Difflcoltà a guarire in psicoterapia
Gen.li Dottori,
Sono in terapia da diversi anni perchè ho sofferto di anoressia,narcisismo disturbo ossessivo compulsivo e fobie legate a varie malattie!Ho fatto tantissimi progressi,ho risolto il mio problema col cibo,e molti aspetti legati all'anoressia ma anche al narcisismo.Ora mi trovo in una situazione complicatissima nella terapia,sono confusa e non so proprio come uscirne.Sono nella fase post grandiosità ma di dipendenza e bisogno affettivo, dovrei avvicinarmi a fare quel grande passaggio che mi porta alla separazione,al distacco..insomma dovrei elaborare.' pur vero che il mio psic . mi dice che non ho ancora una struuttura forte per poter fare ciò .Ma non penso che non ci riuscirò mai. Non ci riesco proprio ..lo penso a tal punto che ho il dubbio di non essere davvero portata per una psicoterapia!Invece di canalizzare la mia rabbia versoi colpevoli originari di tutto il mio vissuto,me la prendo con la terapia,provo un senso di amarezza nei confronti della psicoterapia e questo non penso proprio sia buono ai fini di un buon esito della terapia.Sono disperata!Credo di essere ancora molto nel bisogno e nella dipendenza affettiva,lo riconosco ma ho difficoltà a vivermi emotivamente il bisogno e e a pensare come terapeutico un distacco,ma è pur vero che ho iniziato un percorso terapeutico e voglio uscirne nel migliore dei modi possibili.Cioè vorrei uscirne e riuscire ad elaborare nel modo giusto
Sono sempre stata la ribelle della famiglia ,ora mi sento vigliacca e codarda!!!!Per di più sono entrata in fissa sul fatto che morirò dopo la guarigione e non mi sembra una fobia ma una premonizione ad avvalorare questa mia tesi cè l'aver fumato tantissime sigarette in una mia recente fase depressiva.Mi chiedo come oso pensare che è una fobia se ho fumato così' tanto,mi pare normale che morirò giovane..quindi non guarirò mai e questo non mi fa trovare un senso alla terapia e alla guarigione!
Sono in terapia da diversi anni perchè ho sofferto di anoressia,narcisismo disturbo ossessivo compulsivo e fobie legate a varie malattie!Ho fatto tantissimi progressi,ho risolto il mio problema col cibo,e molti aspetti legati all'anoressia ma anche al narcisismo.Ora mi trovo in una situazione complicatissima nella terapia,sono confusa e non so proprio come uscirne.Sono nella fase post grandiosità ma di dipendenza e bisogno affettivo, dovrei avvicinarmi a fare quel grande passaggio che mi porta alla separazione,al distacco..insomma dovrei elaborare.' pur vero che il mio psic . mi dice che non ho ancora una struuttura forte per poter fare ciò .Ma non penso che non ci riuscirò mai. Non ci riesco proprio ..lo penso a tal punto che ho il dubbio di non essere davvero portata per una psicoterapia!Invece di canalizzare la mia rabbia versoi colpevoli originari di tutto il mio vissuto,me la prendo con la terapia,provo un senso di amarezza nei confronti della psicoterapia e questo non penso proprio sia buono ai fini di un buon esito della terapia.Sono disperata!Credo di essere ancora molto nel bisogno e nella dipendenza affettiva,lo riconosco ma ho difficoltà a vivermi emotivamente il bisogno e e a pensare come terapeutico un distacco,ma è pur vero che ho iniziato un percorso terapeutico e voglio uscirne nel migliore dei modi possibili.Cioè vorrei uscirne e riuscire ad elaborare nel modo giusto
Sono sempre stata la ribelle della famiglia ,ora mi sento vigliacca e codarda!!!!Per di più sono entrata in fissa sul fatto che morirò dopo la guarigione e non mi sembra una fobia ma una premonizione ad avvalorare questa mia tesi cè l'aver fumato tantissime sigarette in una mia recente fase depressiva.Mi chiedo come oso pensare che è una fobia se ho fumato così' tanto,mi pare normale che morirò giovane..quindi non guarirò mai e questo non mi fa trovare un senso alla terapia e alla guarigione!
[#1]
Gentile Utente,
quali sono gli obiettivi terapeutici concordati e raggiunti fin qui?
