Università
Salve. Sono un ragazzo di 21 anni,vi espongoi i problemi avuti negli ultimi due anni. Mi sono diplomato con 100,ho sempre studiato,mi sono sempre stimato e per questo non ho mai avuto grossi problemi ad interagire con terzi o a rialzarmi da situazioni difficili. Detto ciò,dopo essermi diplomato scelgo,come avevo deciso da tempo,di provare il test di medicina. Tuttavia la maturità è stata piuttosto stancante,ho progetti extra-didattici paralleli da portare avanti e non mi preparo adeguatamente. So che non avrei superato il test,ma sono quasi sereno,perché ormai è prassi provare per lo meno due o tre volte. Tuttavia quando vedo il risultato insufficiente ad entrare,ci resto male e qualcosa comincia a vacillare.Decido di rimanere a casa e di prepararmi al successivo test,seguito da professori che possano aiutarmi a colmare le lacune nelle materie scientifiche. In questo anno,mio padre mi sta sempre addosso,controllandomi lo studio come fossi un bambino delle elementari. Provo il test il secondo anno e non ce la faccio,nuovamente. Sono deluso,perché questa volta è mancato davvero poco,un punto e pochi centesimi. Questa volta però mio padre è quasi rassicurato,mi dice che è contento al di là del risultato. Supero il test di biologia e sto per immatricolarmi,ma capisco che il contesto non mi stimola,non è quello che voglio e non so se proverò più il test di Medicina. Così decido di iscrivermi ad Ingegneria edile,dal momento che sono anche interessato ad Architettura( ed Economia) e che quindi potrei sfruttare come base per l'anno successivo. Mio padre non è d'accordo,e me lo fa capire esplicitamente. Sono arrabbiato per essere passato così in secondo piano,per essere diventato uno strumento in balia delle sue volontà,e vado fino in fondo con Ingegneria,quasi per disobbedienza. Però sono insicuro,la scelta universitaria non è slegata dalle opportunità di lavoro un domani,e l'orizzonte per gli ingegneri non è roseo. Così decido che avrei sfruttato la facoltà,studiando chimica,fisica e matematica per poi riprovare il test di Medicina. Siamo a settembre,provo il test più che sicuro,sono preparato e durante un anno di simulazioni non sono mai sceso sotto i 65 punti. Test difficile,non entro. Mi iscrivo a economia,convivendo con la rassegnazione nata dall'abbandono di un sogno. Vivo da solo,in un paesino del nord,mi manca la mia ragazza,cambio idea in un batter d'occhio,oggi penso che economia possa davvero interessarmi,domani mi ricordo di Medicina e soffro.Oggi penso che avrei dovuto rischiare e fare ciò per cui sono incline naturalmente,l'Architettura e il design,poi mi dico che lì non sarei così sereno in vista di un domani un po' precario. Sono diventato introverso,non riesco a guardare un interlocutore negli occhi,mi sento inferiore a chiunque e non riesco più a divertirmi,perché credo di non meritarmelo. Tutto mi sembra insormontabile,anche un semplice 2+2, e mi sento solo,perché quest'anno i miei amici,anche quelli meno quotati,ce l'hanno fatta.
[#1]
Caro ragazzo,
da quanto scrive sembra molto confuso e, forse, non solo a causa della scelta universitaria che sta rimettendo in discussione.
Purtroppo il panorama economico e le conseguenti incertezze per il futuro divengono spesso, per i giovani, un motivo di grande insoddisfazione; si tratta di un'insoddisfazione che si ripercuote nel quotidiano: paura di aver sbagliato, di non aver fatto la scelta giusta in vista di una prospettiva lavorativa incerta.
Questa è una condizione oggettiva su cui, purtroppo, non potrà esercitare alcun controllo. Quello che può, invece, fare è provare a pensare a quali siano i suoi reali desideri ideali e cercare di vivere l'esperienza universitaria come una "scuola di vita", come un'esperienza formativa che va al di là della semplice formazione teorica delle materie di studio.
