TCC, ricadute, farmaci.

Buonasera, ringrazio ancora per la competenza degli esperti qui presenti
Scrivo di nuovo perchè mi trovo ad un punto morto della mia tcc.
Per problemi economici abbiamo concordato sedute bi-settimanali e la terapia dura da circa un anno e due mesi
Il percorso fin' ora sembra aver preso una strada non ben definita, e non so che "cosa" io debba affrontare di preciso, e come.
Sono entrato per attacchi di panico e dipendenza da internet, ma solo nell' ultimo periodo sono arrivato a determinate conclusioni: la mia situazione riguarda problemi di fobia sociale e comportamento passivo-aggressivo che mi porto irrisolti dalla tarda infanzia, l'ansia alimenta l'evitamento e l'aggressività e quindi l'esclusione sociale. Mi trovo in uno stato di "bambino adattato negativo" e "io genitore ipertrofico"(parole del terapeuta), praticamente un bambino "buono" e passivo nel corpo di un adulto, incapace di autonomia.
Il problema è questo: verifico sempre più che sto manifestando una modalità passivo aggressiva verso il terapeuta, ovvero eseguo solo certi compiti, solo in parte, e solo per compiacere il terapeuta, ma senza credere minimamente nella efficacia di certe cose, anzi, nell' eseguirle sento un senso di violenza nei miei confronti.
La ripercussione di ciò si è manifestata brutalmente in una nuova occasione sociale, con un blocco emotivo completo, fuga, chiusura, crisi di pianto.
Ora, scrivo nel mezzo di una crisi, ma sento che non riesco ad ottenere sufficiente aiuto, ne ho parlato con il terapeuta ma il discorso è finito nel nulla; purtroppo **non riesco a fare scattare la fiducia**; mi chiedo se aggiungere farmaci può contribuire a mutare questo approccio, o se non sia il caso di cambiare terapeuta. In particolare ho paura dell' ultima decisione perchè ho paura del cambiamento.
Ad ogni modo sono riuscito in qualche ora a demolire il lavoro di mesi.
Vi pregherei di un consiglio e vi ringrazio anticipatamente, solo chiedo , come ho già condiviso con il mio terapeuta, di non riservarmi solo parole incoraggianti o frasi motivanti da poster aziendale, purtroppo ho provato anche con quelle senza successo, e di non chiedermi classicamente se voglio guarire o meno: lo voglio, ma per farlo devo affidarmi e fidarmi, e non riesco a farlo. Grazie e mi auguro di non essere stato aggressivo anche con voi.
[#1]
Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Gentile signore,
mi sembra che lei si trovi davverp in una posizione scomoda: non si fida piu' di nessuno.
Non e' certo questo un contesto favorevole ad ottenere dei risultati.utilizzare dei farmaci potrebbe essere un aiuto ma a prescrivergli deve essere uno psichiatra.
Riguardo lo psicoterapeuta penso che dovrebbe nuovamente parlarci prima di prendere qualsiasi decisione. Comunque non tema le crisi. Possono costituire dei punti di svolta significativi!
I migliori saluti

Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132

[#2]
Utente
Utente
Dott.ssa
Ringrazio della tempestiva risposta. Sì, purtroppo la diffidenza è tipica per chi come me ha autostima molto bassa. Mi scuso se le sembro lagnoso, ma diventa molto difficile "cedere", di fronte a un vissuto di errori sempre identici, in condizioni di maturazione degli stessi sempre identiche, e le crisi si autoalimentano dal giudizio di condanna che mi autoinfliggo. L'analisi di tali situazioni secondo lo schema di Beck non mi ha aiutato perchè ho risposto con la stessa ansia e voglia di compiacimento che si può avere in una interrogazione scolastica. quindi quelle risposte perdono valore per me personalmente e dal punto di vista terapeutico, visto che la proposizione non rispecchia sinceramente il mio punto di vista. La verità è che l'unico convincimento nel quale credo è di non farcela. Il mio problema è sovvertire questo convincimento in modo, per me.....convincente (gioco voluto), ovvero pensare una sola volta che la terapia sia efficace , e dopo non pensarci mai più.
Ringrazio ancora.
[#3]
Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Sarebbe piu' facile! Invece un cambiamento si ottiene per piccoli passi avanti, qualcuno indietro e ripartire.
Nelle terapie che concernono la psiche e' sempre meglio imparare a rialzarsi che cercare di non cadere!