E quali quelli da raggiungere?
La sua terapia è condotta da uno psicologo o da uno psichiatra?
Quali altre figure professionali sono coinvolte nel processo di guarigione?
"Ora mi trovo in una situazione complicatissima nella terapia,sono confusa e non so proprio come uscirne."
E' riuscita a parlare col terapeuta di questa confusione? Che cosa le ha detto?
Attualmente assume anche farmaci?
quali sono gli obiettivi terapeutici concordati e raggiunti fin qui?
E quali quelli da raggiungere?
La sua terapia è condotta da uno psicologo o da uno psichiatra?
Quali altre figure professionali sono coinvolte nel processo di guarigione?
"Ora mi trovo in una situazione complicatissima nella terapia,sono confusa e non so proprio come uscirne."
E' riuscita a parlare col terapeuta di questa confusione? Che cosa le ha detto?
Attualmente assume anche farmaci?
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#2]
Ex utente
Seguo una terapia con uno psicologo psicoterapeuta presso un asl ,da sempre,quando ho periodi di forte ansia o panico mi rivolgo anche allo psichiatra.Da un anno assumo nuovamente e stabilmente un antidepressivo prescritto dal mio psichiatra.Ho in atto anche una dissociazione dovuta a pensieri ossessivi iniziata due anni fà,la mia è una storia un pò lunga e complicata da spiegare,mi rendo conto che non potrei farlo da qui.Mi preoccupa il fatto di non riuscire mai a "risolvermi" davvero...solo che mi rendo conto che ho grosse difficoltà emotive.Lo psicologo sostiene che nelle condizioni in cui sono dovrei andare cauta e ha ragione...sarà la lunghezza e la difficoltà del percorso che mi strema.,anche perchè è da pochissimo che ho un minimo di risveglio emotivo!Mi blocca il pensarmi continuamente infelice,ciò pensare di essere guarita e poi morire,o poi annoiarmi,o non essere soddisfatta comunque.
[#3]
Gent.ma Utente,
da quanti anni è in psicoterapia?
Con che cadenza si svolgono le sedute?
Vista le serie di diagnosi che ha ricevuto inizialmente e i progressi che riconosce di aver fatto non si direbbe proprio che la psicoterapia non sia la sua strada, non crede?
Quando i quadri clinici sono complessi come il suo è normale che i percorsi terapeutici siano lunghi e tortuosi e che occorrano tempo, fatica e pazienza per risolvere i problemi.
Penso che nella sua situazione il punto possa essere quello che le illustrerò di seguito, ma intanto rilegga questa successione di frasi che ci ha scritto:
"Sono nella fase post grandiosità ma di dipendenza e bisogno affettivo"
"ho difficoltà a vivermi emotivamente il bisogno e e a pensare come terapeutico un distacco"
"me la prendo con la terapia, provo un senso di amarezza nei confronti della psicoterapia".
In pratica: lei è migliorata molto per quanto concerne il Disturbo Narcisistico di Personalità, ora ammette di aver bisogno degli altri (cosa che un narcisista non ammetterebbe mai), ma questo le genera una certa rabbia che si riversa sul percorso terapeutico - rabbia che non le consente ancora di transitare nella dipendenza per poi diventare autonoma, ma potrebbe invece consentirle di porre fine alla psicoterapia (cosa che non immagina di riuscire a fare) proprio grazie ai pensieri che le suscita.
E' facile distanziarsi da qualcosa che non si sopporta, e non da qualcosa che si ama e apprezza.
Dare sfogo a questa "amarezza" le risolverebbe dunque il problema della terapia dalla quale non riesce a prendere le distanze, se non fosse che le eviterebbe di affrontare e risolvere il problema della dipendenza nella quale è necessario che lei transiti per poi uscirne rafforzata, avendo ammesso e tollerato che ci sia stato stato qualcuno "superiore" a lei e che ha potuto darle ciò che le serviva e di cui aveva bisogno.
Non so quanto sia comprensibile il mio discorso, spero che abbia inteso quello che vorrei comunicarle (eventualmente mi chieda chiarimenti).
