere su tutto ciò, ed eventuali consigli. Grazie, arrivederci.
Ma dopo la visita di oggi pomeriggio credo di aver in qualche modo perso quelle idee, anche perchè in qualche modo mi ha spiazzato.
Come da me precedentemente detto, oggi pomeriggio ho avuto una visita neurologica presso una dottoressa privata, non appoggiata al SSN.
Le ho spiegato tutto quello che ho già detto al mio psicologo, nonchè a Lei e ai suoi colleghi operanti su Medicitalia.
Mi ha detto che è evidente che non ci sia bisogno di un encefalogramma, poichè a suo parere soffro di un semplice disturbo d'ansia generalizzato. Ha parlato anche di somatizzazioni multiple, e riguardo alla pelle mi ha detto che è una "soggetta dermatite psoriasica", e mi ha raccomandato una visita dermatologica, che tra l'altro io ho già prenotato precedentemente. Mi ha fatto coricare su un lettino e con il martelletto ha tastato i miei riflessi, giudicandoli ottimi.
Mi ha detto inoltre che almeno per i primi 2 mesi di trattamento ho bisogno di prendere dei farmaci, mi ha prescritto il Cipralex compresse, con il seguente dosaggio, sempre la sera:
- prima settimanai: 1/4 di compressa,
- seconda settimana: 1/2 compressa,
- dalla terza settimana fino al secondo mese: 1 compressa intera.
Inoltre, se mi sento già meglio con mezza compressa, mi ha detto di continuare con mezza compressa fino al 2° mese, e poi di continuare il solo trattamento psicologico. Infine, mi ha dato anche lo Xamax gocce, da prendere con questo dosaggio:
- 4 gocce la mattina;
- 4 gocce la sera;
- 6 gocce al bisogno.
Ora, onestamente non sono molto soddisfatto dell'esito di questa visita. Secondo la neurologa, la dermatite non è collegata a qualche disturbo psichico; inoltre ha affermato che, poichè le ho detto di aver notato ieri che mia madre ha le mani rosse, screpolate e secche esattamente come le ho io, dice che vi può essere una certa ereditarietà. Ma in sostanza sembra che io sia semplicemente nevrotico, e non che abbia un disagio provocato esclusivamente dall'ambiente. Non sono soddisfatto perchè non mi ha fatto gli esami come da prassi, sia perchè mi ha dato dei farmaci, e io i farmaci non voglio prenderli. Vero è che comunque un ansiolitico mi serve, e lo prenderò solamente al bisogno, in attesa di capire davvero cosa ho. Avevo prenotato precedentemente una visita presso il neurologo che mi visitò nel '93, e non l'ho ancora disdetta. Ho deciso di presentarmi comunque, è un neurologo convenzionato con il SSN, e la visita è prevista per venerdì prossimo.
Le chiedo un parere su tutto ciò, ed eventuali consigli. Grazie, arrivederci.
[#24]
Gentile Utente,
leggendo l'intero consulto mi pare evidente che Lei abbia già una Sua verità in mente e che non accetta ciò che i medici possano indicarLe dopo averLa visitata.
Lei pensa che l'ambiente circostante abbia responsabilità nel Suo disagio... "Ma in sostanza sembra che io sia semplicemente nevrotico, e non che abbia un disagio provocato esclusivamente dall'ambiente."
In questo lunghissimo post con ben 23 repliche, piuttosto frequentemente elenca circostanze accadute molto tempo fa e ipotizza quelle come cause del disagio, oppure cure mancate ("Se fossi andato prima dallo psicologo...").
In tutta onestà io non sono d'accordo con questa visione, perchè non è supportata da nessun dato in letteratura ed è comunque parziale.
L'ambiente circostante è indubbiamente importante per la crescita di noi tutti, ma fortunatamente non ci condanna ad un destino psicopatologico. Se così fosse, ben poche persone potrebbero essere sane e felici, perchè -vede- gli incidenti di percorso accadono nella vita di ogni essere umano.
E non conosco nessuna persona con genitori perfetti in ambienti perfetti.
Tuttavia ogni essere umano è pieno di risorse per poter fronteggiare le crisi e le difficoltà. In altre parole abbiamo gli strumenti per uscire dalle crisi (ad esempio basta pensare alle abilità di problem solving).
Io credo che una situazione come quella che Lei sta qui descrivendo sia stata creata da diversi fattori che si sono sommati, non ultima la Sua personalissima elaborazione delle informazioni e soprattutto l'attribuzione dei significati personali a ciò che è accaduto nella Sua vita. D'altra parte Lei stesso parla nel Suo primo post di "vittimismo": perchè non prova a riflettere su questo. Qualcuno glielo aveva fatto notare?
Tornando alla Sua richiesta iniziale: "Sfogando fuori tutto il malessere che mi tengo dentro, riuscirei a tornare una persona normale come prima? Se si, cosa posso fare per sbloccarmi e sfogare tutto il mio malessere?"
Certamente NO! Una consulenza psicologica, o comunque un lavoro psicologico ben condotto non implica nessuno sfogo come sta accadendo qui. A che cosa Le serve, sinceramente?
Consideri anche che questa non è la finalità di questo sito, in cui si forniscono informazioni e si cerca di orientare l'utente a scegliere consapevolmente. Ma anche in uno studio di psicoterapia, il pz. non si sfoga, nè parla a ruota libera. E' aiutato, facilitato, guidato attraverso le domande giuste scelte da un professionista formato proprio per metterlo nelle condizioni di capire e vedere come cambiare. Nessun pz. parla a vanvera. Sfogarsi non risolve alcun malessere.
Altrimenti non avrebbe bisogno di uno psicologo, ma potrebbe anche parlare e sfogarsi con chicchessia.
Un lavoro psicologico ben fatto, invece, dovrebbe metterLa nelle condizioni di comprendere bene che cosa La fa soffrire e soprattutto come cambiare.
A me sembra che alla psicologa che La segue Lei stia fornendo molti dati che serviranno probabilmente per un inquadramento diagnostico e per poter capire quale trattamento sia migliore per Lei.
Le è chiaro il lavoro svolto fin qui con la psicologa?
Se non Le è chiaro perchè non chiede alla curante?
Se ha tali perplessità sulla terapia impostata dal neurologo perchè non ne ha approfittato durante la visita per chiarire o non si rivolge al medico di base che già La conosce?
leggendo l'intero consulto mi pare evidente che Lei abbia già una Sua verità in mente e che non accetta ciò che i medici possano indicarLe dopo averLa visitata.
Lei pensa che l'ambiente circostante abbia responsabilità nel Suo disagio... "Ma in sostanza sembra che io sia semplicemente nevrotico, e non che abbia un disagio provocato esclusivamente dall'ambiente."
In questo lunghissimo post con ben 23 repliche, piuttosto frequentemente elenca circostanze accadute molto tempo fa e ipotizza quelle come cause del disagio, oppure cure mancate ("Se fossi andato prima dallo psicologo...").
In tutta onestà io non sono d'accordo con questa visione, perchè non è supportata da nessun dato in letteratura ed è comunque parziale.
L'ambiente circostante è indubbiamente importante per la crescita di noi tutti, ma fortunatamente non ci condanna ad un destino psicopatologico. Se così fosse, ben poche persone potrebbero essere sane e felici, perchè -vede- gli incidenti di percorso accadono nella vita di ogni essere umano.
E non conosco nessuna persona con genitori perfetti in ambienti perfetti.
Tuttavia ogni essere umano è pieno di risorse per poter fronteggiare le crisi e le difficoltà. In altre parole abbiamo gli strumenti per uscire dalle crisi (ad esempio basta pensare alle abilità di problem solving).
Io credo che una situazione come quella che Lei sta qui descrivendo sia stata creata da diversi fattori che si sono sommati, non ultima la Sua personalissima elaborazione delle informazioni e soprattutto l'attribuzione dei significati personali a ciò che è accaduto nella Sua vita. D'altra parte Lei stesso parla nel Suo primo post di "vittimismo": perchè non prova a riflettere su questo. Qualcuno glielo aveva fatto notare?
Tornando alla Sua richiesta iniziale: "Sfogando fuori tutto il malessere che mi tengo dentro, riuscirei a tornare una persona normale come prima? Se si, cosa posso fare per sbloccarmi e sfogare tutto il mio malessere?"
Certamente NO! Una consulenza psicologica, o comunque un lavoro psicologico ben condotto non implica nessuno sfogo come sta accadendo qui. A che cosa Le serve, sinceramente?
Consideri anche che questa non è la finalità di questo sito, in cui si forniscono informazioni e si cerca di orientare l'utente a scegliere consapevolmente. Ma anche in uno studio di psicoterapia, il pz. non si sfoga, nè parla a ruota libera. E' aiutato, facilitato, guidato attraverso le domande giuste scelte da un professionista formato proprio per metterlo nelle condizioni di capire e vedere come cambiare. Nessun pz. parla a vanvera. Sfogarsi non risolve alcun malessere.
Altrimenti non avrebbe bisogno di uno psicologo, ma potrebbe anche parlare e sfogarsi con chicchessia.
