Sensibilità alla situazione familiare
Buongiorno, è la prima volta che trovo il coraggio di chiedere un aiuto a livello psicologico,sono una persona riservata,responsabile ed equilibrata,che ha sempre cercato di non creare malessere agli altri,risolvendo (o cercando di risolvere) i propri problemi da sè.
Non ho scritto fino ad ora perchè ho pensato che mi avreste consigliato di rivolgermi ad uno psicologo, cosa che non ho mai fatto per via del mio carattere e che comunque,per il momento non sento di fare,proprio perchè voglio che i miei familiari pensino che stia superando questa fase di malessere.
Sto cercando sinceramente di uscirne e se mi rivolgessi ora ad uno psicologo non sopporterei il fatto di vedere ancora la mia famiglia preoccupata per me pensando che in realtà ci sono ancora dentro... Forse ho solo bisogno di sfogarmi, però vi sarei grata di ricevere se possibile qualche consiglio su come affrontare la situazione per sentirmi meglio interiormente.
Non posso essere chiara come vorrei,ma cercherò al di la dei fatti, di far capire quali sono gli stati d'animo.Ho concluso un rapporto con una persona che ha da sempre avuto atteggiamenti anomali ed esagerati per motivi banali,ed un'insicurezza,o meglio paura,nell'affrontare qualsiasi situazione nuova (esterna e spesso di semplice risoluzione) che si tramutava in ira verso di me (con frasi apparentemente senza senso e dettate dalla rabbia,ma nella realtà,dette con estrema lucidità e cattiveria). Analizzando il rapporto con razionalità, ho capito che quello che pensavo fosse amore era invece ossessione e non accettazione del rifiuto, voglia di vincere la sfida di avermi per se e, raggiunto l'obbiettivo, questa persona diventava apatica,anaffettiva,fredda,priva di qualsiasi volontà di comprensione,contavano e venivano prima di ogni cosa solo i sui bisogni e la sua volontà,io avevo l'obbligo di non obiettare e di accettare la situazione con il divieto di lasciarlo.
Non spiego altro, ma credetemi, per qualsiasi persona "normale" tutto ciò sarebbe stato inaccettabile. Ed io, che ho sempre avuto un gran senso di dignità ed ho sempre saputo qual'è il limite da non oltrepassare per la tutela della propria serenità, per affetto o per l'assurda convinzione che se si dà una (in verità 1000) possibilità, tutti ad un tratto possano rendersi conto degli sbagli fatti e migliorare... oppure, semplicemente per paura di affrontare "il dopo", negli ultimi tempi mi sono creata una specie di "annebbiamento" volontario del pensiero, di negazione della realtà. Vedevo la situazione e sapevo che non poteva continuare a lungo, ma per non accettare pensieri troppo dolorosi, ho imparato a conviverci passivamente.
Ad un certo punto, con le conseguenze plateali e squallide che mi aspettavo, ma circoscritte (per ora) all'immediatezza dell'evento, ho trovato il coraggio di dire basta e non tornare più indietro.
Nell'immediato ho provato un gran senso di liberazione, pian piano però è tornata in me l'ansia.... (con la quale convivo da quando stavamo insieme), unita ad un sentimento di rabbia e di frustrazione.
Non ho mai provato odio per nessuno, ma ciò che non riesco ad accettare è che una persona che ha sempre avuto il massimo da te, con onestà e amore, possa essere riuscita a distruggerti con la peggiore della cattiveria e non abbia nemmeno la dignità di non farsi più vedere nè sentire.
Questa volta voglio uscirne, ricostruire la mia vita perchè so di meritarmelo, ma non riesco a trovare la pace dentro di me.
Se ritenete, datemi pure un consiglio, un'indicazione su come cercare di mandar via dalla mia mente i pensieri che l'affollano, ne farò tesoro.
Grazie
Non ho scritto fino ad ora perchè ho pensato che mi avreste consigliato di rivolgermi ad uno psicologo, cosa che non ho mai fatto per via del mio carattere e che comunque,per il momento non sento di fare,proprio perchè voglio che i miei familiari pensino che stia superando questa fase di malessere.
Sto cercando sinceramente di uscirne e se mi rivolgessi ora ad uno psicologo non sopporterei il fatto di vedere ancora la mia famiglia preoccupata per me pensando che in realtà ci sono ancora dentro... Forse ho solo bisogno di sfogarmi, però vi sarei grata di ricevere se possibile qualche consiglio su come affrontare la situazione per sentirmi meglio interiormente.
Non posso essere chiara come vorrei,ma cercherò al di la dei fatti, di far capire quali sono gli stati d'animo.Ho concluso un rapporto con una persona che ha da sempre avuto atteggiamenti anomali ed esagerati per motivi banali,ed un'insicurezza,o meglio paura,nell'affrontare qualsiasi situazione nuova (esterna e spesso di semplice risoluzione) che si tramutava in ira verso di me (con frasi apparentemente senza senso e dettate dalla rabbia,ma nella realtà,dette con estrema lucidità e cattiveria). Analizzando il rapporto con razionalità, ho capito che quello che pensavo fosse amore era invece ossessione e non accettazione del rifiuto, voglia di vincere la sfida di avermi per se e, raggiunto l'obbiettivo, questa persona diventava apatica,anaffettiva,fredda,priva di qualsiasi volontà di comprensione,contavano e venivano prima di ogni cosa solo i sui bisogni e la sua volontà,io avevo l'obbligo di non obiettare e di accettare la situazione con il divieto di lasciarlo.
