Psicologo poco "gentile".
qualche mese fa mi sono rivolta ad uno psicologo per ottenere un aiuto alle mie difficoltà, ma mi trovo oggi nella situazione di essere incerta se proseguire in questo percorso a causa del suo comportamento a mio avviso poco educato.
Le sedute iniziano con dei ritardi sistematici di 25/30 minuti a volte anche di più o ritardi di 10/20 minuti se si tratta del primo appuntameto in agenda, senza un accenno di scuse.
I saluti avvengono senza neanche una stretta di mano (alla fine della seduta per me che amo la cordialità è un momento imbarazzante) e senza essere accompagnata all'uscita).
Poi un giorno in occasione di un contatto telefonico la comunicazione è stata
interrotta a causa di una sua urgenza contingente con la promessa di ricontattarmi più tardi, ma l'attesa è stata vana.
non credo che questo tipo di trattamento riguardi la mia persona, ma piuttosto una caratteristica della sua personalità, a meno che non faccia anche questo parte della terapia!
Comunque sta di fatto che tutto ciò genera in me dei sentimenti che
interferiscono in modo negativo sul percorso intrapreso.
Stavo quindi pensado di cambiare psicologo perchè non credo che
parlarne apertamente possa servire a qualcosa. Mi pare si tratti di
una diseguale sensibilità all'educazione e alla cordialità. Che ne pensate? Meglio Cambiare?
Cordiali saluti.
certamente più che in altre circostanze, l'instaurarsi di un certo feeling tra paziente e psicologo è piuttosto importante.
Ha scritto però come iniziano e come terminano le sedute, senza far cenno su come va il lavoro con lui nel corso della seduta e su che ricadute ha comunque su di Lei e sui problemi per cui ha chiesto aiuto.
Credo si tratti di fare un po' un bilancio tra aspetti positivi e negativi: se prevalgono i secondi, o se gli aspetti che ha descritto sono per Lei così disturbanti, può davvero pensare di cambiare professionista.
In caso contrario, se è comunque soddisfatta, può provare ad affrontare l'argomento con lui spiegando con semplicità come ha fatto qui: potrà essere un'occasione di ulteriore approfondimento di conoscenza di sé e del suo modo di relazionarsi al prossimo.
Cordialmente,
Dr.ssa Paola Scalco, Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica
ASTI - Cell. 331 5246947
https://whatsapp.com/channel/0029Va982SIIN9ipi00hwO2i
Meglio cambiare certamente, con questo vissuto e questo livello di scarsa empatia,nemmeno se fosse lo psicologo piu' bravo del mondo, la potrebbe aiutare.
Cerchi ancora, si accorgera' se la relazione intrapresa e' quella giusta, sia per empatia, per simpatia e per sintonia caratteriale e terapeutica.
Cari auguri. V. Randone
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
perchè non ne parla direttamente con il terapeuta?
Ogni terapeuta ha il proprio stile.
"...tutto ciò genera in me dei sentimenti che
interferiscono in modo negativo sul percorso intrapreso." Potrebbe spiegarlo meglio?
Per quale problema si era rivolta allo psicologo? Al di là del comportamento del terapeuta, ritiene che ci sia stato qualche miglioramento?
Per quanto riguarda la stretta di mano, ovviamente dipende dalla persona. Lei ha fatto presente al Collega che questa mancanza la infastidisce?
Concordo con la dott.ssa Scalco sul fatto che tutte queste questioni potrebbero essere materiale interessante di cui parlare in seduta. Consideri che la relazione terapeutica è pur sempre una relazione e che il paziente si relaziona col terapeuta riproducendo gli stessi schemi che usa anche nelle altre relazioni. Quindi questo problema, se opportunamente affrontato in terapia, potrà portarla a capire molto di sè e delle sue dinamiche.
Le faccio tanti auguri per il suo percorso.
