Ossessione o dipendenza affettiva
Buon giorno,
io ho intrapreso da quasi 2 anni un percorso psicoterapeutico con una psicoterapeuta donna, sono un uomo ed ho non molti anni meno di lei... avrei bisogno di alcuni punti di vista o consulti al di fuori del rapporto con lei la mia psicoterapeuta. premetto che il mio percorso con lei è stato da subito molto sincero ed aperto ed ha visto dei benefici... credo, credo, di essere da non molto tempo dipendente da lei... all' inizio c' era un attrazione... poi mi è passata, ma ora il tutto si è trasformato in un affetto, attrazione, rancore, odio, rabbia nei suoi confronti... sono arrivato anche a dei fortissimi attacchi verbali su di lei... lei che mi ha sempre subito e ascoltato senza mai arrabbiarsi, nel frattempo io e lei ci sentivamo anche fuori dal setting... tutte le volte che vado in crisi la chiamo e lei mi tranquillizza... ma gli attacchi poco dopo continuano, soprattutto non riesco a godere nemmeno dei sentimenti di estremo affetto che provo per lei. ultimamente lei dopo essere stata in supervisione mi ha fatto la proposta di non sentirci più fuori dal setting perchè è confusa e non vuole arrivare in seduta stanca e con poca energia per me, per lavorare su di me... insomma dice che lo sta facendo per il mio bene... io ho preso con difficoltà questa scelta... e... ci sto male molto male, le voglio bene e ho bisogno di lei quasi in ogni miomento... ho paura di questa situazione, le ho anche detto che la amo e lei mi ha dato un no secco... però dicendomi che prova dei fortissimi sentimenti di affetto nei miei confronti. io capisco e so che tra medico e paziente è meglio che nn ci sia nulla... ma comunque io provo per lei moltissimi sentimenti contrastanti e disperazione per l' impossibilità di averla. non so se cambiare persona o se siamo sulla strada giusta per poter effettuare una crescita in me visto che uno dei miei problemi è accettare i "paletti" ovvero situazioni in cui non si puo andare oltre per ovvi motivi, in questo caso personali e deontologici. faccio fatica a sopportare i no... e ora lei addirittura mi vieta di parlarle al telefono. ma è giusto? io non ci sto capendo più niente... e tutta questa mia sofferenza cos' è? sto forse attraversando una tappa di un percorso che mi porterà al miglioramento? Spero in una efficace risposta o risposte.
Grazie
io ho intrapreso da quasi 2 anni un percorso psicoterapeutico con una psicoterapeuta donna, sono un uomo ed ho non molti anni meno di lei... avrei bisogno di alcuni punti di vista o consulti al di fuori del rapporto con lei la mia psicoterapeuta. premetto che il mio percorso con lei è stato da subito molto sincero ed aperto ed ha visto dei benefici... credo, credo, di essere da non molto tempo dipendente da lei... all' inizio c' era un attrazione... poi mi è passata, ma ora il tutto si è trasformato in un affetto, attrazione, rancore, odio, rabbia nei suoi confronti... sono arrivato anche a dei fortissimi attacchi verbali su di lei... lei che mi ha sempre subito e ascoltato senza mai arrabbiarsi, nel frattempo io e lei ci sentivamo anche fuori dal setting... tutte le volte che vado in crisi la chiamo e lei mi tranquillizza... ma gli attacchi poco dopo continuano, soprattutto non riesco a godere nemmeno dei sentimenti di estremo affetto che provo per lei. ultimamente lei dopo essere stata in supervisione mi ha fatto la proposta di non sentirci più fuori dal setting perchè è confusa e non vuole arrivare in seduta stanca e con poca energia per me, per lavorare su di me... insomma dice che lo sta facendo per il mio bene... io ho preso con difficoltà questa scelta... e... ci sto male molto male, le voglio bene e ho bisogno di lei quasi in ogni miomento... ho paura di questa situazione, le ho anche detto che la amo e lei mi ha dato un no secco... però dicendomi che prova dei fortissimi sentimenti di affetto nei miei confronti. io capisco e so che tra medico e paziente è meglio che nn ci sia nulla... ma comunque io provo per lei moltissimi sentimenti contrastanti e disperazione per l' impossibilità di averla. non so se cambiare persona o se siamo sulla strada giusta per poter effettuare una crescita in me visto che uno dei miei problemi è accettare i "paletti" ovvero situazioni in cui non si puo andare oltre per ovvi motivi, in questo caso personali e deontologici. faccio fatica a sopportare i no... e ora lei addirittura mi vieta di parlarle al telefono. ma è giusto? io non ci sto capendo più niente... e tutta questa mia sofferenza cos' è? sto forse attraversando una tappa di un percorso che mi porterà al miglioramento? Spero in una efficace risposta o risposte.