Un lavoro psicologico ben fatto, invece, dovrebbe metterLa nelle condizioni di comprendere bene che cosa La fa soffrire e soprattutto come cambiare.
A me sembra che alla psicologa che La segue Lei stia fornendo molti dati che serviranno probabilmente per un inquadramento diagnostico e per poter capire quale trattamento sia migliore per Lei.
Le è chiaro il lavoro svolto fin qui con la psicologa?
Se non Le è chiaro perchè non chiede alla curante?
Se ha tali perplessità sulla terapia impostata dal neurologo perchè non ne ha approfittato durante la visita per chiarire o non si rivolge al medico di base che già La conosce?
[#25]
Prima di tutto vorrei chiarire che il neurologo non è il medico più adatto ad esprimersi su questioni di natura psichica, ambito di competenza dello psichiatra, ma si occupa di tutto ciò che attiene al sistema nervoso dal punto di vista fisico.
In questo senso ciò che conta è che ti abbia detto che si tratta di ansia e che non serve un nuovo eeg, perchè un dubbio sulla natura del problema (cioè sulla concausa cerebrale) poteva sempre essere presente e ora hai sgombrato il campo da questo.
Francamente poi prima di assumere psicofarmaci, se ritenessi di farlo, ti suggerirei di sentire uno psichiatra.
Per quanto riguarda la psoriasi e le dermatiti sappi che la maggioranza delle affezioni cutanee sono di natura psicosomatica, anche se la medicina tenta di ipotizzare altre cause che però rimangono appunto nell'ambito delle ipotesi ("ereditarietà" compresa) e spesso sentirai dire che "non si sa" perchè si sviluppa una certa patologia cutanea.
Uno psicoanalista francese, Anzieu, ha esplorato molto bene il legame causale fra dimensione psichica e affezione dermatologica nel testo "L'Io-Pelle", ma dubito che la dottoressa lo conosca:
http://www.ibs.it/code/9788826305967/anzieu-didier/pelle.html
Se mai ti interessasse l'argomento in rete potrai trovare molto materiale su questo argomento perchè è stato approfondito da molti autori e ricercatori.
Per quanto riguarda la causa del tuo malessere la conclusione che hai tratto:
"in sostanza sembra che io sia semplicemente nevrotico, e non che abbia un disagio provocato esclusivamente dall'ambiente"
non solo non può derivare dal solo consulto neurologico, ma è anche confusa in quanto se vogliamo parlare di nevrosi dobbiamo parlare anche di multifattorialità causale: la nevrosi deriva dall'interazione fra la psiche individuale e l'ambiente relazionale nel quale è inserita e si è sviluppata.
E' necessaria l'interazione fra questi aspetti della realtà del soggetto perchè si sviluppi.
In questo senso ciò che conta è che ti abbia detto che si tratta di ansia e che non serve un nuovo eeg, perchè un dubbio sulla natura del problema (cioè sulla concausa cerebrale) poteva sempre essere presente e ora hai sgombrato il campo da questo.
Francamente poi prima di assumere psicofarmaci, se ritenessi di farlo, ti suggerirei di sentire uno psichiatra.
Per quanto riguarda la psoriasi e le dermatiti sappi che la maggioranza delle affezioni cutanee sono di natura psicosomatica, anche se la medicina tenta di ipotizzare altre cause che però rimangono appunto nell'ambito delle ipotesi ("ereditarietà" compresa) e spesso sentirai dire che "non si sa" perchè si sviluppa una certa patologia cutanea.
Uno psicoanalista francese, Anzieu, ha esplorato molto bene il legame causale fra dimensione psichica e affezione dermatologica nel testo "L'Io-Pelle", ma dubito che la dottoressa lo conosca:
http://www.ibs.it/code/9788826305967/anzieu-didier/pelle.html
Se mai ti interessasse l'argomento in rete potrai trovare molto materiale su questo argomento perchè è stato approfondito da molti autori e ricercatori.
Per quanto riguarda la causa del tuo malessere la conclusione che hai tratto:
"in sostanza sembra che io sia semplicemente nevrotico, e non che abbia un disagio provocato esclusivamente dall'ambiente"
non solo non può derivare dal solo consulto neurologico, ma è anche confusa in quanto se vogliamo parlare di nevrosi dobbiamo parlare anche di multifattorialità causale: la nevrosi deriva dall'interazione fra la psiche individuale e l'ambiente relazionale nel quale è inserita e si è sviluppata.
E' necessaria l'interazione fra questi aspetti della realtà del soggetto perchè si sviluppi.
[#26]
Utente
Dott.ssa Pileci: effettivamente non nego che Lei abbia ragione. Mi riesce molto difficile, almeno in questo momento, accettare di soffrire d'ansia. Sinceramente avrei sperato in un qualsiasi altro esito, mi sarei anche accontentato di finire sotto ai ferri, poichè la mia paura è legata a un'idea specifica, e a uno spettro ricorrente. L'idea è che coloro che soffrono di disturbi psichici e che debbono curarsi anche con farmaci non ne usciranno mai completamente, cioè sono danneggiati a vita: so che può essere un'idea sbagliata, però purtroppo ora sto pensando questo. Inoltre ho un caso di disturbo psichico che posso osservare molto da vicino: cioè un'amica di famiglia che da anni ormai soffre di depressione. Nonostante venga portata più volte in un ospedale a Catania per farsi curare, ogni volta che ritorna a casa puntualmente dopo qualche settimana ricade in depressione. Ora, non so se abbia usato farmaci; so che ha una situazione familiare molto tribolata e che la famiglia non la aiuta molto. Quindi la situazione è molto diversa dalla mia, non lo nego: la mia famiglia di sicuro, dopo un primo momento di forti dubbi e spaesamento, accertata la gravità della mia situazione mi aiuterebbe. Sono io che non voglio, almeno per ora, far sapere del disturbo d'ansia di cui soffro: nessuno, nè famiglia, nè amici, nè nessun altro conosce tutto ciò che ho raccontato a voi, così come alla neurologa e allo psicologo che mi hanno visitato. E' effettivamente un peso, però vorrei riuscire a portarlo da solo: non voglioa ggiungere ulteriori sofferenze, nè portare la mia famiglia a essere schernita e giudicata dalla gente poichè ha un figlio con qualche disturbo psichico, anche se lieve. Sono fermamente deciso a continuare il trattamento, così come a sottopormi a un'ulteriore visita neurologica, quest'ultima per confermare definitivamente ciò che mi è stato diagnosticato: nel caso di una conferma, seguirò la cura già prescrittami dalla neurologa.
Una domanda: non volendo far sapere nulla neanche al mio medico di base, a causa dei suoi buoni rapporti di amicizia con la mia famiglia (ho paura che riferisca tutto), un altro medico di base che di sicuro non mi conosce potrebbe comunque prescrivermi la ricetta medica per la visita col neurologo convenzionato col SSN?
Quando parlavo di "sfogarmi" intendo far uscire tutto il malessere che mi sento di avere, magari, ad esempio, prendendo a pugni un sacco da boxe o gridare all'impazzata. Chiaramente, ora che comunque ho un'idea su ciò di cui soffro, credo di poter accantonare quelle affermazioni.
Infine, vorrei porLe le mie scuse per la lunghezza eccessiva del discorso da me aperto, e per la ridondanza di certe mie argomentazioni.
Dott.ssa Massaro, io sono sicuro che la mia dermatite sia legata a qualcosa insito nel mio cervello, sono pronto ad affermarlo in ogni situazione. Anzi, dico di più: tutte le patologie fisiche che sono visibili sul mio corpo, bruciore di stomaco, pelle secca, palpebra tremante, derivano dalla mia mente: il viaggio in Calabria mi ha dimostrato ciò poichè al 4° giorno di vacanza non presentavo nessuno di quei sintomi, che sono ricomparsi verso la fine di agosto. La neurologa comunque sembra non credere a questo.
Leggerò con attenzione l'articolo sull'Io-pelle, anzi La ringrazio di avermelo sottoposto.
Porgo le mie scuse anche a Lei per gli stessi motivi di cui sopra. E' la prima volta che nella mia famiglia (nucleo familiare, parentele di 2°, 3°, 4° grado) succede che venga confermato un caso di disturbo psichico. Chiedo solo di comprendere il mio stato d'animo. Comunque, Le porgo le mie scuse. E ringrazio entrambe per i consigli e i pareri che mi avete dato.
Cordiali saluti.
Una domanda: non volendo far sapere nulla neanche al mio medico di base, a causa dei suoi buoni rapporti di amicizia con la mia famiglia (ho paura che riferisca tutto), un altro medico di base che di sicuro non mi conosce potrebbe comunque prescrivermi la ricetta medica per la visita col neurologo convenzionato col SSN?
Quando parlavo di "sfogarmi" intendo far uscire tutto il malessere che mi sento di avere, magari, ad esempio, prendendo a pugni un sacco da boxe o gridare all'impazzata. Chiaramente, ora che comunque ho un'idea su ciò di cui soffro, credo di poter accantonare quelle affermazioni.
