Apatia e diminuzione dell'interesse nello studio

Buongiorno e buona domenica. L'estate è ormai giunta alla sua conclusione e, da studente di medicina, mi ritrovo nella preparazione degli esami di settembre. Materia da preparare: Neuroanatomia e Anatomia Microscopica.
Sono stato in vacanza per due settimane, pur continuando mattino e pomeriggio a studiare (tant'è che al mare sono andato un solo pomeriggio, uscivo solo di sera!), ma stava andando abbastanza bene, pur con le classiche preoccupazioni che hanno tutti gli studenti in pre-esame. Sono tornato venerdì, ma è da mercoledì pomeriggio che non studio nulla e non ripeto. Motivo? Le continue pressioni e litigi con mia madre! Fino a mercoledì lo studio procedeva abbastanza bene, senza disturbi particolari, ma da allora.............! Ho sempre avuto un percorso rettilineo in fatto di studi, sempre tutto a posto e voti alti, finchè l'anno scorso mi sono imbattuto nella perdita di mio padre, medico. E' sempre stato un uomo severo ma al tempo stesso vicino, mi sentivo in sua presenza corretto, sgridato a volte, ma al tempo stesso incentivato e spronato a studiare, oltre al fatto che mi svegliavo alla mattina con l'interesse di studiare le materie che lui stesso aveva studiato, sui suoi libri...la malattia l'ha portato alla scomparsa in piena estate. Da lì è mancata la sua figura. L'esame successivo la prima sconfitta: rimandato di un esame! Mia madre che ha iniziato a pressarmi, a chiedermi i motivi del fallimento, a volta dicendo che se non avessi superato un altro esame avrei potuto considerare l'opzione di abbandonare! Ho iniziato a sentire una certa apatia, nessuno stimolo interno, una diminuzione dell'interesse in ciò che studiavo, quasi avessi perso il motivo e l'ambizione. Una volta ho addirittura saltato un esame in quanto mi sentivo poco pronto (potete immaginare la reazione di mia madre!). Quest'anno ho però anche preso il mio primo 30 e per qualche giorno mi sono sentito parecchio galvanizzato...ma la mia mente mi porta sempre a pensare per poco tempo ai successi e per molto ai fallimenti. E così siamo giunti alla situazione attuale. I litigi continui mi fanno sentire pieno di stress, un senso leggero di pesantezza alla testa, voglia di dormire e lunghi sonni notturni, quasi volessi assentarmi dalla realtà, nonché un senso di apatia generale, poca lucidità. Le sue pressioni? Minacce se non studio, la pressione e il peso economico del "se non ti sbrighi negli studi", mi imputa di studiare poco (ma lei al mare andava in quest'ultima vacanza, io ero sempre rintanato in terrazza a ripetere!), confronti con amici o parenti prossimi alla laurea e sensi di invidia nei loro confronti...ho iniziato a pensare all'abbandono della facoltà o all'uso di nootropi...è davvero così tanto chiedere di essere spronato per tener alto l'umore, l'ambizione e l'interesse??
Manca una settimana all'esame e purtroppo aver saltato 4/5 giorni di studio mi ha fatto perdere del tempo che non avrei dovuto perdere! Sono 3 esami indietro...altro punto e causa di nervoso!
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Dr. Fernando Bellizzi Psicologo, Psicoterapeuta 1.1k 37
Gentile Utente,

in effetti il clima emotivo che descrive è molto complesso ed è per questo che risulta difficile studiare.
Solo che è anche difficile riuscire a risponderLe dato che andrebbe indagato dove si trova il motore principale della Sua motivazione a proseguire gli studi, e forse ha qualche importanza anche scoprire quale è stato il motore principale della scelta degli studi di medicina.

C'è poi da dire che alla sua età dovrebbe autospronarsi e dovrebbe in qualche modo sapere come tenere autonomamente alti ambizione ed interesse.

Certo il grosso stravolgimento familiare con la perdita del padre (per Lei) e del marito (per Sua madre) rappresentano anche un elemento da esplorare e da valutare, quanto siano influenti.