Grazie
[#1]
Gentile Utente,
senza conoscere la sua terapeuta ed il suo orientamento è difficile dire se è giusto o sbagliato, ma da quanto leggo il percorso mi sembra un pò pasticciato e confusivo.
Oltre alle telefonate per eventuali spostamenti di sedute o colloqui, solitamente non ci si intrattiene al telefono con i pazienti, nè per rassicurarli, nè per ascoltarli, nè per sapere come stanno, quelli sono i rapporti amicali o affettivi, non terapeutici.
Il setting caratterizzato da un tempo-spazio prestabilito e dal pagamento, che sancisce l'inequivocabilità del legame, ha un chiaro significato clinico, sia di contenimento, che di favorire l'intimità verbale ed emozionale, che non dovrebbe transitare fuori dallo studio dello psicologo-psicoterapeuta
senza conoscere la sua terapeuta ed il suo orientamento è difficile dire se è giusto o sbagliato, ma da quanto leggo il percorso mi sembra un pò pasticciato e confusivo.
Oltre alle telefonate per eventuali spostamenti di sedute o colloqui, solitamente non ci si intrattiene al telefono con i pazienti, nè per rassicurarli, nè per ascoltarli, nè per sapere come stanno, quelli sono i rapporti amicali o affettivi, non terapeutici.
Il setting caratterizzato da un tempo-spazio prestabilito e dal pagamento, che sancisce l'inequivocabilità del legame, ha un chiaro significato clinico, sia di contenimento, che di favorire l'intimità verbale ed emozionale, che non dovrebbe transitare fuori dallo studio dello psicologo-psicoterapeuta
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
[#2]
Gentile Utente,
non dice per quale ragione ha cominciato una psicoterapia: quale era la diagnosi?
In generale diciamo che oggi è piuttosto raro trovare un terapeuta rigido che non comunichi al paziente il proprio numero di cell, ad esempio, o l'indirizzo di posta elettronica.
Però, in genere, ci si accorda sull'utilizzo di questi strumenti. Ed è soprattutto lo psicoterapeuta che deve sapere utilizzarli e regolamentarli. Teoricamente il paziente fa quello che ha sempre fatto anche nelle altre relazioni, rimettendolo in atto pure nella relazione terapeutica.
Ad esempio, nei disturbi della personalità non è infrequente lasciare un numero dedicato ai pazienti che possono accedere al bisogno. Questo permette al pz stesso di fare un'esperienza di relazione e di aiuto diversa. Quello che nella Sua richiesta mi lascia però sinceramente perplessa è il fatto che Lei sia in terapia da ben due anni e che, dopo due anni, senta ancora il bisogno di chiamare la terapeuta per gestire le crisi.
Quando la relazione terapeutica funziona davvero bene, il paziente è in grado di "interiorizzare" il terapeuta. Ad esempio nella psicoterapia cognitivo-comportamentale parliamo di "dialogo col terapeuta", ovvero il paziente, è vero, pensa al terapeuta al di fuori delle sedute, ma sa utilizzare la relazione terapeutica e ciò che ha fatto proprio durante il percorso terapeutico, SENZA il bisogno di telefonare al curante. Come mai Lei non è ancora nelle condizioni di gestire le Sue crisi? Ne avete parlato?