Quando mi parla di introversione, la mia sensazione, è che il suo malessere non dipenda solo dalla scelta universitaria in sé; forse incide anche il cambio di vita. Mi sembra di capire (ma mi corregga se sbaglio) che vive lontano dalla famiglia per poter frequentare l'università.
Forse questo è un elemento che, nella sua vita, ha generato un cambiamento che lei non è riuscito ad integrare, ad elaborare nel modo migliore.
Credo che possa essere questo il motivo della sua difficoltà a instaurare relazioni significative; ciò che andrebbe indagato è il suo sentimento di inferiorità, di cui lei parla, che, probabilmente, non ha ragioni oggettive ma è una sua percezione dettata dagli eventi della vita e da questo cambiamento.
Quello che da qui possiamo fare e solo darle una virtuale pacca sulla spalla e dirle: "coraggio!"... ma non credo sia di questo di cui lei ha bisogno.
Che tipo di risposte si aspetterebbe da noi? Non è chiaro dal suo consulto cosa ci sta chiedendo se non di accogliere il suo legittimo sfogo emotivo.
Forse un consulto di persona con un collega de visu potrebbe aiutarla a fare un po' di chiarezza e a riacquistare la fiducia nelle sue capacità.
Un caro saluto
da quanto scrive sembra molto confuso e, forse, non solo a causa della scelta universitaria che sta rimettendo in discussione.
Purtroppo il panorama economico e le conseguenti incertezze per il futuro divengono spesso, per i giovani, un motivo di grande insoddisfazione; si tratta di un'insoddisfazione che si ripercuote nel quotidiano: paura di aver sbagliato, di non aver fatto la scelta giusta in vista di una prospettiva lavorativa incerta.
Questa è una condizione oggettiva su cui, purtroppo, non potrà esercitare alcun controllo. Quello che può, invece, fare è provare a pensare a quali siano i suoi reali desideri ideali e cercare di vivere l'esperienza universitaria come una "scuola di vita", come un'esperienza formativa che va al di là della semplice formazione teorica delle materie di studio.
Quando mi parla di introversione, la mia sensazione, è che il suo malessere non dipenda solo dalla scelta universitaria in sé; forse incide anche il cambio di vita. Mi sembra di capire (ma mi corregga se sbaglio) che vive lontano dalla famiglia per poter frequentare l'università.
Forse questo è un elemento che, nella sua vita, ha generato un cambiamento che lei non è riuscito ad integrare, ad elaborare nel modo migliore.
Credo che possa essere questo il motivo della sua difficoltà a instaurare relazioni significative; ciò che andrebbe indagato è il suo sentimento di inferiorità, di cui lei parla, che, probabilmente, non ha ragioni oggettive ma è una sua percezione dettata dagli eventi della vita e da questo cambiamento.
Quello che da qui possiamo fare e solo darle una virtuale pacca sulla spalla e dirle: "coraggio!"... ma non credo sia di questo di cui lei ha bisogno.
Che tipo di risposte si aspetterebbe da noi? Non è chiaro dal suo consulto cosa ci sta chiedendo se non di accogliere il suo legittimo sfogo emotivo.
Forse un consulto di persona con un collega de visu potrebbe aiutarla a fare un po' di chiarezza e a riacquistare la fiducia nelle sue capacità.