Non spiego altro, ma credetemi, per qualsiasi persona "normale" tutto ciò sarebbe stato inaccettabile. Ed io, che ho sempre avuto un gran senso di dignità ed ho sempre saputo qual'è il limite da non oltrepassare per la tutela della propria serenità, per affetto o per l'assurda convinzione che se si dà una (in verità 1000) possibilità, tutti ad un tratto possano rendersi conto degli sbagli fatti e migliorare... oppure, semplicemente per paura di affrontare "il dopo", negli ultimi tempi mi sono creata una specie di "annebbiamento" volontario del pensiero, di negazione della realtà. Vedevo la situazione e sapevo che non poteva continuare a lungo, ma per non accettare pensieri troppo dolorosi, ho imparato a conviverci passivamente.
Ad un certo punto, con le conseguenze plateali e squallide che mi aspettavo, ma circoscritte (per ora) all'immediatezza dell'evento, ho trovato il coraggio di dire basta e non tornare più indietro.
Nell'immediato ho provato un gran senso di liberazione, pian piano però è tornata in me l'ansia.... (con la quale convivo da quando stavamo insieme), unita ad un sentimento di rabbia e di frustrazione.
Non ho mai provato odio per nessuno, ma ciò che non riesco ad accettare è che una persona che ha sempre avuto il massimo da te, con onestà e amore, possa essere riuscita a distruggerti con la peggiore della cattiveria e non abbia nemmeno la dignità di non farsi più vedere nè sentire.
Questa volta voglio uscirne, ricostruire la mia vita perchè so di meritarmelo, ma non riesco a trovare la pace dentro di me.
Se ritenete, datemi pure un consiglio, un'indicazione su come cercare di mandar via dalla mia mente i pensieri che l'affollano, ne farò tesoro.
Grazie
[#1]
Gentile Ragazza,
in tutto il suo scritto che, seppur un po' criptico, è palpabilmente pregno di amarezza e delusione, ciò che in realtà mi ha più colpito è stata la sua frase <<voglio che i miei familiari pensino che stia superando questa fase di malessere>>.
C'è qualche particolare motivazione che la spinge a volersi mostrare, proprio con le persone a Lei più vicine, serena quando non lo è affatto? Perché portare una maschera con loro che potrebbero magari darle una mano nell'uscire da questa storia con le "ossa" un po' meno rotte?
Cosa significherebbe per Lei accettare in primo luogo di chiedere aiuto (a loro o ad uno psicologo, non fa differenza....) e in secondo luogo che questo aiuto le venga davvero fornito?
Saluti.
in tutto il suo scritto che, seppur un po' criptico, è palpabilmente pregno di amarezza e delusione, ciò che in realtà mi ha più colpito è stata la sua frase <<voglio che i miei familiari pensino che stia superando questa fase di malessere>>.
C'è qualche particolare motivazione che la spinge a volersi mostrare, proprio con le persone a Lei più vicine, serena quando non lo è affatto? Perché portare una maschera con loro che potrebbero magari darle una mano nell'uscire da questa storia con le "ossa" un po' meno rotte?
Cosa significherebbe per Lei accettare in primo luogo di chiedere aiuto (a loro o ad uno psicologo, non fa differenza....) e in secondo luogo che questo aiuto le venga davvero fornito?
Saluti.
Dr.ssa Paola Scalco, Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica
ASTI - Cell. 331 5246947
https://whatsapp.com/channel/0029Va982SIIN9ipi00hwO2i
[#2]
Utente
Non è mia intenzione quella di fingere o mentire alla mia famiglia, ma in passato un evento molto brutto ha spinto tutti in un lungo periodo buio e doloroso ed è proprio allora che ho "imparato", per il benessere degli altri, a non attirare mai l'attenzione su me stessa...
Ho visto gente alla quale sono molto legata e che mi ha sempre amata soffrire tantissimo e, se pur anch'io prima di tutti, soffrivo in quella situazione, ho cercato di "non lamentarmi" per non appesantire ulteriormente i problemi.
Questo meccanismo per me è diventato via via automatico, forse è proprio per questo che ho deciso di frequentare una persona problematica... perchè avendo sofferto, ho pensato che si dovesse dare a tutti la possibilità di farcela.
Purtroppo non tutti, come me, vedono ciò che c'è stato di negativo come la possibilità di diventare persone migliori, per se stesse e per gli altri anzi.. molte persone usano proprio qualsiasi evento, grave o meno grave, vissuto nella propria vita come alibi per fare sempre peggio sperando anche di essere compatiti o considerati delle vittime..