Quello che Lei sente verso la terapeuta (sentimenti, emozioni, ecc...), in tal senso, capita di frequente: quando tutto va bene, si prova un vero e proprio sentimento di attaccamento per il PROPRIO terapeuta, soprattutto se fin da subito ci si è affidati con apertura. E dopo ben due anni è comprensibile. Quindi se nei momenti di difficoltà Lei sente il bisogno del terapeuta è normale. Tuttavia, pur con i limiti di un consulto on line, ritengo che la gestione della relazione sarebbe da ridiscutere e che, se davvero avviene così come l'ha descritta, è meno normale e a suo svantaggio.
Ricapitolando, potrebbe discutere apertamente con la terapeuta su quella che Lei definisce "dipendenza".
Sarebbe gentile da dire che tipo di percorso psicoterapico sta facendo (paicoanalitico, sistemico, cognitivo-comportamentale, ...) e quale era la diagnosi?
non dice per quale ragione ha cominciato una psicoterapia: quale era la diagnosi?
In generale diciamo che oggi è piuttosto raro trovare un terapeuta rigido che non comunichi al paziente il proprio numero di cell, ad esempio, o l'indirizzo di posta elettronica.
Però, in genere, ci si accorda sull'utilizzo di questi strumenti. Ed è soprattutto lo psicoterapeuta che deve sapere utilizzarli e regolamentarli. Teoricamente il paziente fa quello che ha sempre fatto anche nelle altre relazioni, rimettendolo in atto pure nella relazione terapeutica.
Ad esempio, nei disturbi della personalità non è infrequente lasciare un numero dedicato ai pazienti che possono accedere al bisogno. Questo permette al pz stesso di fare un'esperienza di relazione e di aiuto diversa. Quello che nella Sua richiesta mi lascia però sinceramente perplessa è il fatto che Lei sia in terapia da ben due anni e che, dopo due anni, senta ancora il bisogno di chiamare la terapeuta per gestire le crisi.
Quando la relazione terapeutica funziona davvero bene, il paziente è in grado di "interiorizzare" il terapeuta. Ad esempio nella psicoterapia cognitivo-comportamentale parliamo di "dialogo col terapeuta", ovvero il paziente, è vero, pensa al terapeuta al di fuori delle sedute, ma sa utilizzare la relazione terapeutica e ciò che ha fatto proprio durante il percorso terapeutico, SENZA il bisogno di telefonare al curante. Come mai Lei non è ancora nelle condizioni di gestire le Sue crisi? Ne avete parlato?
Quello che Lei sente verso la terapeuta (sentimenti, emozioni, ecc...), in tal senso, capita di frequente: quando tutto va bene, si prova un vero e proprio sentimento di attaccamento per il PROPRIO terapeuta, soprattutto se fin da subito ci si è affidati con apertura. E dopo ben due anni è comprensibile. Quindi se nei momenti di difficoltà Lei sente il bisogno del terapeuta è normale. Tuttavia, pur con i limiti di un consulto on line, ritengo che la gestione della relazione sarebbe da ridiscutere e che, se davvero avviene così come l'ha descritta, è meno normale e a suo svantaggio.
Ricapitolando, potrebbe discutere apertamente con la terapeuta su quella che Lei definisce "dipendenza".
Sarebbe gentile da dire che tipo di percorso psicoterapico sta facendo (paicoanalitico, sistemico, cognitivo-comportamentale, ...) e quale era la diagnosi?
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#3]
Gentile Utente,
quale motivo l'ha portata ad intraprendere una psicoterapia?
Quali obiettivi vi siete posti e quali sono stati raggiunti, a suo avviso, in questi due anni di lavoro?
Qual è la cadenza delle sedute?
La scelta di una terapeuta donna è stata casuale da parte sua o c'è qualche idea particolare che ha sostenuto tale decisione?