Di conseguenza la soluzione risiede nel portare avanti la psicoterapia fino a quando chi si occupa di lei lo riterrà utile e lei sarà sufficientemente forte dal punto di vista strutturale da camminare del tutto con le proprie gambe.
da quanti anni è in psicoterapia?
Con che cadenza si svolgono le sedute?
Vista le serie di diagnosi che ha ricevuto inizialmente e i progressi che riconosce di aver fatto non si direbbe proprio che la psicoterapia non sia la sua strada, non crede?
Quando i quadri clinici sono complessi come il suo è normale che i percorsi terapeutici siano lunghi e tortuosi e che occorrano tempo, fatica e pazienza per risolvere i problemi.
Penso che nella sua situazione il punto possa essere quello che le illustrerò di seguito, ma intanto rilegga questa successione di frasi che ci ha scritto:
"Sono nella fase post grandiosità ma di dipendenza e bisogno affettivo"
"ho difficoltà a vivermi emotivamente il bisogno e e a pensare come terapeutico un distacco"
"me la prendo con la terapia, provo un senso di amarezza nei confronti della psicoterapia".
In pratica: lei è migliorata molto per quanto concerne il Disturbo Narcisistico di Personalità, ora ammette di aver bisogno degli altri (cosa che un narcisista non ammetterebbe mai), ma questo le genera una certa rabbia che si riversa sul percorso terapeutico - rabbia che non le consente ancora di transitare nella dipendenza per poi diventare autonoma, ma potrebbe invece consentirle di porre fine alla psicoterapia (cosa che non immagina di riuscire a fare) proprio grazie ai pensieri che le suscita.
E' facile distanziarsi da qualcosa che non si sopporta, e non da qualcosa che si ama e apprezza.
Dare sfogo a questa "amarezza" le risolverebbe dunque il problema della terapia dalla quale non riesce a prendere le distanze, se non fosse che le eviterebbe di affrontare e risolvere il problema della dipendenza nella quale è necessario che lei transiti per poi uscirne rafforzata, avendo ammesso e tollerato che ci sia stato stato qualcuno "superiore" a lei e che ha potuto darle ciò che le serviva e di cui aveva bisogno.
Non so quanto sia comprensibile il mio discorso, spero che abbia inteso quello che vorrei comunicarle (eventualmente mi chieda chiarimenti).
Di conseguenza la soluzione risiede nel portare avanti la psicoterapia fino a quando chi si occupa di lei lo riterrà utile e lei sarà sufficientemente forte dal punto di vista strutturale da camminare del tutto con le proprie gambe.
Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it
[#4]
Ex utente
Gentile Dott.essa,
ha colto pienamente il punto della situazione e il suo discorso credo che mi sia chiaro ;quando lei mi dice" avendo ammesso e tollerato che ci sia stato qualcuno "superiore" a lei e che ha potuto darle ciò che le serviva e di cui aveva bisogno." credo lei si riferisca alla mia difficoltà di ammettere un bisogno e di "mettermi nelle mani altrui".In realtà nelle mani altrui mi ci metto ma sempre con una certa "distanza emotiva",quanto serve da un lato per vivermi la dipendenza e il bisogno assecondando l'altro e godendo della "sua compagnia ",dall'altro lato per evitare di "affidarmi emotivamente e completamente all'altro"e sentirmi poi irretita.o delusa ,o distrutta!La solitudine mi annoia troppo e cerco sempre la compagnia altrui . Mi piace assecondare pur di avere qualcuno accanto.Sono sempre stata molto accondiscendete nei confronti dell'altro,ma distante e per niente empatica.Per me"avanzare un richiesta"all'altro è sempre stata una guerra persa in partenza,misono sempre detta "che dipendo a fare,tanto non posso dipendere,posso solo assecondare l'altro perché nessuno asseconda me?"Che mi arrabbio a fare?Quindi" che mi pongo a fare il problema?"Se non me lo pongo però..rimango così!Però a pensarci bene c'è stato un cambiamento nell'ultimo periodo sento il bisogno di alcune persone in particolare.Mi rendo conto di sentirmi più affezionata ad alcune persone mi piacerebbe passare sempre del tempo con loro e mi accorgo che,a differenza di prima ho difficoltà a cambiare amici senza tanti rimpianti e mi sento alla ricerca di questo "qualcuno da amare e che mi ami"Forse mi piace "dipendere e non è vero che non ho bisogni".Anche se non mi è chiaro come "separami".