Un cordiale saluto,
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
vi ringrazio veramente per le celeri risposte. In effetti la mia incertezza sta proprio nel bilancio tra aspetti positivi e negativi, perchè se al problema segnalato si aggiungesse pure una totale insoddisfazione in seduta allora non avrei dubbio alcuno e avrei già interrotto il rapporto. Le sedute hanno un andamento un pò altalenante, quelle che assumono una connotazione più "tecnica" (sono quelle che preferisco in quanto di minor impatto emotivo) mi lasciano soddisfatta, tanto che risultano di grande stimolo ad un'elaborazione settimanale ricca di spunti da portare con entusiasmo alla seduta successiva. Tuttavia è capitato che a causa d'una fredda accoglienza dopo lunga anticamera rispetto all'orario stabilito, il fastidio prenda il sopravvento al punto da ridimensionare la mia loquacità e la seduta che ne esce fa pietà. A volte capita che la seduta assuma connotazioni a tinte forti con un elevato trasporto emotivo ed è successo di sentirmi veramente compresa, in quelle occasioni l'abbraccerei e invece quel congedo così freddo mi fa quasi pentire di essermi esposta fino in fondo. E' anche capitato che certe sue considerazioni in seduta abbiano avuto su di me un effetto talmente scioccante da ritrovarmi in uno stato di sconforto e di angoscia tanto da sentirmi svuotata di risorse. Quest'ultimo aspetto mi ha portata a dubitare un pò della sua competenza, sulla quale io ho investito convintamente per l'abilità dimostrata a comprendere certe dinamiche interne ed esterne al mio mondo. Ecco le ragioni delle mie incertezze, oltre al fatto che sento faticoso ricomiciare tutto da capo.
Grazie infinite per l'interessamento.
Cordiali saluti.
quello che scrive è comprensibile ed è la connotazione di ogni tipo di psicoterapia, sia per i contenuti esposti al terapeuta, sia per le tonalità emotive.
Ribadisco che se si trova bene, mi pare che il problema da Lei qui esposto sia davvero risolvibile. Questo probabilmente ha anche a che vedere con il suo modo di affrontare le questioni. Lo dica in maniera assertiva al terapeuta, soprattutto se si trova bene.
Soprattutto l'apertura con il terapeuta, anche su come si sente dopo le sedute più intense da un punto di vista emotivo, saranno utili per proseguire il lavoro intrapreso fin qui.
Un cordiale saluto,
Se il vissuto e' ambivalente ed altalenante ed addirittura dubita della sua competenza, a mio avviso, non e' una relazione recuperabile.
Come le dicevo precedentemente, anche se fosse bravissimo,probabilmente non e' adatto a Lei.
mi tolga una curiosità: stiamo parlando di uno psicologo psicoterapeuta o di un medico psichiatra-psicoterapeuta?
Glielo chiedo perchè è esperienza comune fare anche parecchia "anticamera" per le visite mediche, più che per i colloqui dallo psicologo, e se il dottore è un collega rappresenta probabilmente un'eccezione rispetto alla media.
Di che orientamento è la terapia?
Per quale motivo ha iniziato il lavoro (diagnosi?) e da quanto lo state effettuando?
Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it
integro volentieri con i dettagli richiesti.
la decisione di rivolgermi ad un professionista è conseguente ad uno stato depressivo e problemi famigliari. Il dottore non è uno psichiatra, è uno psicologo ed io non saprei dire quale sia il suo orientamento. La diagnosi non me l'ha detta ma d'altronde io non l'ho chiesta. Il rapporto sta durando da quasi tre mesi e sicuramente mi è stato d'aiuto alla comprensione di certe dinamiche, ma complessivamente non posso dire di stare meglio. Se da un lato lo stato depressivo è un po’ migliorato, dall’altro sono riaffiorate vecchie ansie con l’aggiunta di un'insicurezza in più.
Gentile Dr.ssa Randone,
In effetti la definizione di "vissuto ambivalente" non potrebbe essere più azzeccata. Sia in seduta, ma soprattutto fuori di essa, a volte affiorano questi dubbi sulla sua competenza dovuti alla contrapposizione tra un riconosciuto talento e la sensazione un’insufficiente esperienza.