Il fatto di sentirvi telefonicamente tra una seduta e l'altra è stata una sua richiesta?
Rispetto alla sua domanda conclusiva: <<sto forse attraversando una tappa di un percorso che mi porterà al miglioramento?>>, forse può essere così, ma la cosa migliore da fare, secondo me, è parlarne proprio con la sua terapeuta e non lasciare la cosa in sospeso. In seguito, una volta superato questo specifico momento critico, potrà stabilire con maggior lucidità se proseguire il percorso con lei o rivolgersi ad altri.
Cordiali saluti.
quale motivo l'ha portata ad intraprendere una psicoterapia?
Quali obiettivi vi siete posti e quali sono stati raggiunti, a suo avviso, in questi due anni di lavoro?
Qual è la cadenza delle sedute?
La scelta di una terapeuta donna è stata casuale da parte sua o c'è qualche idea particolare che ha sostenuto tale decisione?
Il fatto di sentirvi telefonicamente tra una seduta e l'altra è stata una sua richiesta?
Rispetto alla sua domanda conclusiva: <<sto forse attraversando una tappa di un percorso che mi porterà al miglioramento?>>, forse può essere così, ma la cosa migliore da fare, secondo me, è parlarne proprio con la sua terapeuta e non lasciare la cosa in sospeso. In seguito, una volta superato questo specifico momento critico, potrà stabilire con maggior lucidità se proseguire il percorso con lei o rivolgersi ad altri.
Cordiali saluti.
Dr.ssa Paola Scalco, Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica
ASTI - Cell. 331 5246947
https://whatsapp.com/channel/0029Va982SIIN9ipi00hwO2i
[#4]
Utente
Grazie per le risposte, il percorso che seguo è una psicoterapia rogersiana.
i motivi che mi hanno spinto a iniziare una terapia sono l' eccessivo attaccamento che ho avuto nei confronti di una donna più grande di me, un attaccamento, direi morboso. dopo un anno di terapia però ho avuto dei problemi e mi sono rivolto ad uno psichiatra il quale mi ha diagnosticato il disturbo bipolare, prima bevevo molto alcool ora nn più, questo è uno dei benefici, l' altro è che non penso più è sparita l' ossessione per quella donna per la quale sonoi entrato in terapia. il primo anno di terapia io riuscivo ad interiorizzare la terapeuta, ma da mesi a questa parte no... di comune accordo lei ha voluto anche fuori accogliere le mie telefonate, ma ora ripeto forse lei si è accorta o pensa che sia un errore sentirmi fuori... io non riesco a capire perchè non riesco più ad interiorizzarla... vorrei capire se è sbagliato il rapporto, se lei non fa per me o se è una tappa del percorso che devo superare.
quando mi sale l' angoscia, ho una forte angoscia, quando sale mi devo attaccare a lei come fosse un' ancora
i motivi che mi hanno spinto a iniziare una terapia sono l' eccessivo attaccamento che ho avuto nei confronti di una donna più grande di me, un attaccamento, direi morboso. dopo un anno di terapia però ho avuto dei problemi e mi sono rivolto ad uno psichiatra il quale mi ha diagnosticato il disturbo bipolare, prima bevevo molto alcool ora nn più, questo è uno dei benefici, l' altro è che non penso più è sparita l' ossessione per quella donna per la quale sonoi entrato in terapia. il primo anno di terapia io riuscivo ad interiorizzare la terapeuta, ma da mesi a questa parte no... di comune accordo lei ha voluto anche fuori accogliere le mie telefonate, ma ora ripeto forse lei si è accorta o pensa che sia un errore sentirmi fuori... io non riesco a capire perchè non riesco più ad interiorizzarla... vorrei capire se è sbagliato il rapporto, se lei non fa per me o se è una tappa del percorso che devo superare.
quando mi sale l' angoscia, ho una forte angoscia, quando sale mi devo attaccare a lei come fosse un' ancora
[#5]
"di comune accordo lei ha voluto anche fuori accogliere le mie telefonate"
Perchè? Su che cosa vi eravate accordati? Qual era l'obiettivo e il suo bisogno?
