Periodo difficile legato alla psicoterapia
Salve,
quest'estate ho finalmente deciso, anche grazie ai vostri consigli espressi in un precedente consulto on-line, di recarmi presso il consultorio della mia città per superare, tramite una terapia psicologica, dei gravi problemi famigliari.
Riassumendo in breve, mio padre è depresso da ormai 13 anni e affetto da bulimia/anoressia nervosa da 5 (non si è mai voluto curare non credendo di essere malato e mia madre non ha mai fatto nulla al riguardo, anzi, lo ha sempre "assecondato"), mia sorella, invece, ha un disturbo ossessivo compulsivo ed è, anche lei come me, in terapia con una psicologa.
Prima di intraprendere questo percorso, mia madre era il mio porto sicuro, il mio unico punto di riferimento, la persona più importante della mia vita.
Adesso, invece, dopo quasi due mesi di psicoterapia, la situazione si è completamente ribaltata: è emerso che, in realtà, la causa dei miei problemi è legata a lei, in quanto non ha preso alcun provvedimento per tutelare noi figli dai gravi problemi di mio padre. Per di più, si è sempre sfogata con me, sin da quando avevo solo 10 anni, rendendomi partecipe di dinamiche famigliari spiacevoli, facendo così aumentare il mio "astio" nei confronti di mio padre ritenendolo il carnefice della famiglia.
Ciò mi ha causato non pochi problemi (ad es. in età adolescenziale avevo delle condotte autolesive), anche nell'ambito sentimentale, spingendomi a scappare da ogni relazione coinvolgente.
Ora che mi sono resa conto della situazione, il rapporto con mia madre si è inevitabilmente logorato, non facciamo che litigare: io provo tanta rabbia nei suoi confronti, anche perchè si ostina tuttora a non voler chiedere aiuto per cercare almeno di sistemare la situazione; lei, invece, detesta la mia psicologa ritenendola colpevole di tutto ciò e mi accusa di lasciarmi influenzare.
Mi sento persa, smarrita, non ho alcuna via d'uscita e la situazione a casa è diventata ancora più insostenibile. La mia psicologa è preoccupata per me, per via dell'ambiente poco sano in cui sono costretta a vivere e mi ha consigliato di andare via di casa.. ma io non ho nessun parente in questa città. Dovrei trovare un lavoretto per mantenermi, magari abbandonare i miei sogni, essendo ancora una studentessa universitaria.
Nonostante mi sia resa conto di aver fatto dei grandi passi avanti in questi due mesi, viste, però, le conseguenze di questo percorso, mi chiedo se abbia fatto la cosa giusta, se questa terapia non mi stia creando più danni emotivi che benefici.
Se l'approccio della mia psicologa sia stato giusto, considerando che, sin dal primo momento, ha "inveito" contro mia madre, facendomi notare che il problema non è mio padre, essendo malato, ma proprio lei, che da madre in primis e moglie in secondo luogo, avrebbe dovuto prendere dei seri provvedimenti.
Mi sento fragile e non so più che scelta prendere, sto male emotivamente e tutto ciò mi sta distruggendo.
Vi sarei infinitamente grata se mi aiutaste a fare almeno chiarezza. Grazie
quest'estate ho finalmente deciso, anche grazie ai vostri consigli espressi in un precedente consulto on-line, di recarmi presso il consultorio della mia città per superare, tramite una terapia psicologica, dei gravi problemi famigliari.
Riassumendo in breve, mio padre è depresso da ormai 13 anni e affetto da bulimia/anoressia nervosa da 5 (non si è mai voluto curare non credendo di essere malato e mia madre non ha mai fatto nulla al riguardo, anzi, lo ha sempre "assecondato"), mia sorella, invece, ha un disturbo ossessivo compulsivo ed è, anche lei come me, in terapia con una psicologa.
Prima di intraprendere questo percorso, mia madre era il mio porto sicuro, il mio unico punto di riferimento, la persona più importante della mia vita.