Mi scuso per la poca chiarezza, ma non posso davvero fare diversamente.
La ringrazio tanto
Ho visto gente alla quale sono molto legata e che mi ha sempre amata soffrire tantissimo e, se pur anch'io prima di tutti, soffrivo in quella situazione, ho cercato di "non lamentarmi" per non appesantire ulteriormente i problemi.
Questo meccanismo per me è diventato via via automatico, forse è proprio per questo che ho deciso di frequentare una persona problematica... perchè avendo sofferto, ho pensato che si dovesse dare a tutti la possibilità di farcela.
Purtroppo non tutti, come me, vedono ciò che c'è stato di negativo come la possibilità di diventare persone migliori, per se stesse e per gli altri anzi.. molte persone usano proprio qualsiasi evento, grave o meno grave, vissuto nella propria vita come alibi per fare sempre peggio sperando anche di essere compatiti o considerati delle vittime..
Mi scuso per la poca chiarezza, ma non posso davvero fare diversamente.
La ringrazio tanto
[#3]
Gent.le ragazza,
le ferite e la sofferenza non si cancellano con i "colpi di spugna", o peggio chiudendosi in sé stessi. Chiedere aiuto può essere il primo passo per iniziare a prendersi cura di sé, trasformando un'esperienza che ora vive solo come un fallimento nell'opportunità di avviare un processo di crescita personale. Non credo che abbia bisogno di sfogarsi, ma di raccontarsi, di narrare a sé stessa attraverso il dialogo con un interlocutore qualificato, la sua storia e elaborare la rottura della relazione e la separazione da questa persona.
le ferite e la sofferenza non si cancellano con i "colpi di spugna", o peggio chiudendosi in sé stessi. Chiedere aiuto può essere il primo passo per iniziare a prendersi cura di sé, trasformando un'esperienza che ora vive solo come un fallimento nell'opportunità di avviare un processo di crescita personale. Non credo che abbia bisogno di sfogarsi, ma di raccontarsi, di narrare a sé stessa attraverso il dialogo con un interlocutore qualificato, la sua storia e elaborare la rottura della relazione e la separazione da questa persona.
Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it
[#4]
Utente
Intanto ringrazio anche la dr.ssa Camplone per avermi risposto.
Ha sicuramente ragione nel dire che non è un bene chiudersi in se stessi, ma la situazione è molto complicata ed ho anche un pò di timore nell'espormi. La mia famiglia, non per mio volere è stata coinvolta in tutto questo e dopo il trauma iniziale sembra che si siano tutti un pò rasserenati.
Già come dicevo prima, se potessi eviterei di coinvolgere nei miei problemi chiunque, figuriamoci come potrei sentirmi a riaprirne uno enorme che per loro sta scomparendo..
Mi creda, non ho neanche la forza di dire: -ricordate ciò che è successo? Non riesco a superarlo, sento il bisogno di andare da uno psicologo-
Non dico che non capirebbero, ma inizierebbero a farsi mille problemi e domande su quale sia il mio stato d'animo e tutto ciò creerebbe ancora più ansia dentro di me, probabilmente riuscirei ancora meno a risolvere il problema sentendomi sotto pressione.
Per quanto riguarda la separazione, sento di dire in totale sincerità che questa volta non sento intimamente alcun senso di colpa nè di pentimento, sono convinta di aver fatto la scelta giusta, anzi, il mio rammarico è solo quello di non averla fatta prima, gli elementi c'erano già tutti..
Un tempo avrei iniziato nella mia mente a cancellare tutte le cose brutte che mi sono state fatte per iniziare a ricordare solo quelle belle ed avere così molti dubbi ed incertezze, adesso però è diverso, è tutto troppo grave ed inaccettabile, non penso più a lui con amore. Il problema è che non vorrei più pensare a lui nemmeno con rabbia ed invece è proprio questo senso "d'ingiustizia" che non mi fa stare bene.
Vi prego di dirmi se è eccessivo scrivervi così tante volte, il vostro è un servizio gratuito, non vorrei approfittarne.
Grazie ancora
Ha sicuramente ragione nel dire che non è un bene chiudersi in se stessi, ma la situazione è molto complicata ed ho anche un pò di timore nell'espormi. La mia famiglia, non per mio volere è stata coinvolta in tutto questo e dopo il trauma iniziale sembra che si siano tutti un pò rasserenati.
Già come dicevo prima, se potessi eviterei di coinvolgere nei miei problemi chiunque, figuriamoci come potrei sentirmi a riaprirne uno enorme che per loro sta scomparendo..
Mi creda, non ho neanche la forza di dire: -ricordate ciò che è successo? Non riesco a superarlo, sento il bisogno di andare da uno psicologo-
Non dico che non capirebbero, ma inizierebbero a farsi mille problemi e domande su quale sia il mio stato d'animo e tutto ciò creerebbe ancora più ansia dentro di me, probabilmente riuscirei ancora meno a risolvere il problema sentendomi sotto pressione.