Infine, vorrei porLe le mie scuse per la lunghezza eccessiva del discorso da me aperto, e per la ridondanza di certe mie argomentazioni.
Dott.ssa Massaro, io sono sicuro che la mia dermatite sia legata a qualcosa insito nel mio cervello, sono pronto ad affermarlo in ogni situazione. Anzi, dico di più: tutte le patologie fisiche che sono visibili sul mio corpo, bruciore di stomaco, pelle secca, palpebra tremante, derivano dalla mia mente: il viaggio in Calabria mi ha dimostrato ciò poichè al 4° giorno di vacanza non presentavo nessuno di quei sintomi, che sono ricomparsi verso la fine di agosto. La neurologa comunque sembra non credere a questo.
Leggerò con attenzione l'articolo sull'Io-pelle, anzi La ringrazio di avermelo sottoposto.
Porgo le mie scuse anche a Lei per gli stessi motivi di cui sopra. E' la prima volta che nella mia famiglia (nucleo familiare, parentele di 2°, 3°, 4° grado) succede che venga confermato un caso di disturbo psichico. Chiedo solo di comprendere il mio stato d'animo. Comunque, Le porgo le mie scuse. E ringrazio entrambe per i consigli e i pareri che mi avete dato.
Cordiali saluti.
[#27]
Gentile Utente,
ogni caso è a sè, ed è valutato personalmente dal medico o dallo psicologo che vede il paziente. Ma preoccuparsi eccessivamente anche di tutto ciò (la Sua amica che soffre di depressione) potrebbe essere l'ennesimo segnale d'ansia.
I disturbi d'ansia poi si trattano in tempi brevi, in genere sono i disturbi più semplici da trattare. E anche per quanto riguarda la terapia farmacologica, faccia riferimeto al medico che l'ha impostata e prescritta prima di avere pregiudizi che potrebbero inficiare la terapia stessa e la buona relazione terapeutica col medico.
Per quanto riguarda l'impegnativa del medico per poter effettuare una visita col neurologo SSN è indispensabile quella del Suo medico di base.
Per quanto riguarda lo sfogo Le ho già risposto sopra; per quanto riguarda invece le altre strategie non sono terapeutiche.
La ringrazio di aver utilizzato questo servizio e Le auguro di risolvere al più presto i Suoi disturbi con l'aiuto della Sua terapeuta.
Un cordiale saluto,
ogni caso è a sè, ed è valutato personalmente dal medico o dallo psicologo che vede il paziente. Ma preoccuparsi eccessivamente anche di tutto ciò (la Sua amica che soffre di depressione) potrebbe essere l'ennesimo segnale d'ansia.
I disturbi d'ansia poi si trattano in tempi brevi, in genere sono i disturbi più semplici da trattare. E anche per quanto riguarda la terapia farmacologica, faccia riferimeto al medico che l'ha impostata e prescritta prima di avere pregiudizi che potrebbero inficiare la terapia stessa e la buona relazione terapeutica col medico.
Per quanto riguarda l'impegnativa del medico per poter effettuare una visita col neurologo SSN è indispensabile quella del Suo medico di base.
Per quanto riguarda lo sfogo Le ho già risposto sopra; per quanto riguarda invece le altre strategie non sono terapeutiche.
La ringrazio di aver utilizzato questo servizio e Le auguro di risolvere al più presto i Suoi disturbi con l'aiuto della Sua terapeuta.
Un cordiale saluto,
[#28]
"E' la prima volta che nella mia famiglia (nucleo familiare, parentele di 2°, 3°, 4° grado) succede che venga confermato un caso di disturbo psichico"
Il fatto che non ci sia mai stata alcuna diagnosi non significa che non ci sia mai stato alcun disturbo, dal momento che dal punto di vista statistico è estremamente improbabile che in un'intera famiglia non sia mai comparso alcun disturbo d'ansia o dell'umore, se non d'altro genere.
Penso che tu stia dando più peso di quanto ne abbia ad una diagnosi di quel genere, poichè un conto è la malattia psichiatrica (ad es. la psicosi) ed un altro il disturbo d'ansia.
Non riterresti ugualmente gravi un'influenza e un tumore, quindi non fare questo errore neanche per quanto riguarda i disturbi psicologici.
Il fatto che non ci sia mai stata alcuna diagnosi non significa che non ci sia mai stato alcun disturbo, dal momento che dal punto di vista statistico è estremamente improbabile che in un'intera famiglia non sia mai comparso alcun disturbo d'ansia o dell'umore, se non d'altro genere.
Penso che tu stia dando più peso di quanto ne abbia ad una diagnosi di quel genere, poichè un conto è la malattia psichiatrica (ad es. la psicosi) ed un altro il disturbo d'ansia.
Non riterresti ugualmente gravi un'influenza e un tumore, quindi non fare questo errore neanche per quanto riguarda i disturbi psicologici.
[#29]
Utente
Buonasera, avrei una cosa da chiedere circa le modalità d'uso dello Xanax. Sul foglietto delle istruzioni del farmaco è indicata una modalità d'uso "orale". Io ho dimenticato di chiedere alla neurologca come prendere esattamente questo farmaco, e domani non sarò in città, ma dovrò andare a Messina per sostenere un esame. Quindi spero di trovarla domani mattina al telefono, ma intanto chiedo a voi come prendere esattamente le 6 gocce di Xanax quando ne ho bisogno: devo versare le gocce in un bicchiere d'acqua oppure ingerirle direttamente senza diluirle nell'acqua?
Spero in una risposta veloce, grazie infinite.
Spero in una risposta veloce, grazie infinite.
[#30]
L'assunzione orale è la stessa per qualunque farmaco, le gocce vanno versate nell'acqua prima di berle.
Ti suggerisco di verificare che effetto ti fa questo ansiolitico prima del giorno dell'esame, per evitare di scoprire all'ultimo momento se ad es. la quantità di gocce prescritte è eccessiva o invece insufficiente, data l'estrama variabilità della risposta individuale a questo tipo di farmaco.
Ti suggerisco di verificare che effetto ti fa questo ansiolitico prima del giorno dell'esame, per evitare di scoprire all'ultimo momento se ad es. la quantità di gocce prescritte è eccessiva o invece insufficiente, data l'estrama variabilità della risposta individuale a questo tipo di farmaco.
[#31]
Utente
Allora, il farmaco per fortuna oggi mi ha fatto bene. Ho chiesto indicazioni a 3 farmacie diverse e alla fine mi hanno suggerito di poterlo prendere anche senza diluirlo. Ho ingerito 6 gocce, come indicato dalla neurologa venerdì scorso. Fino ad ora mi sento bene; durante la giornata mi sono sentito bene e non ho avuto i problemi che invece ebbi lo scorso esame (sudorazione, palpitazione, voce tremante, astenia, ecc). E ho pure ottenuto 30 e lode come esito dell'esame. Ora lungi da me fare un elogio di tale farmaco, ma quantomeno ha funzionato.
[#33]
Utente
Beh, che dire, La ringrazio.
Ieri ho svolto un altro esame, e ho preso 25; avrei potuto prendere di più se solo mi fossi informato meglio sulle cose da studiare, perchè non avendo frequentato il corso non sono riuscito a sapere esattamente quanti autori di Sociologia dovevo portare(sul sito dell'Università c'era scritto 5 autori, mentre in realtà erano 7). Comunque, sono soddisfatto pienamente di entrambi i voti, anche se, ecco, non riesco a essere pienamente contento, anzi, tendo a sminuire entrambi i risultati.
Oggi ho avuto un'altra visita neurologica, col neurologo che mi visitò nel '93. Mi hanno fatto prima un'encefalogramma, e poi ho parlato col neurologo, ha tastato i miei riflessi, mi ha fatto fare degli esercizi (toccare il naso con le dita a occhi chiusi e a occhi aperti), mi ha fatto camminare avanti e indietro. E visionato il risultato dell'encefalogramma, dicendo che non c'è nessun danno al cervello, e che soffro solamente di ansia. Mi ha detto di continuare con lo Xanax, e basta.
Volevo questo esame proprio per essere sicuro che fosse il D.A.G. ciò di cui soffro: ora che ne sono sicuro inizierò la cura prescrittami dalla prima neurologa che mi ha visitato, poichè quello di oggi non mi ha prescritto nessun farmaco, e continuerò il trattamento psicologico, sperando che i risultati arrivino, e anche abbastanza velocemente.
Ringrazio tutti voi medici che si sono occupati del mio problema e che mi avete fornito dei consigli e dei pareri che mi sono stati utili. Chiudo quà questo topic. Grazie ancora, cordiali saluti.
Ieri ho svolto un altro esame, e ho preso 25; avrei potuto prendere di più se solo mi fossi informato meglio sulle cose da studiare, perchè non avendo frequentato il corso non sono riuscito a sapere esattamente quanti autori di Sociologia dovevo portare(sul sito dell'Università c'era scritto 5 autori, mentre in realtà erano 7). Comunque, sono soddisfatto pienamente di entrambi i voti, anche se, ecco, non riesco a essere pienamente contento, anzi, tendo a sminuire entrambi i risultati.