Adesso, invece, dopo quasi due mesi di psicoterapia, la situazione si è completamente ribaltata: è emerso che, in realtà, la causa dei miei problemi è legata a lei, in quanto non ha preso alcun provvedimento per tutelare noi figli dai gravi problemi di mio padre. Per di più, si è sempre sfogata con me, sin da quando avevo solo 10 anni, rendendomi partecipe di dinamiche famigliari spiacevoli, facendo così aumentare il mio "astio" nei confronti di mio padre ritenendolo il carnefice della famiglia.
Ciò mi ha causato non pochi problemi (ad es. in età adolescenziale avevo delle condotte autolesive), anche nell'ambito sentimentale, spingendomi a scappare da ogni relazione coinvolgente.
Ora che mi sono resa conto della situazione, il rapporto con mia madre si è inevitabilmente logorato, non facciamo che litigare: io provo tanta rabbia nei suoi confronti, anche perchè si ostina tuttora a non voler chiedere aiuto per cercare almeno di sistemare la situazione; lei, invece, detesta la mia psicologa ritenendola colpevole di tutto ciò e mi accusa di lasciarmi influenzare.
Mi sento persa, smarrita, non ho alcuna via d'uscita e la situazione a casa è diventata ancora più insostenibile. La mia psicologa è preoccupata per me, per via dell'ambiente poco sano in cui sono costretta a vivere e mi ha consigliato di andare via di casa.. ma io non ho nessun parente in questa città. Dovrei trovare un lavoretto per mantenermi, magari abbandonare i miei sogni, essendo ancora una studentessa universitaria.
Nonostante mi sia resa conto di aver fatto dei grandi passi avanti in questi due mesi, viste, però, le conseguenze di questo percorso, mi chiedo se abbia fatto la cosa giusta, se questa terapia non mi stia creando più danni emotivi che benefici.
Se l'approccio della mia psicologa sia stato giusto, considerando che, sin dal primo momento, ha "inveito" contro mia madre, facendomi notare che il problema non è mio padre, essendo malato, ma proprio lei, che da madre in primis e moglie in secondo luogo, avrebbe dovuto prendere dei seri provvedimenti.
Mi sento fragile e non so più che scelta prendere, sto male emotivamente e tutto ciò mi sta distruggendo.
Vi sarei infinitamente grata se mi aiutaste a fare almeno chiarezza. Grazie
[#1]
Cara Utente,
la prima cosa che vorrei chiederle è se ha parlato con la sua psicologa di questo sentimento e dei suoi dubbi circa il percorso intrapreso. Se l'ha fatto, che cosa le ha risposto la sua psicologa? Se non l'ha fatto credo, invece, che sarebbe opportuno affrontare l'argomento direttamente con lei, in primis, proprio perché anche questo suo sentire può essere utile al percorso che state facendo insieme.
E' difficile dirle da qui quali siano le ragioni di questi suoi ripensamenti e sentimenti contrastanti; possono essere il frutto di un cambiamento in atto, di una resistenza, di un malessere di altro tipo... ma come potremmo noi dirle qualcosa di più rispetto a quello che potrà dirle la sua psicologa che la conosce di persona e che conosce dettagliatamente la sua storia?
Quello che mi sembra strano è che la collega abbia "inveito" contro sua madre. Vuole spiegare meglio cosa intende? E', solitamente, compito dello psicologo dare al paziente gli strumenti per trarre da sé le conclusioni circa i suoi vissuti emotivi senza "inveire" contro nessuno.
Non credo sia opportuno, in questo momento di palpabile debolezza emotiva, abbandonare il percorso intrapreso senza averne parlato con la collega che la sta seguendo. Se invece fosse cessata la fiducia nel lavoro che la sua psicologa sta facendo varrebbe la pena di valutare, se fosse possibile, una presa in carico da parte di altro professionista.
Tuttavia, anche in questo secondo caso, credo sia indispensabile che lei si confronti con la sua psicologa per elaborare questo vissuto e per prendere da sé, serenamente, ogni decisione che la riguarda che dovrà dipendere *solo* da lei (che scrive).
