Psicoterapia non efficace?
Sono una donna di quasi 40 anni con un vissuto difficile alle spalle. Un’infanzia segnata dall’abbandono di mio padre e la depressione di mia madre. Adolescenza difficile a causa di un padre (ritornato dopo molti anni) emotivamente violento nei miei confronti e da un madre alleatasi con lui per trattenerlo. A 25 anni, il primo episodio di depressione che ha portato, a seguito di un tentativo di suicidio, all’inizio di una terapia psicodinamica tuttora in corso. Fino a quattro anni fa, ero pienamente soddisfatta del percorso terapeutico intrapreso poiché mi ha consentito di crescere nonostante me stessa, due genitori del tutto inadeguati ed un lungo succedersi di malattie e lutti gravi. Tre anni fa, è iniziato l’incubo. Mentre stavo con una persona che mi voleva bene ma di cui sentivo di non essere innamorata, è entrato nella mia vita il grande amore. Sposato. Con l’aiuto della terapeuta, prendo in parte le distanze da questa situazione, per me estremamente destabilizzante poiché mi rigettava nel dolore antico del rifiuto di mio padre. Lascio comunque il precedente ragazzo, per coerenza e correttezza, e ne conosco un altro che sembrava finalmente quello giusto. Parole, promesse, convivenza, un figlio perduto alla 12a settimana per un aborto spontaneo. All’improvviso, l’uomo perfetto si è trasformato in un muro. Abbandono emotivo, violenze verbali e a volte fisiche. Inutile la terapia di coppia: dopo pochissimi mesi dall’aborto, torno a casa mia. Dopo la crisi acuta iniziale, per la quale mi sembrava che la terapia mi aiutasse, si è cronicizzato uno stato di totale sfiducia nel futuro affettivo e il dolore praticamente costante per la perdita del figlio e della famiglia che desideravo profondamente. Soffro frequentemente di insonnia (risvegli notturni con difficoltà a riprendere sonno), mi viene spesso da piangere, ho attacchi di ansia, dimentico sempre più spesso le cose, sono annichilita dal senso di vuoto e di morte, mi sento disperata di fronte all’idea, che sento sempre più concreta, che non avrò mai un figlio e una famiglia. Premesso che non ricevo molti aiuti dall’esterno, mi dò comunque da fare per stare meglio (lavoro, cerco di uscire, di frequentare gente nuova, ho provato per alcuni mesi ad uscire con un uomo senza successo) con il solo sostegno della mia forza di volontà e della terapia. Nonostante siano trascorsi due anni dall’aborto e certi giorni siano normali, io sto spesso ancora così male da trovare sollievo solo nel sonno (a volte, dormo per 1-2 giorni sotto l’effetto di sedativi). La terapeuta si è dichiarata preoccupatissima per le mie ‘prove tecniche di suicidio’, dicendo che sono depressa, che sto rivolgendo tutta la rabbia contro di me e che sono ormai irraggiungibile. Fatto il quadro della situazione, ecco le mie domande:
E’ possibile che sia instaurato uno stato depressivo da curare anche con l’approccio farmacologico? Non mi piace l’idea di assumere farmaci e vorrei essere certa che ci sia la reale necessità .
E’ possibile che la terapia sia stata efficace fino ad un certo punto e poi abbia smesso di esserlo?
Quali altri tipi di terapia potrebbero essere utili nel mio caso?
E’ possibile che sia instaurato uno stato depressivo da curare anche con l’approccio farmacologico? Non mi piace l’idea di assumere farmaci e vorrei essere certa che ci sia la reale necessità .
E’ possibile che la terapia sia stata efficace fino ad un certo punto e poi abbia smesso di esserlo?
Quali altri tipi di terapia potrebbero essere utili nel mio caso?
[#1]
Gentilissima,
quanta sofferenza traspare....
A volte e credo sia il suo caso,è utile anche per brevi periodi combinare l'azione sinergica sia della terapia "parlata" a quella farmacologica.
le consiglio di prendere un appuntamento con un neurologo così che possa valutare insieme a lei il farmaco più giusto e calibrarlo in modo che le possa ridare un pò di serenità.
la terapia intrapresa può essere arrivata in quella fase in cui si deve ricorrere anche al farmaco ma non per questo deve considerarla inutile o sbagliata.
Ci tenga al corrente se vuole.
I miei migliori auguri
quanta sofferenza traspare....
A volte e credo sia il suo caso,è utile anche per brevi periodi combinare l'azione sinergica sia della terapia "parlata" a quella farmacologica.
le consiglio di prendere un appuntamento con un neurologo così che possa valutare insieme a lei il farmaco più giusto e calibrarlo in modo che le possa ridare un pò di serenità.
la terapia intrapresa può essere arrivata in quella fase in cui si deve ricorrere anche al farmaco ma non per questo deve considerarla inutile o sbagliata.