La mia parte razionale è molto vicina alla sua opinione.
Gentile Dr.ssa Pileci,
il Suo commento è quello che mi mette maggiormente i crisi! La Sua visione incoraggiante si sposa perfettamente con il mio desiderio di voler vedere gli aspetti positivi della relazione (molta attenzione all’ascolto, comprensione, un’autentica passione per la professione, semplicità (non sprizzerà simpatia da tutti i pori ma non si va li per divertirsi, giusto?)). Potrebbe anche aver visto bene quando dice “questo probabilmente ha anche a che vedere con il suo modo di affrontare le questioni.” Tuttavia credo che una volta sviscerato il problema in seduta e capito meglio certe mie dinamiche, il suo “stile” e il livello del nostro feeling rimarrebbero gli stessi. Penso che i gesti derivanti da una disallineata intesa e stile nel modo di fare non possano essere richiesti esplicitamente perché perderebbero di spontaneità.
Insomma mi sembrerebbe meglio cambiare ma c’è qualcosa che mi trattiene e non vorrei mettermi in una situazione sempre più complicata.
Cordiali saluti e ringraziamenti.
"Insomma mi sembrerebbe meglio cambiare ma c’è qualcosa che mi trattiene e non vorrei mettermi in una situazione sempre più complicata."
Come anche Lei riconosce (non si va dallo psicoterapeuta per divertirsi), uno psicologo psicoterapeuta (ma ritengo nessun professionista, deve recitare il ruolo dell'amicone o del simpaticone e neppure accudire i pazienti come farebbe una mamma, ma deve fare lo psicoterapeuta.
E, mi permetta, il paziente deve fare il paziente. Se Lei non comunicherà a QUESTO terapeuta le sue perplessità, con buona probabilità incontrerà un altro terapeuta (ovvero persone imperfette seppur professionisti preparati) con altri "difetti" che magari Lei riuscirà a tollerare meglio ma con cui non riuscirà a parlare. Allora il senso della mia replica era proprio questo: questa difficoltà c'è in ogni relazione? E lo domando perchè ciò che accade in una relazione terapeutica non è diverso da ciò che il pz vive e porta anche fuori.
Lo psicoterapeuta indubbiamente deve godere della fiducia dei propri pazienti, ma non deve risultare "simpatico" nel senso di sedurre i pazienti (intendo seduzione= portare l'altro a vedere il mondo dal proprio punto di vista). Uno psicoterapeuta simpaticone e seduttivo o accudente (ma neppure competitivo con Lei) NON le serve a nulla.
Lo psicoterapeuta deve COOPERARE col paziente, ovvero deve camminare fianco a fianco contro la sofferenza del paziente. E dopo un certo tempo si instaurerà anche (ma è un aspetto secondario) un attaccamento specifico a QUEL terapeuta. Se Lei ha un problema con una persona con cui deve cooperare che cosa fa? Scappa via o fa tutto da sola? Oppure ne parla e magari scopre che si può risolvere la questione?
Secondo Lei che cosa la sta trattenendo da questo terapeuta? La paura di cadere dalla padella alla brace? o altro?
E infine: perchè fa così fatica a parlare col terapeuta di questo aspetto?
Forse, in base alla mia esperienza, potrebbe non essere un problema di stile del terapeuta, ma un modo in cui la relazione terapeutica non sta funzionando...
ambivalenza a parte, credo che in ogni caso dovrebbe discutere con il suo terapeuta del suo disagio, della sperequazione tra le sue attese ed il suo vissuto, potrebbe nascere una nuova e più funzionale alleanza terapeutica o arrivare alla conclusione che forse non è il clinico adatto a lei.
Quando, per la mia formazone, feci analisi personale, un lunghissimo percorso come "paziente", trovare l'analista adatto alle mie aspettative non fu affatto facile.
La prima era se pur didatta, referenziatissima ed a detta di tutti bravissima, era algida, quasi amimica, la percepivo distante e non mi piaceva nulla di lei e del nostro rapporto.