Stra facendo una psicoterapia? Se si di che tipo? Che tipo di obiettivi vi siete dati?
Un caro saluto
la prima cosa che vorrei chiederle è se ha parlato con la sua psicologa di questo sentimento e dei suoi dubbi circa il percorso intrapreso. Se l'ha fatto, che cosa le ha risposto la sua psicologa? Se non l'ha fatto credo, invece, che sarebbe opportuno affrontare l'argomento direttamente con lei, in primis, proprio perché anche questo suo sentire può essere utile al percorso che state facendo insieme.
E' difficile dirle da qui quali siano le ragioni di questi suoi ripensamenti e sentimenti contrastanti; possono essere il frutto di un cambiamento in atto, di una resistenza, di un malessere di altro tipo... ma come potremmo noi dirle qualcosa di più rispetto a quello che potrà dirle la sua psicologa che la conosce di persona e che conosce dettagliatamente la sua storia?
Quello che mi sembra strano è che la collega abbia "inveito" contro sua madre. Vuole spiegare meglio cosa intende? E', solitamente, compito dello psicologo dare al paziente gli strumenti per trarre da sé le conclusioni circa i suoi vissuti emotivi senza "inveire" contro nessuno.
Non credo sia opportuno, in questo momento di palpabile debolezza emotiva, abbandonare il percorso intrapreso senza averne parlato con la collega che la sta seguendo. Se invece fosse cessata la fiducia nel lavoro che la sua psicologa sta facendo varrebbe la pena di valutare, se fosse possibile, una presa in carico da parte di altro professionista.
Tuttavia, anche in questo secondo caso, credo sia indispensabile che lei si confronti con la sua psicologa per elaborare questo vissuto e per prendere da sé, serenamente, ogni decisione che la riguarda che dovrà dipendere *solo* da lei (che scrive).
Stra facendo una psicoterapia? Se si di che tipo? Che tipo di obiettivi vi siete dati?
Un caro saluto
Dr. Roberto Callina - Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo
Specialista in psicoterapia dinamica - Milano
www.robertocallina.com
[#2]
Ex utente
La ringrazio per la risposta, dottore.
Ho parlato con la mia psicologa di tutto ciò nella seconda seduta, dicendole che ero rimasta alquanto turbata delle cose abbastanza forti che mi aveva detto durante il primo colloquio, ma che, pensandoci successivamente, ho capito che, il suo, fosse un atto dovuto dalla sua professione. E lei mi ha confermato questa tesi, affermando che non avrebbe potuto fare diversamente essendo psicologa. Per inveire contro mia madre, intendo dire che, sin dal primissimo incontro, mentre le raccontavo la mia storia, non si risparmiava commenti, prese di posizione anche abbastanza forti, nei suoi riguardi. Mi ha detto, sin da principio, che mia madre non è stata una buona madre, che non ha tutelato noi figli, che è stata lei a causarci questi problemi con la sua inerzia e che avrei capito tutto ciò soltanto dopo aver intrapreso un percorso insieme. Altre volte, quando le raccontavo dei litigi in casa, mi consigliava di distaccarmi da mia madre, di trovarmi un lavoro per essere almeno indipendente dal punto di vista economico, di risponderle "a tono". Non dico che i suoi giudizi e le sue considerazioni riguardo mia madre e la mia vita famigliare siano sbagliati, credo che anche io, se fossi un'esterna, penserei le stesse cose, ma dirle in quel modo brusco e schietto e, per giunta, alla prima seduta, davanti ad una ragazza fragile, non credo sia stata una cosa giusta. Però non so se posso permettermi di dire ciò, la persona competente e professionale è lei, non mi sento di mettere in discussione il suo operato.. anche perchè ha un carattere molto forte e mi sentirei a disagio se dovessi esprimerle il mio rammarico e i miei dubbi. Con il passare del tempo non ho più messo in discussione il nostro percorso fino a ieri, quando mi ha consigliato di andare via di casa, di parlare di questa situazione con mio fratello (ne è all'oscuro lavorando in un'altra città), magari trasferirmi da lui. Mi sento bloccata, non so che fare, se penso al colloquio di ieri mi viene l'ansia e sto male. Ecco perchè ho nuovamente rimesso in discussione tutto, ripensando anche ai vecchi colloqui.