Un caro saluto
Dr. Roberto Callina - Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo
Specialista in psicoterapia dinamica - Milano
www.robertocallina.com
[#2]
Utente
Sì,vivo lontano dall'ambiente familiare,vivo da solo a più di 1000 chilometri da casa. Effettivamente sono stato troppo confusionario,ma non saprei rispondere in modo coinciso alla sua domanda. Non saprei dirLe quale risposta mi aspetto da voi. Vorrei solo capire per quale motivo voglio costantemente quello che non ho( studiavo per superare il test di Medicina ed invidiavo gli amici che studiavano Economia o Architettura,ho studiato Ingegneria edile e volevo Medicina,ora faccio economia e voglio medicina)oppure come posso tirarmi fuori dall'inerzia che caratterizza la mia vita da due anni a questa parte. Perché sono consapevole che qualcosa non va,ma non riesco a reagire. "Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di 50 piani. Mano a mano che cadendo passa da un piano all'altro, il tizio per farsi coraggio si ripete: "Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene. Fino a qui, tutto bene." Il problema non è la caduta, ma l'atterraggio." Diciamo che questa frase di un film dipinge gli ultimi due anni della mia vita,e vorrei che qualcuno mi aiuti per evitare l'atterraggio e rimettermi in carreggiata in tempo. Grazie per la risposta e la disponibiltà.
[#3]
Gentile Ragazzo,
alle preziose indicazioni del collega Dr Callina mi permetto di avanzare alcuni spunti per una riflessione comune.
La paura dell'atterraggio fa pensare all'"imprevedibilità", come se la situazione le stesse sfuggendo di mano.
Ora, l’impressione che ho avuto leggendo la sua domanda, è quella di un ragazzo che si è messo in gioco fin dall'inizio - in tutto e per tutto - ma che si sente, ahimè, di nuovo smarrito.. alle prese con il dilemma universitario.
Mi pare di capire che la scelta compiuta è di nuovo in trattazione... Ma è un nuovo patto con se stesso che riguarda la carriera universitaria, oppure è un patto d'altro tipo?
Francamente non m'e' chiaro cosa intenda veramente quando dice che vorrebbe mettersi in carreggiata in tempo.
Penso anche che a ventuno anni si hanno tutte le chances per provare e sbagliare. Ancora, a ventuno anni si hanno tutte le possibilità di ritestare un test d'ammissione ad una facoltà che piace molto. Però bisogna saper scegliere e saper scegliere fino in fondo.
Rimango a sua disposizione, con i migliori saluti
alle preziose indicazioni del collega Dr Callina mi permetto di avanzare alcuni spunti per una riflessione comune.
La paura dell'atterraggio fa pensare all'"imprevedibilità", come se la situazione le stesse sfuggendo di mano.
Ora, l’impressione che ho avuto leggendo la sua domanda, è quella di un ragazzo che si è messo in gioco fin dall'inizio - in tutto e per tutto - ma che si sente, ahimè, di nuovo smarrito.. alle prese con il dilemma universitario.
Mi pare di capire che la scelta compiuta è di nuovo in trattazione... Ma è un nuovo patto con se stesso che riguarda la carriera universitaria, oppure è un patto d'altro tipo?
Francamente non m'e' chiaro cosa intenda veramente quando dice che vorrebbe mettersi in carreggiata in tempo.
Penso anche che a ventuno anni si hanno tutte le chances per provare e sbagliare. Ancora, a ventuno anni si hanno tutte le possibilità di ritestare un test d'ammissione ad una facoltà che piace molto. Però bisogna saper scegliere e saper scegliere fino in fondo.
Rimango a sua disposizione, con i migliori saluti
Dr.ssa Alessandra VAROTTO
psicologa clinico dinamica indirizzo comunità
Iscritta all'albo Regione Veneto n.7550
www.studiovarotto.com
[#4]
Utente
Salve dottoressa. Quando parlo di rimettermi in carreggiata è perché ho il timore di non riuscire più ad avere la volontà o la motivazione valida per studiare,e io voglio studiare,perché in un modo o nell'altro,le facoltà che mi interessano non mancano. Economia è un patto con me stesso,voglio credere a quello che dicono i miei. Mi consigliano di essere più fatalista,di pensare che le cose con Medicina sono andate male perché sarebbero dovute andare ancora meglio,che Economia può offrirmi qualcosa in più rispetto a Medicina in rapporto ad età e lavoro. E' una scelta ancora in trattativa,perché,analizzando qualche dato statistico e volendo crederci,potrei essere ripescato a Medicina. Il problema è che non so più cosa voglio davvero,da due anni a questa parte quello che non ho è quello di cui ho bisogno. E mi scuso se posso dare l'impressione di un bambino capriccioso,ma non mi era mai capitato prima e vorrei capire perché per correggermi.