A che cosa serviva questo contatto?
Lo psichiatra le ha prescritto dei farmaci? Quali?
"quando mi sale l' angoscia, ho una forte angoscia, quando sale mi devo attaccare a lei come fosse un' ancora "
Non avete parlato di strategie altre per gestire questa angoscia? Ha fatto caso a che cosa scatena tale angoscia?
Perchè? Su che cosa vi eravate accordati? Qual era l'obiettivo e il suo bisogno?
A che cosa serviva questo contatto?
Lo psichiatra le ha prescritto dei farmaci? Quali?
"quando mi sale l' angoscia, ho una forte angoscia, quando sale mi devo attaccare a lei come fosse un' ancora "
Non avete parlato di strategie altre per gestire questa angoscia? Ha fatto caso a che cosa scatena tale angoscia?
[#6]
Utente
prendo il depachin e lo zyprexa.
lei con le tel voleva solo tranquillizzarmi... e cercare di capire cosa mi fa stare male.
io esattamente non l' ho ancora capito.
ho più volte pensato di lasciarla ma ogni volta lei mi spinge ad andare in seduta.
una strategia che lei mi ha proposto è quella di prendere quando mi sale l' angoscia, carta e penna e scrivere, canalizzare il tutto, tutti i miei sentimenti, su un foglio per poi portarli in seduta.
lei con le tel voleva solo tranquillizzarmi... e cercare di capire cosa mi fa stare male.
io esattamente non l' ho ancora capito.
ho più volte pensato di lasciarla ma ogni volta lei mi spinge ad andare in seduta.
una strategia che lei mi ha proposto è quella di prendere quando mi sale l' angoscia, carta e penna e scrivere, canalizzare il tutto, tutti i miei sentimenti, su un foglio per poi portarli in seduta.
[#7]
Gentile Utente,
con i limiti di un parere on line e tenendo presente che è sempre difficile pronunciarsi su tali questioni, mi pare strano che la terapeuta volesse tranquillizzarla con la telefonata: in genere tali rassicurazioni sortiscono un effetto diverso, tant'è che Lei si sente quasi "dipendente" e non ha ben imparato a gestirsi da solo quando si sente angosciato.
In linea di massima quindi non va bene la telefonata per tali ragioni, a meno che non ci sia un progetto terapeutico preciso (che io chiaramente non conosco).
Quanto al fatto di cercare di capire che cosa la faccia stare male e di capirlo per telefono... fa fatica a riportarlo in seduta? Deve comunicarlo subito alla terapeuta?
Se non ha ben capito lo scopo della telefonata, che cosa la spinge a telefonare? L'autorizzazione della terapeuta? La difficoltà nella gestione delle difficoltà? altro...?
Se dovesse interrompere la terapia, cercherebbe un altro terapeuta?
Riesce a prendere nota di quello che accade nelle crisi d'angoscia? La teraputa le ha insegnato come fare, cosa appuntare?
con i limiti di un parere on line e tenendo presente che è sempre difficile pronunciarsi su tali questioni, mi pare strano che la terapeuta volesse tranquillizzarla con la telefonata: in genere tali rassicurazioni sortiscono un effetto diverso, tant'è che Lei si sente quasi "dipendente" e non ha ben imparato a gestirsi da solo quando si sente angosciato.
In linea di massima quindi non va bene la telefonata per tali ragioni, a meno che non ci sia un progetto terapeutico preciso (che io chiaramente non conosco).
Quanto al fatto di cercare di capire che cosa la faccia stare male e di capirlo per telefono... fa fatica a riportarlo in seduta? Deve comunicarlo subito alla terapeuta?
Se non ha ben capito lo scopo della telefonata, che cosa la spinge a telefonare? L'autorizzazione della terapeuta? La difficoltà nella gestione delle difficoltà? altro...?