Non so di che tipo sia la mia psicoterapia, non mi sono stati detti neanche gli obiettivi da raggiungere.. vado solo ogni settimana da lei.
Ho parlato con la mia psicologa di tutto ciò nella seconda seduta, dicendole che ero rimasta alquanto turbata delle cose abbastanza forti che mi aveva detto durante il primo colloquio, ma che, pensandoci successivamente, ho capito che, il suo, fosse un atto dovuto dalla sua professione. E lei mi ha confermato questa tesi, affermando che non avrebbe potuto fare diversamente essendo psicologa. Per inveire contro mia madre, intendo dire che, sin dal primissimo incontro, mentre le raccontavo la mia storia, non si risparmiava commenti, prese di posizione anche abbastanza forti, nei suoi riguardi. Mi ha detto, sin da principio, che mia madre non è stata una buona madre, che non ha tutelato noi figli, che è stata lei a causarci questi problemi con la sua inerzia e che avrei capito tutto ciò soltanto dopo aver intrapreso un percorso insieme. Altre volte, quando le raccontavo dei litigi in casa, mi consigliava di distaccarmi da mia madre, di trovarmi un lavoro per essere almeno indipendente dal punto di vista economico, di risponderle "a tono". Non dico che i suoi giudizi e le sue considerazioni riguardo mia madre e la mia vita famigliare siano sbagliati, credo che anche io, se fossi un'esterna, penserei le stesse cose, ma dirle in quel modo brusco e schietto e, per giunta, alla prima seduta, davanti ad una ragazza fragile, non credo sia stata una cosa giusta. Però non so se posso permettermi di dire ciò, la persona competente e professionale è lei, non mi sento di mettere in discussione il suo operato.. anche perchè ha un carattere molto forte e mi sentirei a disagio se dovessi esprimerle il mio rammarico e i miei dubbi. Con il passare del tempo non ho più messo in discussione il nostro percorso fino a ieri, quando mi ha consigliato di andare via di casa, di parlare di questa situazione con mio fratello (ne è all'oscuro lavorando in un'altra città), magari trasferirmi da lui. Mi sento bloccata, non so che fare, se penso al colloquio di ieri mi viene l'ansia e sto male. Ecco perchè ho nuovamente rimesso in discussione tutto, ripensando anche ai vecchi colloqui.
Non so di che tipo sia la mia psicoterapia, non mi sono stati detti neanche gli obiettivi da raggiungere.. vado solo ogni settimana da lei.
[#3]
Cara Utente,
<<anche perchè ha un carattere molto forte e mi sentirei a disagio se dovessi esprimerle il mio rammarico e i miei dubbi.>>
credo che invece sia opportuno superare il suo disagio e parlare apertamente con la sua psicologa dei suoi dubbi e del suo rammarico; potrebbe essere un passaggio importante nel suo percorso e l'elaborazione del suo vissuto in seduta potrebbe far emergere elementi molto utili.
Per quanto riguarda il resto, non volendo entrare nel merito del lavoro che sta facendo la collega, credo sia, quanto meno, opportuno che lei abbia le idee chiare su quali siano gli obiettivi di questo percorso che, se non sono stati esplicitati, spero siano almeno condivisi in altro modo.
State, forse, lavorando per far raggiungere a lei una maggiore autonomia e indipendenza dalla sua famiglia?
State, invece, magari lavorando per superare un disturbo di qualche natura particolare (ansioso, depressivo...)?
Credo sia fondamentale che sappiate entrambe in che direzione state andando; se no, il rischio diventa quello di non capire, lei per prima, che cosa attendersi dalla psicoterapia.