Per quanto riguarda la separazione, sento di dire in totale sincerità che questa volta non sento intimamente alcun senso di colpa nè di pentimento, sono convinta di aver fatto la scelta giusta, anzi, il mio rammarico è solo quello di non averla fatta prima, gli elementi c'erano già tutti..
Un tempo avrei iniziato nella mia mente a cancellare tutte le cose brutte che mi sono state fatte per iniziare a ricordare solo quelle belle ed avere così molti dubbi ed incertezze, adesso però è diverso, è tutto troppo grave ed inaccettabile, non penso più a lui con amore. Il problema è che non vorrei più pensare a lui nemmeno con rabbia ed invece è proprio questo senso "d'ingiustizia" che non mi fa stare bene.
Vi prego di dirmi se è eccessivo scrivervi così tante volte, il vostro è un servizio gratuito, non vorrei approfittarne.
Grazie ancora
[#5]
<<non vorrei approfittarne>>
Gentile Utente,
con questa semplice frase dice già tanto di sé!
Non abbia timore: al massimo le potrà capitare di dover attendere un po' la risposta.... Il limite non sta tanto nel numero di risposte fornite, ma nella loro qualità: comprenderà bene che a distanza non è possibile fornirle l'aiuto di cui Lei invece avrebbe bisogno.
Ciò che possiamo cercare di fare è soltanto aiutarla a comprendere l'opportunità di far proprio ciò che Lei ha precisato fin dall'inizio di non essere disposta a fare.
Io credo che un lavoro di tipo psicoterapeutico (fatte le debite valutazioni di persona) potrebbe giovarle molto, non tanto per la fine di questa storia, ma per tutto il resto che ci ha raccontato di sé, compreso paradossalmente proprio l'inizio di questa relazione.
Sicura che non sia un alibi la possibile reazione dei suoi cari alla notizia che in realtà Lei non stia così bene come fino ad ora ha voluto far credere loro?
Se loro non ci fossero, ci andrebbe da uno psicologo?
Potrebbe decidere di andarci senza necessariamente farlo sapere?
Cordialità.
Gentile Utente,
con questa semplice frase dice già tanto di sé!
Non abbia timore: al massimo le potrà capitare di dover attendere un po' la risposta.... Il limite non sta tanto nel numero di risposte fornite, ma nella loro qualità: comprenderà bene che a distanza non è possibile fornirle l'aiuto di cui Lei invece avrebbe bisogno.
Ciò che possiamo cercare di fare è soltanto aiutarla a comprendere l'opportunità di far proprio ciò che Lei ha precisato fin dall'inizio di non essere disposta a fare.
Io credo che un lavoro di tipo psicoterapeutico (fatte le debite valutazioni di persona) potrebbe giovarle molto, non tanto per la fine di questa storia, ma per tutto il resto che ci ha raccontato di sé, compreso paradossalmente proprio l'inizio di questa relazione.
Sicura che non sia un alibi la possibile reazione dei suoi cari alla notizia che in realtà Lei non stia così bene come fino ad ora ha voluto far credere loro?
Se loro non ci fossero, ci andrebbe da uno psicologo?
Potrebbe decidere di andarci senza necessariamente farlo sapere?
Cordialità.
[#6]
Utente
Ci andrei subito, anzi lo avrei già fatto da tempo...
Nonostante questo, non nascondo però di essere un pò diffidente, non metto assolutamente in discussione professionalità e competenza (altrimenti non avrei certo chiesto il vostro aiuto) ma per me fare una scelta di questo tipo vorrebbe dire fidarsi completamente di un'altra persona, aprirsi e raccontare cose private, non sono abituata a ciò e la paura di restare delusa c'è.
Non è un alibi la reazione della mia famiglia alla notizia che non sto realmente come dimostro in apparenza, almeno posso assicurarle che se pur sbagliando forse, lo penso sinceramente, è per evitare di aggiungere sofferenza.
In questo momento vorrei solo che tutto non fosse stato reale, che fosse stato solo un'incubo, soprattutto non posso neanche prendere in considerazione che, come da sua abitudine, decida di rendermi la vita un inferno anche in futuro.
Posso chiedervi che tipo di percorso terapeutico potrebbe essere più adatto? Non so nulla in materia, potrei fare qualche ricerca.
Nonostante questo, non nascondo però di essere un pò diffidente, non metto assolutamente in discussione professionalità e competenza (altrimenti non avrei certo chiesto il vostro aiuto) ma per me fare una scelta di questo tipo vorrebbe dire fidarsi completamente di un'altra persona, aprirsi e raccontare cose private, non sono abituata a ciò e la paura di restare delusa c'è.
Non è un alibi la reazione della mia famiglia alla notizia che non sto realmente come dimostro in apparenza, almeno posso assicurarle che se pur sbagliando forse, lo penso sinceramente, è per evitare di aggiungere sofferenza.
In questo momento vorrei solo che tutto non fosse stato reale, che fosse stato solo un'incubo, soprattutto non posso neanche prendere in considerazione che, come da sua abitudine, decida di rendermi la vita un inferno anche in futuro.
