Lo faranno, nemmeno questa volta

Questa è una lettera che ho scritto per una persona, riesco a scrivere solo se indirizzo tutto a lui. Anche se poi non è detto che gliela farò leggere.

Il fidanzato di mia madre mi ha chiesto l'amicizia su fb, siamo amici! Ora mi è venuta in mente un'altra cosa: non ho il diritto ad avere una foto assieme a mio padre, sempre su quel maledetto fb, di quand'ero bambina. Ero... forse non lo sono mai stata. Forse lo ero a mia maniera. E ora cosa sono? Un'incapace d'intendere e di volere, costretta a vivere fra vari problemi, fingendo di essere una 17enne che non sento di essere. Che non sono. Mi sento incastrata dal tempo, dal tempo che è sempre stato una lumaca, seguendo i miei passi. Io desidero solo essere lasciata in pace. Respirare, riempirmi i polmoni senza dover per forza di cose annaspare. I miei vogliono separarsi, forse. In fondo lo spero. La cosa che mi da rabbia è che probabilmente non lo faranno, nemmeno questa volta. Perché nessuno ha il coraggio, perché io devo solamente capire gli altri, gli altri e le loro debolezze. Io sono troppo forte per loro, per tutti. Capire i miei genitori, mio fratello, le mie amiche e i loro futili problemi, capire che gli altri non sanno, che gli altri non conoscono, non conoscono abbastanza di me, capire che anche se saprebbero probabilmente non capirebbero lo stesso. "Devi capirlo, lui ha un carattere diverso dal tuo, si tiene tutto dentro. E poi è troppo piccolo per queste cose...". Dannazione, ed io non lo ero? Non avevo una sorella disposta ad ascoltarmi. Avevo persone che già da allora non capivano: non si possono capire certe cose se non le si vivono. Io non ho mai avuto un concetto di famiglia "indissolubile". E' assurdo e inutile pensarla in questo modo. Tutto ha un inizio e una fine. Ma della parola fine si ha sempre troppa paura, non capendo che in realtà quando ci si arriva non si vive più nell'anticamera di questa parola tenebrosa, ma nell'angolo "agonia protratta della morte". Sono a favore dell'eutanasia. Tutto ha una fine. E non bisogna aver paura di questa parola. FINE. E non sempre coincide con il vissero felici e contenti. Anzi, mi dispiace (non è vero) di dover sventrare le vostre illusioni con il mio bisturi acuminato, ma praticamente è quasi sempre l'opposto. La Dr.House al femminile, mi han definita così. Esatto, io sventro le illusioni. Sono la pecora nera della giovinezza. Una ragazza diversamente giovane. A cui le ribolle il sangue sapendo di dover continuare a vivere fra le stupide paranoie giovanili che non riesco a cucirmi addosso. Non posso tornare indietro. Non fanno più parte di me! Non ho mai creduto al "finchè morte non vi separi". La fine della vita unisce tutti, è la vita stessa che separa. Al contrario credo che ci siano ancora persone in grado di amarsi, di mettere al mondo dei bambini, di amarli a loro volta, senza un termine di scadenza che assicuri a tutti felicità terrena e divina.
La parte mancante finirò di scriverla quando qualcuno mi risponderà e quindi, potrò scrivere.
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Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Gentile ragazza,
Qual'e' la sua questione che pone a noi?

Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132

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Attivo dal 2011 al 2012
Ex utente
Più che questione vorrei capire da dove viene questo vago senso di colpa nato dal fatto che se i miei genitori si separassero per davvero, non me ne dispiacerebbe. E' veramente una cosa sana e normale tutto il percorso che mi son ritrovata a fare? Forse ho bisogno d'aiuto, non lo so.

Ecco l'ultima parte: Tutto è bello finchè dura. Ed anche nella parte del bello non sarà mai tutto rose e fiori. Ritornando ai miei, probabilmente il loro meglio non è nemmeno esistito. Non voglio entrare nella loro vita, perchè questo lo possono sapere solo loro. Ho dovuto entrarci quasi diciotto anni fa. Non so se abbiano mai capito, o anche solo percepito, la fortuna dell'aver avuto una figlia come me. Probabilmente no. Io desidero poter respirare, come già detto. Ed io respiro attraverso il rispetto, il loro rispetto. Io voglio solo questo, ho sempre voluto questo da loro. Rispetto e riconoscenza. Per tutto quello che ho fatto e sopportato. Per aver perdonato gli sfoghi di mia madre, rigorosamente tutti mentre mio padre era a lavoro, per averla accettata e voluta bene come persona, come amica, e non solo come madre, per aver accettato l'ingenuità a volte ottusa di mio padre, padre ignorante ma buono in fin dei conti. Padre perfetto, se provassi a chiederglielo. Forse lui non se n'è mai accorto, ma l'ho aiutato in mille modi, e mille volte ci siamo scambiati i ruoli. E voglio credere che entrambi abbiano fatto la stessa cosa per me. Ho provato a farlo anche con mia madre, ma è troppo orgogliosa per ammetterlo. E' troppo orgogliosa e incentrata su di sè per vedere certe cose. Non importa. Non sento il bisogno delle sue ammissioni se poi vedo che nei comportamenti mi tratta come una sua pari. Sa che in fondo è così, anche se sono sbucata dal suo interno. Martedì 24 questo rispetto me l'ha tolto. E io l'ho tolto a lei. Ho il diritto ad avere una foto assieme a mio padre, sempre su quel maledetto facebook. Ho visto la pezza che è diventata per pulire meglio il pavimento di casa del suo nuovo idiota. Dov'è la dignità? La dignità che tanto professava con mio padre e con gli altri dov'è ora? Io non ho mai professato un bel niente. So che potrei arrivare a fare di tutto per te. Aspetta, forse no. Non ti rivolgerò mai suppliche e parole dolci pur di tornare, quando te ne andrai. Al massimo t'insulterò fino allo sfinimento, fino a far finire le parole... peccato che tu sappia che in realtà è come se fossero suoni che danno il diabete solo a sentirli. C'è una cosa che martedì io non ho potuto accettare e che mi da rabbia: “tu non centri niente nella mia vita”. Io purtroppo centro, e non ti ho nemmeno scelta. E purtroppo non posso nemmeno andarmene, perchè la situazione attuale me lo impedisce. Odio questa maledetta situazione che non accenna al minimo segno di guarigione. Non voglio essere costretta ad odiare anche lei, non dopo tutto lo sforzo che ho fatto per amarla. Sforzo che purtroppo non ho fatto con te.
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Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Gentile ragazza,
Quello che dice, ogni parola,ogni verbo, ogni aggettivo, e' carico di rabbia. E la rabbia e' un modo di affrontare il dolore. Un modo di compattarsi per non andare in pezzi.
Lei chiede

"vorrei capire da dove viene questo vago senso di colpa nato dal fatto che se i miei genitori si separassero per davvero, non me ne dispiacerebbe".

Se lei riuscisse a consentirsi di soffrirne non riuscirebbe più' a difendersi. Invece Lei vuole. Essere forte, per non avere bisogno di loro.
Non deve essere piacevole per lei fronteggiare da sola questa situazione
Perche' non si fa aiutare da uno specislista competente che in un contesdto protetto sappia accogliere la sua rabbia, le consenta di elaborarla e di fronteggiarla in modo positivo per Lei e la Sua vita?
Ci rifletta su, potrebbe essere un gesto di amore verso se stessa.
Cordialmente.