C'è una cosa che mi crea particolari problemi rispetto alla guarigione:mi sento molto identificata e "affezionata"e alla mia storia,e non riesco ad immaginarmi in una vita diversa,a tal punto da pensare che se guarisco,se non morirò,mi annoierò perchè non avrò obbiettivi o e mi ritroverò a vivere in una banale quotidianità.Di solito si desidera liberarsi del proprio passato,ed era quello che ho sempre desiderato per nove anni di terapia,da due anni a questa parte invece ho cambiato idea,vedo tutto al contrario,guarigione=morte o noia!Forse sono stata prolissa.
La ringrazio per l'attenzione.
ha colto pienamente il punto della situazione e il suo discorso credo che mi sia chiaro ;quando lei mi dice" avendo ammesso e tollerato che ci sia stato qualcuno "superiore" a lei e che ha potuto darle ciò che le serviva e di cui aveva bisogno." credo lei si riferisca alla mia difficoltà di ammettere un bisogno e di "mettermi nelle mani altrui".In realtà nelle mani altrui mi ci metto ma sempre con una certa "distanza emotiva",quanto serve da un lato per vivermi la dipendenza e il bisogno assecondando l'altro e godendo della "sua compagnia ",dall'altro lato per evitare di "affidarmi emotivamente e completamente all'altro"e sentirmi poi irretita.o delusa ,o distrutta!La solitudine mi annoia troppo e cerco sempre la compagnia altrui . Mi piace assecondare pur di avere qualcuno accanto.Sono sempre stata molto accondiscendete nei confronti dell'altro,ma distante e per niente empatica.Per me"avanzare un richiesta"all'altro è sempre stata una guerra persa in partenza,misono sempre detta "che dipendo a fare,tanto non posso dipendere,posso solo assecondare l'altro perché nessuno asseconda me?"Che mi arrabbio a fare?Quindi" che mi pongo a fare il problema?"Se non me lo pongo però..rimango così!Però a pensarci bene c'è stato un cambiamento nell'ultimo periodo sento il bisogno di alcune persone in particolare.Mi rendo conto di sentirmi più affezionata ad alcune persone mi piacerebbe passare sempre del tempo con loro e mi accorgo che,a differenza di prima ho difficoltà a cambiare amici senza tanti rimpianti e mi sento alla ricerca di questo "qualcuno da amare e che mi ami"Forse mi piace "dipendere e non è vero che non ho bisogni".Anche se non mi è chiaro come "separami".
C'è una cosa che mi crea particolari problemi rispetto alla guarigione:mi sento molto identificata e "affezionata"e alla mia storia,e non riesco ad immaginarmi in una vita diversa,a tal punto da pensare che se guarisco,se non morirò,mi annoierò perchè non avrò obbiettivi o e mi ritroverò a vivere in una banale quotidianità.Di solito si desidera liberarsi del proprio passato,ed era quello che ho sempre desiderato per nove anni di terapia,da due anni a questa parte invece ho cambiato idea,vedo tutto al contrario,guarigione=morte o noia!Forse sono stata prolissa.
La ringrazio per l'attenzione.
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"nelle mani altrui mi ci metto ma sempre con una certa "distanza emotiva" (...) per evitare di "affidarmi emotivamente e completamente all'altro"e sentirmi poi irretita. o delusa, o distrutta!"
Penso che questo tipo di paura possa dipendere dalla qualità delle sue prime relazioni affettive, che ha vissuto con i genitori e altri adulti significativi nella prima infanzia. Quello è il periodo delle vita nel quale si dovrebbe sperimentare una forma di dipendenza adeguata all'età, che consente di costruire una sana autostima e sufficiente fiducia in sè stessi per poi intraprendere il cammino verso l'autonomia.
La diagnosi che aveva ricevuto (e ormai superata) era infatti quella di Disturbo Narcisistico di Personalità, che segnalava il fallimento dell'accesso ad un narcisismo "sano" ed equilibrato all'età giusta.
Considerando il fatto che il suo disagio è iniziato molti anni fa è normale che lei ci dica questo:
"mi sento molto identificata e "affezionata"e alla mia storia, e non riesco ad immaginarmi in una vita diversa".