Se dovesse interrompere la terapia, cercherebbe un altro terapeuta?
Riesce a prendere nota di quello che accade nelle crisi d'angoscia? La teraputa le ha insegnato come fare, cosa appuntare?
[#8]
Utente
se dovessi interrompere, sì, continuerei con un altro... ora che lei nn mi risponde più fuori dal setting sto un pochino meglio... sì faccio fatica ad aspettare il gg della seduta... io nn so se atorto do molte colpe anche a lei che mi ha permesso di tel quando volevo e se nn la trovavo mi ritelefonava lei... mi spinge a telefonare la voglia di sentirla e di essere tranquillizzato. tutte le volte che le ho chiesto di andare via lei mi rispondeva " facciamo un ultima seduta oppure lavoriamoci per altre 2 o 3 sedute" io ci ripensavo continuavo con lei ma più confuso di prima e poi mesi dopo tuttto ricominciava da capo... stessi dubbi se continuare con lei oppure no. lei dice "io ci sono", "ti voglio aiutare", provo dei fortissimi sentimenti di affetto nei tuoi confronti ed ultimamente mi ha confessato che ha una relazione... ecco io credo che una buona professionista nn possa dire certe cose ad un cliente o paziente, o mi sbaglio?
la terapeuta comunque no, non mi ha insegnato a reggere le crisi di angoscia... lei mi dice solo che devo STARE.
io forti dubbi su questa persona.
cosa devo fare?
la terapeuta comunque no, non mi ha insegnato a reggere le crisi di angoscia... lei mi dice solo che devo STARE.
io forti dubbi su questa persona.
cosa devo fare?
[#9]
Gentile Utente,
una delle basi della psicoterapia è la fiducia.
Se viene meno la fiducia e subentra il dubbio allora automaticamente s'inficia anche il lavoro mentale.
Siccome gli elementi della terapia di solito sono due, cioè il terapeuta ed il cliente (tenendo conto dell'orientamento rogersiano), e se la terapia crea difficoltà, gli elementi che possono essere il motivo della difficoltà sono o il terapeuta (e qui sono già stati espressi dei dubbi) o il cliente o il mix specifico che si crea tra terapeuta e cliente.
I dubbi che esprime sul suo attuale percorso terapeutico sono fondati e condivisibili. Io sarò un pò più esplicito e diretto rispetto ai colleghi, ma le sto semplicemente riscrivendo quanto Le è già stato risposto.
Delle volte la terapia non ha come effetto il cambiamento, ma la consapevolezza di come ci comportiamo naturalmente, ed il cambiamento possibile è una riduzione del comportamento che ci dava fastidio.
Mi corregga, se sbaglio.
Lei inizia questa terapia per
> l' eccessivo attaccamento che ho avuto nei confronti di una donna più grande di me
In che modo la terapia differisce dal problema iniziale?
In che modo la relazione iniziale con una donna più grande è diversa dalla relazione terapeutica con una donna di poco più grande?
Se si segue il proprio *interiore* (mi consenta questo termine, dato che se uso un termine più specifico si attivano aree concettuali specifiche - pulsione, cuore, interesse...) è perchè si ha una necessità da soddisfare, e di solito continuiamo a fare una determinata cosa fintanto che non la riteniano soddisfatta, risolta.
Se gli elementi che mi spingono alle mie scelte (e che mi portano disagio) sono *donne* *più grandi* *relazione emotiva\fiducia* *professionalità*, forse è il caso di scegliere qualcosa di diverso. Di questi elementi considerati quelli importanti sono *professionalità* e *relazione emotiva\fiducia*.
L'alternativa potrebbe essere scegliere un *uomo* come terapeuta, o una *donna*, ma molto più grande, anche di quella donna che era originariamente il problema, di modo da evitare che possa essere confusa con una potenziale partner.
Spero che queste righe la possano aiutare a maturare una *sua* decisione, che nasce dall'interiorizzazione di quanto ha letto
una delle basi della psicoterapia è la fiducia.