Dr. Fernando Bellizzi
Albo Psicologi Lazio matr. 10492

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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Gentile ragazzo,

il problema è lo studio e il fatto di essere indietro di 3 esami, oppure la relazione con la mamma o la perdita del papà? O tutto insieme?

Forse è il caso di dare alcune priorità per riprendere in mano la tua vità.

Per prima cosa, il lutto del papà (medico, con cui molto probabilmente ti identificavi anche professionalmente) e quindi il dolore non è stato del tutto superato: forse l'apatia viene da qui. Immagino che durante l'anno non avrai avuto modo di staccare per far fuori questo dolore.

Inoltre la mamma è molto preoccupata per il tuo futuro. Considera che adesso la mamma è sola e ha tutta la responsabilità per te (sei figlio unico?) e i tuoi "fallimenti" a lei pesano. Ma forse non pesano nel senso che un esame non superato sia visto come la fine del mondo, ma come responsabilità da parte sua, senza poterla dividere col papà.

La tua lettura della situazione però è: la mamma non mi capisce e ancor peggio mi stressa!

Comprensibile... ma ne hai parlato con lei? Le hai parlato delle tue difficoltà? e dei timori?

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicoterapeuta, Psicologo 4.9k 87
Gent.le ragazzo,
la perdita di tuo padre ti ha costretto ad affrontare la repentina separazione da lui, ma in realtà rappresenta anche l'opportunità di scoprire il senso della tua scelta universitaria che non dovrebbe esaurirsi nella gratificazione derivante dai voti alti, è una scelta che condizionerà il resto della tua vita e sarebbe importante far emergere le tue aspettative riguardo a questa professione. La motivazione non può che essere individuale non va cercata al di fuori (ad. esempio da tua madre), altrimenti rischi di nasconderti dietro ad inutili alibi.

Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it

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Utente
Utente
Ho coltivato la passione per la medicina dalle scuole medie. Periodicamente andavo in studio di mio padre aiutandolo come segretario, assistendolo nei piccoli interventi, seguendolo nelle visite domiciliari...avevo ogni giorno la possibilità di vivere quel mondo, così come lo stesso interesse e l'ambizione di farlo mio.
Provo periodicamente ad autospronarmi, andando "a umma a umma" negli ospedali a salutare pazienti mai conosciuti prima per esempio, creando un contatto...e devo dire che l'effetto non è negativo! Purtroppo in questo periodo non è stato possibile farlo...avendo anche poco tempo a disposizione.
Ho provato a parlarne con mia madre, ma lei passa dal bianco al nero...mi ha risposto che se mi stressa allora non mi dice più niente...ma così la situazione non cambia molto a mio parere! E' come se se ne lavasse le mani, come se una volta lanciato il sasso nascondesse la mano, lasciandomi però nel mio brodo ancora agitato! Quello che le chiedo è di incentivarmi, sottolineare i miei successi, le mie qualità, aumentando così la mia autostima (sono abbastanza orgoglioso, ma anche esigente con me stesso!)...riscoprendo di cosa sono capace (da una fonte esterna) capirei quanto valgo o potrei valere, prenderei uno sforzo o una fatica non dal basso verso l'alto ma dall'alto verso il basso, con senso di superiorità! Credo che il tutto avrebbe ripercussioni sulla prestazione e la preparazione (il 30 è stato figlio di questa filosofia!). E invece lei mi sottolinea che io penso solo a divertirmi la sera (e se fosse un modo per scappare dallo stress diurno?), che non penso a studiare (non sottolinea la mia lontananza dal mare o da tutti gli altri possibili impegni pur di studiare!), che mio cugino al 6° anno si sta laureando in medicina od altri miei amici nelle rispettive lauree triennali (non considerando il nostro lutto e gli effetti psichici conseguenti per esempio)...il tutto degenera in litigio, nervi tesi che si protraggono per l'intera giornata creando poca lucidità mentale e agitazione...ripenso poi al fatto che manca poco tempo e si aggiunge, quindi, l'ansia pre-esame: un immenso ed intricato circuito!!
Anzichè creare questo clima di tensione, controproducente per entrambi (per me in fatto di studio, per lei in fatto di salute!), perchè non cooperare mi chiedo?
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
"perchè non cooperare mi chiedo? "