Dopo ogni seduta , andavo via nervosa, inquieta e profondamente disturbata dall'incontro, anche se c'erano delle cose sue che iniziavano a piecermi.
A lamentele comunicate, mi disse che erano meccanismi di difesa e che era un problema mio se non mi trovavo bene con lei.
Interruppi il percorso e mi presi una pausa di un paio di mesi.
Il secondo, sempre didatta e molto quotato sul piano scientifico, fu il mio analista .
Ero certa della mia scelta e mi fu sempre più chiaro, che i miei non erano meccanismi di difesa , ma la pregressa terapeuta, non era adatta a me.
Era caloroso, accogliente, con uno sguardo attento, contenitivo, presente e, se pur dello stesso orientamento, fu il clinico con cui feci il mio lungo percorso analitico
Le ho raccontato la mia esperienza, perchè non tutti i professionisti sono uguali e non tutte le relazioni medico-paziente, preparazione a parte, funzionano.
Un caro saluto
un ritardo di 20 minuti sistematico o frequente, quando sia il primo appuntamento in agenda, non mi sembra molto giustificabile. Giudico al contrario frequente e nella prassi il non salutare con una stretta di mano o non farlo sempre. Consideri per analogia la visita di un medico: difficilmente termina con una stretta di mano.
Nel complesso però mi sembra che i comportamenti del collega che lei lamenta le mandino dei messaggi un po' contraddittori e ambivalenti. Infatti una mancanza di attenzione o di rispetto (in questo caso degli orari, sembrerebbe immotivato, ma per estensione anche della sua persona) non può che mandare un messaggio contraddittorio rispetto alla terapia.
Sarebbe perciò probabilmente utile chiarire il perchè di questa mancanza di attenzione; forse sarebbe utile anche per il collega.
Valentina Sciubba Psicologa
www.valentinasciubba.it Terapia on line
Terapia Breve Strategica e della Gestalt
Disturbi psicologici e mente-corpo
saluti
Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
https://www.facebook.com/groups/316311005059257/?ref=bookmarks
non cerco affatto un accudimento, una mamma, un simpaticone da scambiarci gesti amichevoli (Pensi che quando mi è stato offerto il “TU” io ho preferito mantenere il “LEI” per non confondere i ruoli). Mi dispiace che quella battuta messa lì in doppia parentesi e più che altro per (forse impropriamente ) stemperare i toni, abbia scaturito tanto interesse. Ma anche se mi sono trovata addosso un vestito che non sento mio, La ringrazio infinitamente perché mi ha comunque allargato il panorama.
“Secondo Lei che cosa la sta trattenendo da questo terapeuta? La paura di cadere dalla padella alla brace? o altro?”
Sì, un po’ anche questo. Poi chiudere un rapporto è una delle mie difficoltà.
Alla Dr.ssa Sciubba:
è esattamente come dice, i messaggi percepiti sono contraddittori ed ambivalenti ed incidono sulla mia libertà di comunicazione. Non sono però molto d’accordo sull’analogia con un medico in termini di cordialità. I medici molto spesso si pongono su un piedistallo. Da loro mi aspetto che siano bravi punto e basta, devono capire il problema, fare la ricetta o le analisi giuste. Se non c’è feeling pazienza, non devo confidargli la storia della mia vita. Con lo psicologo è molto diverso, secondo me, devono crearsi le condizione ideali per poter tirar fuori anche le cose più intime. Se il clima sarà freddo o poco disteso, trovo difficile andare troppo in profondità.
Alla Dr.ssa Randone:
Il Suo racconto è molto esauriente e la ringrazio. Inoltre ad un certo punto ho avuto un sussulto. Esattamente qui:
“A lamentele comunicate, mi disse che erano meccanismi di difesa e che era un problema mio se non mi trovavo bene con lei.
Interruppi il percorso e mi presi una pausa di un paio di mesi.”
