Rapporto personale
Gentili medici di medicitalia, vi ringrazio in anticipo per il tempo che vorrete dedicarmi.
Vi scrivo per avere un parere riguardo una situazione che non riesco a risolvere.
Sono una donna di 37 anni, libero professionista, vivo da sola e mi reputo una persona in gamba, intelligente, capace, autonoma, con una vita lavorativa e sociale normale.
Dieci mesi fa, dopo una storia d’amore finita ed un conseguente periodo duro, conosco un ragazzo molto più giovane di me, dieci anni di differenza, e inizio una storia con lui pur conoscendolo pochissimo. Da subito io manifesto i miei dubbi e le mie incertezze, lui dichiara il suo amore.
Dopo un po’ di mesi decido di chiudere la storia non senza dolore per me e soprattutto per lui che esplode in pianti di disperazione, scenate, preghiere.
Io, sia per la a me nota difficoltà di separarmi dalle persone, sia perché gli voglio bene e mi piace, e soprattutto per non vederlo letteralmente disperato, accetto una soluzione intermedia del tipo “non stiamo insieme ma ci vediamo”.
Soluzione che dopo poco decido di interrompere perché non mi sento innamorata di lui, perché la considero poco onesta per entrambi, soprattutto perché lui non riesce a gestirla e mi sta addosso.
Fin qui tutto normale se non che DI FATTO non riesco a chiudere.
Ogni mia sincera spiegazione, ogni mio tentativo è totalmente vano, lui non sente.
Ho provato ad essere dolce, tranquilla, seria, dura, arrabbiata.
Lui non molla, reagisce con pianti, suppliche, preghiere, rabbia, insulti, ricatti morali, telefonate e messaggi continui, reazioni queste che evidentemente agiscono in me in “luoghi” che non conosco e che letteralmente non mi consentono di allontanarlo.
Io puntualmente cedo, salvo poi avercela con me stessa per trovarmi in un rapporto che non voglio, che mi lega molto e che mi condiziona la vita.
Cedo nel sentirlo, rispondo alle telefonate e mi sento in dovere di chiamarlo, e cedo quando con insistenza mi chiede di vederci anche se non vorrei proprio.
Al mio dispiacere nel separarmi da lui, devo sommare tutto il suo dolore, la sua disperazione, rabbia e frustrazione nel sentirsi rifiutato, che non esita a mostrarmi continuamente ogni giorno da mesi e con cui mi tormenta.
Sarà perché gli voglio bene, sarà perché mi sento responsabile e molto in colpa, ma mi fa male ferirlo e non riesco ad essere dura con lui, non riesco a tenere il punto, cedo e non vorrei.
Poi dormo male, sono in ansia tutti i giorni, mi sento controllata e legata mio malgrado, mi sento in una trappola, tesa da lui e da me stessa.
Per giustizia aggiungo che è una brava persona, un caro ragazzo, non ha mai agito con violenza e non ha mai imposto fisicamente la sua presenza. Ma mi tiene letteralmente in pugno e non me ne capacito.
Vorrei capire e stroncare i meccanismi che si nascondono dietro ai suoi ed ai miei comportamenti, vorrei capire quale sia il modo migliore di agire, vorrei capire come poter risolvere questa situazione al più presto.
Grazie di cuore.
Vi scrivo per avere un parere riguardo una situazione che non riesco a risolvere.
Sono una donna di 37 anni, libero professionista, vivo da sola e mi reputo una persona in gamba, intelligente, capace, autonoma, con una vita lavorativa e sociale normale.
Dieci mesi fa, dopo una storia d’amore finita ed un conseguente periodo duro, conosco un ragazzo molto più giovane di me, dieci anni di differenza, e inizio una storia con lui pur conoscendolo pochissimo. Da subito io manifesto i miei dubbi e le mie incertezze, lui dichiara il suo amore.
Dopo un po’ di mesi decido di chiudere la storia non senza dolore per me e soprattutto per lui che esplode in pianti di disperazione, scenate, preghiere.
Io, sia per la a me nota difficoltà di separarmi dalle persone, sia perché gli voglio bene e mi piace, e soprattutto per non vederlo letteralmente disperato, accetto una soluzione intermedia del tipo “non stiamo insieme ma ci vediamo”.
Soluzione che dopo poco decido di interrompere perché non mi sento innamorata di lui, perché la considero poco onesta per entrambi, soprattutto perché lui non riesce a gestirla e mi sta addosso.
Fin qui tutto normale se non che DI FATTO non riesco a chiudere.
Ogni mia sincera spiegazione, ogni mio tentativo è totalmente vano, lui non sente.
Ho provato ad essere dolce, tranquilla, seria, dura, arrabbiata.