Ci tenga al corrente se vuole.
I miei migliori auguri
Dr. Sara Ronchi
sara71ronchi@gmail.com -3925207768
www.psicologa-mi.it
[#2]
<<Non mi piace l’idea di assumere farmaci e vorrei essere certa che ci sia la reale necessità . >>
Naturalmente non è possibile fare diagnosi a distanza, pertanto il consiglio è quello di effettuare una consulenza presso uno psichiatra che, una volta valutata direttamente la situazione, le potrà dire quale sia il percorso migliore da seguire. Resta comunque Lei a decidere come comportarsi, cioè se eventualmente seguire una terapia farmacologica oppure no.
Deve però tenere conto del fatto che, in alcuni casi, risulta molto più efficace una duplice terapia (psicoterapia e farmacoterapia).
Ha già discusso con la sua terapeuta delle sue perplessità in merito all'utilità che in questo momento non riesce a trovare nel lavoro che state effettuando insieme?
Naturalmente non è possibile fare diagnosi a distanza, pertanto il consiglio è quello di effettuare una consulenza presso uno psichiatra che, una volta valutata direttamente la situazione, le potrà dire quale sia il percorso migliore da seguire. Resta comunque Lei a decidere come comportarsi, cioè se eventualmente seguire una terapia farmacologica oppure no.
Deve però tenere conto del fatto che, in alcuni casi, risulta molto più efficace una duplice terapia (psicoterapia e farmacoterapia).
Ha già discusso con la sua terapeuta delle sue perplessità in merito all'utilità che in questo momento non riesce a trovare nel lavoro che state effettuando insieme?
Dr.ssa Paola Scalco, Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica
ASTI - Cell. 331 5246947
https://whatsapp.com/channel/0029Va982SIIN9ipi00hwO2i
[#5]
Utente
Che ho chiuso tutti i canali di comunicazione impedendole di avvicinarmi ed aiutarmi. Aggiungo che inizialmente la terapeuta mi indirizzo' anche da uno psichiatra che giudico' i miei sintomi del tutto normali in seguito agli eventi accaduti e mi prescrisse un farmaco a base di ago melatonina e stilnox, la cui combinazione mi portava pero' a fare cose di cui perdevo totalmente coscienza. Per questo decisi di sospendere
[#6]
Gentilissima,
A questo punto le conviene davvero prendere un appuntamento con un neurologo che le calibrerà il farmaco più giusto per lei;faccia presente che ha già provato quel farmaco che descrive e comunichi a lui gli effetti indesiderati che le creava.
Se la terapeuta pensa questo, è giusto cambiare.
Dopo 4 anni andati bene può essere che la relazione sia andata scemando e che non abbia più empatia e fiducia verso questo professionista.
per fortuna si può e si deve cambiare alcune volte.
prenda coraggio e dia una svolta per ritrovare il suo benessere partendo proprio dalla figura del neurologo.
I miei migliori auguri
A questo punto le conviene davvero prendere un appuntamento con un neurologo che le calibrerà il farmaco più giusto per lei;faccia presente che ha già provato quel farmaco che descrive e comunichi a lui gli effetti indesiderati che le creava.
Se la terapeuta pensa questo, è giusto cambiare.
Dopo 4 anni andati bene può essere che la relazione sia andata scemando e che non abbia più empatia e fiducia verso questo professionista.
per fortuna si può e si deve cambiare alcune volte.
prenda coraggio e dia una svolta per ritrovare il suo benessere partendo proprio dalla figura del neurologo.
I miei migliori auguri
[#7]
Gentile signora,
per quanto riguarda la scelta di un altro orientamento psicoterapico può leggere qui:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
Tuttavia, ci terrei prima a fare qualche considerazione con Lei riguardo quello che ci dice di Lei e della Sua vita. Se non ho capito male Lei ha iniziato una psicoterapia a 25 anni ed è ancora oggi in corso. In questi anni di terapia è riuscita, grazie all'aiuto della terapeuta, a capire quali sono le modalità relazionali con cui si avvicina agli altri e agli uomini in particolare, tenendo conto dell'angoscia abbandonica memorizzata da piccola? Riconosce, ad un certo punto, lo stesso pericolo di essere abbandonata? E se sì, che cosa fa? Questi aspetti li avete visti durante la terapia?
Mi ha colpita soprattutto questa frase: "All’improvviso, l’uomo perfetto si è trasformato in un muro." Non so se sia il Suo caso, ma molte donne con storie di deprivazione affettiva, sono incapaci di riconoscere soprattutto in un uomo quei segnali che rendono palese molte imperfezioni.