E’ questo che non voglio affrontare. Mi sentirei smarrita.
Al Dr. De Vincentiis:
Come darle torto? Ma questo pragmatismo l’ho perduto da tempo, ritrovarlo sarebbe una conquista.
mi pare davvero strano che un terapeuta "freddo" proponga di dare il tu (per accorciare le distanze? altro?) ....
E poi, se i dati che Lei ha inserito sono corretti, trovo ancora più strano proprorre il Tu a una donna di 52 anni (anche se magari coetanea del terapeuta).
Il Tu per me ha un senso se il pz è adolescente o nelle coppie per non creare confusione (Lei o lei riferito alla moglie all'interno di una coppia).
Io ho provato a farle un discorso generale di quelle che sono le dinamiche relazionali perchè quello che le ho descritto può succedere anche frequentemente e credo che nel suo caso la relazione terapeutica ha qualche problema. Mi spiego meglio. Può accadere che all'interno di una relazione terapeutica ci siano incomprensioni di qualunque genere. La cosa importante e appunto terapeutica è vedere come viene gestita (con lo stesso schema? oppure riuscendo a spezzare lo schema disfunzionale del paziente). In altre parole il terapeuta è lo strumento grazie al quale è possibile realizzare parte del cambiamento. Uno dei miei maestri definisce lo psicoterapeuta come un "perturbatore strategicamente orientato". Questo non significa che il terapeuta abbia ragione e il pz abbia torto, sia chiaro.
Ma da quello che Lei sta descrivendo qui non sembra tanto lo stile del terapeuta, quanto la relazione che probabilmente non è stata impostata nel modo migliore (cooperativo), ma ... in modo alquanto strano.
"Con lo psicologo è molto diverso, secondo me, devono crearsi le condizione ideali per poter tirar fuori anche le cose più intime. Se il clima sarà freddo o poco disteso, trovo difficile andare troppo in profondità."
E' più che comprensibile. Il paziente deve percepire di avere il terapeuta al suo fianco per poter risolvere un problema. Ma è proprio per questo che il terapeuta deve essere informato.
Però se la chiusura di una relazione è un problema per Lei (con problemi depressivi è comprensibile) e se discutere di queste cose (ovvero non essere remissiva nelle relazioni) è un altro problema, a mio avviso è un bene che siano emersi attraverso questa esperienza.
Non è sufficiente guardarli e basta, anche perchè probabilmente lo sapeva anche prima di contattare questa Collega. E' il momento di affrontare e modificare questi aspetti se lo ritiene.
A questo punto, o ne parla con la Collega o prova a contattare un altro professionista.
Saluti,
questo significa perdersi nella parole e subire la realtà negativa che lei stessa si sta comunicando. non si trova con il terapeuta che ha trovato? lo cambi.
il resto è solo girarci intorno.
saluti
vorrei riprendere una sua frase in particolare:
"è capitato che a causa d'una fredda accoglienza dopo lunga anticamera rispetto all'orario stabilito, il fastidio prenda il sopravvento al punto da ridimensionare la mia loquacità e la seduta che ne esce fa pietà. A volte capita che la seduta assuma connotazioni a tinte forti con un elevato trasporto emotivo ed è successo di sentirmi veramente compresa, in quelle occasioni l'abbraccerei e invece quel congedo così freddo mi fa quasi pentire di essermi esposta fino in fondo".
Da qui sembrerebbe che ciò che la turba sono la "fredda accoglienza" e il "freddo congedo".
Lei lo abbraccerebbe, e invece lui la comprende ma non le trasmette calore umano.
Le propone di darvi del tu, ma poi ritarda e con questo comportamento - che lei riconosce essere generalizzato e quindi non legato alla sua persona - le comunica disinteresse, o almeno questo è quanto lei percepisce.
Prima di iniziare la terapia come si aspettava che dovesse essere il rapporto fra lei e lo psicologo?
