Due terapeuti

Buongiorno,
vi scrivo con la speranza di poter risolvere una questione che mi stà mantenedo in una situazione di impasse. Dall'inizio di quest'anno stò facendo delle sedute settimanali con uno psicologo ad indirizzo psicanalitico e da allora non riesco ASSOLUTAMENTE ad aprirmi su alcuni temi per me importantissimi. Qliel'ho anche detto e mi ha risposto che questo certo non favorisce il lavoro che stiamo facendo, che lo rallenta, ma che si può comunque proseguire. Il tempo però passa e io vedo che su certe questioni (che non sono una o due) continuo ad essere di una chiusura assoluta. Ritengo siano cose di un'importanza tale da non poter essere ascluse dalla seduta pena l'inefficacia del trattamento. Tuttavia mi dispiacerebbe da morire cambiare terapeuta, perchè la fiducia c'è, il feeling anche, e sugli argomenti trattati qualcosa si è mosso. Mi rendo però conto che di questo passo il rischio di non ottenere i risultati sperati è forse scontato. La domada che vi pongo allora è: potrebbe essere una soluzione mantenere questo rapporto e provare ad instaurarne un altro con altro terapeuta per approfondire solo quelle questioni che mi bloccano? Chiaramente in questo caso preferirei non informare gli interessati della scelta fatta o per lo meno non i nomi.
Chiederei di considerare il problema mettendovi nei miei panni.
Grazie.
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Dr.ssa Giselle Ferretti Psicoterapeuta, Psicologo 615 14
Cosa le fa pensare che, rivolgendosi ad un altro terapeuta, supererà l'impasse sugli argomenti tabù?

Dott.ssa Giselle Ferretti Psicologa Psicoterapeuta
www.giselleferretti.it
https://www.facebook.com/giselleferrettipsicologa?ref=hl

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Attivo dal 2012 al 2013
Ex utente
Diciamo che ciò che mi frena attualmente è che mi sento in un ambiente non esattamente "non giudicante". Mi piacerebbe sentire la libertà di poter parlare a ruota libera. Inoltre, in questo caso, considererei anche un approccio di tipo diverso come il cognitivo-comportamente (dopo aver letto degli articoli in propostito sul vostro sito.
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Dr.ssa Giselle Ferretti Psicoterapeuta, Psicologo 615 14
"Mi piacerebbe sentire la libertà di poter parlare a ruota libera"
Se lo conceda, cosa potrebbe succedere nel setting terapeutico?

Gentile signora,
il "non giudicante" deve attenere alla figura dello psicologo indipendentemente dall'orientamento psicoterapeutico. E' alla base del lavoro psicologico.

Resta da chiedersi se effettivamente il terapeuta a cui si è rivolta è un pò troppo giudicante, oppure se è lei che si sente giudicata e cerca l'approvazione in modo eccessivo.

Da qui non possiamo saperlo. Se il problema fosse il suo, che tiene troppo al giudizio altrui, non è cambiando terapeuta, o addirittura rivolgersi a due contemporaneamente, che risolverà la sua questione, anzi.

Un cordiale saluto,
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Dr.ssa Serena Rizzo Psicologo 202 9
Gentile signora,
comprendo le sue difficoltà, non è sempre semplice capire se il percorso intrapreso sia quello giusto, o meglio, quello più adatto.
Vedo una certa incongruenza rispetto ciò che ci scrive: l'aver instaurato una buona fiducia con il collega, ma sentirsi giudicata allo stesso tempo.
Bisognerebbe capire se la paura di essere giudicata riflette delle sue dinamiche o se obiettivamente il suo terapeuta metta in atto delle forme di giudizio.
L'essere esenti dal giudizio dovrebbe essere la linea guida per noi psicologi. Lei dovrebbe sentirsi protetta nel setting terapeutico, ciò le permetterebbe di affrontare i temi più delicati e di affidarsi completamente.
Provi a comprendere se quella del giudizio è una paura che risiede più in lei, rispetto che una caratteristica del collega. Solo così potrà chiarire a se stessa i suoi dubbi e decidere se continuare questo tipo di percorso.
Aldilà della tipologia di trattamento scelta, fiducia e sospensione del giudizio sono componenti essenziali per la buona riuscita di una psicoterapia.
La saluto cordialmente,
Dott.ssa Serena Rizzo,
www.psicologiabenevento.it
www.psicoterapiacognitivacampania.it