Posso chiedervi che tipo di percorso terapeutico potrebbe essere più adatto? Non so nulla in materia, potrei fare qualche ricerca.
[#7]
Gentile Utente,
la lettura di questo articolo può aiutarla nel fare chiarezza rispetto al timore di affrontare un eventuale percorso terapeutico, al link
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/153-perche-iniziare-una-psicoterapia.html
Posso chiedervi che tipo di percorso terapeutico potrebbe essere più adatto?
Le segnalo due articoli in merito ai vari orientamenti terapeutici
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1333-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico-parte-ii.html
Se ha altro da chiedere, la ascoltiamo
Cordialmente
la lettura di questo articolo può aiutarla nel fare chiarezza rispetto al timore di affrontare un eventuale percorso terapeutico, al link
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/153-perche-iniziare-una-psicoterapia.html
Posso chiedervi che tipo di percorso terapeutico potrebbe essere più adatto?
Le segnalo due articoli in merito ai vari orientamenti terapeutici
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1333-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico-parte-ii.html
Se ha altro da chiedere, la ascoltiamo
Cordialmente
Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it
[#9]
Utente
Per la dr.ssa Rinella: grazie per gli articoli, leggerò tutto con attenzione.
Per la dr.ssa Camplone:
No, non è possibile andare da uno psicologo evitando che i miei familiari lo sappiano, mi sono creata il vuoto intorno, a parte il lavoro non esco mai quindi ogni cosa nuova è evidente...
Un pò per carattere, un pò perchè questa relazione ha portato via tutte le mie energie, era come accudire un bambino (ma il bambino almeno ti dà soddisfazioni..), ho finito col preferire la solitudine piuttosto che affrontare nuove difficoltà nell'incontrare persone che potrebbero darmi altre preoccupazioni o deludermi, anche a livello di amicizia.
So che può sembrare strano e lo è anche per me, un tempo ero la più felice del mondo quando stavo con gli amici, ma poi le persone si allontanano, ognuno ha la propria vita e diventa difficile sia conservare i rapporti, sia crearne nuovi.
In questi giorni ad esempio, dovrò incontrare una persona che non vedo da tempo, dopo un momento iniziale di gioia, ora sento che farei di tutto pur di non incontrarla, ma sto cercando di affrontare la situazione per superare quest'ostacolo e tornare in una condizione di "normalità". So che poi mi farà piacere, una volta insieme, passarci un pò di tempo, ma è come se cercassi di proteggermi ormai evitando tutto.
Ho sempre avuto tutto ben chiaro, ciò che non posso sopportare è che questo periodo di stress mi abbia messo in condizione di non avere più alcuna certezza, alcun riferimento, solo una gran confusione nella mia mente.
Non sto parlando di eventi, come ad esempio pensare di realizzare una famiglia e restare delusi per non averla potuta creare, perchè già quando stavamo insieme, ad un certo punto ho capito che non avrei mai potuto dare un padre come lui ai miei figli... Mi riferisco invece al fatto di essere sempre stata forte, coraggiosa, propositiva e di aver raggiunto molti obbiettivi col mio impegno e adesso per via di un'altra persona mi sento fragile ed indifesa, mi sento patetica ed ho anche paura che chi mi ha sempre vista come una persona che nonostante le difficoltà è sempre stata capace di farcela possa adesso compatirmi.
Spero possiate capire come mi sento, già soltanto scrivervi ed avere la possibilità di spiegarmi, di poter essere compresa è un aiuto per me.
Naturalmente penserò al consiglio di un'eventuale terapia psicologica, sembro chiusa e testarda, ma in realtà ascolto ciò che mi viene detto...
Mi farebbe piacere sapere in totale sincerità che idea vi siete fatte di me, della mia situazione, di come uscirne, un vostro parere potrebbe essere la base per crearmi una visione un pò più lucida e distaccata sul tutto.
Un cordiale saluto
Grazie
Per la dr.ssa Camplone:
No, non è possibile andare da uno psicologo evitando che i miei familiari lo sappiano, mi sono creata il vuoto intorno, a parte il lavoro non esco mai quindi ogni cosa nuova è evidente...
Un pò per carattere, un pò perchè questa relazione ha portato via tutte le mie energie, era come accudire un bambino (ma il bambino almeno ti dà soddisfazioni..), ho finito col preferire la solitudine piuttosto che affrontare nuove difficoltà nell'incontrare persone che potrebbero darmi altre preoccupazioni o deludermi, anche a livello di amicizia.
So che può sembrare strano e lo è anche per me, un tempo ero la più felice del mondo quando stavo con gli amici, ma poi le persone si allontanano, ognuno ha la propria vita e diventa difficile sia conservare i rapporti, sia crearne nuovi.
In questi giorni ad esempio, dovrò incontrare una persona che non vedo da tempo, dopo un momento iniziale di gioia, ora sento che farei di tutto pur di non incontrarla, ma sto cercando di affrontare la situazione per superare quest'ostacolo e tornare in una condizione di "normalità". So che poi mi farà piacere, una volta insieme, passarci un pò di tempo, ma è come se cercassi di proteggermi ormai evitando tutto.