Oggi ho avuto un'altra visita neurologica, col neurologo che mi visitò nel '93. Mi hanno fatto prima un'encefalogramma, e poi ho parlato col neurologo, ha tastato i miei riflessi, mi ha fatto fare degli esercizi (toccare il naso con le dita a occhi chiusi e a occhi aperti), mi ha fatto camminare avanti e indietro. E visionato il risultato dell'encefalogramma, dicendo che non c'è nessun danno al cervello, e che soffro solamente di ansia. Mi ha detto di continuare con lo Xanax, e basta.
Volevo questo esame proprio per essere sicuro che fosse il D.A.G. ciò di cui soffro: ora che ne sono sicuro inizierò la cura prescrittami dalla prima neurologa che mi ha visitato, poichè quello di oggi non mi ha prescritto nessun farmaco, e continuerò il trattamento psicologico, sperando che i risultati arrivino, e anche abbastanza velocemente.
Ringrazio tutti voi medici che si sono occupati del mio problema e che mi avete fornito dei consigli e dei pareri che mi sono stati utili. Chiudo quà questo topic. Grazie ancora, cordiali saluti.
[#35]
Utente
Buonasera,
avevo promesso di chiudere questo post, ed era mia effettiva intenzione: ma ci sono alcune cose che vorrei sottoporre alla vostra attenzione, anche perchè la pazienza non è stata mai una mia qualità. E un nuovo incontro con il mio psicologo sarà solamente lunedì prossimo.
Innanzitutto questo: ho parlato con mia madre del mio passato, cercando di farmi dire quante più informazioni possibili. Ho scoperto che a un anno e mezzo ho avuto una visita da un osteopata, poichè a 15 mesi ancora non riuscivo a stare in piedi. La visita diede esito negativo: fu solamente a causa del mio elevato peso che non riuscivo a reggermi in piedi da solo.
A un anno e mezzo circa, in un solo mese, di colpo persi ebbi un vistoso calo di peso: da grassottello diventai molto magro. Ma non persi l'appetito, anzi, mangiavo tanto quanto prima del dimagrimento repentino (2 vasetti di omogeneizzati e almeno 1 litro di latte al giorno).
A questo punto ho pensato che fra il '92 e il '93 fosse successo qualcosa di traumatico o comunque di particolarmente stressante da giustificare tale dimagrimento. Però subito dopo ho dovuto ricredermi, per ciò che racconterò sotto.
Mia madre mi ha raccontato della sua giovinezza: ad esempio, a scuola aveva un timore enorme di esporsi durante le interrogazioni. Pur studiando, una volta chiamata dal professore per ripetere, aveva una specie di blocco psicologico e allora faceva scena muta. A circa 19 anni ha lavorato, per un anno e mezzo, presso una copisteria: mi ha raccontato che all'inizio, quando venivano clienti, quasi non sapeva rispondere a loro, le tremavano le mani e la voce, arrossiva sempre. Poi col tempo queste cose si sono attenuate decisamente. Infine, tali manifestazioni, o comportamenti, sono riaffiorati quando ha dovuto confrontarsi continuamente con la famiglia di mio padre e le varie ingiustizie da loro perpetrate nei suoi confronti: pur volendo rispondere a loro come si deve, era come bloccata e allora subiva.
Ho notato una decisa somiglianza fra questi comportamenti e i miei, accentuata anche dal rossore alle sue mani quasi simile al mio. Anch'io, quando sono stato sottoposto ad angherie di altri, pur volendo rispondere, mi sono invece chiuso in me stesso e ho subito, accumulando tensione e rabbia, sfociando tutto nel gelo totale nei confronti di chi mi aveva fatto del male; mi sembra inoltre che mostri tal volta quello svilimento e quella tristezza di cui ho sofferto io in passato. Leggendo una frase su un sito che ho sfogliato per cercare di capire meglio l'ansia e la depressione (a proposito, il mio psicologo ha visto lunedì scorso l'encefalogramma, gli ho raccontato dell'incapacità di gioire dei voti degli esami, e ha concluso la seduta affermando che ho una sindrome ansiosa depressiva), e cioè che "gli ansiosi solitamente mettono al mondo figli ansiosi", ho pensando seriamente che in realtà sono nato così, e cioè che non ci sia stato un particolare evento che durante l'infanzia mi abbia traumatizzato a tal punto da rendermi ansioso e depresso, ma che lo sia semplicemente per natura, e per discendenza genetica. Questo spiegherebbe perchè ad esempio ho un'innata sfiducia in tutto, cosa che io stesso non capisco da dove derivi, visto che non ho mai, a parte quelle occasioni di angherie al lavoro, avuto delusioni con nessuna persona nella mia vita.
Secondo voi questa ipotesi regge? Onestamente, quando ho realizzato questa idea la prima volta, ho sentito istantaneamente dentro di me un senso di pace e serenità, forse coincide, forse no.
Lunedì ne parlerò allo psicologo, ovviamente. E gli chiederò anche quest'altra cosa, che ora chiedo a voi: le varie somatizzazioni sono manifestazioni dello stress accumulato a causa del fatto di essere un ansioso-depresso. Il dottore mi ha già spiegato che il percorso per eliminare i due disturbi è lungo e che non devo avere fretta, perchè ci metterei più tempo. Ma le somatizzazioni, queste vorrei poterle eliminare quanto più presto possibile. Vorrei dei consigli a tal proposito.
Ho iniziato la cura farmacologica, senza consiglio del medico curante nè dello psicologo, interrotta dopo due giorni perchè sabato sera mi sono sentito stordito come se avessi bevuto molto. Sono riuscito comunque a guidare, anche se notavo di non essere molto lucido; addirittura ho scambiato diverse persone e ho avuto anche un'allucinazione. Ciò mi ha preoccupato all'istante, e così dal giorno dopo ho smesso di prendere sia le pillole che le gocce. Ne ho parlato al mio psicologo, che mi ha chiesto di informare di tutto il mio medico curante, cosa che farò domani. Chiedo un parere su ciò che ho appena scritto.
Infine, un consiglio: sono continuamente combattuto e non riesco a prendere una decisione, che consiste nel rivelare o meno alla mia famiglia che soffro di sindrome ansiosa-depressiva. Ho il terrore che non mi credano e che mi vietino di continuare il percorso di riabilitazione che sto seguendo, perchè secondo loro potrei non avere niente in realtà ed essere un matto a definirmi ansioso-depresso. Rivelare la verità servirebbe per metterli al corrente di ciò di cui soffro, ma riuscirei comunque a seguire le cure all'oscuro del mondo intero, come sto ancora facendo. Secondo voi cosa dovrei fare?
Vi ringrazio molto, e mi scuso ancora per la parola venuta meno. Ma ho bisogno molto di avere anche un vostro parere, e confido in voi. Cordiali saluti.
avevo promesso di chiudere questo post, ed era mia effettiva intenzione: ma ci sono alcune cose che vorrei sottoporre alla vostra attenzione, anche perchè la pazienza non è stata mai una mia qualità. E un nuovo incontro con il mio psicologo sarà solamente lunedì prossimo.
Innanzitutto questo: ho parlato con mia madre del mio passato, cercando di farmi dire quante più informazioni possibili. Ho scoperto che a un anno e mezzo ho avuto una visita da un osteopata, poichè a 15 mesi ancora non riuscivo a stare in piedi. La visita diede esito negativo: fu solamente a causa del mio elevato peso che non riuscivo a reggermi in piedi da solo.
A un anno e mezzo circa, in un solo mese, di colpo persi ebbi un vistoso calo di peso: da grassottello diventai molto magro. Ma non persi l'appetito, anzi, mangiavo tanto quanto prima del dimagrimento repentino (2 vasetti di omogeneizzati e almeno 1 litro di latte al giorno).
A questo punto ho pensato che fra il '92 e il '93 fosse successo qualcosa di traumatico o comunque di particolarmente stressante da giustificare tale dimagrimento. Però subito dopo ho dovuto ricredermi, per ciò che racconterò sotto.
Mia madre mi ha raccontato della sua giovinezza: ad esempio, a scuola aveva un timore enorme di esporsi durante le interrogazioni. Pur studiando, una volta chiamata dal professore per ripetere, aveva una specie di blocco psicologico e allora faceva scena muta. A circa 19 anni ha lavorato, per un anno e mezzo, presso una copisteria: mi ha raccontato che all'inizio, quando venivano clienti, quasi non sapeva rispondere a loro, le tremavano le mani e la voce, arrossiva sempre. Poi col tempo queste cose si sono attenuate decisamente. Infine, tali manifestazioni, o comportamenti, sono riaffiorati quando ha dovuto confrontarsi continuamente con la famiglia di mio padre e le varie ingiustizie da loro perpetrate nei suoi confronti: pur volendo rispondere a loro come si deve, era come bloccata e allora subiva.