In altre parole è improbabile questa metamorfosi improvvisa nel Suo ex compagno, non crede?
Secondo Lei queste storie e i protagonisti di queste storie si assomigliano un po’?
Infine una nota sull'essere irraggiungibile: è comprensibile il desiderio di chiudersi quando si soffre, però ha mai pensato a cosa potrebbe esserLe utile in questo momento di sofferenza? Magari no, perchè -considerata la Sua storia- ha preferito (inconsapevolmente) scegliere si chiudersi per affrontare tutto il dolore da sola. E se invece adesso potesse permettersi il lusso di pensare a qualcosa di utile per sè o di più funzionale? Per esempio sperimentare che è possibile essere consolati da qualcuno quando si sta male... oppure condividere questo dolore con qualcuno... Perchè non prova a pensare a che cosa potrebbe aiutarLa da questo punto di vista?
per quanto riguarda la scelta di un altro orientamento psicoterapico può leggere qui:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
Tuttavia, ci terrei prima a fare qualche considerazione con Lei riguardo quello che ci dice di Lei e della Sua vita. Se non ho capito male Lei ha iniziato una psicoterapia a 25 anni ed è ancora oggi in corso. In questi anni di terapia è riuscita, grazie all'aiuto della terapeuta, a capire quali sono le modalità relazionali con cui si avvicina agli altri e agli uomini in particolare, tenendo conto dell'angoscia abbandonica memorizzata da piccola? Riconosce, ad un certo punto, lo stesso pericolo di essere abbandonata? E se sì, che cosa fa? Questi aspetti li avete visti durante la terapia?
Mi ha colpita soprattutto questa frase: "All’improvviso, l’uomo perfetto si è trasformato in un muro." Non so se sia il Suo caso, ma molte donne con storie di deprivazione affettiva, sono incapaci di riconoscere soprattutto in un uomo quei segnali che rendono palese molte imperfezioni.
In altre parole è improbabile questa metamorfosi improvvisa nel Suo ex compagno, non crede?
Secondo Lei queste storie e i protagonisti di queste storie si assomigliano un po’?
Infine una nota sull'essere irraggiungibile: è comprensibile il desiderio di chiudersi quando si soffre, però ha mai pensato a cosa potrebbe esserLe utile in questo momento di sofferenza? Magari no, perchè -considerata la Sua storia- ha preferito (inconsapevolmente) scegliere si chiudersi per affrontare tutto il dolore da sola. E se invece adesso potesse permettersi il lusso di pensare a qualcosa di utile per sè o di più funzionale? Per esempio sperimentare che è possibile essere consolati da qualcuno quando si sta male... oppure condividere questo dolore con qualcuno... Perchè non prova a pensare a che cosa potrebbe aiutarLa da questo punto di vista?
[#8]
Utente
Gentile Dottoressa,
in tutti gli anni di terapia, è emerso che la mia modalità di rapportarmi agli uomini normalmente può essere duplice: o scelgo uomini che non amo e che finisco per abbandonare per contenere l'angoscia di abbandono o scelgo uomini che non mi vogliono e mi abbandonano per restare dentro all'antico schema. Quello che ho definito l'uomo perfetto è nato dal mio tentativo, dopo anni di lavoro, di rompere lo schema perché davvero pareva essere un uomo che poteva farmi innamorare ma non abbandonarmi. Segnali: il primo che ho colto è stata la scelta, unilaterale, di avere il bambino (io gli avevo chiesto 6 mesi almeno di tempo per rodare la convivenza). Era già troppo tardi, sono rimasta incinta ed è cambiato tutto. Segnali precedenti, le assicuro, nessuno facile da interpretare nemmeno quando era un semplice amico (lo conoscevo già da tempo). Amici, parenti, tutti sono rimasti increduli. Consideri che me ne sono andata di casa solo 4 mesi dopo l'aborto, credo di avere mantenuto la capacità di percepire i segnali anche in un momento di estremo bisogno e difficoltà. Nel momento stesso in cui ho provato ad uscire dal mio schema, ho commesso un errore 'mortale'. Sono piena di rabbia che rivolgo contro me stessa, lo so.
Ma il mio tentativo di capire se la terapia è giusta o se ho bisogno di farmaci per avere una qualità di vita decente è proprio perchè capisco di avere un enorme bisogno di aiuto.