Ho sempre avuto tutto ben chiaro, ciò che non posso sopportare è che questo periodo di stress mi abbia messo in condizione di non avere più alcuna certezza, alcun riferimento, solo una gran confusione nella mia mente.
Non sto parlando di eventi, come ad esempio pensare di realizzare una famiglia e restare delusi per non averla potuta creare, perchè già quando stavamo insieme, ad un certo punto ho capito che non avrei mai potuto dare un padre come lui ai miei figli... Mi riferisco invece al fatto di essere sempre stata forte, coraggiosa, propositiva e di aver raggiunto molti obbiettivi col mio impegno e adesso per via di un'altra persona mi sento fragile ed indifesa, mi sento patetica ed ho anche paura che chi mi ha sempre vista come una persona che nonostante le difficoltà è sempre stata capace di farcela possa adesso compatirmi.
Spero possiate capire come mi sento, già soltanto scrivervi ed avere la possibilità di spiegarmi, di poter essere compresa è un aiuto per me.
Naturalmente penserò al consiglio di un'eventuale terapia psicologica, sembro chiusa e testarda, ma in realtà ascolto ciò che mi viene detto...
Mi farebbe piacere sapere in totale sincerità che idea vi siete fatte di me, della mia situazione, di come uscirne, un vostro parere potrebbe essere la base per crearmi una visione un pò più lucida e distaccata sul tutto.
Un cordiale saluto
Grazie
[#10]
Gentile Utente,
Dato che
> ma in realtà ascolto ciò che mi viene detto...
questo è possibile solo di persona, qui al massimo può leggere ciò che Le viene scritto...
Questa potrebbe essere un'informazione su di lei.
> di come uscirne,
Andando da uno psicologo di persona, anche se ciò rappresentasse dire bugie alla propria famiglia, o magari dar loro la tranquillità dato che magari anche loro si sono accorti che ormai esce solo per andare al lavoro e passa tempo al pc.
Anche rileggersi aiuta, magari rendendosi conto di come le emozioni del momento cambiano il testo e la visione del mondo.
Questo succede specialemente quando si rileggono i vecchi diari scolastici, ed ormai si è talmente distaccati e distanti che si pensa "L'ho scritto io? Eh si, la scrittura è la mia..."
E poi, veramente queste poche righe riflettono tutta la sua vita e la sua persona? Io non credo, così come non credo che questa emozione di adesso sia riassuntiva della persona e non del momento che la persona sta vivendo!
Dato che
> ma in realtà ascolto ciò che mi viene detto...
questo è possibile solo di persona, qui al massimo può leggere ciò che Le viene scritto...
Questa potrebbe essere un'informazione su di lei.
> di come uscirne,
Andando da uno psicologo di persona, anche se ciò rappresentasse dire bugie alla propria famiglia, o magari dar loro la tranquillità dato che magari anche loro si sono accorti che ormai esce solo per andare al lavoro e passa tempo al pc.
Anche rileggersi aiuta, magari rendendosi conto di come le emozioni del momento cambiano il testo e la visione del mondo.
Questo succede specialemente quando si rileggono i vecchi diari scolastici, ed ormai si è talmente distaccati e distanti che si pensa "L'ho scritto io? Eh si, la scrittura è la mia..."
E poi, veramente queste poche righe riflettono tutta la sua vita e la sua persona? Io non credo, così come non credo che questa emozione di adesso sia riassuntiva della persona e non del momento che la persona sta vivendo!
Dr. Fernando Bellizzi
Albo Psicologi Lazio matr. 10492
[#11]
Gent.le ragazza,
il senso di fallimento che esprime è molto profondo e sta mettendo in discussione l'immagine che ha di sé, come se la vulnerabilità abbia invaso ogni aspetto del suo modo di essere, cancellando tutte le risorse che lei stessa si riconosce.
Riprendere gradualmente ad uscire di casa inizialmente può essere notato dai suoi familiari ma non credo sia il vero ostacolo, non a caso lei stessa ci dice:
"ma è come se cercassi di proteggermi ormai evitando tutto"
forse è questo il punto: la tendenza all'evitamento che sta interferendo negativamente con la possibilità di prendersi cura di sé.
Personalmente l'unica idea che mi sono fatta è che lei sia una persona profondamente ferita e che sta provando a chiedere aiuto, nulla di più.
il senso di fallimento che esprime è molto profondo e sta mettendo in discussione l'immagine che ha di sé, come se la vulnerabilità abbia invaso ogni aspetto del suo modo di essere, cancellando tutte le risorse che lei stessa si riconosce.
Riprendere gradualmente ad uscire di casa inizialmente può essere notato dai suoi familiari ma non credo sia il vero ostacolo, non a caso lei stessa ci dice:
"ma è come se cercassi di proteggermi ormai evitando tutto"
forse è questo il punto: la tendenza all'evitamento che sta interferendo negativamente con la possibilità di prendersi cura di sé.