[#5]
Gentile Ragazzo,
non si preoccupi, non la sento capriccioso. La sento invece consapevole, che è diverso.
Io direi di aspettare il ripescaggio e di prepararsi all'eventualità del ritorno a medicina. Si ricordi - come riferisce bene il Dr Callina - che queste sono esperienze di vita e non si butta mai via niente. Già ne ha fatte di belle "grosse" come quella di star lontano da casa e dalla sua ragazza....
Mi scusi se insisto di nuovo:
credo che lei abbia tutte le capacità per adattarsi al nuovo cambiamento. Il passaggio da economia a medicina non sarà facile affatto, diciamocelo francamente. Ma faccia leva sul fatto che è una persona intelligente e curiosa ma forse anche un pò perfezionista...
Non anticipiamo i tempi e prendiamo le cose con calma, se e quando succedono. Mi tenga informato se sarà ripescato e poi eventualmente ci ricontattiamo.
non si preoccupi, non la sento capriccioso. La sento invece consapevole, che è diverso.
Io direi di aspettare il ripescaggio e di prepararsi all'eventualità del ritorno a medicina. Si ricordi - come riferisce bene il Dr Callina - che queste sono esperienze di vita e non si butta mai via niente. Già ne ha fatte di belle "grosse" come quella di star lontano da casa e dalla sua ragazza....
Mi scusi se insisto di nuovo:
credo che lei abbia tutte le capacità per adattarsi al nuovo cambiamento. Il passaggio da economia a medicina non sarà facile affatto, diciamocelo francamente. Ma faccia leva sul fatto che è una persona intelligente e curiosa ma forse anche un pò perfezionista...
Non anticipiamo i tempi e prendiamo le cose con calma, se e quando succedono. Mi tenga informato se sarà ripescato e poi eventualmente ci ricontattiamo.
[#7]
Caro utente,
è comprensibile il suo scoraggiamento difronte alle difficoltà che sta attualmente vivendo. Da quello che scrive pare che il suo disagio sia caratterizzato soprattutto dall'incertezza e dalla sfiducia nelle scelte che ha compiuto.Tuttavia siamo esseri umani e gli errori (anche di scelta) li commettiamo un pò tutti e servono per ricalibrare le nostre future azioni. Posso sbagliarmi ma la mia impressione è che le scelte universitarie (poco soddisfacenti da quanto dice) che lei sta prendendo servano più ad evitare uno stato di inattività che a percorrere un consapevole percorso esistenziale, con la conseguenza (ahimé) di rimanere imbrigliato in dubbi, insoddisfazioni e in una attività per lei poco sensata. L'invidia che prova per i suoi amici, qualunque sia la facoltà che hanno scelto, forse denota il bisogno non tanto di fare qualcosa, ma di percorrere una strada scelta con sicurezza e consapevolezza, di sapere chi si è e dove si vuole andare. Il consiglio che sento di darle è di fermarsi un momento e di capire quello che davvero vuole fare, cercando di accettare il rischio di quello che sarà, un qualcosa che adesso non possiamo conoscere e su cui è poco produttivo sollevare mille dubbi ed immaginarsi mille scenari che, appunto, immaginiamo soltanto, ma obiettivamente non sono realtà. Non è così semplice, ma è una buona strada per trasformare "l'atterraggio" che Kassovitz mette in bocca ad Hubert in un percorso fatto di alti e bassi che non porta necessariamente ad una caduta.
Le porgo i miei carissimi saluti.