Dr.ssa serena rizzo

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Attivo dal 2012 al 2013
Ex utente
Gentili dottoresse vi ringrazio per le risposte. In effetti da come ho descritto il problema si possono ravvisare delle incongruenze. Quando parlo di "fiducia" mi riferisco nella sua competenza nel comprendere, che io riconosco. Che sia giudicante non ho dubbi, anche nei confronti delle persone citate in seduta. Vorrei comunque far notare che il senso del mio post non era tanto di sollevare una critica nei confronti del terapeuta, con il quale vorrei continuare, ma piuttosto di capire se fosse controproducente, in termini di risultati, affrontare alcuni problemi con altro terapeuta, se con questo dovessi trovarmi più a mio agio su alcune tematiche.
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Dr. Alessandro Raggi Psicologo, Psicoterapeuta 483 14
avere due psicoterapeuti contemporaneamente è controproducente per la psicoterapia.
L'orientamento psicoanalitico, che mi sembra essere quello del suo attuale terapeuta, lo si sceglie non solo in funzione del sintomo dal quale, eventualmente ci si vuole liberare, ma anche per avere una migliore comprensione circa il proprio modo di "funzionare" dal punto di vista psicologico ed affettivo.
L'orientamento cognitivo-comportamentale, in genere lo si sceglie per modificare il proprio modo di "funzionare" (e dunque liberarsi anche dei sintomi") senza necessariamente passare per una comprensione (analitica appunto) del proprio mondo interiore. Dunque è una questione di scelte che spettano a lei ed al tipo di risultato che si attende di ottenere (cosa vuole ottenere ma anche come vuole ottenerlo).
Il fatto che lei ancora non senta la "libertà" di dire tutto ciò che vorrebbe può essere effettivamente, come dice il suo terapeuta, un fattore limitante in un trattamento analitico, anche se comunque i tempi di ognuno possono essere molto diversi ed il terapeuta è normalmente rispettoso, come mi sembra nel suo caso, di queste esigenze.
Restando in un'ottica psicoanalitica, potrebbe comunicare al suo terapeuta la fantasia di avere due terapeuti, anche quella che uno abbia un orientamento diverso dall'altro, poichè potrebbe trarne delle interessanti informazioni circa il suo funzionamento inconscio, con notevole giovamento per il suo percorso.

Dr. Alessandro Raggi
psicoterapeuta psicoanalista
www.psicheanima.it

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Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317
Gentile Signora,
Il terapeuta con cui sta effettuando il percorso, e' un uomo, lei crede che se si trattasse di un adonna si sentirebbe piu' a suo agio?
Il clima che lei percepisce non giudicante, riguarda soltanto alcune argomentazioni o non si sente proprio a suo agio sempre e comunque ?
Se il clima e' giudicante, dovrebbe esserlo sempre, argomentazioni a parte, se invece riguarda alcune argomentazioni per lei " spinose" , potrebbe far parte di una sua resistenza , o meglio difficolta' , nell' affrontare tali temi, a prescindere dall' orientamento del terapeuta.
Ha parlato con il suo analista del suo disagio?

Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it

[#8]
Attivo dal 2012 al 2013
Ex utente
1000 grazie dottor Raggi per la sua replica. Le posso chiedere perchè è controproducente avere un secondo terapeuta? Cioè cosa potrebbe succedermi qualora lo facessi? Se per esempio fosse per me un problema confidare di avere paura di andare in aereo e mi rivolgessi ad un altro terapeuta per risolvere in tempi più rapidi solo questo problema puntando a modificarlo senza curarmi del perchè. Non potrebbe funzionare?

Forse il problema è che mi si ingarbuglierebbero i pensieri tra una seduta e l'altra? Forse si potrebbe sopendere e poi riprendere?


[#9]
Attivo dal 2012 al 2013
Ex utente
Molte grazie anche a lei dottoressa Randone per darmi la possibilità di capire meglio e rispondere meglio. Sì il terapeuta è un uomo. Se fosse una donna? Mah, forse in qualcosa potrebbe aiutare, ma fondamentalmente non è questo il problema, forse. Il clima che percepisco "giudicante" in effetti è costante, non riguarda solo certe argomentazioni, solo che questa percezione non mi crea problemi su tutto, ma solo su alcune cose. Sì,come dicevo ne ho parlato e mi ha detto che è un peccato perchè rallenta il percorso, ma che si può lavorare lo stesso. Però io così certi problemi non li risolvo, rimangono appesi, invece ho bisogno di risolverli. Ecco perchè ho pensato a questa soluzione. Di "trasferire" il tutto ad una/un altro non mi va perchè con questo mi va bene restare.