Se viene meno la fiducia e subentra il dubbio allora automaticamente s'inficia anche il lavoro mentale.
Siccome gli elementi della terapia di solito sono due, cioè il terapeuta ed il cliente (tenendo conto dell'orientamento rogersiano), e se la terapia crea difficoltà, gli elementi che possono essere il motivo della difficoltà sono o il terapeuta (e qui sono già stati espressi dei dubbi) o il cliente o il mix specifico che si crea tra terapeuta e cliente.
I dubbi che esprime sul suo attuale percorso terapeutico sono fondati e condivisibili. Io sarò un pò più esplicito e diretto rispetto ai colleghi, ma le sto semplicemente riscrivendo quanto Le è già stato risposto.
Delle volte la terapia non ha come effetto il cambiamento, ma la consapevolezza di come ci comportiamo naturalmente, ed il cambiamento possibile è una riduzione del comportamento che ci dava fastidio.
Mi corregga, se sbaglio.
Lei inizia questa terapia per
> l' eccessivo attaccamento che ho avuto nei confronti di una donna più grande di me
In che modo la terapia differisce dal problema iniziale?
In che modo la relazione iniziale con una donna più grande è diversa dalla relazione terapeutica con una donna di poco più grande?
Se si segue il proprio *interiore* (mi consenta questo termine, dato che se uso un termine più specifico si attivano aree concettuali specifiche - pulsione, cuore, interesse...) è perchè si ha una necessità da soddisfare, e di solito continuiamo a fare una determinata cosa fintanto che non la riteniano soddisfatta, risolta.
Se gli elementi che mi spingono alle mie scelte (e che mi portano disagio) sono *donne* *più grandi* *relazione emotiva\fiducia* *professionalità*, forse è il caso di scegliere qualcosa di diverso. Di questi elementi considerati quelli importanti sono *professionalità* e *relazione emotiva\fiducia*.
L'alternativa potrebbe essere scegliere un *uomo* come terapeuta, o una *donna*, ma molto più grande, anche di quella donna che era originariamente il problema, di modo da evitare che possa essere confusa con una potenziale partner.
Spero che queste righe la possano aiutare a maturare una *sua* decisione, che nasce dall'interiorizzazione di quanto ha letto
[#10]
"ecco io credo che una buona professionista nn possa dire certe cose ad un cliente o paziente, o mi sbaglio?"
Ha perfettamente ragione! La vita privata del terapeuta NON entra nella terapia e non è affare del pz. La gestione della relazione spetta esclusivamente al terapeuta che deve essere in grado di maneggiare anche questi aspetti.
"la terapeuta comunque no, non mi ha insegnato a reggere le crisi di angoscia... lei mi dice solo che devo STARE."
Che cosa significa? Che deve *solo* continuare la terapia nonostante non sia terapeutica? La psicoterapia -per definizione- serve per curare e cambiare, non per aggiungere problemi.
Buona giornata,
Ha perfettamente ragione! La vita privata del terapeuta NON entra nella terapia e non è affare del pz. La gestione della relazione spetta esclusivamente al terapeuta che deve essere in grado di maneggiare anche questi aspetti.
"la terapeuta comunque no, non mi ha insegnato a reggere le crisi di angoscia... lei mi dice solo che devo STARE."
Che cosa significa? Che deve *solo* continuare la terapia nonostante non sia terapeutica? La psicoterapia -per definizione- serve per curare e cambiare, non per aggiungere problemi.
Buona giornata,
[#11]
Utente
lei a questo non mi ha mai dato risposte.
io vorrei anche denunciarla a questo punto. le vostre risposte mi fanno venire questa voglia. ma io dovrò andare la sett prox in seuta da lei. non so come pormi di fronte a lei perchè mi direbbe le stesse cose... LAVORIAMOCI ANCORA UN PO etc....
cosa mi consigliate di fare io devo capire cosa dire e capire se devo cambiare medico oppure no
io vorrei anche denunciarla a questo punto. le vostre risposte mi fanno venire questa voglia. ma io dovrò andare la sett prox in seuta da lei. non so come pormi di fronte a lei perchè mi direbbe le stesse cose... LAVORIAMOCI ANCORA UN PO etc....
cosa mi consigliate di fare io devo capire cosa dire e capire se devo cambiare medico oppure no
[#12]
Gentile Utente,
non possiamo dirle noi cosa deve fare concretamente.