Sarebbe importante comprendere gli obiettivi anche per poterle dare una seconda opinione. Non conoscendo i motivi precisi per cui si è rivolta alla psicologa, e quindi quali siano gli obiettivi condivisi, risulta difficile darle un parere sull'operato della collega.
Nel mio modo di lavorare, che si rifà ai principi della psicologia del profondo, non si danno consigli così incisivi ai pazienti; non gli si dice che sarebbe bene andare via di casa e non gli si dice, al primo colloquio, che la madre non è stata una buona madre...
Le consiglio davvero di parlare apertamente con la sua psicologa dicendole, anche, che ha sentito il bisogno di scrivere a noi per avere un parere su quanto le sta accadendo.
Un caro saluto.
<<anche perchè ha un carattere molto forte e mi sentirei a disagio se dovessi esprimerle il mio rammarico e i miei dubbi.>>
credo che invece sia opportuno superare il suo disagio e parlare apertamente con la sua psicologa dei suoi dubbi e del suo rammarico; potrebbe essere un passaggio importante nel suo percorso e l'elaborazione del suo vissuto in seduta potrebbe far emergere elementi molto utili.
Per quanto riguarda il resto, non volendo entrare nel merito del lavoro che sta facendo la collega, credo sia, quanto meno, opportuno che lei abbia le idee chiare su quali siano gli obiettivi di questo percorso che, se non sono stati esplicitati, spero siano almeno condivisi in altro modo.
State, forse, lavorando per far raggiungere a lei una maggiore autonomia e indipendenza dalla sua famiglia?
State, invece, magari lavorando per superare un disturbo di qualche natura particolare (ansioso, depressivo...)?
Credo sia fondamentale che sappiate entrambe in che direzione state andando; se no, il rischio diventa quello di non capire, lei per prima, che cosa attendersi dalla psicoterapia.
Sarebbe importante comprendere gli obiettivi anche per poterle dare una seconda opinione. Non conoscendo i motivi precisi per cui si è rivolta alla psicologa, e quindi quali siano gli obiettivi condivisi, risulta difficile darle un parere sull'operato della collega.
Nel mio modo di lavorare, che si rifà ai principi della psicologia del profondo, non si danno consigli così incisivi ai pazienti; non gli si dice che sarebbe bene andare via di casa e non gli si dice, al primo colloquio, che la madre non è stata una buona madre...
Le consiglio davvero di parlare apertamente con la sua psicologa dicendole, anche, che ha sentito il bisogno di scrivere a noi per avere un parere su quanto le sta accadendo.
Un caro saluto.
[#4]
Ex utente
L'unica cosa che mi è stata detta, durante la prima seduta, è che a percorso finito avrei compreso gli errori di mia madre in modo tale da non giustificarla, ritenendola "vittima" della situazione famigliare, e da comprendere che "amore" non significa, necessariamente, sopportare qualsiasi cosa.
Ovviamente, avrei superato questi problemi solo attraverso un "lungo" percorso di psicoterapia. Nelle seguenti sedute non si è più ripreso l'argomento.
Credo che ne parlerò la prossima settimana con la mia psicologa, anche se questo mi mette non poca ansia.. vedrò soprattutto di trovare il modo giusto per dirle che ho chiesto un consulto on-line circa "il suo operato".
L'aggiornerò non appena avrò tutte le risposte, ancora grazie, dottore.
Saluti.
Ovviamente, avrei superato questi problemi solo attraverso un "lungo" percorso di psicoterapia. Nelle seguenti sedute non si è più ripreso l'argomento.
Credo che ne parlerò la prossima settimana con la mia psicologa, anche se questo mi mette non poca ansia.. vedrò soprattutto di trovare il modo giusto per dirle che ho chiesto un consulto on-line circa "il suo operato".
L'aggiornerò non appena avrò tutte le risposte, ancora grazie, dottore.
Saluti.
Questo consulto ha ricevuto 6 risposte e 2.9k visite dal 26/10/2012.
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