Gentile ragazzo, la tua domanda è sensatissima, ma forse la mamma semplicemente non ce la fa adesso. Prima della morte del papà com'era la vostra relazione? Hai apprezzato un cambiamento nell'atteggiamento della mamma?
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicoterapeuta, Psicologo 4.9k 87
"Credo che il tutto avrebbe ripercussioni sulla prestazione e la preparazione (il 30 è stato figlio di questa filosofia!)."

Ecco a cosa mi riferivo quando parlavo di nascondersi dietro alibi inutili e fuorvianti, il 30 l'hai preso perché sei riuscito a valorizzare la tua preparazione in sede d'esame.
L'alternativa è che tu sviluppi una sorta di "dipendenza" dal giudizio di tua madre che serve solo a delegare le tue responsabilità.
Ottima invece l'idea di frequentare l'ospedale perché ti offre opportunità di entrare in relazione con i pazienti e le varie figure professionali, hai mai pensato di fare volontariato ?
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Utente
Utente
Il rapporto con i miei non è mai stato conflittuale, anche perchè ho sempre cercato di cogliere il motivo delle loro istruzioni. Dopo la morte di mio padre la situazione è cambiata, probabilmente per me per la mancanza della colonna e di colui che rappresentava fonte d'ispirazione, per lei per la mancanza dell'unico amore della sua vita e per le responsabilità derivanti dalla perdita. Certo, è molto più stressata, più agitata, più "iraconda"...come coppia erano come lo yang e lo yin, l'uno troppo razionale, l'altra troppo istintiva, senza mai però sfociare in crisi! Ora questo suo essere istintiva però sta emergendo con maggiore veemenza...e probabilmente si sta scontrando la mia inconscia ricerca di una colonna fonte d'ispirazione. Nelle emozioni sono abbastanza introverso, a differenza dell'atteggiamento molto più esplosivo...mi ricordo che poco dopo la morte ero io che cercavo di sdrammatizzare, cercare la battuta...era come scappare dal dolore...il tutto è sfociato in una settimana di ricovero per crisi convulsiva da stress...non ho ancora svuotato probabilmente il carico di un anno fa, periodicamente svuoto di qualche ml la boccetta di lacrime ma...è dura! Come un pesce attaccato all'amo (mio padre) mi ero abituato all'aria fuori dal fiume...e ora che sono caduto in acqua forse faccio fatica a nuotare! Devo ritrovare quell'input, quella fiamma che periodicamente si affievolisce...un pò di training autogeno potrebbe servire?
Ho valutato l'opzione del volontariato, per ora mi limito all'AVIS, anche se ho ricevuto altre richieste dalle Croci...consigli?
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Dr. Fernando Bellizzi Psicologo, Psicoterapeuta 1.1k 37
Gentile Utente,

se posso azzardare non credo che il training autogeno risolva tutto, ma credo che il problema sia proprio incentrato su questo aspetto che Lei scrive

> non considerando il nostro lutto e gli effetti psichici conseguenti

Personalmente credo che dovrebbe cercare un sostegno da uno psicologo esperto in elaborazione del lutto e convincere sua madre a fare altrettanto, dato che, mi corregga se sbaglio, ma le esortazione che cerca in sua madre sembrano più uno stimolo nei confronti di lei.
Le scrivo questo perchè, e nuovamente non esisti a correggermi se sbaglio, trovo un pò contradittorio *l'adulto che sta diventando medico* con *il bambino che chiede alla mamma di dirgli che è bravo*, ed avendo fiducia nelle sue doti di adulto, mi sembra più che cerchi di stimolare la mamma a fare la mamma.