[#4]
Dr. Armando De Vincentiis Psicologo, Psicoterapeuta 7.2k 220
(..)eseguo solo certi compiti, solo in parte, e solo per compiacere il terapeuta, ma senza credere minimamente nella efficacia di certe cose, anzi, nell' eseguirle sento un senso di violenza nei miei confronti(..)

gentile utente, le risponderò nel modo più pragmatico possibile. La differenza nella soluzione di una terapia e la non soluzione sta nell'applicare i compiti prescritti, così come la differenza nella guarigione di una malattia organica sta nel prendere le mendicine e nel non prenderle. Il resto rappresenta solo una serie di autoinganni. (non ce la faccio, non ho fiducia, mi violento, non ci credo)tutti argomenti che mantengono la situazione invariata, in pratica che cronicizzano la malattia.
Come afferma la collega i cambiamenti si ottengono facendo piccoli passi (alcuni avanti altri indietro) ma fare questi passi rappresenta una scelta,la difficoltà è, spesso, un autoinganno. Si deve solo scegliere di essere più intelligenti di quella parte irrazionale di noi stessi che si auotoboicotta!


saluti

Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
https://www.facebook.com/groups/316311005059257/?ref=bookmarks

[#5]
Utente
Utente
Dott. De Vincentiis
«la difficoltà è, spesso, un autoinganno.»

Probabilmente da me sarebbe dovuta scattare una risposta sul modello "mi applicherò negli esercizi!!", a malincuore devo dirle che no.

Sono consapevole di ciò che afferma, perchè sono parole che anche il mio terapeuta usa molto spesso, nondimeno sono consapevole di accampare delle comode scuse, di autocommiserarmi etc. , etc. , etc., etc..

Il problema è fare proprie queste affermazioni e ciò viene prima di qualsiasi esercizio, altrimenti l'esercizio è fine a sé stesso.

E l'episodio stressante da me descritto mi ha riportato indietro di colpo, non voglio più nè uscire, nè frequentare corsi, nè frequentare persone, nè altro

Tuttavia non ho intenzione di mettere in mezzo categorie come la Volontà e il Coraggio, penso di aver raggiunto qualche minimo risultato in questi mesi. Il problema è il dubbio, non riesco a convincermi razionalmente e seguo gli istinti.

Come ho letto in risposte ad altri consulti forse non ho "toccato il fondo", ma è bene per me, e corro anche il rischio di sembrarle lagnoso. Toccare il fondo per me vuol dire essere portati di peso. Nel mio caso ho scelto la terapia. Scelta difficile, ma scelta.
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Dr. Armando De Vincentiis Psicologo, Psicoterapeuta 7.2k 220
(.)Il problema è fare proprie queste affermazioni e ciò viene prima di qualsiasi esercizio, altrimenti l'esercizio è fine a sé stesso(.)

questo è l'errore di fondo, cercare di prima di cambiare opinione sul problema per poi affrontare il problema. Gli approcci più pragmatici ti insegnano ad agire sul problema prima di avere un opinione su di esso. Tal opinione si modellerà sulla base del lavoro pratico. Pirma fare e poi pensare (quando il contrario non da più frutti).
saluti
[#7]
Utente
Utente
La ringrazio per le sempre tempestive risposte
Una cosa mi è scattata nella mente e cercherò di non perderla e di lavorarci: il concetto di scelta. Essere consapevoli che nel personale si sceglie anche quando non lo si vuole. Probabilmente, ed è paradossale, mi sto comportando nel modo opposto, ossia lascio che il mondo scelga per me, non accorgendomi che anche questa è una scelta. Prima fare poi pensare: anche nell'abbattermi prima ho fatto, anche se senza pensare. toccherà forse iniziare a fare il contrario? Ringrazio lei e la collega Dott.ssa Esposito per aver deciso di dedicare un pezzettino del vostro Sabato e Domenica alle riflessioni di una persona.
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