Ansia cronica e somatizzazione

A maggio 2007 ho avuto il mio primo attacco di panico il quale sembrava non avere avuto conseguenze sulla mia vita quotidiana; già dal giorno successivo, nonostante il ricordo di quell'evento terribile, sono riuscita a svincolarmi dalla paura che si ripetesse, proseguendo nelle mie normali attività. A giugno dello stesso anno si è verificato il secondo attacco di panico, ma questa volta la mia vita non è più tornata la stessa. I sintomi si sono cronicizzati, mi svegliavo con le vertigini, un senso di nausea, inappetenza che si è protratta per circa 15 giorni, stanchezza cronica, paura di morire o di impazzire, che mi hanno impedito di portare avanti i miei impegni sociali, ma soprattutto universitari. A settembre, stanca e probabilmente anche depressa, ho deciso di chiedere aiuto; mi sono quindi recata dal mio medico di base che, dopo una visita approfondita per indagare le eventuali cause organiche dei miei malesseri, mi ha prescritto analisi del sangue, risultate perfette. Il passo successivo è stato quello di rivolgermi ad un psicoterapeuta di fiducia, dal quale tuttora vado una volta alla settimana. La strada farmacologica ho sempre rifiutato di seguirla; mia sorella è psichiatra di professione e conosco, almeno parzialmente, gli effetti che gli psicofarmaci hanno sul corpo e sulla vita di chi è costretto a prenderli. Ma soprattutto a spingermi a scegliere la strada più lunga, senza aiuti farmacolgici, è stata la volontà di uscire da questa situazione con le mie gambe; in fondo è sulle mie gambe che devo vivere, ho pensato, prima mi ci abituo, meglio è. Il motivo della mia richiesta di consulto è questo: nonostante i sintomi fisici si siano effettivamente attenuati, anche grazie ad un rimedio omeopatico, è subentrato, purtroppo nel quotidiano, un senso di depersonalizzazione, almeno mi sembra di averlo riconosciuto come tale. Talvolta mi chiedo "ma quello che sto vivendo è reale?" "ma la persona con la quale ho appena parlato esiste davvero?"; non perdo il contatto con la realtà, sono pefettamente certa delle risposte alle mie domande, ma il senso di estraneità, di irrealtà è forte e tremendo da vivere. Soprattutto questa sensazione riguarda la mia immagine riflessa nello specchio; so di essere io, ma è come se mi vedessi ogni volta per la prima volta, come se con questo corpo non avessi mai convissuto. Ho letto che la depersonalizzazione non è un sintomo allarmante nel quadro di un disturbo d'ansia, perchè valutato come associato o secondario. Ma a me sembra che l'ansia sia almeno parzialmente scomparsa e che il senso di irrealtà sia diventato il sintomo primario, la fonte stessa delle mie paure e di quel circolo vizioso che è diventato paura di impazzire- somatizzazione- paura di morire.
Inoltre, mentre inizialmente i sintomi dell'attacco di panico o comunque del mio disturbo d'ansia erano facilmente riconducibili ad uno stato psicologico, perchè "da manuale" (vertigini, nausea, palpitazioni, formicolii, testa vuota) adesso assumono quasi ogni giorno forme diverse costringendomi a ricorrere a mille specialisti, il cui responso è sempre lo stesso. Ginecologo per il ciclo irregolare, otorino per ronzii alle orecchie e senso di nodo alla gola, oculista per la vista annebbiata, mi hanno tutti garantito che sono una persona sana, almeno dal punto di vista organico. Stamattina mi sono sveglaita con una forte diarrea e ultimamente, anche se bevo una birra, il giorno seguente mi sveglio come se fossi reduce da una bevuta storica. Quindi mi sono convinta di avere dei problemi al fegato e mi chiedo, da quanti specialisti dovrò andare ancora per convincermi di essere una persona sana. La mia domanda è: tutto questo è riconducibile ad uno stato ansioso o effettivamente i dubbi sulla mia salute sono ancora plausibili, dopo tutti gli accertamenti in tal senso?
Sono pronta ad affrontare con grinta un eventuale disturbo psicologico, confermato anche da Voi, certa che un giorno arriverò a stare meglio di prima; la mia è stata una vita complessa e il mio star male ha coinciso con un importante cambiamento nella mia vita, l'inizio di una convivenza. Ciò che non potrei sostenere è la malattia, la morte, il dover rinunciare a quello che sto cercando faticosamente di costruirmi; paradossalmente questo è il momento più difficile della mia vita, per i motivi che ho spiegato, ma è anche il primo in cui talvolta ho l'impressione di essere felice. E anzichè gioire di questo, mi convinco ancora una volta di essere pazza.
Domando scusa se sono stata prolissa e Vi ringrazio di cuore per la disponibilità e per il servizio che fornite.
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Dr. Francesco Saverio Ruggiero Psichiatra, Psicoterapeuta 42.6k 1k
Gentile utente,