Personalmente l'unica idea che mi sono fatta è che lei sia una persona profondamente ferita e che sta provando a chiedere aiuto, nulla di più.
[#12]
Utente
Avevo proprio bisogno di questo, di veder descritta in modo chiaro e sincero una visione della situazione meno confusa della mia, come ha fatto lei dottoressa Camplone.
Il dottor Bellizzi sostiene che queste poche righe non riflettono tutta la mia vita, vero, ma riflettono esattamente come sto adesso e siccome quello che sto vivendo mi sta facendo percepire come una persona profondamente diversa da quella che sono generalmente, avevo proprio bisogno che venisse espresso un parere competente e distaccato, non che mi compiacesse (come fanno spesso per affetto le persone care) ma che potesse fornirmi quei pochi elementi utili per permettermi di capire in tutta questa confusione a che punto sono e come posso ripartire.
Ho ripensato al consiglio di rivolgermi ad uno psicologo ed ho letto gli articoli proposti, per quanto riguarda la guida per la scelta dell'orientamento psicoterapeutico, per una persona che come me non conosce la materia risulta un pò complessa, più che altro perchè non si sa poi effettivamente in che cos'è specializzato lo psicologo che si sceglie nè ho la competenza per decidere qual'è il tipo di terapia più adatto a me, sapreste consigliarmi?
Vi chiedo cortesemente di NON darmi indicazioni su psicologi da consultare nella zona in cui abito, ma semplicemente su che tipo di terapia potrebbe essere utile per me.
Ad esempio, informandomi ho visto che ci sarebbe la possibilità di rivolgermi ad uno psicologo che pratica la terapia cognitivo comportamentale o ad un altro che pratica la terapia psicoanalitica, della prima ho letto che è più veloce e mirata mentre la seconda sembrerebbe (sempre per una mia impressione) più lunga e teorica... preferirei la prima.. ma come posso scegliere in modo così superficiale quale fra le due o fra mille altre ancora è più adatta a me?
In tutto questo c'è una cosa che sento di dire, però mi auguro di cuore che non la prendiate male, io di sicuro, visto il mio stato attuale di malessere, potrò trarre utilità dal recarmi da uno psicologo, ma noto come troppo spesso si consiglia a molti la stessa cosa e conosco gente che ha speso un mucchio di soldi senza trarre beneficio (a suo dire), ma nonostante questo è arrivata al punto di diventare quasi succube, fino a credere di non poterne più fare a meno.. non vorrei arrivare a questo punto, mi auguro di conservare la facoltà di decidere e che il fine sia quello di continuare a camminare con le mie gambe..
Comunque una buona notizia c'è: il primo passo per ora non è stato difficile quanto pensavo...
In riferimento all'incontro che avrò con una persona che non vedo da tempo, ho cercato un momento di confidenza in casa per parlare del fatto che ho quasi un blocco che mi spingerebbe a rifiutare l'uscita e che per correggere questo comportamento cercherò di andare. Nell'esprimere questa mia difficoltà ero così tesa che quasi non riuscivo a parlare (cosa che non mi capita spesso) e siamo quasi contemporaneamente giunti alla conclusione che avendo accumulato tanto stress, potrebbe aiutarmi rivoglermi ad uno psicologo.
Io vi ringrazio per avermi dato un input in tal senso, non è utile soltanto ascoltare, a volte lo è anche leggere dottor Bellizzi...
Se ritenete che sia opportuno, continuerò a tenervi aggiornati.
Un saluto e ancora grazie
Il dottor Bellizzi sostiene che queste poche righe non riflettono tutta la mia vita, vero, ma riflettono esattamente come sto adesso e siccome quello che sto vivendo mi sta facendo percepire come una persona profondamente diversa da quella che sono generalmente, avevo proprio bisogno che venisse espresso un parere competente e distaccato, non che mi compiacesse (come fanno spesso per affetto le persone care) ma che potesse fornirmi quei pochi elementi utili per permettermi di capire in tutta questa confusione a che punto sono e come posso ripartire.
Ho ripensato al consiglio di rivolgermi ad uno psicologo ed ho letto gli articoli proposti, per quanto riguarda la guida per la scelta dell'orientamento psicoterapeutico, per una persona che come me non conosce la materia risulta un pò complessa, più che altro perchè non si sa poi effettivamente in che cos'è specializzato lo psicologo che si sceglie nè ho la competenza per decidere qual'è il tipo di terapia più adatto a me, sapreste consigliarmi?
Vi chiedo cortesemente di NON darmi indicazioni su psicologi da consultare nella zona in cui abito, ma semplicemente su che tipo di terapia potrebbe essere utile per me.
Ad esempio, informandomi ho visto che ci sarebbe la possibilità di rivolgermi ad uno psicologo che pratica la terapia cognitivo comportamentale o ad un altro che pratica la terapia psicoanalitica, della prima ho letto che è più veloce e mirata mentre la seconda sembrerebbe (sempre per una mia impressione) più lunga e teorica... preferirei la prima.. ma come posso scegliere in modo così superficiale quale fra le due o fra mille altre ancora è più adatta a me?