Ci può dire se il suo nominativo le era stato consgliato da qualcuno e se quindi aveva delle aspettative in particolare nei suoi confronti?
come ha potuto leggere anche tra noi psicologi vi sono pareri a volte non necessariamente univoci su cosa si debba fare quando non ci si trova bene con il proprio terapeuta.
Ci sono alcuni aspetti che comunque a beneficio anche di altri utenti possono essere considerati.
La questione a mio avviso non può risolvere semplicisticamente con delle regole di natura generale, ma va considerato il suo specifico caso ed il suo specifico vissuto, che non si può cogliere in poche battute scritte su una tastiera. Neanche quando le sue parole sembrano chiare e nette: <<tutto ciò genera in me dei sentimenti che interferiscono in modo negativo sul percorso intrapreso>>. Infatti dopo, anche grazie ai consulti dei colleghi, si evidenzia la sua ambivalenza nei confronti del terapeuta.
Dunque nel suo, come in altri casi analoghi, non valgono regole del tipo: "se è venuta meno la fiducia bisogna cambiare terapeuta" - oppure - "se si crede di non poter ottenere risultati non si deve continuare la terapia", eccetera.
Queste "regole" possono al più valere per la scelta iniziale del terapeuta: feeling, fiducia, ecc..., ma non quando una terapia è già avviata e sono evidenti elementi transferali particolarmente significativi.
Nel suo caso infatti, concordo in pieno con le colleghe che le hanno suggerito di parlare con il suo terapeuta prima di fare qualunque scelta, che può sempre essere compiuta in seguito, ma solo dopo aver ben compreso il perchè dei propri sentimenti negativi.
Avere sentimenti, anche negativi, verso il proprio terapeuta è del tutto comune ad un certo punto della terapia, e in molti casi, comprendere il significato di questi sentimenti può essere un momento importante nella terapia.
Dunque lei non può sapere se i suoi sentimenti negativi <<interferiscono negativamente>> o magari positivamente nella terapia, ma potrà scoprirlo solo tra un po di tempo e solo dopo essere riuscita a comunicare al terapeuta i suoi stati d'animo.
Poi, così come ci si prende del tempo per scegliere di iniziare, ci si può prendere del tempo per scegliere o meno di lasciare o di cambiare. La psicoterapia non è sempre fonte di sentimenti positivi, questo è importante ricordarlo, ma anzi, la guarigione può passare il più delle volte per l'elaborazione anche di sentimenti negativi, che probabilmente nel suo caso possono essere proiettati sul suo terapeuta (sicuramente un tipo poco puntuale) senza però temerne ritorsioni. Forse dunque in fondo lei di questa persona si fida, anche se la fa "arrabbiare" molto.
Dr. Alessandro Raggi
psicoterapeuta psicoanalista
www.psicheanima.it
anche se non so cosa siano (perdoni la mia ignoranza) gli "elementi transferali", credo di aver complessivamente compreso il senso del Suo commento. Tuttavia i vari interrogativi che mi sono stati posti dai sui colleghi negli ultimi commenti, credo mi abbiano fatto sufficiente chiarezza per capire che domani pomeriggio sarà l'ultima seduta. Pur confermando integralmente il post d'apertura, probabilmente l'attuale situazione è figlia di un percorso iniziato non nel modo migliore, ed è un vero peccato. Se deciderò di continuare con un altro professionista, questa esperienza sarà senza dubbio il punto di partenza.
Un grazie di cuore a tutti per il prezioso supporto ottenuto, l'attenzione ricevuta è andata oltre le mie aspettative.
Cordiali saluti.
Chiudere senza un chiarimento sarebbe una sconfitta per lei stessa, quindi le auguro di riuscire a non ritenere più valido il pensiero che aveva espresso inizialmente, e cioè che parlarne non servirebbe a nulla.
Dopodiché evidentemente ogni scelta, inclusa quella di cambiare terapeuta, è del tutto legittima se meditata e se sono chiare non tanto le ragioni della nostra scelta (che lei ha ben chiare) quanto le ragioni dei nostri sentimenti che ci portano a quella scelta.
Un caro saluto.
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