è comprensibile il suo scoraggiamento difronte alle difficoltà che sta attualmente vivendo. Da quello che scrive pare che il suo disagio sia caratterizzato soprattutto dall'incertezza e dalla sfiducia nelle scelte che ha compiuto.Tuttavia siamo esseri umani e gli errori (anche di scelta) li commettiamo un pò tutti e servono per ricalibrare le nostre future azioni. Posso sbagliarmi ma la mia impressione è che le scelte universitarie (poco soddisfacenti da quanto dice) che lei sta prendendo servano più ad evitare uno stato di inattività che a percorrere un consapevole percorso esistenziale, con la conseguenza (ahimé) di rimanere imbrigliato in dubbi, insoddisfazioni e in una attività per lei poco sensata. L'invidia che prova per i suoi amici, qualunque sia la facoltà che hanno scelto, forse denota il bisogno non tanto di fare qualcosa, ma di percorrere una strada scelta con sicurezza e consapevolezza, di sapere chi si è e dove si vuole andare. Il consiglio che sento di darle è di fermarsi un momento e di capire quello che davvero vuole fare, cercando di accettare il rischio di quello che sarà, un qualcosa che adesso non possiamo conoscere e su cui è poco produttivo sollevare mille dubbi ed immaginarsi mille scenari che, appunto, immaginiamo soltanto, ma obiettivamente non sono realtà. Non è così semplice, ma è una buona strada per trasformare "l'atterraggio" che Kassovitz mette in bocca ad Hubert in un percorso fatto di alti e bassi che non porta necessariamente ad una caduta.
Le porgo i miei carissimi saluti.
Dr. Christian Spinelli
Psicologo&Psicoterapeuta
www.psicologospinelli.it
[#8]
Utente
Mi ha fatto capire alcune cose importanti. Effettivamente guardo ai miei amici e mi chiedo perché non riesco ad essere felice come loro,ed è effettivamente spiegabile dal fatto che loro sono più sereni e probabilmente hanno le idee più chiare sul loro futuro. Io attualmente non studio per evitare l'inattività,anzi in qualche modo sono qui anche perché nutro interessi verso più facoltà. Medicina è la fissazione,Economia mi intriga e Architettura è l'inclinazione personale. Probabilmente non riesco a concretizzare gli stimoli che mi danno le ultime due facoltà,perché non riesco a togliermi di dosso quel camice bianco che ho iniziato a indossare da almeno cinque o sei anni nel mio immaginario.
[#9]
In qualche modo si è dato la risposta da solo. Continui a studiare e, come hanno detto precedentemente i colleghi, ritenti e aspetti un eventuale ripescaggio. Non trascuri il fatto che è molto giovane ed ha tutta la libertà di lasciare e riprendere, chiarendo a se stesso sempre più, nel mentre, quello che cerca.
La risaluto
La risaluto
[#11]
Gentile utente,
il mondo del lavoro è spesso difficile, tanto più perciò bisogna cercare di fare a mio avviso una professione o un lavoro per cui si è portati, perchè in questo modo si hanno ovviamente più chances di riuscire.
Vale ancora di più il contrario: non vale la pena neppure provare a fare determinati lavori che richiedono una certa attitudine se non si ha quest'ultima, pensi ad esempio ad un lavoro di musicista, di medico, di ingegnere o anche di ragioniere.
La strada per cui lei riconosce di avere le maggiori attitudini personali (architettura e design) è quella che non ha mai deciso di intraprendere, mi sembra di capire perchè pensa che non abbia sufficienti sbocchi lavorativi.Credo tuttavia che nonostante le attuali difficoltà sicuramente ci sarà chi continua ad iscriversi a questa facoltà.
Alla luce di ciò che ho detto all'inizio forse potrebbero esserci altri motivi, anche inconsci che l'hanno distolta dal prendere architettura. Forse colloqui con uno psicologo e in un Centro di orientamento potrebbero rasserenarla ed aiutarla a prendere le giuste decisioni.
il mondo del lavoro è spesso difficile, tanto più perciò bisogna cercare di fare a mio avviso una professione o un lavoro per cui si è portati, perchè in questo modo si hanno ovviamente più chances di riuscire.