In tutto questo c'è una cosa che sento di dire, però mi auguro di cuore che non la prendiate male, io di sicuro, visto il mio stato attuale di malessere, potrò trarre utilità dal recarmi da uno psicologo, ma noto come troppo spesso si consiglia a molti la stessa cosa e conosco gente che ha speso un mucchio di soldi senza trarre beneficio (a suo dire), ma nonostante questo è arrivata al punto di diventare quasi succube, fino a credere di non poterne più fare a meno.. non vorrei arrivare a questo punto, mi auguro di conservare la facoltà di decidere e che il fine sia quello di continuare a camminare con le mie gambe..
Comunque una buona notizia c'è: il primo passo per ora non è stato difficile quanto pensavo...
In riferimento all'incontro che avrò con una persona che non vedo da tempo, ho cercato un momento di confidenza in casa per parlare del fatto che ho quasi un blocco che mi spingerebbe a rifiutare l'uscita e che per correggere questo comportamento cercherò di andare. Nell'esprimere questa mia difficoltà ero così tesa che quasi non riuscivo a parlare (cosa che non mi capita spesso) e siamo quasi contemporaneamente giunti alla conclusione che avendo accumulato tanto stress, potrebbe aiutarmi rivoglermi ad uno psicologo.
Io vi ringrazio per avermi dato un input in tal senso, non è utile soltanto ascoltare, a volte lo è anche leggere dottor Bellizzi...
Se ritenete che sia opportuno, continuerò a tenervi aggiornati.
Un saluto e ancora grazie
[#13]
Gent,le ragazza,
mi fa piacere che è riuscita a parlarne con i suoi familiari questo le consentirà di abbassare la tensione e il disagio e di sentirsi più sostenuta da loro.
Per quanto riguarda la scelta dello Psicologo è a lei stessa che dovrebbe affidarsi più che al confronto tra un orientamento e l'altro, intendo dire che solo lei può dire alla fine del colloquio se si è sentita ascoltata, compresa e non giudicata dallo Psicologo, poiché queste dovrebbero essere le premesse nella relazione con lo specialista.
Le consiglio la lettura si questo articolo
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/153-perche-iniziare-una-psicoterapia.html
mi fa piacere che è riuscita a parlarne con i suoi familiari questo le consentirà di abbassare la tensione e il disagio e di sentirsi più sostenuta da loro.
Per quanto riguarda la scelta dello Psicologo è a lei stessa che dovrebbe affidarsi più che al confronto tra un orientamento e l'altro, intendo dire che solo lei può dire alla fine del colloquio se si è sentita ascoltata, compresa e non giudicata dallo Psicologo, poiché queste dovrebbero essere le premesse nella relazione con lo specialista.
Le consiglio la lettura si questo articolo
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/153-perche-iniziare-una-psicoterapia.html
[#14]
Gentile Utente,
lo so che è utile leggere, altrimenti non avrei scritto una risposta.
Le parole formano nella mente immagini. E le parole possono essere testo o suono, ma il nostro cervello le trasforma.
E delle volte è dificile stabilire da dove viene il cambiamento.
Ognuno le ha risposto a modo suo secondo il proprio orientamento teorico. Lei ha saputo cogliere la risposta più adatta alle sue esigenze.
Lo stesso avviene quando si va dallo psicologo. Al di là dell'orientamento psicologico del collega, conta il contatto emotivo che riesce a stabilire.
E pur applicando lo stesso orientamento teorico ci può essere differenza tra uno psicologo ed un altro.
La psicologia non è come un'apparecchaitura scientifica che funziona comunque indipendentemente dall'operatore.
E poi consideri che più lo psicologo che sceglie è *anziano* più è probabile che si sia formato in più approcci, e quindi ecco che diventa difficile definire l'approccio applicato.
> il primo passo per ora non è stato difficile quanto pensavo...
Buona scelta e buona scoperta delle proprie capacità!
lo so che è utile leggere, altrimenti non avrei scritto una risposta.
Le parole formano nella mente immagini. E le parole possono essere testo o suono, ma il nostro cervello le trasforma.
E delle volte è dificile stabilire da dove viene il cambiamento.
Ognuno le ha risposto a modo suo secondo il proprio orientamento teorico. Lei ha saputo cogliere la risposta più adatta alle sue esigenze.
Lo stesso avviene quando si va dallo psicologo. Al di là dell'orientamento psicologico del collega, conta il contatto emotivo che riesce a stabilire.
E pur applicando lo stesso orientamento teorico ci può essere differenza tra uno psicologo ed un altro.
La psicologia non è come un'apparecchaitura scientifica che funziona comunque indipendentemente dall'operatore.
E poi consideri che più lo psicologo che sceglie è *anziano* più è probabile che si sia formato in più approcci, e quindi ecco che diventa difficile definire l'approccio applicato.
> il primo passo per ora non è stato difficile quanto pensavo...
Buona scelta e buona scoperta delle proprie capacità!
Questo consulto ha ricevuto 14 risposte e 2k visite dal 04/07/2012.
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