Possiamo solo dirle di osservarsi.
Ogni terapeuta è comunque un uomo, una persona, con i propri limiti e le proprie potenzialità.
È vero che in teoria siamo consapevoli di questi limiti e che abbiamo potenzialità *maggiori* date dal fatto che abbiamo studiato e dedichiamo energie e tempo allo studio della mente.
Il buon Freud disse che la psicanalisi è infinita e che i limiti della stessa sono dati dai limiti del terapeuta.
Gli psicologi non danno consigli.
Cosa fare quando andrà alla prossima seduta?
Non lo so.
So però che ci andrà dopo aver letto queste parole (inteso come tutto il consulto) e che potrà verificare la sua reazione alle parole della collega sulla base di quelle riflessioni ed impressioni che queste parole (tutte, ripeto) le hanno stimolato.
Di fronte alle stesse cose, saprà Lei (utente) cosa rispondere... se allo stesso modo di sempre o in modo diverso!
non possiamo dirle noi cosa deve fare concretamente.
Possiamo solo dirle di osservarsi.
Ogni terapeuta è comunque un uomo, una persona, con i propri limiti e le proprie potenzialità.
È vero che in teoria siamo consapevoli di questi limiti e che abbiamo potenzialità *maggiori* date dal fatto che abbiamo studiato e dedichiamo energie e tempo allo studio della mente.
Il buon Freud disse che la psicanalisi è infinita e che i limiti della stessa sono dati dai limiti del terapeuta.
Gli psicologi non danno consigli.
Cosa fare quando andrà alla prossima seduta?
Non lo so.
So però che ci andrà dopo aver letto queste parole (inteso come tutto il consulto) e che potrà verificare la sua reazione alle parole della collega sulla base di quelle riflessioni ed impressioni che queste parole (tutte, ripeto) le hanno stimolato.
Di fronte alle stesse cose, saprà Lei (utente) cosa rispondere... se allo stesso modo di sempre o in modo diverso!
[#13]
Utente
il rapporto con la mia terapeuta ha la stessa entità del rapporto che ho avuto in passato con quella donna... l' ho attaccata più volte, pesantemente, ho paura di farle del male, ma le sono molto affezzionato contemporaneamente... è proprio il mio affetto che mi obbliga a continuare con lei... forse è sbagliato, io le voglio bene, ma ho anche rancore e rabbia nei suioi confronti, il mio percorso sì credo si sia pasticciato non so come uscirne... lei poi non mi ha fatto nessuna diagnosi, il mio psichiatra con il quale lei è in contatto dice che tutto va bene... ma come può andare bene se le sto facendo "stalking"???? non so come uscirne e sono disperato!!!
[#14]
Intanto ha un quadro ben chiaro di dove è (utilizzo la sua metafora dell'uscita, e quindi se deve uscire vuol dire che è in un luogo descrivibile in dentro e fuori).
Ora deve solo guardarsi intorno quando è nel "luogo" da cui vuole uscire e vedere dov'è quella via d'uscita che Le possa essere d'aiuto e che Le permetta di sentirsi meglio.
Ora deve solo guardarsi intorno quando è nel "luogo" da cui vuole uscire e vedere dov'è quella via d'uscita che Le possa essere d'aiuto e che Le permetta di sentirsi meglio.
Questo consulto ha ricevuto 14 risposte e 10.4k visite dal 06/07/2012.
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Approfondimento su Dipendenza affettiva
Come superare la dipendenza affettiva? Perché e come si instaura e cosa fare per superare una relazione non equilibrata che provoca sofferenza.