ps. a pensarci bene all'inizio il problema mi limitava in modo più modesto, poi si è sviluppato durante il percorso, ma ora è diventato ingombrante. Infatti ho sentito il bisogno di scrivervi.
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Dr. Alessandro Raggi Psicologo, Psicoterapeuta 483 14
gentile utente, s'immagini.
Grazie per la sua domanda mi da modo di precisare.
Uno dei motivi principali per cui non si possono sostenere due psicoterapie, nemmeno per il motivo che lei pone come esempio è che la psicoterapia non "funziona" come le medicine e la psiche non "funziona" come un organo fisico/corporeo.
Dunque seppur si possono prendere medicine diverse, magari una per motivi acuti e una per problemi cronici, non è altrettanto per la psicoterapia.
Ciò che rende una psicoterapia efficace infatti non è tanto l'orientamento in se, quanto il tipo di legame che si instaura con il terapeuta. E' la relazione il nodo del cambiamento non la tecnica in se per se, altrimenti basterebbe leggere un istruzione e non avremmo bisogno di vederci di persona.
Le ripeto, parli di queste sue fantasie con il suo terapeuta e vedrà che potrebbero aprirsi orizzonti di esplorazione molto utili per lei.
Stia bene.
[#11]
Dr. Armando De Vincentiis Psicologo, Psicoterapeuta 7.2k 220
(..)perchè è controproducente avere un secondo terapeuta? Cioè cosa potrebbe succedermi qualora lo facessi? (..)

Gentile utente, oltre a quello già indicatole, la confusione sarebbe un'altro effetto indesiderato. soprattutto se i terapeuti sono di orientamento differente. Provi ad immaginare in un consulto medico due specialisti che le indicano due strade diverse per risolvere il porblema, La conseguenza sarebbe quella di congelarsi a comprendere quale delle due sia la migliore. DA tale difficoltà emergerebbe la necessità di una terza lettura e così via. Pena la cronicizzaizone del problema.
ecco perchè due terapeuti, contemporaneamente, non farebbero bene.
saluti

Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
https://www.facebook.com/groups/316311005059257/?ref=bookmarks

[#12]
Dr.ssa Roberta De Bellis Psicologo, Psicoterapeuta 48
Gentile signora,

credo che non sia una buona idea avere due terapeuti con cui trattare differentemente i suoi problemi. Se ha fiducia in questa persona come dice, riparli di questa situazione ancora. Spesso è necessario solo del tempo per esprimere anche le questioni di cui si può avere qualche resistenza in piu'. Non è detto che subito, anche se ci si fida del terapeuta. Bisogna sentirsi pronti comunque. Se sta traendo dei risultati, vuol dire che il lavoro che state facendo è utile per lei. Non tutte le problematiche che si trattano in un lavoro terapeutici hanno la stessa tempistica.

Dott.ssa Roberta De Bellis

[#13]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
Qual è, esattamente, il problema che l'ha portata alla decisione di andare in terapia?

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

[#14]
Attivo dal 2012 al 2013
Ex utente
Ringrazio tutti per le cortesi risposte ed esaurienti precisazioni. Ne farò tesoro. Però dottor Raggi, è per me un'enorme delusione apprendere che ciò che rende una psicoterapia efficace non è tanto l'orientamento in se, quanto il tipo di legame che si instaura con il terapeuta e che è la relazione il nodo del cambiamento.Ho sempre pensato che ciò fosse importantissimo come valore aggiunto, e che ovviamente in caso contrario sia difficile avere risultati. Credevo insomma che, fatto salvo un buon rapporto, fossero poi gli strumenti della psicologia a fare il lavoro "vero", supportati da un valore scientifico. Altrimenti, se tutto(o quasi) si riduce al legame tra i due, perchè non affidarsi allora ad un buon prete, o a un maestro di vita?

Dottor Santonocito, la decisione iniziale è stata spinta da un disorientamento generale, nella quotidianità, nella prospettive future.
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
>>> Credevo insomma che, fatto salvo un buon rapporto, fossero poi gli strumenti della psicologia a fare il lavoro "vero", supportati da un valore scientifico. Altrimenti, se tutto(o quasi) si riduce al legame tra i due, perchè non affidarsi allora ad un buon prete, o a un maestro di vita?
>>>

Ha perfettamente ragione. In effetti la relazione terapeutica è una condizione necessaria, a volte sufficiente ma spesso no, affinché il problema o la difficoltà psicologica portata possa arrivare a soluzione. Ciò è più vero per alcune tipologie di disturbo e meno per altre, ma di base è chiaro che la specificità del terapeuta deve costituire un valore aggiunto.