Lui non molla, reagisce con pianti, suppliche, preghiere, rabbia, insulti, ricatti morali, telefonate e messaggi continui, reazioni queste che evidentemente agiscono in me in “luoghi” che non conosco e che letteralmente non mi consentono di allontanarlo.
Io puntualmente cedo, salvo poi avercela con me stessa per trovarmi in un rapporto che non voglio, che mi lega molto e che mi condiziona la vita.
Cedo nel sentirlo, rispondo alle telefonate e mi sento in dovere di chiamarlo, e cedo quando con insistenza mi chiede di vederci anche se non vorrei proprio.
Al mio dispiacere nel separarmi da lui, devo sommare tutto il suo dolore, la sua disperazione, rabbia e frustrazione nel sentirsi rifiutato, che non esita a mostrarmi continuamente ogni giorno da mesi e con cui mi tormenta.
Sarà perché gli voglio bene, sarà perché mi sento responsabile e molto in colpa, ma mi fa male ferirlo e non riesco ad essere dura con lui, non riesco a tenere il punto, cedo e non vorrei.
Poi dormo male, sono in ansia tutti i giorni, mi sento controllata e legata mio malgrado, mi sento in una trappola, tesa da lui e da me stessa.
Per giustizia aggiungo che è una brava persona, un caro ragazzo, non ha mai agito con violenza e non ha mai imposto fisicamente la sua presenza. Ma mi tiene letteralmente in pugno e non me ne capacito.
Vorrei capire e stroncare i meccanismi che si nascondono dietro ai suoi ed ai miei comportamenti, vorrei capire quale sia il modo migliore di agire, vorrei capire come poter risolvere questa situazione al più presto.
Grazie di cuore.
[#1]
L'unica cosa da capire è che le relazioni unicamente basate sulla colpa, sul bisogno, sulla compassione e sulla pietà sono relazioni patologiche, per entrambi. Da come descrive la situazione, più continuerete con questo gioco morboso e più starete facendovi male a vicenda.
A volte voler bene all'altro significa lasciarlo andare.
A volte voler bene all'altro significa lasciarlo andare.
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#2]
Un passo importante nella vita di ognuno di noi e' imparare a fare delle scelte che inevitabilmente comportano la rinuncia di qualcosa o qualcuno. Lei sceglie di non scegliere rimanendo tra lo stare insieme e non stare insieme, e non segue invece quelli che anche lei stessa dice sono i suoi sentimenti. Faccia la sua scelta e ne parli con sincerita' all' altro e la porti avanti con decisione.
Cordialmente Dr.ssa Silvia Rotondi
www.silviarotondi.it
338-26 72 692
[#3]
Utente
Gentili Dr. Santonocito e Dr. Rotondi, vi ringrazio molto per la vostra disponibilità.
Il dolore che provo a sentirlo stare male per me a volte è pungente come una fitta e mi spinge a cedere, ma riconosco in questo, come voi sottolineate, un atteggiamento "patologico" ed una reazione impropria alle sue insistenze.
Proverò sicuramente con più coraggio a risolvere una situazione che non mi fa vivere serenamente da tempo.
Grazie ancora
Il dolore che provo a sentirlo stare male per me a volte è pungente come una fitta e mi spinge a cedere, ma riconosco in questo, come voi sottolineate, un atteggiamento "patologico" ed una reazione impropria alle sue insistenze.
Proverò sicuramente con più coraggio a risolvere una situazione che non mi fa vivere serenamente da tempo.
Grazie ancora
[#4]
Quel dolore che prova sentendo la sofferenza dell ' altro, puo' canalizzarlo verso una maggiore fermezza nel non cedere all' altro. Anche se l' altro non sarà in grado di riconoscere la validita' affettiva del suo comportamento, lei stessa potra' considerarlo un gesto di rispetto per l' altro e per se stessa.
[#5]
"Lui non molla, reagisce con pianti, suppliche, preghiere, rabbia, insulti, ricatti morali, telefonate e messaggi continui, reazioni queste che evidentemente agiscono in me in “luoghi” che non conosco e che letteralmente non mi consentono di allontanarlo."
Gent.le Sig.ra,
intende dire che questo ragazzo sta attivando sensi di colpa che riguardano lei ma di cui non è consapevole?
Gent.le Sig.ra,
intende dire che questo ragazzo sta attivando sensi di colpa che riguardano lei ma di cui non è consapevole?
Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it
[#6]
Utente
Gentile Dr Camplone, grazie intanto per la sua disponibilià.