se fino ad ora, con un trattamento psicoterapeutico, piuttosto che avere di miglioramenti ha avuto un peggioramento nosograficamente piu' grave del disturbo iniziale, allora e' il caso di considerare che il suo trattamento psicoterapeutico non sta funzionando.
Inoltre, avendo una sorella psichiatra, forse sarebbe opportuno farsi indirizzare da Lei sulla migliore strada da seguire piuttosto che attendere che il suo trattamento possa funzionare.

A mio avviso attualmente e' necessario rivalutare sia il rapporto terapeutico che il trattamento stesso, indicando al suo terapeuta la presenza di questi sintomi peggiorativi.

Il trattamento farmacologico, se non necessario prima, attualmente puo' essere utile per migliorare lo stato in cui si trova attualmente.

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Dr.ssa Flavia Ilaria Passoni Psicologo, Psicoterapeuta 163 1
Gentile utente,
considerata la varietà e la complessità dei sintomi descritti dubito che possa trovare una qualsiasi base organica, mentre sembrano ricondursi facilmente alle diverse aree in cui si generano i tipi disturbi psicosomatici.
Non si accanisca oltre con gli esami e si tranquilizzi.
per ciò che concerne la depresonalizzazione in effetti i può risultare spesso come sintomo associato o emrgente soprattutto se si è in presenza di attacchi di panico reiterati e dalla sintomatolgia acuta,o di un episodio trauamatico che può aver aperto la strada ad un disturbo acuto da stress.
La questione è abbastanza complessa in quanto vanno distinti sintomi, eziologie e tipologie di trattamenti e se effettivamente di depresonalizzazione si tratta.
In alcuni approcci terapeutici peraltro molto efficaci per la cura del dusturbo da panico vengono utilizzate tecniche che incoraggiano proprio la dissociazione visivo-cinestesica del paziente nel contesto terapeutico, imparando invece a gestire i sintomi di depersonalizzazione egodistonici nel funzionamento quotidiano.
Per questo è necessari approfondire a più livelli la sua sintomatologia e il tipo di trattamento che sta affrontando, ed eventualmente reimpostarlo.
Ne parli con il suo terapeuta ed evenurualmente chieda un parere alla sorella.

Con i migliori auguri

F.I.Passoni
studiopsicologia@hotmail.it

F.I.Passoni
Dir. di SYNESIS, Centro di Consulenza Psicologica, Psicoterapia & Ipnosi Clinica

studiopsicologia@hotmail.it

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Utente
Utente
Gentili Dottori,
intanto Vi ringrazio per la tempestività delle risposte. Volevo precisare che sto seguendo una psicoterapia di tipo analitico, che da quel che so, prevede miglioramenti in tempi piuttosto lunghi; consigliate comunque di rivalutare il mio rapporto terapeutico e la strada che ho scelto di percorrere?
Puntualizzo anche riguardo al mio presunto disturbo di depersonalizzazione associato. Il primo episodio, al di là di quelli che hanno coinciso con i due attacchi di panico già descritti, si è verificato ad ottobre 2007. Subito dopo essermi svegliata ho iniziato ad avvertire un senso di estraneità; per tutta la giornata le mani mi sembrava che non fossero le mie, era come se vivessi in un film, come se non riuscissi a contestualizzare, come se la percezione della realtà non andasse oltre al mio campo visivo. La reazione è stata quella di piangere, tutto il giorno. L'indomani ho iniziato a prendere i fiori di Bach e ne ho sicuramente tratto un forte giovamento. Crisi di quel calibro non si sono più verificate. A metà febbraio ho iniziato un rimedio omeopatico (Cimicifuga) e il medico dal quale mi sono recata mi ha consigliato di smettere i fiori di Bach, quanto meno per capire, testuali parole, "cosa facesse cosa". Ora i momenti in cui mi sento strana, in cui avverto una realtà lontana da me, in cui il mio corpo sembra di un'altra, pur verificandosi quasi quotidianamente durano pochi secondi o minuti e, anche se non riesco a familiarizzare con il sintomo, ho l'impressione di riuscire almeno ad ignorarlo.
Può trattarsi effettivamente di depersonalizzazione?
Ringrazio ancora di cuore
Cordiali Saluti
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