Ho notato una decisa somiglianza fra questi comportamenti e i miei, accentuata anche dal rossore alle sue mani quasi simile al mio. Anch'io, quando sono stato sottoposto ad angherie di altri, pur volendo rispondere, mi sono invece chiuso in me stesso e ho subito, accumulando tensione e rabbia, sfociando tutto nel gelo totale nei confronti di chi mi aveva fatto del male; mi sembra inoltre che mostri tal volta quello svilimento e quella tristezza di cui ho sofferto io in passato. Leggendo una frase su un sito che ho sfogliato per cercare di capire meglio l'ansia e la depressione (a proposito, il mio psicologo ha visto lunedì scorso l'encefalogramma, gli ho raccontato dell'incapacità di gioire dei voti degli esami, e ha concluso la seduta affermando che ho una sindrome ansiosa depressiva), e cioè che "gli ansiosi solitamente mettono al mondo figli ansiosi", ho pensando seriamente che in realtà sono nato così, e cioè che non ci sia stato un particolare evento che durante l'infanzia mi abbia traumatizzato a tal punto da rendermi ansioso e depresso, ma che lo sia semplicemente per natura, e per discendenza genetica. Questo spiegherebbe perchè ad esempio ho un'innata sfiducia in tutto, cosa che io stesso non capisco da dove derivi, visto che non ho mai, a parte quelle occasioni di angherie al lavoro, avuto delusioni con nessuna persona nella mia vita.
Secondo voi questa ipotesi regge? Onestamente, quando ho realizzato questa idea la prima volta, ho sentito istantaneamente dentro di me un senso di pace e serenità, forse coincide, forse no.
Lunedì ne parlerò allo psicologo, ovviamente. E gli chiederò anche quest'altra cosa, che ora chiedo a voi: le varie somatizzazioni sono manifestazioni dello stress accumulato a causa del fatto di essere un ansioso-depresso. Il dottore mi ha già spiegato che il percorso per eliminare i due disturbi è lungo e che non devo avere fretta, perchè ci metterei più tempo. Ma le somatizzazioni, queste vorrei poterle eliminare quanto più presto possibile. Vorrei dei consigli a tal proposito.
Ho iniziato la cura farmacologica, senza consiglio del medico curante nè dello psicologo, interrotta dopo due giorni perchè sabato sera mi sono sentito stordito come se avessi bevuto molto. Sono riuscito comunque a guidare, anche se notavo di non essere molto lucido; addirittura ho scambiato diverse persone e ho avuto anche un'allucinazione. Ciò mi ha preoccupato all'istante, e così dal giorno dopo ho smesso di prendere sia le pillole che le gocce. Ne ho parlato al mio psicologo, che mi ha chiesto di informare di tutto il mio medico curante, cosa che farò domani. Chiedo un parere su ciò che ho appena scritto.
Infine, un consiglio: sono continuamente combattuto e non riesco a prendere una decisione, che consiste nel rivelare o meno alla mia famiglia che soffro di sindrome ansiosa-depressiva. Ho il terrore che non mi credano e che mi vietino di continuare il percorso di riabilitazione che sto seguendo, perchè secondo loro potrei non avere niente in realtà ed essere un matto a definirmi ansioso-depresso. Rivelare la verità servirebbe per metterli al corrente di ciò di cui soffro, ma riuscirei comunque a seguire le cure all'oscuro del mondo intero, come sto ancora facendo. Secondo voi cosa dovrei fare?
Vi ringrazio molto, e mi scuso ancora per la parola venuta meno. Ma ho bisogno molto di avere anche un vostro parere, e confido in voi. Cordiali saluti.
[#36]
Gentile Utente,
come già detto questo è un servizio per una seconda opinione e credo che Lei abbia già avuto il nostro parere sulla situazione.
Lei inoltre è già seguito da una psicologa che vedrà lunedì, quindi ritengo che sia meglio parlare con la Collega di tutto questo e soprattutto della ricerca ossessiva di cause nella Sua infanzia...
Solo la Sua psicologa conosce bene la Sua situazione e i dettagli, quindi è la prima persona cui dovrebbe riferirsi per i Suoi dubbi.
Cercare altrove segnala solo la Sua ansia.
Stia sereno e ne parli lunedì con la Sua dottoressa.
Saluti,
come già detto questo è un servizio per una seconda opinione e credo che Lei abbia già avuto il nostro parere sulla situazione.
Lei inoltre è già seguito da una psicologa che vedrà lunedì, quindi ritengo che sia meglio parlare con la Collega di tutto questo e soprattutto della ricerca ossessiva di cause nella Sua infanzia...
Solo la Sua psicologa conosce bene la Sua situazione e i dettagli, quindi è la prima persona cui dovrebbe riferirsi per i Suoi dubbi.
Cercare altrove segnala solo la Sua ansia.
Stia sereno e ne parli lunedì con la Sua dottoressa.
Saluti,
[#37]
Carissimo,
di innato non c'è proprio nulla, ma c'è molto di appreso:
https://www.medicitalia.it/news/psicologia/2678-genitori-ansiosi-fanno-figli-ansiosi.html
Penso poi che le etichette non servano e che i tuoi ormai sappiano che hai delle difficoltà.
Dire loro che hai chiesto aiuto per risolverle può farli sentire meno preoccupati per te.
Di questo e del resto devi parlare con lo psicologo perchè può essere dannoso che tu sia seguito di persona e nel frattempo ti rivolga ad altri psicologi: lo dico per te, cerca di fidarti di più di chi ti segue e di non complicare la situazione riempiendoti di informazioni che puoi interpretare solo in parte.
di innato non c'è proprio nulla, ma c'è molto di appreso:
https://www.medicitalia.it/news/psicologia/2678-genitori-ansiosi-fanno-figli-ansiosi.html
Penso poi che le etichette non servano e che i tuoi ormai sappiano che hai delle difficoltà.
Dire loro che hai chiesto aiuto per risolverle può farli sentire meno preoccupati per te.
Di questo e del resto devi parlare con lo psicologo perchè può essere dannoso che tu sia seguito di persona e nel frattempo ti rivolga ad altri psicologi: lo dico per te, cerca di fidarti di più di chi ti segue e di non complicare la situazione riempiendoti di informazioni che puoi interpretare solo in parte.
[#38]
Utente
Buonasera a tutti, riprendo il topic solo per chiedere una delucidazione su una questione prettamente tecnica, riguardante le prerogative di uno psicologo.
Praticamente, durante l'ultima seduta, parlando, ancora una volta, degli intoppi che sto avendo nel percorso di risoluzione del mio problema (ansia depressiva), intoppi che sono causati dalla mia famiglia, che non comprende la portata del mio problema, ma anzi mi da contro e mi ostacola, obbligandomi anche a non andare dallo psicologo. Lui mi ha detto che se mi dovesse succedere qualcosa, ad esempio, dovessi peggiorare, e lui venisse a saperlo, potrebbe mandare i carabinieri a prendere con la forza i miei genitori e costringerli a collaborare, e anche a denunciarli se io dovessi arrivare a tentare il suicidio o arrivarci vicino.
A me sembra strano, ora non so come funzioni precisamente, però io sono maggiorenne, quindi direttamente e unicamente responsabile di me stesso, almeno credo. La legge consente a uno psicologo di denunciare la mia famiglia se questa continua a ignorare il mio bisogno?
Grazie mille!!! Arriverderci, e buon lavoro.
Praticamente, durante l'ultima seduta, parlando, ancora una volta, degli intoppi che sto avendo nel percorso di risoluzione del mio problema (ansia depressiva), intoppi che sono causati dalla mia famiglia, che non comprende la portata del mio problema, ma anzi mi da contro e mi ostacola, obbligandomi anche a non andare dallo psicologo. Lui mi ha detto che se mi dovesse succedere qualcosa, ad esempio, dovessi peggiorare, e lui venisse a saperlo, potrebbe mandare i carabinieri a prendere con la forza i miei genitori e costringerli a collaborare, e anche a denunciarli se io dovessi arrivare a tentare il suicidio o arrivarci vicino.
A me sembra strano, ora non so come funzioni precisamente, però io sono maggiorenne, quindi direttamente e unicamente responsabile di me stesso, almeno credo. La legge consente a uno psicologo di denunciare la mia famiglia se questa continua a ignorare il mio bisogno?
Grazie mille!!! Arriverderci, e buon lavoro.
[#39]
"La legge consente a uno psicologo di denunciare la mia famiglia se questa continua a ignorare il mio bisogno?"
Direi proprio di no!
Lo psicologo psicoterapeuta dovrebbe, anzi deve, aiutarLa a prendere le distanze dalle dinamiche malate delle relazioni in cui vive, ma al professionista non deve interessare che cosa fanno i Suoi genitori, perchè sarà con Lei (cioè con il pz, colui che gli ha chiesto di aiutarlo a cambiare) che deve impegnarsi per aumentare il benessere.
I Suoi genitori (e tutti quelli attorno a Lei) possono fare ciò che vogliono ma questo non deve riguardare lo psicologo. Tra l'altro nessuno, nè lo psicologo nè Lei, ha il potere di cambiare gli altri, quindi i Suoi genitori resteranno così per sempre.
Ciò su cui lo psicologo deve aiutarLa è: nonostante il modo di funzionare dei Suoi genitori, Lei che cosa può fare per prenderne le distanze e andare avanti con la Sua vita?