Ha trascorso anni importanti, durante i quali si forma l'identità adulta, vivendo un disagio emotivo significativo e ora questo è per così dire "inglobato" nell'immagine di sè che ha costruito nel tempo.
In questo senso guarire significa cambiare quello che percepisce di sè stessa e il modo in cui si vede, e questa operazione è faticosa: sarebbe sicuramente più comodo dirsi che lei è fatta in un certo modo e chiudere il discorso.
Alcune persone reagiscono così ai problemi, ponendo fine al discorso con una piena identificazione con i disturbi psicologici dei quali soffrono e considerandoli "il proprio carattere", ma così facendo si condannano ad una vita poco o per nulla serena mettendo una pietra sopra alla possibilità di cambiare.
Fortunatamente per lei ma soprattutto meritoriamente, pur con qualche difficoltà, non è questo che vuole e che sta perseguendo.
Penso che questo tipo di paura possa dipendere dalla qualità delle sue prime relazioni affettive, che ha vissuto con i genitori e altri adulti significativi nella prima infanzia. Quello è il periodo delle vita nel quale si dovrebbe sperimentare una forma di dipendenza adeguata all'età, che consente di costruire una sana autostima e sufficiente fiducia in sè stessi per poi intraprendere il cammino verso l'autonomia.
La diagnosi che aveva ricevuto (e ormai superata) era infatti quella di Disturbo Narcisistico di Personalità, che segnalava il fallimento dell'accesso ad un narcisismo "sano" ed equilibrato all'età giusta.
Considerando il fatto che il suo disagio è iniziato molti anni fa è normale che lei ci dica questo:
"mi sento molto identificata e "affezionata"e alla mia storia, e non riesco ad immaginarmi in una vita diversa".
Ha trascorso anni importanti, durante i quali si forma l'identità adulta, vivendo un disagio emotivo significativo e ora questo è per così dire "inglobato" nell'immagine di sè che ha costruito nel tempo.
In questo senso guarire significa cambiare quello che percepisce di sè stessa e il modo in cui si vede, e questa operazione è faticosa: sarebbe sicuramente più comodo dirsi che lei è fatta in un certo modo e chiudere il discorso.
Alcune persone reagiscono così ai problemi, ponendo fine al discorso con una piena identificazione con i disturbi psicologici dei quali soffrono e considerandoli "il proprio carattere", ma così facendo si condannano ad una vita poco o per nulla serena mettendo una pietra sopra alla possibilità di cambiare.
Fortunatamente per lei ma soprattutto meritoriamente, pur con qualche difficoltà, non è questo che vuole e che sta perseguendo.
[#6]
Ex utente
"In questo senso guarire significa cambiare quello che percepisce di sè stessa e il modo in cui si vede, e questa operazione è faticosa: sarebbe sicuramente più comodo dirsi che lei è fatta in un certo modo e chiudere il discorso.
Alcune persone reagiscono così ai problemi, ponendo fine al discorso con una piena identificazione con i disturbi psicologici dei quali soffrono e considerandoli "il proprio carattere", ma così facendo si condannano ad una vita poco o per nulla serena mettendo una pietra sopra alla possibilità di cambiare.
Fortunatamente per lei ma soprattutto meritoriamente, pur con qualche difficoltà, non è questo che vuole e che sta perseguendo."
In effetti l'idea di cambiare mi fa vivere un senso di immobilismo,di paralisi dal quale non riesco ad uscire...spesso mi sento sul punto di gettare la spugna!Vorrei cmq trovare il modo e la forza di continuare e uscire da tutto ciò!E' davvero faticoso!
La ringrazio molto per il supporto che mi ha dato !
Alcune persone reagiscono così ai problemi, ponendo fine al discorso con una piena identificazione con i disturbi psicologici dei quali soffrono e considerandoli "il proprio carattere", ma così facendo si condannano ad una vita poco o per nulla serena mettendo una pietra sopra alla possibilità di cambiare.
Fortunatamente per lei ma soprattutto meritoriamente, pur con qualche difficoltà, non è questo che vuole e che sta perseguendo."
In effetti l'idea di cambiare mi fa vivere un senso di immobilismo,di paralisi dal quale non riesco ad uscire...spesso mi sento sul punto di gettare la spugna!Vorrei cmq trovare il modo e la forza di continuare e uscire da tutto ciò!E' davvero faticoso!