L'orientamento da solo però non basta a definire le possibilità di successo di una terapia, perché anche all'interno di uno stesso orientamento psicoterapeutico possono esserci terapeuti più o meno competenti, come in qualsiasi altra categoria professionale.

Per farle un esempio preso a prestito dalla chirurgia: per una data tipologia d'intervento sarà possibile utilizzare tecniche diverse, ma a parità di tecnica ci saranno chirurghi più o meno competenti nell'eseguirla.

Legga questi articoli per informarsi:

https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html

https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/233-la-psicoterapia-che-cos-e-e-come-funziona.html

https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/2336-scegliere-lo-psicologo.html

Una delle differenze fra orientamenti è che in alcuni si cerca di ottenere nelle fasi iniziali una definizione il più possibile precisa del problema che porta la persona in terapia. È chiaro che:

>>> disorientamento generale, nella quotidianità, nella prospettive future
>>>

è una definizione alquanto vaga. Secondo alcuni approcci definire bene un problema è il primo passo per risolverlo, secondo altri è più opportuno fare un lavoro di scoperta senza darsi obiettivi definiti nell'immediato.

Si tratta anche di una questione di gusti: alcune persone si trovano bene a lavorare in un certo modo, altre con altri.

[#16]
Dr. Alessandro Raggi Psicologo, Psicoterapeuta 483 14
Gentile utente, la sua domanda è pertinente e merita una risposta.

<<se tutto(o quasi) si riduce al legame tra i due, perchè non affidarsi allora ad un buon prete, o a un maestro di vita?>>

- perchè nella relazione, per renderla terapeutica, devono essere poi calate le specifiche della psicoterapia, di qualunque orientamento si tratti.

Infatti, può avere splendide relazioni non terapeutiche con amici, preti e maestri di vita, ma non potrebbe avere una terapia con uno psicoterapeuta senza una relazione con quest' ultimo.

La saluto con molta cordialità.
[#17]
Attivo dal 2012 al 2013
Ex utente
Grazie dottori, veramente, mi fate capire delle cose.
Dottor Santonocito, mi permetto di riportare questa Sua frase:

"Secondo alcuni approcci definire bene un problema è il primo passo per risolverlo, secondo altri è più opportuno fare un lavoro di scoperta senza darsi obiettivi definiti nell'immediato."

Questo concetto mi solleva qualche perplessità sul lavoro che stò facendo. Il lavoro di "scoperta" mi pare possa mettermi davanti a delle realtà che richiedono risorse superiori a quelle che ho. Questo puo causare una moltitudine di sensazioni negative come inadeguatezza, frustrazione, sfiducia, ansia, scoramento o addiruttura angoscia.
Mi stò preoccupando eccessivamente?
[#18]
Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
Dal punto di vista di una terapia come la breve strategica, guardarsi dentro comporta un rischio: quello di credere di scoprire cose importanti su se stessi, quando invece può trattarsi di costruzioni indotte dal rimuginare ansioso, che però sembrano reali a causa dell'ansia. L'ansia può far sembrare reali le cose irreali.

>>> Mi stò preoccupando eccessivamente?
>>>

Questo ne è un esempio perfetto: il fatto stesso che se lo chieda indica che probabilmente è preoccupato. E più se lo chiede, indipendentemente dalle risposte che riceve, più la preoccupazione può aumentare.

La sua domanda si ritrova spesso fra le persione con tendenze ansioso-ossessive, che possono essere portate a un "disorientamento generale, nella quotidianità, nella prospettive future". Sono le classiche "domande esistenziali".