Quali sono gli obiettivi di questo lavoro psicologico?
Come si sente davanti a tali proposte di denuncia dei Suoi genitori da parte dello psicologo?
Ha verificato che questo psicologo sia regolarmente iscritto all'ordine professionale?
Le circostanze in cui lo psicologo ha precisi doveri possono riguardare reati o maltrattamenti su minori. Non mi pare questo il caso.
Un cordiale saluto,
Direi proprio di no!
Lo psicologo psicoterapeuta dovrebbe, anzi deve, aiutarLa a prendere le distanze dalle dinamiche malate delle relazioni in cui vive, ma al professionista non deve interessare che cosa fanno i Suoi genitori, perchè sarà con Lei (cioè con il pz, colui che gli ha chiesto di aiutarlo a cambiare) che deve impegnarsi per aumentare il benessere.
I Suoi genitori (e tutti quelli attorno a Lei) possono fare ciò che vogliono ma questo non deve riguardare lo psicologo. Tra l'altro nessuno, nè lo psicologo nè Lei, ha il potere di cambiare gli altri, quindi i Suoi genitori resteranno così per sempre.
Ciò su cui lo psicologo deve aiutarLa è: nonostante il modo di funzionare dei Suoi genitori, Lei che cosa può fare per prenderne le distanze e andare avanti con la Sua vita?
Quali sono gli obiettivi di questo lavoro psicologico?
Come si sente davanti a tali proposte di denuncia dei Suoi genitori da parte dello psicologo?
Ha verificato che questo psicologo sia regolarmente iscritto all'ordine professionale?
Le circostanze in cui lo psicologo ha precisi doveri possono riguardare reati o maltrattamenti su minori. Non mi pare questo il caso.
Un cordiale saluto,
[#40]
Utente
Innanzitutto la ringrazio per la tempestività. Allora, le spiego tutto quello che mi è venuto in mente rileggendo quello che mi ha scritto.
Devo dire che è dall'inizio delle sedute che non sono riuscito a fidarmi ciecamente, anzi ho sempre avuto un'elevata diffidenza, specie quando mi ha consigliato vivamente, nonostante il mio rifiuto, di prendere gli psicofarmaci prescrittimi dalla neurologa. Ovviamente, la responsabilità è mia perchè sono stato io a prenderli, quindi questa cosa finisce quà.
Quello che mi ha sorpreso e infastidito è quando ha scoperto che la mia famiglia mi mette i cosiddetti "bastoni tra le ruote", cioè l'ostacolamento del raggiungimento del benessere. Da allora, inizio aprile 2013, ogni volta che ci sono andato gli volevo parlare di altro, ma alla fine arrivavamo, e siamo arrivati fino all'ultima seduta a metà giugno, a parlare della mia famiglia, e mi è sembrato di notare che lui fosse più interessato a capire perchè i miei genitori si comportano così piuttosto che rispondere a mie richieste (tipo quella di consigliarmi qualcosa per calmare l'eccessivo stress accumulato). Sembra sempre irritato quando gli parlavo dei miei genitori, come se vivesse la cosa sul personale.
Un'altra cosa che mi ha fatto prendere diffidenza nei suoi confronti è stata questa: purtroppo, quando vado a fare gli esami mi prendo di eccessiva ansia, l'ho già detto. E gli ho chiesto di consigliarmi un rimedio da usare in casi di necessità, e lui mi voleva consigliare un Lexotan. Solo che, come Lei saprà, questo farmaco ha bisogno della ricetta del medico per essere preso in farmacia: lui mi disse che al mio medico di base dovevo dire che sarebbe stato un amico a consigliarmelo, non lo psicologo, perchè a suo dire il mio medico curante non capirebbe certe cose. Io allora mi sono rivolto al medico di turno della Guardia Medica, chiedendogli un rimedio: mi ha consigliato il Rescue Remedy, che ho usato per ben 3 volte e ha avuto sempre effetto, oltretutto è un rimedio naturale che ho trovato in erboristeria. E inoltre questo medico "serale" mi ha anche consigliato un esercizio da fare per calmare l'ansia, la respirazione diaframmatica: mi chiedo da allora perchè il mio psicologo non mi abbia mai parlato di questo, o forse non c'entra.
Infine, ho controllato su suo consiglio su due siti: quello dell'Albo Unico Nazionale degli Psicologi, e quello dell'Albo Regionale degli Psicologi della Sicilia, la mia regione. In entrambi i siti ho letto che lo psicologo dove vado, che tengo a precisare esercita presso l'ASL del mio Comune, dove è Psicologo Dirigente, risulta essere sospeso dall'albo dall'ottobre 2009. Le incollo quello che c'è scritto sul sito dell'albo regionale siciliano:
"Sospensione
Stato:
Si
Motivo:
art. 26 c. 2 L. 56/89
Periodo:
1 Ottobre, 2009"
Non so più cosa pensare: più di una persona con cui ho parlato mi ha detto che è un bravo medico, ma i due siti penso siano affidabili. Oltretutto ho inserito il nome di un altro psicologo che abita nel mio paesino, questo esercita privatamente, e ha lo studio nella stessa via dove abito. Risultato: quest'ultimo risulta essere inserito in entrambi i siti internet, e entrambi gli elenchi indicano che attualmente non è sospeso dall'albo.
Mi dica lei cosa devo pensare, e soprattutto cosa devo fare. Forse davvero sono finito in mani sbagliate, e se mi fermerò in tempo sarà solo grazie a lei.
Infinite grazie, arrivederci.
Devo dire che è dall'inizio delle sedute che non sono riuscito a fidarmi ciecamente, anzi ho sempre avuto un'elevata diffidenza, specie quando mi ha consigliato vivamente, nonostante il mio rifiuto, di prendere gli psicofarmaci prescrittimi dalla neurologa. Ovviamente, la responsabilità è mia perchè sono stato io a prenderli, quindi questa cosa finisce quà.
Quello che mi ha sorpreso e infastidito è quando ha scoperto che la mia famiglia mi mette i cosiddetti "bastoni tra le ruote", cioè l'ostacolamento del raggiungimento del benessere. Da allora, inizio aprile 2013, ogni volta che ci sono andato gli volevo parlare di altro, ma alla fine arrivavamo, e siamo arrivati fino all'ultima seduta a metà giugno, a parlare della mia famiglia, e mi è sembrato di notare che lui fosse più interessato a capire perchè i miei genitori si comportano così piuttosto che rispondere a mie richieste (tipo quella di consigliarmi qualcosa per calmare l'eccessivo stress accumulato). Sembra sempre irritato quando gli parlavo dei miei genitori, come se vivesse la cosa sul personale.
Un'altra cosa che mi ha fatto prendere diffidenza nei suoi confronti è stata questa: purtroppo, quando vado a fare gli esami mi prendo di eccessiva ansia, l'ho già detto. E gli ho chiesto di consigliarmi un rimedio da usare in casi di necessità, e lui mi voleva consigliare un Lexotan. Solo che, come Lei saprà, questo farmaco ha bisogno della ricetta del medico per essere preso in farmacia: lui mi disse che al mio medico di base dovevo dire che sarebbe stato un amico a consigliarmelo, non lo psicologo, perchè a suo dire il mio medico curante non capirebbe certe cose. Io allora mi sono rivolto al medico di turno della Guardia Medica, chiedendogli un rimedio: mi ha consigliato il Rescue Remedy, che ho usato per ben 3 volte e ha avuto sempre effetto, oltretutto è un rimedio naturale che ho trovato in erboristeria. E inoltre questo medico "serale" mi ha anche consigliato un esercizio da fare per calmare l'ansia, la respirazione diaframmatica: mi chiedo da allora perchè il mio psicologo non mi abbia mai parlato di questo, o forse non c'entra.
Infine, ho controllato su suo consiglio su due siti: quello dell'Albo Unico Nazionale degli Psicologi, e quello dell'Albo Regionale degli Psicologi della Sicilia, la mia regione. In entrambi i siti ho letto che lo psicologo dove vado, che tengo a precisare esercita presso l'ASL del mio Comune, dove è Psicologo Dirigente, risulta essere sospeso dall'albo dall'ottobre 2009. Le incollo quello che c'è scritto sul sito dell'albo regionale siciliano:
"Sospensione
Stato:
Si
Motivo:
art. 26 c. 2 L. 56/89
Periodo:
1 Ottobre, 2009"
Non so più cosa pensare: più di una persona con cui ho parlato mi ha detto che è un bravo medico, ma i due siti penso siano affidabili. Oltretutto ho inserito il nome di un altro psicologo che abita nel mio paesino, questo esercita privatamente, e ha lo studio nella stessa via dove abito. Risultato: quest'ultimo risulta essere inserito in entrambi i siti internet, e entrambi gli elenchi indicano che attualmente non è sospeso dall'albo.
Mi dica lei cosa devo pensare, e soprattutto cosa devo fare. Forse davvero sono finito in mani sbagliate, e se mi fermerò in tempo sarà solo grazie a lei.
Infinite grazie, arrivederci.