Ribadisco il fatto che io sia stata molto chiara con lui circa i miei sentimenti e le mie intenzioni e non esagero se l’ho fatto almeno 100 volte ed in ogni modo. Ribadisco anche che lui si arrende ai miei sentimenti ma non accetta assolutamente il fatto di non vederci. Reagisce con pianti di disperazione, dichiarazioni d’amore e di bisogno, rabbia, talvolta insulti ed è molto, molto insistente. Non esagero nel dire che i suoi atteggiamenti nei miei confronti a volte sfiorano il ricatto morale,”sei tu che mi fai stare così”, salvo poi essere molto dolce quelle poche volte che ci vediamo.
Sta di fatto che quando lo sento in questo stato, mi sento talmente male che scoppio in pianti sia da sola, sia davanti a lui. So anche che posso confonderlo ma non riesco a trattenermi. Mi pietrifico in uno stato a metà fra il desiderio di fuggire e l’obbligo di stargli vicino per il male che gli procuro.
Aggiungo che conosco bene il senso di colpa ed i tasti che lo attivano in genere ed in particolare in me, ma parlo di “luoghi che non conosco” perché entro in uno stato “patologico” che non solo mi costringe a cedere, ma non mi permette di sbrigare le mie cose o uscire di casa anche se solo sola. E’ molto potente e persistente, mi fa affrontare tutto con molta fatica, quasi una punizione che mi infliggo, non so se mi spiego.
Insomma sono una donna intelligente ed autonoma ho affrontato ben di peggio, ma in questa situazione mi sento debole ed assurdamente impotente.
Ribadisco il fatto che io sia stata molto chiara con lui circa i miei sentimenti e le mie intenzioni e non esagero se l’ho fatto almeno 100 volte ed in ogni modo. Ribadisco anche che lui si arrende ai miei sentimenti ma non accetta assolutamente il fatto di non vederci. Reagisce con pianti di disperazione, dichiarazioni d’amore e di bisogno, rabbia, talvolta insulti ed è molto, molto insistente. Non esagero nel dire che i suoi atteggiamenti nei miei confronti a volte sfiorano il ricatto morale,”sei tu che mi fai stare così”, salvo poi essere molto dolce quelle poche volte che ci vediamo.
Sta di fatto che quando lo sento in questo stato, mi sento talmente male che scoppio in pianti sia da sola, sia davanti a lui. So anche che posso confonderlo ma non riesco a trattenermi. Mi pietrifico in uno stato a metà fra il desiderio di fuggire e l’obbligo di stargli vicino per il male che gli procuro.
Aggiungo che conosco bene il senso di colpa ed i tasti che lo attivano in genere ed in particolare in me, ma parlo di “luoghi che non conosco” perché entro in uno stato “patologico” che non solo mi costringe a cedere, ma non mi permette di sbrigare le mie cose o uscire di casa anche se solo sola. E’ molto potente e persistente, mi fa affrontare tutto con molta fatica, quasi una punizione che mi infliggo, non so se mi spiego.
Insomma sono una donna intelligente ed autonoma ho affrontato ben di peggio, ma in questa situazione mi sento debole ed assurdamente impotente.
[#7]
Gent.le Sig.ra,
le sue difficoltà non derivano da una scarsa intelligenza ma dall'invischiamento che caratterizza questa relazione nella quale sia lei che il suo partner siete "intrappolati".
A questo punto forse è arrivato il momento di prendere in considerazione di rivolgersi ad uno Psicologo per fare chiarezza dentro di sé e individuare modalità relazionali che le consentano di separarsi dal suo partner senza attivare vissuti distruttivi e colpevolizzanti.
le sue difficoltà non derivano da una scarsa intelligenza ma dall'invischiamento che caratterizza questa relazione nella quale sia lei che il suo partner siete "intrappolati".
A questo punto forse è arrivato il momento di prendere in considerazione di rivolgersi ad uno Psicologo per fare chiarezza dentro di sé e individuare modalità relazionali che le consentano di separarsi dal suo partner senza attivare vissuti distruttivi e colpevolizzanti.
[#8]
Sono ricatti morali, certo, ma i ricatti morali funzionano perché dall'altra parte c'è qualcuno che li fa funzionare. Sa come si dice: bisogna essere in due per ballare il tango.
Comunque da qui non è possibile fornire vero aiuto, come avrà già capito. Se ritiene di averne bisogno deve rivolgersi di persona a uno psicologo. Lo sfogo possiamo accoglierlo, ma non possiamo intervenire sul suo problema a distanza.
Comunque da qui non è possibile fornire vero aiuto, come avrà già capito. Se ritiene di averne bisogno deve rivolgersi di persona a uno psicologo. Lo sfogo possiamo accoglierlo, ma non possiamo intervenire sul suo problema a distanza.
Questo consulto ha ricevuto 8 risposte e 1.5k visite dal 26/06/2012.
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