Vale ancora di più il contrario: non vale la pena neppure provare a fare determinati lavori che richiedono una certa attitudine se non si ha quest'ultima, pensi ad esempio ad un lavoro di musicista, di medico, di ingegnere o anche di ragioniere.
La strada per cui lei riconosce di avere le maggiori attitudini personali (architettura e design) è quella che non ha mai deciso di intraprendere, mi sembra di capire perchè pensa che non abbia sufficienti sbocchi lavorativi.Credo tuttavia che nonostante le attuali difficoltà sicuramente ci sarà chi continua ad iscriversi a questa facoltà.
Alla luce di ciò che ho detto all'inizio forse potrebbero esserci altri motivi, anche inconsci che l'hanno distolta dal prendere architettura. Forse colloqui con uno psicologo e in un Centro di orientamento potrebbero rasserenarla ed aiutarla a prendere le giuste decisioni.
Valentina Sciubba Psicologa
www.valentinasciubba.it Terapia on line
Terapia Breve Strategica e della Gestalt
Disturbi psicologici e mente-corpo
[#12]
Utente
Buongiorno dottoressa. Non ho intrapreso la facoltà di Architettura,perché sconsigliato da architetti che ho conosciuto,i quali mi hanno espressamente detto come molti dei loro sacrifici,economici e no,siano poi serviti a ben poco. Io vorrei solo un lavoro gratificante,studiare qualcosa che mi stimoli,con l'obiettivo però di esercitare un giorno e di mettere in pratica i miei studi. I miei genitori fanno tanti sacrifici per mantenermi gli studi,e io sto cercando di calibrare la scelta tenendo anche conto del dopo laurea. Purtroppo fino ad ora,ogni qual volta inizio un corso di laurea,mi distraggo,penso costantemente a Medicina.
[#13]
Gentile utente,
credo che anch'io sconsiglierei un giovane dal prendere psicologia, nonostante ciò i laureati in psicologia aumentano costantemente e mi risulta ci siano più annunci oggi per psicologi di qualche anno fa. Gli architetti contattati hanno cambiato la loro scelta? la cambierebbero?
Parlando in generale nelle nostre scelte personali dobbiamo cercare di fare in modo che siano il più possibili "nostre", perchè solo in questo modo potremo viverle con serenità e costanza.
Ovviamente in una scelta intervengono appunto molti fattori compresi l'ambiente sociale e familiare; le rinnovo il consiglio di parlarne con un professionista psicologo e con personale dei Centri di Orientamento (esistono anche Centri Universitari, Comunali, dei SalesianI) che potranno aiutarla a valutare l'importanza di tutte le variabili in gioco e conoscere le varie opportunità di lavoro in una scelta così delicata.
credo che anch'io sconsiglierei un giovane dal prendere psicologia, nonostante ciò i laureati in psicologia aumentano costantemente e mi risulta ci siano più annunci oggi per psicologi di qualche anno fa. Gli architetti contattati hanno cambiato la loro scelta? la cambierebbero?
Parlando in generale nelle nostre scelte personali dobbiamo cercare di fare in modo che siano il più possibili "nostre", perchè solo in questo modo potremo viverle con serenità e costanza.
Ovviamente in una scelta intervengono appunto molti fattori compresi l'ambiente sociale e familiare; le rinnovo il consiglio di parlarne con un professionista psicologo e con personale dei Centri di Orientamento (esistono anche Centri Universitari, Comunali, dei SalesianI) che potranno aiutarla a valutare l'importanza di tutte le variabili in gioco e conoscere le varie opportunità di lavoro in una scelta così delicata.