[#41]
Mi spiace molto apprendere quello che ti è successo: se hai scoperto che è sospeso da quasi 4 anni (e lo è quindi attualmente ancora) significa che sta esercitando abusivamente e ne devi assolutamente informare l'Ordine perchè possano accertare la situazione e procedere per vie legali.
Ti consiglio sicuramente di far presente anche il tipo di condotta che ha tenuto e la minaccia di coinvolgere i tuoi genitori: venendo al merito della tua domanda, lo psicologo (che NON è un medico) non può coinvolgere altri se non violando gli obblighi relativi al mantenimento del segreto professionale e la minaccia che ti ha rivolto non avrebbe comunque alcun senso sotto nessun punto di vista.
E' una fortuna che la guardia medica che hai incontrato ti abbia consigliato qualcosa che ti consente di stare meglio nei momenti di crisi, fanne buon uso.
Non posso che suggerirti di rivolgerti ad un altro psicologo, magari a quello che hai già trovato vicino a te, spiegandogli subito la situazione dicendogli come sono andate le cose con l'altro.
Ti consiglio sicuramente di far presente anche il tipo di condotta che ha tenuto e la minaccia di coinvolgere i tuoi genitori: venendo al merito della tua domanda, lo psicologo (che NON è un medico) non può coinvolgere altri se non violando gli obblighi relativi al mantenimento del segreto professionale e la minaccia che ti ha rivolto non avrebbe comunque alcun senso sotto nessun punto di vista.
E' una fortuna che la guardia medica che hai incontrato ti abbia consigliato qualcosa che ti consente di stare meglio nei momenti di crisi, fanne buon uso.
Non posso che suggerirti di rivolgerti ad un altro psicologo, magari a quello che hai già trovato vicino a te, spiegandogli subito la situazione dicendogli come sono andate le cose con l'altro.
[#42]
Utente
Mi scuso per il ritardo della risposta, ci ho messo del tempo a rispondere perchè volevo comunicarle l'esito del primo colloquio con il nuovo terapeuta. E' un privato che esercita nel mio paese; il primo colloquio è stato molto convincente: diversamente dal primo terapeuta, questo mi ispira decisamente più fiducia. Mi ha fatto fare un test termico (mi scusi se non ricordo la denominazione corretta) ponendo due sensori su due dita della mano destra (io sono destrorso), per rilevare l'attività termica come sintomo dell'ansia. E già da questo mi ha detto che ho un valore di 3,1: quindi non soffro, secondo lui, di un D.A.G., ma piuttosto l'ansia è la manifestazione di altro, qualcosa che si è rotto nel mio equilibrio emotivo durante l'infanzia. Mi ha fatto numerose domande, volte a definire il mio quadro clinico; mi ha spiegato come intende procedere, e mi ha accennato che effettivamente il mio disagio nell'intraprendere relazioni con le ragazze che vadano oltre la semplice amicizia e la masturbazione che continuo ad eseguire sono l'espressione di un rapporto più o meno oppressivo di mia madre nei miei confronti. Le prossime tre sedute saranno dedicate a una serie di tre test, volti a fargli avere tutte le informazioni necessarie per preparare il mio percorso di raggiungimento del benessere, che lui stima in 20 sedute circa.
Riguardo al mio ex terapeuta, mi scusi ma non sono intenzionato ad intraprendere nessuna azione di denuncia. Uno perchè io non ho intenzione di sputare sul piatto dove ho mangiato, perchè è vero si che mi ha preso in giro, però alcune cose che mi ha detto sono risultate poi vere alla verifica dei fatti; due, poichè ho sinceramente paura di ritorsioni se dovesse scoprire chi possa essere stato a denunciarlo: e difficilmente credo che un individuo che ha un, seppur lieve, disagio psichico, pur essendo nel giusto possa vincere contro un terapeuta affermato nella sua città e con tutte le conoscenze chiave per fargli ribaltare la situazione inizialmente sfavorevole.
Ovviamente non fornirò nessun dato su di lui nè su questo sito nè a nessun altro, e solo due amiche fidate conoscono la mia situazione, e ho chiesto loro di non parlarne con nessuno. Mi scusi, ma devo anche cautelarmi da qualsiasi ritorsione di quello psicologo: spero comprenda questa mia intenzione, anche se lei ovviamente ha i suoi motivi per indicarmi la denuncia quale azione più giusta da avviare.
Detto questo, per il momento non ho altro da riferire. Spero che lei resti a disposizione anche in futuro, nel caso di nuove richieste e consigli che io possa aver bisogno di inoltrare sia a lei che agli altri terapeuti che operano su questo sito. E ancora una volta ringrazio sia lei che gli altri, per i consigli e il supporto.
Spero di poter portare avanti questo mio percorso e di giungere alla meta il prima possibile, ma soprattutto di capire cos'è successo in passato e di risolverlo definitivamente.
A presto. Cordiali saluti.
Riguardo al mio ex terapeuta, mi scusi ma non sono intenzionato ad intraprendere nessuna azione di denuncia. Uno perchè io non ho intenzione di sputare sul piatto dove ho mangiato, perchè è vero si che mi ha preso in giro, però alcune cose che mi ha detto sono risultate poi vere alla verifica dei fatti; due, poichè ho sinceramente paura di ritorsioni se dovesse scoprire chi possa essere stato a denunciarlo: e difficilmente credo che un individuo che ha un, seppur lieve, disagio psichico, pur essendo nel giusto possa vincere contro un terapeuta affermato nella sua città e con tutte le conoscenze chiave per fargli ribaltare la situazione inizialmente sfavorevole.
Ovviamente non fornirò nessun dato su di lui nè su questo sito nè a nessun altro, e solo due amiche fidate conoscono la mia situazione, e ho chiesto loro di non parlarne con nessuno. Mi scusi, ma devo anche cautelarmi da qualsiasi ritorsione di quello psicologo: spero comprenda questa mia intenzione, anche se lei ovviamente ha i suoi motivi per indicarmi la denuncia quale azione più giusta da avviare.
Detto questo, per il momento non ho altro da riferire. Spero che lei resti a disposizione anche in futuro, nel caso di nuove richieste e consigli che io possa aver bisogno di inoltrare sia a lei che agli altri terapeuti che operano su questo sito. E ancora una volta ringrazio sia lei che gli altri, per i consigli e il supporto.
Spero di poter portare avanti questo mio percorso e di giungere alla meta il prima possibile, ma soprattutto di capire cos'è successo in passato e di risolverlo definitivamente.
A presto. Cordiali saluti.
[#44]
(..) Mi ha fatto fare un test termico (mi scusi se non ricordo la denominazione corretta) ponendo due sensori su due dita della mano destra (io sono destrorso), per rilevare l'attività termica come sintomo dell'ansia...E già da questo mi ha detto che ho un valore di 3,1: quindi non soffro, secondo lui, di un D.A.G.(..)
gentile utente, mi scusi la franchezza e lungi da me l'idea di intaccare la sua fiducia verso il nuovo terapeuta ma il metodo che ha appena descritto, se così come descritto, non ha alcun senso nel diagnosticare un disturbo d'ansia.
La presenza di una patologia ansiosa va rilevata esclusivamente su base clinica (sintomi e vissuti) e/o con valutazione medica (analisi mediche) per escluderne cause organiche.
Si assicuri sulla specializzazione del suo terapeuta.
saluti
gentile utente, mi scusi la franchezza e lungi da me l'idea di intaccare la sua fiducia verso il nuovo terapeuta ma il metodo che ha appena descritto, se così come descritto, non ha alcun senso nel diagnosticare un disturbo d'ansia.
La presenza di una patologia ansiosa va rilevata esclusivamente su base clinica (sintomi e vissuti) e/o con valutazione medica (analisi mediche) per escluderne cause organiche.
Si assicuri sulla specializzazione del suo terapeuta.
saluti
Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
https://www.facebook.com/groups/316311005059257/?ref=bookmarks
[#45]
Utente
Innanzitutto lui stesso mi ha specificato che questo test sarà ripetuto più volte nel tempo, che da solo non indica granchè e che solo insieme al risultato di altri test che mi sottoporrà nelle prossime sedute, nonchè a ciò che gli ho detto durante il colloquio, solo tutto ciò secondo lui potrà dargli una visione completa di ciò di cui soffro e che devo risolvere.
Poi, a differenza del mio ex psicologo, fin dall'inizio ha spiegato qual è la sua situazione: lui è uno psicologo ed è al terzo anno di tirocinio per conseguire la specializzazione di psicoterapeuta.
Infine prima di rivolgermici ho controllato il suo status sull'albo unico nazionale degli psicologi e sull'albo regionale, quello ovviamente della mia regione: in entrambi risulta fino ad oggi iscritto e non ha nessun problema con gli Ordini, a differenza del mio precedente psicologo.
Guardi, ha fatto bene a mettermi in guardia, e la ringrazio. Spero di non essere tradito nelle aspettative, altrimenti non esiterò a cambiarlo.
Grazie. Cordiali saluti.