Grazie dell'ascolto e della risposta
in tutti gli anni di terapia, è emerso che la mia modalità di rapportarmi agli uomini normalmente può essere duplice: o scelgo uomini che non amo e che finisco per abbandonare per contenere l'angoscia di abbandono o scelgo uomini che non mi vogliono e mi abbandonano per restare dentro all'antico schema. Quello che ho definito l'uomo perfetto è nato dal mio tentativo, dopo anni di lavoro, di rompere lo schema perché davvero pareva essere un uomo che poteva farmi innamorare ma non abbandonarmi. Segnali: il primo che ho colto è stata la scelta, unilaterale, di avere il bambino (io gli avevo chiesto 6 mesi almeno di tempo per rodare la convivenza). Era già troppo tardi, sono rimasta incinta ed è cambiato tutto. Segnali precedenti, le assicuro, nessuno facile da interpretare nemmeno quando era un semplice amico (lo conoscevo già da tempo). Amici, parenti, tutti sono rimasti increduli. Consideri che me ne sono andata di casa solo 4 mesi dopo l'aborto, credo di avere mantenuto la capacità di percepire i segnali anche in un momento di estremo bisogno e difficoltà. Nel momento stesso in cui ho provato ad uscire dal mio schema, ho commesso un errore 'mortale'. Sono piena di rabbia che rivolgo contro me stessa, lo so.
Ma il mio tentativo di capire se la terapia è giusta o se ho bisogno di farmaci per avere una qualità di vita decente è proprio perchè capisco di avere un enorme bisogno di aiuto.
Grazie dell'ascolto e della risposta
[#9]
Cara Signora,
il suo percorso psicoterapeutico è stato letteralmente un percorso di vita, che l'ha accompagnata per tanti anni e le ha consentito di crescere sotto molti aspetti.
Non è da escludere che ciò che le è stato molto utile in passato ora non lo sia più, e che per motivi che non possiamo conoscere il rapporto con la dottoressa abbia fatto il proprio tempo.
Le ha detto che sta valutando se cambiare terapia?
Ha pensato alla possibilità di chiedere di persona un secondo parere per fare il punto della situazione?
il suo percorso psicoterapeutico è stato letteralmente un percorso di vita, che l'ha accompagnata per tanti anni e le ha consentito di crescere sotto molti aspetti.
Non è da escludere che ciò che le è stato molto utile in passato ora non lo sia più, e che per motivi che non possiamo conoscere il rapporto con la dottoressa abbia fatto il proprio tempo.
Le ha detto che sta valutando se cambiare terapia?
Ha pensato alla possibilità di chiedere di persona un secondo parere per fare il punto della situazione?
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"o scelgo uomini che non amo e che finisco per abbandonare per contenere l'angoscia di abbandono o scelgo uomini che non mi vogliono e mi abbandonano per restare dentro all'antico schema..."
Ottima analisi! Adesso Le manca lo step successivo, ovvero imparare a scegliere un uomo che ama e che sia all'altezza, che sappia trattarLa come Lei desidera. Quest'ultimo punto, però, forse non Le è ancora chiaro, cioè sapere che cosa desiderare, quali aspettative, ecc...
In quest'ottica potrebbe esserLe ancora utile un aiuto psicoterapico.
"... pareva essere un uomo che poteva farmi innamorare ma non abbandonarmi..."
Poichè questo aspetto ancora sfugge, è il caso di capire che cosa succede nelle dinamiche relazionali.
"Sono piena di rabbia che rivolgo contro me stessa..."
Un ulteriore passaggio della terapia dovrebbe puntare a permetterLe di utilizzare questa rabbia a Suo vantaggio e non contro se stessa, magari come energia per costruire qualcosa, per agire.
Tra le psicoterapie che possono aiutarLa, credo sarebbe il caso di sceglierne una dai tempi più stretti, in maniera da raggiungere il benessere che merita.
Saluti,
Ottima analisi! Adesso Le manca lo step successivo, ovvero imparare a scegliere un uomo che ama e che sia all'altezza, che sappia trattarLa come Lei desidera. Quest'ultimo punto, però, forse non Le è ancora chiaro, cioè sapere che cosa desiderare, quali aspettative, ecc...
In quest'ottica potrebbe esserLe ancora utile un aiuto psicoterapico.
"... pareva essere un uomo che poteva farmi innamorare ma non abbandonarmi..."
Poichè questo aspetto ancora sfugge, è il caso di capire che cosa succede nelle dinamiche relazionali.
"Sono piena di rabbia che rivolgo contro me stessa..."
Un ulteriore passaggio della terapia dovrebbe puntare a permetterLe di utilizzare questa rabbia a Suo vantaggio e non contro se stessa, magari come energia per costruire qualcosa, per agire.
Tra le psicoterapie che possono aiutarLa, credo sarebbe il caso di sceglierne una dai tempi più stretti, in maniera da raggiungere il benessere che merita.
Saluti,
Questo consulto ha ricevuto 10 risposte e 2.2k visite dal 16/11/2012.
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