[#14]
Utente
Sì,gli architetti suddetti mi hanno parlato di un settore marcato da sfruttamento,o quasi,poche prospettive e tanta fatica più o meno vana. In qualche modo credo che da questo punto di vista stia influenzandomi molto la possibilità di studiare in una città piuttosto che in un'altra. Ora sono in un piccolo paesino del nord,e non mi trovo affatto bene. Credo che in qualche modo trovarsi bene in città sia un fattore critico di successo negli studi.Ad ogni modo,seguirò certamente il suo consiglio,dottoressa. La ringrazio per la disponibilità e la professionalità messe a mia disposizione.
[#15]
Caro ragazzo,
<<In qualche modo credo che da questo punto di vista stia influenzandomi molto la possibilità di studiare in una città piuttosto che in un'altra. Ora sono in un piccolo paesino del nord,e non mi trovo affatto bene.>>
Sembra, cosa su cui cercavo di farla riflettere nel precedente post, che la scelta universitaria sia secondaria ad altri fattori nel suo attuale vissuto di insoddisfazione.
La mia sensazione è che non sia tanto tale scelta a gettarla in questo stato di apparente disinteresse e confusione e a toglierle la voglia e l'energia per portare avanti gli studi con soddisfazione; sembra, invece, che sia la sua condizione di vita solitaria, in un paesino del nord in cui non è riuscito ad integrarsi e a costruire relazioni sociali soddisfacenti, che la portano a interrogarsi sulle scelte fatte.
Credo che da questo dovrebbe partire per cercare di mettere un po' d'ordine nella sua giovane vita. Ha tutto il tempo per fare le sue riflessioni e per tornare, eventualmente, sui suoi passi; le scelte vanno fatte, aiutano a crescere, ma non devono essere dogmatiche.
Ognuno di noi ha il diritto di sbagliare e di fare tesoro dei propri errori.
Le auguro che possa presto trovare la sua strada.
Un caro saluto
<<In qualche modo credo che da questo punto di vista stia influenzandomi molto la possibilità di studiare in una città piuttosto che in un'altra. Ora sono in un piccolo paesino del nord,e non mi trovo affatto bene.>>
Sembra, cosa su cui cercavo di farla riflettere nel precedente post, che la scelta universitaria sia secondaria ad altri fattori nel suo attuale vissuto di insoddisfazione.
La mia sensazione è che non sia tanto tale scelta a gettarla in questo stato di apparente disinteresse e confusione e a toglierle la voglia e l'energia per portare avanti gli studi con soddisfazione; sembra, invece, che sia la sua condizione di vita solitaria, in un paesino del nord in cui non è riuscito ad integrarsi e a costruire relazioni sociali soddisfacenti, che la portano a interrogarsi sulle scelte fatte.
Credo che da questo dovrebbe partire per cercare di mettere un po' d'ordine nella sua giovane vita. Ha tutto il tempo per fare le sue riflessioni e per tornare, eventualmente, sui suoi passi; le scelte vanno fatte, aiutano a crescere, ma non devono essere dogmatiche.
Ognuno di noi ha il diritto di sbagliare e di fare tesoro dei propri errori.
Le auguro che possa presto trovare la sua strada.
Un caro saluto
[#16]
Utente
Sono perfettamente d'accordo con lei,dottore. Mi sto lasciando condizionare da altri fattori,che inevitabilmente sto anteponendo alla scelta universitaria. Senza dubbio però lo sconforto conseguente al mancato superamento del test c'è e si fa sentire. Sto valutando un quarto e ultimo tentativo,senza vincolare tuttavia un intero anno a quelle due maledettissime ore. Proverò,o meglio mi sforzerò di provare come fosse un gioco,con la consapevolezza che ho già una carriera universitaria avviata. Quello su cui devo lavorare è non pensarci per ora,perché sono totalmente impotente adesso.La ringrazio per avermi aiutato a mettere chiarezza nella mia mente.
Questo consulto ha ricevuto 18 risposte e 3.1k visite dal 19/10/2012.
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