Poi, a differenza del mio ex psicologo, fin dall'inizio ha spiegato qual è la sua situazione: lui è uno psicologo ed è al terzo anno di tirocinio per conseguire la specializzazione di psicoterapeuta.
Infine prima di rivolgermici ho controllato il suo status sull'albo unico nazionale degli psicologi e sull'albo regionale, quello ovviamente della mia regione: in entrambi risulta fino ad oggi iscritto e non ha nessun problema con gli Ordini, a differenza del mio precedente psicologo.
Guardi, ha fatto bene a mettermi in guardia, e la ringrazio. Spero di non essere tradito nelle aspettative, altrimenti non esiterò a cambiarlo.
Grazie. Cordiali saluti.
[#46]
(..)Innanzitutto lui stesso mi ha specificato che questo test sarà ripetuto più volte nel tempo,(..)
ed io le ribadisco che questo test non ha alcun senso.
Le valutazioni vanno fatte con colloqui e/o test psicodiagnostici (questionari)
saluti
ed io le ribadisco che questo test non ha alcun senso.
Le valutazioni vanno fatte con colloqui e/o test psicodiagnostici (questionari)
saluti
[#48]
Utente
Buonasera,
Ieri pomeriggio ho avuto la terza seduta con il nuovo psicologo. Come prima cosa gli ho chiesto maggiori informazioni su quel test sul quale i "nuovi" terapeuti mi avete chiesto maggiori informazioni. Purtroppo non ricordo esattamente cosa mi ha detto, comunque cercherò di spiegare tutto ciò che ricordo, nonchè la dinamica esatta, perchè quella la ricordo perfettamente, della modalità di svolgimento di quel test. Non ripeterò quello che ho comunque detto precedentemente, ad esempio che verrà ripetuto più volte, o che non è un test per misurare l'ansia, cose che mi ha ripetuto fino a ieri.
Allora, il terapeuta ha parlato di "livello di eurasal", "test di conduttanza elettrotermica" (può essere anche "elettrodermica"). Mi ha posizionato due elettrodi sulla mano con cui scrivo: io sono destrorso, quindi i due elettrodi sono stati posizionati per essere a contatto con il polpastrello dell'indice e quello del medio. Quindi ha collegato l'apparecchietto, di dimensioni di circa 10x12 cm, al suo pc, e lo ha avviato. L'apparecchietto riceve gli impulsi dagli elettrodi, li elabora, li invia al pc su cui è installato un programma che interpreta i dati inserendoli in un grafico: questo mostra una curva che poi deve essere interpretata dallo psicologo. I valori massimo e massimo teorici sono, rispettivamente, 2,6 e 3,3 (non ricordo l'unità di misura).
Il test è durato 4 minuti circa: durante i primi 2 mi ha chiesto di rilassarmi e scacciare tutti i pensieri dalla mia mente. Quindi al terzo minuto mi ha chiesto di contare all'indietro partendo da 100 e sottraendo 7 ogni volta. Questa procedura me l'ha fatta ripetere due volte. L'ultimo minuto mi ha chiesto di tornare a rilassarmi.
Al termine della rilevazione e una volta realizzato il grafico, me l'ha mostrato: la curva è pressochè piatta, ossia, secondo lui, io ho un fortissimo autocontrollo, che però diventa un male quando c'è da esprimere emozioni, tant'è che mi ha detto, senza che io gliene avessi parlato prima (ho fatto tale test neanche 10 minuti essermi seduto, dopo aver esposto a grandi linee il motivo per cui ho chiesto un colloquio con lui). Anche quando c'è stato da contare all'indietro, quindi una situazione abbastanza ansiosa per me, la curva si è scostata di pochissimo, di 0,1 punto. Mi ha detto che dobbiamo lavorare sulla mia eccessiva resistenza a lasciar andare e mostrare le mie emozioni, sia allora che ieri.
Cosa ne pensate?
Ieri pomeriggio ho avuto la terza seduta con il nuovo psicologo. Come prima cosa gli ho chiesto maggiori informazioni su quel test sul quale i "nuovi" terapeuti mi avete chiesto maggiori informazioni. Purtroppo non ricordo esattamente cosa mi ha detto, comunque cercherò di spiegare tutto ciò che ricordo, nonchè la dinamica esatta, perchè quella la ricordo perfettamente, della modalità di svolgimento di quel test. Non ripeterò quello che ho comunque detto precedentemente, ad esempio che verrà ripetuto più volte, o che non è un test per misurare l'ansia, cose che mi ha ripetuto fino a ieri.
Allora, il terapeuta ha parlato di "livello di eurasal", "test di conduttanza elettrotermica" (può essere anche "elettrodermica"). Mi ha posizionato due elettrodi sulla mano con cui scrivo: io sono destrorso, quindi i due elettrodi sono stati posizionati per essere a contatto con il polpastrello dell'indice e quello del medio. Quindi ha collegato l'apparecchietto, di dimensioni di circa 10x12 cm, al suo pc, e lo ha avviato. L'apparecchietto riceve gli impulsi dagli elettrodi, li elabora, li invia al pc su cui è installato un programma che interpreta i dati inserendoli in un grafico: questo mostra una curva che poi deve essere interpretata dallo psicologo. I valori massimo e massimo teorici sono, rispettivamente, 2,6 e 3,3 (non ricordo l'unità di misura).
Il test è durato 4 minuti circa: durante i primi 2 mi ha chiesto di rilassarmi e scacciare tutti i pensieri dalla mia mente. Quindi al terzo minuto mi ha chiesto di contare all'indietro partendo da 100 e sottraendo 7 ogni volta. Questa procedura me l'ha fatta ripetere due volte. L'ultimo minuto mi ha chiesto di tornare a rilassarmi.
Al termine della rilevazione e una volta realizzato il grafico, me l'ha mostrato: la curva è pressochè piatta, ossia, secondo lui, io ho un fortissimo autocontrollo, che però diventa un male quando c'è da esprimere emozioni, tant'è che mi ha detto, senza che io gliene avessi parlato prima (ho fatto tale test neanche 10 minuti essermi seduto, dopo aver esposto a grandi linee il motivo per cui ho chiesto un colloquio con lui). Anche quando c'è stato da contare all'indietro, quindi una situazione abbastanza ansiosa per me, la curva si è scostata di pochissimo, di 0,1 punto. Mi ha detto che dobbiamo lavorare sulla mia eccessiva resistenza a lasciar andare e mostrare le mie emozioni, sia allora che ieri.
Cosa ne pensate?
[#49]
La misurazione dell'arousal serve a quantificare l'attivazione fisica di un soggetto sottoposto a diversi stimoli (nel tuo caso ansiogeni) e fornisce dei parametri che saranno (immagino) confrontati nel corso del trattamento per verificarne l'andamento.
In ogni caso non conosco lo strumento e il software che il tuo nuovo psicologo sta utilizzando e se possibile vorrei che ce ne indicassi il nome, per capire meglio di cosa si tratta.
In ogni caso non conosco lo strumento e il software che il tuo nuovo psicologo sta utilizzando e se possibile vorrei che ce ne indicassi il nome, per capire meglio di cosa si tratta.
[#50]
Gentile Utente,
Il collega utilizza, molto probabilmente, una apparecchiatura di Biofeedback.
Per semplificare una specie di *macchina della verità*.
E' uno strumento utilizzato per misurare determinati parametri corporei e vedere il grado di attivazione biologica del Suo organismo. Così come quando mi emoziono batte forte il cuore, o sudo, o una variazione della dilatazione delle pupille, ci sono anche altre reazioni, come variazione della temperatura corporea (ha presente quelli che arrossiscono per effetto della variazione del flusso sanguineo), etc etc,.
Sono metodologie diverse d'indagine a seconda del paradigma teorico di riferimento e delle informazioni scelte dallo psicologo per arrivare al processo di diagnosi, inteso come esplorazione delle reazioni della persona.
Tale metodologia viene usata anche, ad esempio, da alcuni esperti di ipnosi per misurare sulla base di parametri biologici strumentalmente rilevati, il grado di profondità della trance e di risposta della persona.
Il collega utilizza, molto probabilmente, una apparecchiatura di Biofeedback.
Per semplificare una specie di *macchina della verità*.
E' uno strumento utilizzato per misurare determinati parametri corporei e vedere il grado di attivazione biologica del Suo organismo. Così come quando mi emoziono batte forte il cuore, o sudo, o una variazione della dilatazione delle pupille, ci sono anche altre reazioni, come variazione della temperatura corporea (ha presente quelli che arrossiscono per effetto della variazione del flusso sanguineo), etc etc,.
Sono metodologie diverse d'indagine a seconda del paradigma teorico di riferimento e delle informazioni scelte dallo psicologo per arrivare al processo di diagnosi, inteso come esplorazione delle reazioni della persona.
Tale metodologia viene usata anche, ad esempio, da alcuni esperti di ipnosi per misurare sulla base di parametri biologici strumentalmente rilevati, il grado di profondità della trance e di risposta della persona.
Dr. Fernando Bellizzi
Albo Psicologi Lazio matr. 10492
Questo consulto ha ricevuto 50 risposte e 10.9k visite dal 20/11/2012.
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