[#19]
Dr. Alessandro Raggi Psicologo, Psicoterapeuta 483 14
gentile utente, il lavoro che probabilmente sta facendo, come lei racconta, è orientato ad una comprensione delle sue dinamiche profonde, da questo i cambiamenti possibili sono molto importanti e soprattutto stabili nel tempo. E' certamente un lavoro molto impegnativo, che richiede una grande motivazione, questione che però, avrebbe dovuto chiarire con il suo analista fin dal principio. Ne avevate parlato? Lui le ha spiegato che per un trattamento psicodinamico o psicoanalitico (ancora di più) occorre essere consapevoli del lavoro atteso ed avere una grande motivazione?
In ogni caso il lavoro psicodinamico è un "guardarsi dentro" che implica poco il ragionamento logico formale, come starà probabilmente sperimentando, e dunque esclude la possibilità che lei si trovi a rimuginare - a causa - del percorso o che questo aggravi una sua ipotetica tendenza in tal senso. E' invece certamente possibile che lei tenda a rimuginare, ad essere indecisa, a prescindere dal trattamento che ha in corso.
I sentimenti che lei descrive sono sentimenti che possono essere presenti in un percorso di psicoterapia e compito dell'analista, in un percorso psicodinamico, è anche quello di darle la possibilità di esprimerli, e di comprenderne il senso. Comunque ne parli con il suo terapeuta, perchè nell'ottica della terapia che sta seguendo, queste sono delle evidenti resistenze, e dietro le resistenze si possono individuare motivazioni profonde che potrebbero portarla a conoscersi meglio e dunque a sentirsi più libera. Se avrà ovviamente anche lei la voglia e la motivazione di andare avanti. Cari saluti.
[#20]
Attivo dal 2012 al 2013
Ex utente
Grazie dottori. No, dottor Raggi, non c'è stato questo approfondimento iniziale con il terapeuta, o meglio, io ho manifestato il desiderio di approfondire il da farsi dopo aver esposto il mio stato di crisi interessato anche da un evidente deficit motivazionale, ma non mi è stato detto che una forte motivazione fosse essenziale per imbarcarsi nell'avventura. Quindi il percorso è iniziato sulla base di un "cerchiamo di fare qualcosa per stare meglio". La mia speranza era anche che il "lavoro" potesse stimolare la motivazione. Ma la motivazione, dottore, da dove viene? Bisogna trovarsela da soli? Si può essere aiutati in questo? Può essere recuperata? Non credo sia questione di buona volontà, perchè questa è anch'essa un prodotto della motivazione, o sbaglio?
Grazie per l'interessamento.
Sara
[#21]
Dr. Alessandro Raggi Psicologo, Psicoterapeuta 483 14
Gentile Sara,

Le sue perplessità mi sembrano fondate se è come lei afferma.

Potrebbe essere infatti non usuale iniziare un percorso psicoanalitico senza che vi siano stati dei colloqui iniziali sull'opportunità o meno (inclusi approfondimenti motivazionali) di intraprenderlo.

Diverso sarebbe qualora il suo terapeuta le abbia suggerito una psicoterapia dinamicamente orientata (cioè su basi psicoanalitiche) senza però che si inizi una vera e propria analisi personale.

Si tratta di differenze sostanziali che di solito vengono comunque esplicitate e chiarite all'inizio del percorso.

Provi comunque a chiedere al suo terapeuta qualche delucidazione in merito.

La buona volontà infine è uno degli ingredienti, ma da sola non basta, come lei ha giustamente compreso, per la motivazione ad un percorso analitico. Quest'ultima va rintracciata nei colloqui che si sostengono prima di iniziare il percorso, almeno così dovrebbe essere usuale.

[#22]
Attivo dal 2012 al 2013
Ex utente
Chiederò sicuramente delucidazioni in merito, come da Suo consiglio.
Grazie per il supporto.
Cordiali saluti.
Sara
[#23]
Dr. Alessandro Raggi Psicologo, Psicoterapeuta 483 14
Gentilissima, di nulla, torni a trovarci quando vuole.
[#24]
Dr.ssa Gianna Porri Psicologo, Psicoterapeuta 17
Gentile utente, essendo una Psicoanalista, mi è capitato di avere pazienti che non riuscivano ad aprirsi, visto che lei sta in una Terepia psicodinamica, il prerequisito per una buona riuscita è confidare tutto, ma tutto, anche le cose che le sembrano offessive, al suo analista. Che si sente giudicata per esempio, è molto importante che l'analista ne venga a conoscenza. Da anche svariate e-mail non si può capire se la sensazione di essere giudicata appertiene ad una delle sue problematiche, oppure se lei abbia incontrato un'analista veramente giudicante, il che mi sembrerebbe strano, visto che noi siamo addestrati proprio ad astenerci da ogni giudizio. Comunque, ribadisco anche quello che ha scritto il collega, tecnica a parte, tutte valide, la Terapia è pur sempre un incontro fra 2 persone, che possono avere subito un feelig oppure no. Certo se l'impasse continuasse e non c'è modo di sbloccarlo, comunicherei sinceramente al suo analista l'intenzione di cambiare Terapeuta e credo che poi la sua decisione, perchè solo lei può prenderla, dipenderà anche se la risposta che riceverà la soddisferà o meno.
Le faccio i migliori auguri, qualunque sia la sua decisione
Dr. Gianna Porri
Psicoanalista
Psicoterapia Breve Focale
Medicina Psicosomatica