La ringrazio molto per il supporto che mi ha dato !
[#7]
Ex utente
Mi scusi se torno..ma rifletto molto sulla una parola: coraggio.Il coraggio è una predisposizione caratteriale?Io non sento di essere una persona coraggiosa,sono stata incosciente in passato,avventata ma mai coraggiosa e mai mi son trovata nella condizione di dovermi assumere delle responsabilità,di dover fare delle scelte e quindi di dovere "avere coraggio".Questa è la prima volta e in effetti mi sento spiazzata e tendo a rimandare il problema.Spesso mi sento sul punto di dover compiere un salto ma poi senso di paralisi ,senso di smarrimento ,mi pietrifico e torno sulle mie posizioni!Mi chiedo se io dentro di me non ce l'ho' come risorsa personale..la potrò costruire?Chiunque può trovare il coraggio ..o alcuni sono destinati a rimanere "nel comodo""
Mi scusi, se le scrivo ancora...ma se è possibile avere qualche altro piccolo chiarimento...ne approfitto!E la ringrazio ancora...
Mi scusi, se le scrivo ancora...ma se è possibile avere qualche altro piccolo chiarimento...ne approfitto!E la ringrazio ancora...
[#8]
Avere coraggio non significa compiere gesti eclatanti o atti impulsivi, ma molto spesso significa compiere scelte scomode in nome di quello che si ritiene giusto fare.
Per esempio lei ha avuto coraggio di ammettere che qualcosa non andava e di chiedere aiuto, sottoponendosi a psicoterapia, coraggio che molte persone che soffrono di Disturbo Narcisistico non trovano mai - e infatti trascorrono la vita collezionando relazioni insoddisfacenti perchè sono privi di empatia e si ritengono sempre superiori agli altri, che considerano inetti e insignificanti.
Tutta questa grandiosità maschera una seria carenza di autostima e l'incapacità di comprendere le altre persone, che porta ad una profonda solitudine affettiva.
Sentirsi sempre dalla parte della ragione e superiori agli altri costituisce però un buon motivo per non farsi curare, e andare oltre ai "vantaggi" di questo tipo di disturbo per mettersi in discussione e perseguire un cambiamento richiede sicuramente forza e capacità di superare le avversità.
Ovviamente la quota di cambiamento che non ha ancora compiuto le fa paura, e la paura fa sentire paralizzati, ma si tratta di una sensazione transitoria che a mio avviso può essere acuita dall'idea (errata) di dover compiere un "salto", perchè quello che sta compiendo è in realtà un cammino di crescita che si svolge in maniera progressiva, che sa bene come si svolge e che non ha motivo di temere.
Per esempio lei ha avuto coraggio di ammettere che qualcosa non andava e di chiedere aiuto, sottoponendosi a psicoterapia, coraggio che molte persone che soffrono di Disturbo Narcisistico non trovano mai - e infatti trascorrono la vita collezionando relazioni insoddisfacenti perchè sono privi di empatia e si ritengono sempre superiori agli altri, che considerano inetti e insignificanti.
Tutta questa grandiosità maschera una seria carenza di autostima e l'incapacità di comprendere le altre persone, che porta ad una profonda solitudine affettiva.
Sentirsi sempre dalla parte della ragione e superiori agli altri costituisce però un buon motivo per non farsi curare, e andare oltre ai "vantaggi" di questo tipo di disturbo per mettersi in discussione e perseguire un cambiamento richiede sicuramente forza e capacità di superare le avversità.
Ovviamente la quota di cambiamento che non ha ancora compiuto le fa paura, e la paura fa sentire paralizzati, ma si tratta di una sensazione transitoria che a mio avviso può essere acuita dall'idea (errata) di dover compiere un "salto", perchè quello che sta compiendo è in realtà un cammino di crescita che si svolge in maniera progressiva, che sa bene come si svolge e che non ha motivo di temere.
Questo consulto ha ricevuto 11 risposte e 8.7k visite dal 13/08/2012.
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Approfondimento su Dipendenza affettiva
Come superare la dipendenza affettiva? Perché e come si instaura e cosa fare per superare una relazione non equilibrata che provoca sofferenza.